Strange(r)
things
Dlin dlon.
Un chiaro, semplice e strano suono che non lasciava adito a
dubbi.
Nessuna risposta.
La mano attese ancora qualche
secondo, frenetica, mentre le dita tamburellavano sulla quercia nera ricoperta
di borchie di ferro, ma dopo qualche secondo pigiò nuovamente quel
bottone.
Dlin dlon.
In realtà, era davvero
strano che una famiglia di maghi avesse un campanello: di solito ci si
annunciava semplicemente bussando alla porta, o – in caso di incredibile
eccentricità, qualità di cui comunque i maghi proprio non
difettavano – si usava un batacchio magicamente animato. Il campanello
era un oggetto così da Babbani… ma era anche vero che con tutta
probabilità in quella casa
quello fosse l’oggetto più normale che ci potesse essere. Il ragazzo
sospirò, nervoso, e prese un profondo respiro. In effetti, l’ultima
volta che era stato lì ricordava distintamente un batacchio a forma di
aquila, ma ora questo non c’era più: al suo posto erano spuntate
delle inquietanti e profonde incisioni nella porta che sembravano tanto gli
artigli di un qualche uccello…
La seconda suonata provocò
una qualche reazione: dall’interno dell’abitazione si sentì
una sedia che si spostava, una voce distratta che rispondeva… e un
cavallo che nitriva.
Un cavallo?!
Harry Potter non fece in tempo a
chiedersi altro; una figura biondissima apparve alla porta e squadrò il
nuovo arrivato per qualche secondo con i suoi enormi occhi grigiastri. Quando
lo riconobbe, il suo sorriso incerto si aprì.
«Oh, Harry!» proruppe
la ragazza per poi abbracciarlo, calorosa. «Che bello vederti! Ma che ci
fai qui?!»
Era tanto tempo che non si
vedevano… mesi, forse addirittura anni: in realtà, era tanto tempo
che Harry non vedeva nessuno. Quel
contatto tanto spontaneo ed espansivo lo fece sorridere d’improvviso: si
trovò a rispondere all’abbraccio con molto più affetto di quanto
avesse mai pensato di provare verso di lei.
La guardò. Luna Lovegood non sembrava cambiata per niente… portava una
salopette che aveva diverse toppe e macchie, la bacchetta dietro
all’orecchio e una lunga catenina dorata che aveva per pendente un
qualche bizzarro animale. L’unica cosa diversa in lei erano i suoi
capelli, che erano ora corti fino alle spalle e non più lunghi fino alla
vita come una volta; indossava una bizzarra molletta per capelli che sembrava
una piccola e irrequieta fata (e come questa batteva le ali e i piedi sulla
testa della ragazza). Per la milionesima volta, Harry si sentì un
idiota: aveva sperato che Luna fosse un pochino maturata, che non fosse più
tanto assurda e fuori dal mondo come quando avevano sedici anni… per
carità, non portava una stupida collana di tappi di burrobirra
o degli orribili Spettrocoli, quei capelli corti le
donavano addirittura, però… be’… non si poteva certo definire normale a vederla così…
Suo malgrado, il ragazzo si
costrinse a sorridere.
«Be’, io… sai,
era tanto che non ci vedevamo… avevo pensato di farti una sorpresa, ecco.»
mormorò, prendendo tempo.
Il sorriso della diretta
interessata si aprì ancora di più.
«Hai fatto benissimo!»
squittì, deliziata, per poi prendergli la mano e continuare con:
«Vieni, vieni dentro, ti offro un po’ di Infuso di Radigorda, papà mi ha sempre detto che quella volta ti era piaciuto
tantissimo…»
Harry sospirò. Se
c’era qualcosa che potesse suggerirgli ancora una volta di aver fatto un’enorme idiozia probabilmente era proprio
quella: non aveva assolutamente voglia di ricordare quell’orribile giorno
in cui i Mangiamorte chiamati dal signor Lovegood
avevano quasi ucciso lui, Ron ed Hermione. E comunque, fra parentesi, ancora
dopo tanti anni ricordava distintamente che quell’infuso che Xenophilius aveva dato loro da bere per intrattenerli era una
vera schifezza. Forse avrebbe fatto ancora in tempo ad andare via, a inventarsi
qualsiasi stupida scusa… ma Luna aveva oramai preso la sua mano fra le
sue e gli aveva fatto strada dentro la villetta. E così egli entrò,
odiando se stesso per quei repentini cambi di umore cui oramai da troppo tempo
si sentiva soggetto.
Così come la padrona, anche
la casa sembrava grossomodo uguale a come Harry la ricordava: il primo piano non
presentava pareti divisorie ma era anzi un unico grande ambiente, composto da
salotto e cucina, e aveva una bizzarra forma di cerchio con al centro una scala
a chiocciola che conduceva ai piani superiori; i mobili erano tondeggianti per
adattarsi alle pareti; la carta da parati aveva dei colori assurdamente vivaci
esattamente come l’altra volta… L’unica differenza era una cosetta vicino al tavolino della cucina:
un gigantesco cavallo alato dal corto pelo marrone –che per giunta lo squadrò
attentamente per qualche secondo con i suoi inquietanti occhi rossi.
