King
Attenzione
Spoiler! Cap 69
Il
Re senza corona
Stava
in piedi cercando inutilmente di mantenere un’aria composta e
regale ma le mani
che teneva giunte all’altezza del ventre non smettevano di
tremare. Si sentiva
una sciocca; una stupida ragazzina in un abito stretto e troppo scomodo.
Non
era fatta per quella vita e non lo sarebbe mai stata. Inadeguata, come
sempre,
ad indossare panni mai completamente suoi.
‹‹Cosa
accadrà ora?›› chiese con un sussurro
all’uomo che le guardava le spalle.
‹‹Governerete
queste mura›› rispose con voce profonda.
Historia
annuì, gli occhi adombrati da un velo di tristezza. Una
risposta incisiva che
non le lasciava altra via di scampo.
Era
davvero pronta per diventare Regina? Era degna di portare il nome dei
Reiss e indossare
la corona sottratta ad un falso Re?
Le
sue mani non erano certo il luogo più sicuro in cui andare a
cercare la
salvezza dell’umanità; eppure si era dimostrata
coraggiosa, forse avventata, ma
cosa più importante Historia Reiss aveva un cuore nobile e
questo sembrava
bastasse per indossare i panni di una Regina. Non a lei,
però, che non si era
sentita mai abbastanza degna, mai abbastanza e basta.
Era
stato facile, anche troppo, mostrarsi al mondo e reclamare un titolo
che le
spettava di diritto. Non altrettanto, invece, sedersi sul trono e
mantenere
fede alla promessa fatta.
‹‹E
se non ne fossi capace?›› sorrise appena
guardando oltre la vetrata che dava
sui campi. Si trovò a pensare che tutto quello spazio vuoto
fosse un enorme
spreco di terra: non era coltivato, né ospitava villaggi, ma
solo le magioni di
nobili aristocratici che ora tremavano all’idea di perdere il
proprio
prestigio.
Un
titolo valeva così tanto? Historia non sapeva come
rispondersi. Da un giorno
all’altro aveva dismesso la divisa della Legione e indossato
una corona che le
provocava soltanto un insopportabile prurito alla testa.
Un
prurito che accentuava solo quando Erwin Smith puntava gli occhi su di
lei.
Il
Comandante stava ritto in mezzo alla stanza, indossando
l’alta uniforme che
riservava solo per occasioni importanti o, come in quel caso, quando
veniva
ricevuto da Sua Maestà. Dal giorno della sua incoronazione,
era raro vedere Erwin
Smith aggirarsi nei corridoi del palazzo. Eppure ora stava
lì perché a deciderlo
era stata lei: lo considerava ancora il suo Comandante, dopotutto, e
aveva
ancora bisogno del suo aiuto.
Erwin
Smith era un uomo instancabile, abbastanza folle da proseguire la sua
battaglia
con un braccio amputato e rischiare la pena capitale per una scommessa
contro
il caso; di certo era un rivoluzionario ambizioso che a tratti poteva
far paura
ma Historia non riusciva a temere quell’uomo stranamente
taciturno. Ne ammirava
la mente lungimirante, l’astuzia con cui tesseva i suoi
inganni e la tristezza
che adombrava quello sguardo. Perché Erwin Smith sembrava
aver perso molto più
che un semplice un braccio: per ogni sua scelta, ogni sacrificio, ogni
goccia
di sangue versato, egli aveva assistito inerme che la sua anima venisse
fatta a
brandelli e divorata da un buco nero infernale che si apriva ai suoi
piedi.
Eppure sembrava non curarsene affatto, come se già avesse
accettato
quell’ignobile destino.
Era
fatto così, il Comandante Smith, quando si trattava di
prendere una decisione:
qualcuno doveva caricarsi sulle spalle il peso delle conseguenze ed
egli
sembrava disposto a farlo. Ognuno aveva una parte da recitare e poco
importava
se ci si sentisse inadeguati o incapaci di interpretare quel ruolo.
Qualcuno
doveva farlo e come a lui era toccato di portare avanti quella
rivoluzione, a
lei spettava di ripristinare un clima di fiducia e spezzare le catene
che sottomettevano
i disgraziati figli di nessuno.
Ad
Erwin Smith non importava se lei sarebbe stata una sovrana migliore del
precedente, ma solo che ci fosse una Reiss su quel trono e non un
usurpatore.
Quindi era stato solo per un fortuito caso se le era toccata quella
sorte,
perché, se Frieda fosse stata viva, la ruota del destino
avrebbe girato
diversamente.
Invece
la sua famiglia era stata spazzata via insieme a tutti i suoi oscuri
segreti e
al sorriso di sua sorella. L’ultimo, Rod Reiss,
l’aveva ucciso lei: la figlia
bastarda nata dal ventre di una contadina.
Di
fatto, non aveva nulla di speciale che la rendesse un sovrano degno di
quel
titolo. Soltanto la coincidenza di portare un cognome che per anni
aveva temuto
di pronunciare e che Erwin Smith aveva riesumato come un cadavere ormai
in
decomposizione.
Perché
per Historia il titolo di Re era morto insieme ai Reiss quella notte di
cinque
anni prima; per quanto la corona le calzasse a pennello, quella terra non aveva bisogno di essere guidata
né da un
Re, né da una Regina, né tanto meno da lei.
Serrò
i pugni, voltandosi di scatto.
Poche
cose sapevano cogliere alla sprovvista un uomo come Erwin Smith, e
ancora meno
quelle capaci di sorprenderlo. Davanti a lui non stava più
una Regina, ma una
bambina fragile e spaventata che si era gettata di slancio contro il
suo petto,
aggrappandosi alla sua divisa e bagnandola di lacrime.