Luna fece come se non vi fosse
nulla di anomalo nell’avere un cavallo in cucina, per di più alato;
si avvicinò all’enorme animale, gli accarezzò lievemente il
collo (per farlo, dovette alzarsi in punta di piedi) e poi si sedette al
tavolino. Harry, per quella che sicuramente non sarebbe stata l’ultima
volta in quella assurda giornata, deglutì… era oramai così
poco avvezzo alle stranezze tipiche di alcuni maghi (specialmente maghi come i Lovegood) che rimase piuttosto perplesso davanti a quella
scenetta. Si avvicinò cauto – l’enorme cavallo non sembrava
gradire molto la sua presenza – e infine si accomodò
dall’altra parte del tavolino, proprio davanti all’animale e a
Luna. Si tolse il suo nero e pesante mantello da lavoro, sbuffando stancamente;
dopo aver osservato per qualche secondo la scenetta, chiese quasi con timore:
«Luna, ehm… sai, per
curiosità… cosa ci fa un cavallo alato nella tua cucina?»
Lei inclinò la testa, come
se quella fosse davvero una domanda strana.
«Be’, Abra ha un’ala rotta, non la vedi? Gli ho dato una
pozione e sto cercando di capire se fa effetto.»
In effetti, l’ala che Luna
stava ancora coccolando era piegata in uno strano modo rispetto
all’altra.
«Ah, sì, certo…»
balbettò l’altro, sentendosi particolarmente idiota. Osservò
l’animale. Era la prima volta da tempo che era seriamente curioso per
qualcosa e che non pensava ai propri impicci: un effetto che, ricordò
solo adesso, Luna gli aveva spesso fatto anche in passato. Dopo qualche secondo
di silenzio aggiunse: «Ma che bestia è?»
«Come fai a non conoscerli? Non
seguivi Cura delle Creature Magiche? È un Abraxan!
Si potrebbero definire cugini dei Thestral, sono noti
per la loro forza e per trasportare carichi pesanti, e poi…» disse,
allegra come suo solito, e sciorinò per un quarto d’ora qualsiasi
informazione sapesse su questi animali in un modo molto hermionesco;
parlava con così tanto entusiasmo che Harry per qualche secondo
arrivò a pensare che gli Abraxan, con quegli
occhi inquietantemente sanguinanti, fossero quasi animali teneri.
Nel frattempo, tuttavia, la piccola
molletta per capelli di Luna aveva iniziato ad essere sempre più
irrequieta: la fatina, che evidentemente era vera, agitava le ali e gli arti e dopo qualche secondo di
insistenza finì per battere i pugnetti sulla
testa della ragazza con tanta violenza da farla schizzare in piedi.
«Oh! Le uova di Doxy! Me ne ero scordata, torno subito…!»
urlò quest’ultima, agitata, per poi uscire al volo dalla cucina
dalla porticina anteriore e lasciare Harry da solo, vagamente a disagio (l’Abraxan continuò a squadrarlo tanto male che dovette
ricordare a se stesso di avere sconfitto in passato maghi decisamente più pericolosi di uno stupido cavallo geloso).
La ragazza tornò qualche
minuto dopo, con un’enorme quantità di piccole uova galleggianti
davanti a sé; la fatina-fermaglio sulla sua testa si era placata.
«Perdonami! Mi ero messa
questo Doxy sulla testa per ricordarmi di disseppellire
le sue uova, altrimenti i piccoli muoiono, sai, ma parlando con te me ne sono
scordata…» biascicò lei, per poi agitare la bacchetta e far depositare
le uova in un piccolo cestello di paglia vicino ai fornelli insieme
all’animale sulla sua testa. Lei le seguì con uno sguardo
premuroso e, dopo qualche secondo di silenzio, si ridestò e chiese:
«Comunque, avevamo detto che
volevi dell’Infuso, no? E Infuso sia!»
Con un altro colpo di bacchetta, un
piccolo servizio da tè per due persone si posò ordinatamente sul
tavolo: la teiera si inclinò e rovesciò dell’abbondante
liquido violastro nelle tazzine. Luna cadde poi sulla
sedia e bevve entusiasta; Harry si domandò se un incantesimo non verbale
di smaterializzazione dei liquidi gliel’avrebbe fatta passare liscia.
«Be’, dunque, dicevamo…
non ci vediamo da parecchi mesi! Come va? Cosa fai?» chiese l’altra,
continuando a bere come se niente di strano fosse successo.
Harry sorrise e cercò di
rilassarsi un po’, nonostante quello
non fosse uno dei suoi periodi migliori. Durante i suoi tempi davvero bui del
quinto anno, la sola presenza di Luna era spesso riuscita a calmarlo in qualche
modo: con il tempo, evidentemente questa cosa non era cambiata.
«Mmmh,
be’… Ultimamente lavoro moltissimo, sono
sempre in missione, i maghi delinquenti continuano a spuntare ovunque… Assassini,
rapimenti, torture, ricatti, sai.» biascicò, come fosse una lista
della spesa. «La solita roba.»
«Oh.» disse lei,
semplicemente; sembrò un pochino delusa. Abbassò la tazza fumante
e lo fissò per qualche secondo con i suoi occhi sporgenti e curiosi, per
poi sentenziare: «È per questo che sei così depresso? Di
certo non deve essere bello vedere tutti i giorni queste cose così
brutte.»
L’altro sorrise nervosamente:
lei era stata sempre così portata per le verità schiette e
scomode… Ma lui, depresso? Oh, andiamo,
che idiozia! Solo quella stramba di Luna poteva pensare una cosa del
genere… Quando aveva Voldemort alle calcagna sì, era stato davvero
depresso… ma ora no, assolutamente… era solo poco felice, oberato
di lavoro… con una fidanzata storica che l’aveva lasciato e con
pochissimi amici che vedeva di rado… Insomma, era semplicemente la vita
adulta, lontana dai bei giorni di Hogwarts in cui, pure se Harry aveva avuto i
suoi guai, si era comunque sempre sentito a casa
e non era mai stato davvero solo…
«Be’, io direi
semplicemente che è il mondo degli adulti, no?» biascicò
mentre si sentiva arrossire. «Comunque, ecco… nulla di nuovo. E tu,
invece, che racconti? Mi sembri una Magizoologa
lanciatissima!»
Lei fu così contenta di
questo suo commento che batté le mani, deliziata. L’Abraxan, dietro di lei, parve non gradire affatto questa
mancanza di attenzione verso la sua ala: assottigliò gli occhi rossi e
guardò Harry con ancora più astio.
«Sai, papà è
andato in pensione – ora sta facendo il giro del mondo a bordo di un Thestral, con uno Kneazle per
compagno, per cercare quei malefici Ricciocorni che
in Svezia non avevamo trovato anni fa – e mi ha passato un sacco di incarichi
su reportage di animali sconosciuti! Il giornale è ora gestito da un suo
socio ma va comunque a gonfie vele, come sempre… Inoltre, molti dei suoi
ex collaboratori hanno degli animali che non sanno gestire, quindi arrivo io e
cerco di addolcirli un po’… prendi Abra,
ad esempio, dicevano tutti che ha un carattere orribile, da quando si è
rotto l’ala non lo volevano neanche più, invece è bastato
solo accudirlo un po’ e ora è un amore… Quindi, be’, sono
proprio piena di lavoro anche io, come vedi!»
E tornò a sorseggiare il suo
Infuso, contenta. Harry tentò a sua volta, ma confermò quello che
aveva pensato più di dieci anni prima: quella roba sembrava un
concentrato di Gelatine Tutti Gusti+1 al vomito.
Dopo di questo, Luna le chiese come
stessero Ron ed Hermione, che non vedeva da qualche mese: lui rispose che
andava tutto bene e che il nuovo arrivato, Hugo, era coccolato da tutti. Da
lì, passarono in rassegna quasi tutti i loro amici: Neville stava per
diventare Professore ad Hogwarts, George andava alla grande con il suo negozio
di scherzi, Dean Thomas lavorava al Ministero… Fu con grande sollievo di
Harry che Luna non nominò Ginny: aveva evidentemente molto più
tatto di quel che ricordava. Naturalmente, tutti sapevano che le due erano
tuttora grandi amiche, quindi la notizia (vecchia più di un anno) che
Harry e Ginny si erano lasciati doveva esserle arrivata da tempo. Lui la
ringraziò mentalmente: sarebbe stato tremendo
spiegare per l’ennesima volta il motivo per cui la loro relazione era
finita e i suoi nervi a fior di pelle non avrebbero proprio retto.
Fra i due scese il silenzio. Harry
pensò disperatamente a qualcosa da dire, mentre vedeva il proprio
riflesso nel mefitico liquido violaceo.
«È proprio come la
ricordavo, casa tua, sai… con gli stessi colori e tutto il resto. Ma,
ehm, non aveva subito qualche danno dopo quella
volta…?» borbottò, vago.
«Oh, sì. Era saltata
per aria, perché i Mangiamorte avevano colpito il corno di Ricciocorno che mio padre mi aveva regalato, e quello
chissà perché era esploso» rispose l’altra come se
stesse parlando di cose banali e normali. «Ma alla fine della guerra
magica papà ha rimesso tutta casa a posto; il corno è ancora su,
per fortuna, intatto»
Harry deglutì. Ricordava
perfettamente che Hermione, quella volta, aveva classificato quel corno come un
oggetto esplosivo estremamente pericoloso che sarebbe potuto scoppiare al
minimo tocco, e così era stato; sperò solo di non verificarlo di
nuovo di persona.
Il silenzio calò di nuovo su
di loro.
Luna si alzò dalla sedia e
prese una manciata di semini, posti in un sacchetto sul davanzale vicino alla
finestra: qui si sporse e li lanciò agli gnomi nel giardino che
mangiarono. La ragazza poi si risedette e guardò il suo ospite, ancora
in silenzio, ma la quiete venne interrotta dal nitrire infastidito del cavallo;
perciò balzò in piedi e riprese ad accarezzarlo. L’animale
sorrise, felice, e agitò la coda mentre accarezzava la donna con la
testa. Più che un lavoro, notò Harry, quello di Luna sembrava una
passione: non le pesava minimamente fare quel che faceva, anzi… E gli
animali, a loro volta, sembravano corrispondere perfettamente questo suo
sentimento. Harry provò una piccolissima punta di malsana invidia nei
suoi confronti, cosa che davvero non avrebbe mai pensato di provare…
sospirò. Harry Potter, colui che aveva salvato il mondo magico dal
più grande Mago Oscuro di tutti i tempi, il mago più raffigurato
sulle Cioccorane, la cui statua era nell’atrio
del Ministero della Magia, che provava invidia
per una ragazza strana e fuori dal mondo come Luna Lovegood?
Qualche giornalista di gossip lo avrebbe definito uno scandalo, ma Harry si
ritrovò a ridere amaramente della condizione in cui era sprofondato da
un po’ di tempo: non era proprio da lui provare invidia per chi gli
voleva bene, e si vergognò di quello che aveva appena pensato. Ultimamente,
in effetti, si sentiva un po’ solo. Ron ed Hermione lo venivano a trovare
tutte le settimane, ma lui di rado si faceva trovare a casa: un po’
perché il primo era il fratello di colei che gli aveva spezzato il
cuore, un po’ perché la seconda avrebbe capito subito che lui
ancora non si era del tutto ripreso, e anche un po’ perché
entrambi avevano oramai una famiglia da mandare avanti.
«Sai chi altro sento spesso,
ultimamente?» cominciò lei interrompendo il suo flusso di pensieri.
«Hagrid! Oh, è davvero fantastico, mi
dà così tanti consigli sui miei animali… ha però una
strana passione per le creature
pericolose, soprattutto per quelle che teoricamente non si potrebbero allevare
o avere in casa, lo sapevi?»