Erwin
si irrigidì appena, incapace di fare alcun ché
per calmare quel fragile
esserino tutto tremante. Historia si era abbandonata ad un gesto folle,
dettato
dalla stupida e infantile paura di essere vista come uno sbaglio.
Come ogni volta che
gli
occhi di sua madre incrociavano i suoi…
Historia
piangeva e non aveva vergogna di farlo, cacciando in un angolo
l’aria composta
che si addiceva ad una regina. In quel momento, non voleva possedere
alcun
titolo, né una corona da indossare, ma solo sentire la mano
di Erwin Smith
posarsi delicatamente sopra la sua testa.
Smise
di singhiozzare quando le sue dita scivolarono lungo la chioma bionda,
scompigliandola appena, in un gesto un po’ impacciato e
disordinato. Restarono
a lungo in silenzio: Historia avvertiva soltanto il lieve sospirare del
Comandante mentre la mano scorreva leggera sulla nuca.
‹‹Una
Regina che ha avuto l’ardire di colpire il Capitano Levi non
dovrebbe piangere››
disse ammorbidendo la voce. Il volto arrossato di Historia emerse dalla
camicia, perdendosi nelle iridi profonde del Comandante Smith. Era solo
una
stupida ragazzina che si era dimostrata ancora una volta troppo debole
e troppo
spaventata per quel mondo crudele che stava fuori dalla finestra. Era
solo una
bambola di pezza pronta a scucirsi in qualsiasi momento, mentre
quell’uomo era,
al contrario, una statua di marmo: poteva scalfirsi o perdere un
braccio ma restava
sempre in piedi.
Erwin
le sorrise sfiorandole la guancia rigata di lacrime e di nuovo
tornò prepotente
quel pensiero che il mondo non avesse bisogno né di un Re
né di una Regina.
Si
allontanò lentamente asciugandosi il volto.
Si
potevano dire tante cose di Historia Reiss: che fosse troppo gentile
per quel
mondo, troppo delicata per essere ancora viva e che avesse imparato a
leggere
negli occhi delle persone prima che sulle pagine di un libro. E in
quelle iridi
chiare, ella vi lesse la stessa tristezza che la affliggeva da quando
aveva
indossato la corona: vestivano entrambi degli abiti troppo stretti, ma
qualcuno
doveva pur farlo.
‹‹Siete
voi ciò di cui l’umanità ha bisogno,
Comandante.›› Disse scacciando via la debolezza
che l’aveva travolta.
‹‹
Non di un Re, non di una Regina, ma voi. Io non sono che una ragazzina
che ha
ancora molto da imparare ed è per merito vostro, del vostro
sogno, del vostro
coraggio, della vostra folle ambizione se ora sono seduta su questo
trono e se
un giorno l’umanità conoscerà la
verità. Ai miei occhi, voi siete un Re senza
corona che non ha bisogno di sedersi sul trono per essere un simbolo.
Pertanto,
sarò io al vostro servizio e mai il
contrario.››
Un
fascio di luce penetrò attraverso il vetro, disegnando una
sottile striscia luminosa
lungo il volto del Comandante.
‹‹E’
questo ciò che fa di voi una vera
Regina.›› Disse sorridendo.
‹‹Non
il vostro cognome né la mia folle
ambizione ma la vostra capacità di mettervi
sempre al di sotto degli altri
e mai in cima. Non fraintendetemi, non vi ritengo una debole, ma una
pura di
cuore perché per salire in cima alla vetta,
Maestà, bisogna calpestare le teste
dei propri compagni e sporcarsi le mani. Le vostre non dovranno mai
più sporcarsi
di sangue perché le mie…››
si fermò contemplando il vuoto lasciato dal suo
braccio sorridendo amaramente ‹‹la mia
lo farà al vostro posto.››
Historia
osservò i suoi lineamenti e con un gesto lento gli
afferrò la mano sfiorandone
i polpastrelli: era grande quella del Comandante Smith, capace di
contenere la
sua. C’era qualche callo e minuscoli tagli a segnare la pelle
ruvida. Ne
assaporò il calore, tracciando con la punta delle dita dei
sentieri lungo i
solchi della mano.
La
richiuse delicatamente, sfiorando le nocche e con sguardo deciso si
rivolse
all’uomo che la osservava addolcito da quel gesto.
‹‹Mi
auguro che un giorno possiate toccare la vita, oltre che la morte,
Comandante
Smith››
Angolo
dell’Autrice
La
Erwinweek è finita da un pezzo, lo so, ma ci tenevo a
completarla ugualmente.
Quando era stato il momento di scrivere King non avevo nessuna
ispirazione né
la motivazione giusta per farlo. Avevo svariate idee che ho accantonato
subito
perché sentivo che non era ancora il momento per scriverlo.
E
poi accade così che ti trovi sul treno a pensare che sia
stata l’ennesima
giornata di merda ed eccola lì, l’ispirazione che
ti fa ciaociao dal
finestrino. Forse non è la cosa più geniale che
la mia mente abbia mai
partorito, ma guardando il mio riflesso nel vetro ho visto Historia ed
Erwin
dietro di lei: e così ho scritto.
Spero
che vi sia piaciuta e se avete qualcosa da dirmi sono qui a vostra
disposizione
come sempre.
Come
al solito ringrazio Auriga e Ellery per essere sempre lì
pronte a menarmi se
non scrivo qualcosa e per esserci sempre in qualunque momento della
giornata.
Ringrazio
anche FoolThatIAm e Lady Five per averla messa tra le seguite e tutti
coloro
che leggono in silenzio.
Avevo
davvero bisogno di scrivere di Erwin. Non pensavo che un personaggio mi
sarebbe
mancato così tanto.
Un
bacio.
Shige
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