Harry ridacchiò, pensando ai
bei vecchi tempi. Oh, se lo sapeva…
«Ah, sì?»
mentì.
«Sì, davvero! Pensa
che la settimana scorsa sono stata da lui per avere un consiglio e mi ha detto
che ha avuto un Acromantula per qualche tempo.
Inoltre…»
E sciorinò ancora tutti i
fatti strambi che Hagrid le aveva raccontato; Harry
pensò che la sua parlantina si era accentuata molto negli ultimi anni,
perché non se la ricordava tanto prolissa ai tempi di Hogwarts. Anche in
questi piccoli resoconti, comunque, i suoi occhi brillavano di entusiasmo e di
ingenuità. Harry la osservò per l’ennesima volta in quella
strana giornata… Lo sguardo spensierato di Luna e il suo accenno ad Hagrid gli aveva fatto ricordare Hogwarts: le sgattaiolate
per andare a trovare il Mezzogigante sotto al
Mantello dell’Invisibilità di notte, l’adrenalina che lo
assaliva ogni volta che faceva qualcosa di proibito, le risate con Ron ed
Hermione, le scale a cui piaceva tanto cambiare, le giornate nella Sala Comune
di Grifondoro… Per la prima volta da tanto tempo, sorrise in maniera
spontanea e si rilassò davvero. Guardò la ragazza negli occhi e
la interruppe mentre lei ancora parlava.
«Be’, Luna… in
realtà c’è un motivo
per cui sono venuto qui.» sentì se stesso dire.
La diretta interessata, a cui nel
frattempo la teiera stava magicamente versando altro Infuso da bere, lo
guardò curiosa.
«Avresti da fare sabato sera?»
*°*
Con il farfallino, la tuba nera e
il mantello da sera si sentiva così idiota che quasi gli venne da
ridere. Ma chi diamine glielo aveva fatto fare? Era tutta colpa del suo stupido
lavoro e soprattutto del suo stupido nome, che ancora a tanti e tanti anni di
distanza faceva sempre lo stesso effetto di popolarità e fascino…
Si ritrovò a ballare
l’ennesimo valzer – musica Babbana
piuttosto antica che ultimamente aveva preso a essere di moda nelle feste
altolocate dei maghi – calpestando i piedi a Luna con tanta malagrazia
che presto le sarebbero venuti dei piedi enormi; ma la strega, anziché
ribellarsi, stava ridendo fino alle lacrime. I suoi capelli biondissimi, corti
fino al collo, e la sua carnagione estremamente pallida contrastavano con lo
svolazzante vestito verde acido che aveva scelto per quell’evento. La ragazza
portava anche una parure di gioielli
(una collana, un bracciale e degli orecchini) le cui catenelle dorate giravano magicamente
a spirale in un pigro movimento continuo. Una volta che ci si abituava
all’insieme, risultava più che carina: quel vestito infatti
conferiva ai suoi occhi grigi e stranamente sporgenti una particolare sfumatura
verde smeraldo che Harry apprezzò per la prima volta in tredici anni di
conoscenza ballando a pochi centimetri da lei.
«E’ tutto di mia madre,
sai, il vestito e i gioielli… e anche le scarpe… ma quelle credo
che dovrò buttarle dopo – ouch! – questa serata…» mormorò
lei, ridendo a crepapelle, fermandosi solo per l’ennesima pestata dei
piedi.
Lui arrossì di nuovo,
tentando di distogliere lo sguardo da quegli occhi così diversi da
quelli che conosceva di solito: si guardò perciò un po’ in
giro mentre continuava a ballare. Il nuovo Ministro della Magia che sostituiva
l’uscente Kingsley Shacklebolt,
Ignatius Jenkins, aveva
organizzato quella stupida pagliacciata formale per festeggiare la sua freschissima
nomina: per questo motivo lì erano presenti alti funzionari del Ministero,
giornalisti, legislatori e influenti guaritori, ognuno rigorosamente con il proprio
partner. Per l’evento, l’enorme atrio del Ministero della Magia era
stato rimesso a lucido, disponendo tanti tavolini da due persone intorno alla Fontana
dei Magici Fratelli, ricolma ora di piccole fate svolazzanti; violinisti,
pianisti e altri maghi musicisti suonavano della meravigliosa musica classica; il
soffitto era trapuntato di stelle, con un incantesimo simile a quello di
Hogwarts…
Naturalmente, a un evento così
importante non sarebbe mai potuto
mancare il Capo del Dipartimento degli Auror (chiamato anche Salvatore del
Mondo Magico, Colui Che Era Sopravvissuto Due Volte, il Prescelto e
chissà quali altri nomi che ancora ignorava del tutto); e il suddetto
non sarebbe mai potuto presentarsi da solo, altrimenti avrebbe dato adito a
tutta una serie di infiniti pettegolezzi nella comunità magica. Il
sedicente e giovane Harry Potter, il salvatore del mondo magico, era ancora
scapolo, nonostante avesse quasi trent’anni? Forse era rimasto scottato
dalla rottura con la sua fidanzata storica, la celebre giocatrice di Quidditch?
O forse ancora non si era ripreso dal colpo, come in effetti aveva ipotizzato
Rita Skeeter su un trafiletto de La
Gazzetta del Profeta di qualche settimana prima? No, no, aveva pensato Harry sconsolato appena aveva appreso la
notizia dell’invito, assolutamente
non ce la potrei fare… Sebbene durante la sua adolescenza avesse
dovuto sopportare ben di peggio, oramai non aveva proprio più i nervi o
la pazienza per subire per l’ennesima volta i bisbigli delle vecchiette o
gli articoli dei giornali di pettegolezzi. Doveva inoltre difendere una
carriera da Auror, costruita in dieci anni di sacrifici: non si sarebbe mai e
poi mai perdonato di non andare a quell’evento cui avrebbero partecipato
anche suoi colleghi o superiori. Ragion per cui aveva deciso la via più
breve e indolore: per una sola sera, avrebbe spudoratamente finto di essere in dolce compagnia. L’unico
problema era chi fosse disponibile a
fingere… Ginny naturalmente era fuori discussione, Hermione anche,
Lavanda Brown e Calì
Patil non le sentiva da secoli, con le altre Auror
che conosceva al lavoro non era così tanto in confidenza… era
quindi rimasta un’unica persona a cui lui, tempo prima, aveva già chiesto
una cosa molto simile: per cui, be’,
perché non provarci anche stavolta?
In realtà, quando
l’aveva invitata non aveva fornito a Luna nessuna istruzione su
ciò che doveva o non doveva fare: si era limitato a darle informazioni
per l’evento senza aggiungere altro. Sarebbe stato davvero troppo
imbarazzante doverle dire esplicitamente che doveva fingere di essere la sua
ragazza… ma, ancora una volta, l’altra aveva avuto molto più
buon senso di quanto Harry si ricordasse o avesse mai pensato: non gli aveva
chiesto assolutamente nulla, ma aveva in qualche modo dedotto più o meno
tutto.
Durante la cena, Harry aveva tirato
un sospiro di sollievo: per fortuna aveva
avuto quell’idea… Sebbene anche Ron ed Hermione fossero lavoratori
del Ministero, non erano potuti venire all’evento perché Hugo era
nato solo da qualche settimana e avevano entrambi il loro bel da fare fra lui e
Rose. Se non avesse invitato Luna, Harry sarebbe stato ancora una volta solo,
costretto a cenare a uno di quei tavolini fatti appositamente per una coppia,
con tanto di candela accesa e rosa rossa nel vaso di vetro… E poi, a parte il lato schiettamente pratico
di quell’invito, quella serata si stava rivelando addirittura piacevole se
non spassosa: mentre mangiavano, Luna non aveva fatto altro che chiacchierare
delle sue ricerche su svariati animali (con un candore riguardo a Mantecore o a Schiopodi Sparacoda che a Harry aveva ricordato molto Hagrid) o su luoghi che suo padre le aveva nominato nelle
sue lettere dal giro intorno al mondo. Quando qualche importante funzionario
del Ministero o una vecchietta di purissima famiglia Purosangue si erano
avvicinati al tavolo dei due ragazzi per vedere con i propri occhi come se la
passasse il leggendario Harry Potter dopo tanti anni, Luna era rimasta in
disparte a osservarlo con la dovuta ammirazione per poi salutare con la massima
cortesia e vivacità.
Dopo lo splendido e opulento
banchetto (le cui pietanze apparivano a comando nei piatti), i tavolini erano
stati fatti scivolare da parte e l’orchestra aveva iniziato a suonare. Il
nuovo Ministro e consorte erano dunque scesi in pista, a ritmo del valzer,
seguiti poi da tutti gli altri invitati. Harry, suo malgrado, aveva dovuto
ammettere che quello era uno spettacolo davvero suggestivo: le luci delle fate
nella fontana si riflettevano innumerevoli volte nell’acqua, illuminando
la pista con una calorosa luce vagamente soffusa.
Da parte sua, lui non aveva avuto
la benché minima intenzione di iniziare a ballare; ma Luna si era
alzata, aveva ravvivato decisamente i capelli e lo aveva guardato.
«Be’? Non
andiamo?» aveva chiesto in tono molto pratico.
Harry odiava ballare e soprattutto
odiava quella musica tanto composta; non aveva né grazia, né
equilibrio, né soprattutto voglia… avrebbe molto volentieri
passato una serata seduto a guardare gli altri danzare, per poi cercare di sparire
nell’oblio più totale una volta che la serata si fosse
conclusa… Si era fatto vedere da colleghi e da Ministri, perciò
ora poteva andare via senza correre il rischio di essere criticato per la sua
assenza. Inoltre, se avesse incrociato lo sguardo di qualche collega
probabilmente avrebbero finito con il parlare di lavoro e di assassini e di sangue
e di magie oscure, e per una sola serata proprio non voleva sentire quei discorsi angoscianti. Ma Luna lo aveva squadrato
con tale vivace impazienza che non se la era sentita di dirle no…
chiedendosi perché mai lo facesse, aveva tirato un sospiro e si era
alzato, rassegnato.
E fu così che Harry Potter e
Luna Lovegood avevano iniziato a ballare. Non era
male, in effetti, una volta che ci si prendeva il ritmo: bastava fare
meccanicamente sempre gli stessi passi ed evitare i piedi della propria
compagna… anche se quest’ultima precauzione era praticamente
impossibile.
«Dunque, Harry?» chiese
lei d’un tratto, posando il suo sguardo per una frazione di secondo
all’altezza della frangetta. Ancora danzavano in cerchio con tutte le
altre coppie più o meno affiatate.
Lui sollevò gli occhi e
incrociò quelli grigiastri di lei, che quella sera avevano una luce
particolare; quella sfumatura di verde smeraldo, dovuta all’eccentrico
colore del vestito, era così bella… Non che fossero occhi
particolarmente armoniosi: erano troppo sporgenti e bulbosi per poter essere
definiti belli, ma conferivano a quel
viso ingenuo una certa caratteristica espressione di perenne sorpresa. Ma
c’era anche qualcos’altro di strano,
quella sera… Luna aveva sempre avuto quello sguardo così
indagatore, quel tono di voce così pratico, quei movimenti così
fluidi? Non era lei la strana ragazza
mezza matta che tutti a Hogwarts avevano chiamato Lunatica ma che lui aveva
sempre difeso?
«Dunque… cosa?»
chiese il ragazzo dopo un po’, come ridestandosi da un assopimento.
«Dunque, come sto andando? Mi
atteggio bene a tua fidanzata?»
Lui, inevitabilmente,
arrossì. La passione di lei per le verità imbarazzanti, dette in
maniera così diretta, evidentemente negli anni era peggiorata; tuttavia,
Luna manteneva ancora quel tono di voce allegro e sognante che non dava l’aria
di essere arrabbiata con lui per averla in qualche modo presa in giro.
«Be’, Luna, ma…
ma questo mio invito non vuol dire assolutamente quello che tu pensi… io
semplicemente ti ho invitato perché, be’,
perché… c’era questo evento, nessuno poteva venire, e quindi
l’ho detto a te… come amici, ecco. Non ci vedevamo da un po’
e mi faceva piacere…» azzardò, balbettando alquanto e
cercando in tutti i modi di non guardarla negli occhi.
Lei ridacchiò.
«Oh, be’,
ma io mica mi sono offesa. Ti ho solo chiesto come stessi andando come fidanzata
del famoso Harry Potter.» bisbigliò, allegra e sognante, mentre
ancora volteggiavano. Il suo svolazzante vestito verde acido, unito agli
originali gioielli che continuavano a girare indolenti a spirale, era un
tripudio di movimento. «E non dire bugie! Riconosco quando ne dici una, non
ho ancora il cervello pieno di Gorgosprizzi!»
Harry rise di gusto, così
forte che la coppia che ballava accanto a loro li squadrò per un attimo.
Un fotografo scattò una foto, attirato da quel famoso nome e desideroso di
condividere quel gossip con il mondo
magico; dal tavolo dei cocktail si videro anche un Legislatore e una famosa
Guaritrice che li additavano e che squadravano con curiosità la fronte
di lui.
Ma di tutto questo, dopo mesi di
totale paranoia per la popolarità e autorevolezza del proprio nome, ad
Harry Potter improvvisamente non importò nulla.
«I Gorgosprizzi!
Li avevo quasi dimenticati… Non erano quei cosi che infestano i vischi a
Natale?»
Luna alzò lo sguardo al
cielo che sembrava stellato, facendo un segno impaziente con la mano. Il
Ministero della Magia, intorno a loro, continuava a vorticare in uno sfarzo di
lucine di fate.
«Quelli sono i Nargilli. E, be’, se devo
essere sincera, forse papà aveva qualche torto su di loro… ma sul
Cavillo lui ha sempre detto che non era mai stato del tutto sicuro della
loro esistenza, quindi non ha mai mentito» si affrettò ad
aggiungere, mordendosi un labbro come se questa cosa la scocciasse enormemente.
«Ma comunque, ancora non hai risposto alla mia domanda. Sto andando bene,
come fidanzata del famoso Harry Potter? Non sono troppo strana, per una volta?» mormorò, con un certo sarcasmo
nella voce che Harry non aveva mai notato prima.
Lui la squadrò ancora una
volta. Era come conversare con una ragazza assolutamente normale e non con Luna
Lovegood, la bizzarra ragazza che si metteva gli
orecchini di ravanelli o quegli orribili enormi cappelli a forma di
leone… Possibile che fosse cresciuta e cambiata in quel tempo in cui non
si erano visti? E se lei era cambiata così tanto, lui – lui, il grande Harry Potter – che cosa diamine
aveva fatto negli ultimi anni a parte lamentarsi del suo lavoro, del suo nome o
del fatto che si sentisse disperatamente solo sebbene fosse circondato dei suoi
amici più cari? O invece lei era sempre stata così ma lui
l’aveva sempre vista come troppo strana
e non ci aveva mai prestato la dovuta attenzione?
«Mmmh,
sì, dai, penso che tu possa andare bene.» rispose, arrossendo
involontariamente; per smorzare la tensione che si era inevitabilmente creata,
però, aggiunse: « Ma questa cosa già l’hai fatta
egregiamente qualche anno fa, al Ballo di Lumacorno,
quindi non dovresti esserne sorpresa».
Ma lei non demorse: sembrava che la
questione le stesse a cuore. Ancora una volta, gettò una rapidissima
strana occhiata alla frangetta di lui.
«Una bionda al proprio fianco
fa sempre una bella figura su un giornale di pettegolezzi, specie se si
è il Salvatore del Mondo Magico, il Capo del Dipartimento Auror o
chissà cos’altro, eh?» commentò, quasi sferzante, e
poi aggiunse senza aspettare una sua risposta: «Ultimamente, Harry, non
ti prendi un po’ troppo sul serio? Ad Hogwarts non eri così.»
Harry la squadrò: come mai
questo cambio repentino di argomento? Dacché parlavano di Nargilli e Gorgrosprizzi, adesso
lei sembrava quasi seccata…
«Scusami?»
Forse si era resa conto di essere
stata un po’ troppo dura, o forse ancora non lo voleva mai essere stata;
in ogni caso, il suo sorriso ritornò di colpo quello ingenuo e caloroso di
sempre.
«Oh, niente, lascia stare,
sono io che sono strana come al solito».
L’altro ridacchiò ma
non colse proprio quello che lei intendeva. Luna gli lanciò ancora un’occhiata
indagatrice, che sembrava in qualche modo capace di leggergli il pensiero, spostò
lo sguardo alla sua frangetta e sorrise poi vagamente, ma non disse nulla.
Continuarono a ballare: lui la osservò,
ancora e ancora, ma perse cognizione delle gambe e le fece involontariamente
uno sgambetto: si ritrovarono a terra, l’uno sull’altra, ed
esplosero in una fragorosa risata. Si rimisero a sedere ma non poterono
continuare per un po’ per colpa dei crampi alla pancia e delle lacrime
agli occhi; gli occhiali di Harry erano volati da qualche parte e lui dovette
usare un “accio”
per ritrovarli. Un altro fotografo si avvicinò e scattò una foto,
ma stavolta Harry quasi non se ne accorse (era completamente intento a
rialzarsi e riprendere il ritmo per ballare).
«Oh, Harry, finalmente ti
vedo ridere!» esclamò
Luna non appena ricominciarono. «È da quando sei venuto a casa mia
che ti vedo con il broncio!»
Il diretto interessato,
improvvisamente, si incupì.
«Te l’ho già
detto, Luna…» mormorò. E poi, semplicemente, non ce la fece
più: iniziò a parlare e a parlare, sfogandosi con qualcuno per la
prima volta da molto tempo, come un fiume in piena, mentre ancora ballavano in cerchio
in maniera elegante. «Essere Auror è il lavoro della mia vita, io
amo quello che faccio. Probabilmente pensavo che dopo la caduta di Voldemort ci
fossero meno maghi oscuri in giro… Invece non è così, nel
modo più assoluto, e devo continuamente affrontare situazioni orribili: assassini, omicidi, furti, ricatti,
rapimenti, o peggio… Sono sempre in missione sotto copertura e quindi
è come se rivivessi continuamente l’anno in cui sono stato alla
ricerca degli Horcrux, ma ora Ron ed Hermione non ci
sono e non c’è neanche Ginny; questa cosa mi sta facendo
impazzire. Per non sentirmi chiedere continuamente come mai io e lei ci siamo
lasciati, mi sono allontanato da molte persone: dai Weasley, anche se Arthur e
Molly non mi hanno mai dato la benché minima colpa di quello che
è successo, un po’ da Ron ed Hermione, perfino da Neville… o
da te. Sarà solo un periodo, credo, passerà…»
sospirò. «Io… non incolpo Ginny per avermi mollato dopo
quasi dieci anni che eravamo insieme: è da qualche anno che sono sempre
cupo e indaffarato con il lavoro e con il mio stupido nome, che ancora adesso
promette meraviglie ovunque io vada. Ma, ecco, avrei sperato che lei mi stesse
vicino e che capisse, invece a lungo andare con il suo carattere forte si
è stufata di questo mio comportamento… ed è finita.
È passato quasi un anno da quando è accaduto, ma evidentemente
ancora non l’ho superato, o non sarei qui a parlartene. In ogni
caso… passerà anche questo, ho affrontato di peggio, alla fin
fine».
C’era stato un periodo,
neppure troppo tempo prima, in cui aveva pensato che lui e Ginny si sarebbero
sposati come Ron ed Hermione e che sarebbero andati a vivere proprio vicino a
loro. Oh, sarebbe stato tutto così perfetto, quasi come una favola:
l’eroe che sposa la sorella del migliore amico e che vive con lei per
sempre felice e contento… Ma così non era andata, semplicemente, e
l’eroe aveva dovuto fare i conti con la brutta e orribile realtà
del mondo degli adulti.
Tuttavia… ora che ne aveva
parlato, che in qualche modo aveva scaricato questa sua oppressione su
qualcuno, si sentì istantaneamente meglio. Luna dal canto suo lo
guardò con tanta apprensione e dispiacere che sembrava quasi che il
malumore fosse il proprio. Nessuno dei due si era accorto che oramai non
ballavano più, ma si erano fermati a un lato della pista. Lei gli tolse
un po’ di polvere dal bavero, conseguenza della caduta a terra di prima.
«Mannaggia, mi spiace…»
disse solamente, nel suo solito tono sognante. Lo guardò. I suoi strambi
orecchini e la collana non smettevano di girare in tondo: era un effetto strano
ma particolarmente grazioso. «In effetti la vita adulta fa un po’ schifo, sai. Preferivo
stare a Hogwarts, come dici tu, era tutto più spensierato – tranne
il mio sesto anno, insomma, in cui i Mangiamorte mi hanno rapita… ».
Si appoggiò a una colonna di
marmo verde lì vicino e lo osservò. Ancora una volta, i suoi strani
occhi sporgenti si soffermarono per una frazione di secondo di troppo sulla
frangetta di lui. Harry si incupì, chiedendosi come mai, dopo tanti anni
che si conoscevano, perfino lei cercasse di scorgere la sua cicatrice
esattamente come metà del mondo magico: stava per urlare qualcosa, come
se ancora avesse quindici anni e fosse un adolescente rabbioso, ma lo sguardo
tormentato e dispiaciuto di lei lo trattenne.
E infatti la ragazza
continuò: «Ma, Harry che alternativa abbiamo? Non serve proprio a
niente cercare di far finta di avere ancora sedici anni. E soprattutto non
serve proprio a niente rinchiudersi in se stessi e isolarsi dal mondo, chiusi
nel proprio guscio. Se io non fossi ancora in contatto con quella poca gente
che anni fa non mi considerava strana
o non mi chiamava Lunatica, sarei
probabilmente ancora più matta di quanto già non lo sia… e io parlo con un cavallo alato nella mia
cucina, ecco.» soggiunse poi, in un tono molto pratico, e sia lei che lui
ridacchiarono. «Ma… credimi, Harry. La vita già è
abbastanza dura così, con le perdite che sia te che io abbiamo avuto,
perché complicarcela ulteriormente decidendo di rimanere da soli? A me
non dispiace stare da sola, lo sono sempre stata… ma poi ho trovato voi,
con l’Esercito di Silente, ed è stato come avere degli amici veri… Tu sai, e anche io lo so,
cosa vuol dire essere additati, squadrati, scansati, e sentirsi dire che si
è strani… Perché
rinunciare alla compagnia di quelle uniche persone che ci conoscono per
ciò che siamo? Nessuno è fatto per stare da solo, men che meno tu o io, perché quando siamo soli
tendiamo entrambi a pensare male e a non vedere le cose da una giusta
prospettiva… E questo l’ho capito tanto tempo fa, grazie anche a
te. Quindi ora ti restituisco il favore e ti dico: vai a trovare Ron ed
Hermione, al più presto possibile, vedrai che non li disturberai
affatto.» concluse, sorridendo.
Fu come se il nodo alla gola di
Harry ora si sciogliesse dopo un lungo, lungo tempo; come se il peso sul suo
stomaco se ne fosse magicamente
andato. Ma per quale motivo era stato così idiota da isolarsi tanto dai
suoi più cari amici, Ron ed Hermione in primis? Perché non si faceva
trovare in casa quando lo andavano a trovare o non rispondeva ai loro gufi?
Luna aveva ragione… dopo tanto tempo, Luna aveva ancora ragione. La sua
compagnia, in effetti, riusciva sempre a dargli un altro punto di vista su
quelli che sembravano sempre problemi insuperabili; così era accaduto
tante volte a Hogwarts e così stava accadendo tuttora… E anche
quel suo “ti prendi troppo sul
serio” di poco prima… in effetti, a chi diamine sarebbe
importato anche se si fosse presentato a quello stupido evento da solo, o se
non si fosse presentato affatto? Era Harry Potter, e allora? Aveva dovuto
sopportare cose ben peggiori quando aveva appena quindici anni e la quasi
totalità del mondo magico lo riteneva un pazzo bugiardo; ora che ne
aveva ventotto non poteva sopportare una risatina di una qualche vecchietta
perché era ancora single? Era diventato così pateticamente idiota, davvero…?
Inconsciamente, rise come non gli
capitava di fare da molto tempo; la sala gli sembrò d’un tratto
incantevole, le fate nella fontana più brillanti e vivaci, le persone
più allegre e conviviali, l’atmosfera più calorosa e
accogliente, la sua invitata molto più bella e meno strana di
quanto ricordasse. Come per magia, contemporaneamente a questo suo repentino mutamento
di umore, anche la musica cambiò: i composti musicisti scesero dal
palco, portando via tube, violoncelli, flauti o violini, e al loro posto
salirono otto maghi con vesti nere sgualcite e strappate che Harry riconobbe
come le Sorelle Stravagarie. In effetti, a quella
tarda ora molti dei maghi più anziani se ne erano andati e oramai
rimanevano solo coppie giovani, per cui il cambio di atmosfera aveva un certo
senso.
Harry stava per replicare qualcosa,
qualsiasi cosa a quella fantastica
strega che aveva quel poderoso effetto calmante su di lui a quindici anni
così come a ventotto, ma l’improvviso assolo di chitarra
oscurò le sue parole. I due si guardarono; a lui non sfuggì che,
per l’ennesima volta in quella serata, gli occhi di lei erano intenti a
sbirciare qualcosa all’altezza della sua frangetta, ma la ragazza per
qualche strano motivo appariva divertita. Stava per dire qualcosa (ma
perché diamine continuava a osservare la sua cicatrice?) quando due
pesanti dita gli bussarono sulla spalla e fu costretto a girarsi. Un ometto
panciuto, dai radi capelli biondicci e dagli occhi scuri, lo guardava con
appassionata gioia: era Ignatius Jenkins,
il nuovo Ministro della Magia, che ovviamente Harry aveva già incontrato
al lavoro.
«Oh, bene, bene, bene! Il
signor Harry Potter!» squittì, stringendogli la mano. Harry
sorrise a sua volta e rispose meccanicamente alla stretta in silenzio, con la
mente in subbuglio altrove. Anche gli occhi dell’ometto frugarono sulla
sua fronte, come d’altra parte era sempre accaduto quando un estraneo lo incontrava.
«Naturalmente l’ho osservata tutta la serata, accanto al suo amico
e mio predecessore, il signor Shacklebolt, e
altrettanto naturalmente io e lei ci siamo già conosciuti, ma sa…
Stringerle la mano è sempre un enorme piacere per noi maghi comuni!»
ridacchiò. «L’ultima volta che ci siamo visti andava
parecchio di fretta, doveva sconfiggere qualche mago oscuro, immagino, ma ora
che abbiamo entrambi più tempo potrei presentarle qualche nuovo funzionario
del mio governo?» disse, e alluse con una mano a una pletora di maghi e
streghe che formava un piccolo capannello a qualche metro da loro e che li
stava osservando con viva irrequietezza. Due streghe lo salutarono, un mago lo
osservò con molto rispetto. «Sono tutti qui che aspettano di
conoscerla, sa!»
Il diretto interessato
deglutì. Con la coda dell’occhio osservò Luna, che neanche
era stata degnata di un solo sguardo dal Ministro, mentre ancora era appoggiata
alla colonna di marmo.
«Io, be’,
sa…» mormorò.
Fece automaticamente un altro passo
verso il gruppetto di maghi, ma sentì un fruscio proprio dietro di
sé: Luna si era staccata dalla colonna e ora si stava allontanando,
lentamente.
Il ragazzo si fermò. Lui era
Harry Potter! Il Capo del Dipartimento Auror, l’Auror più giovane
della storia magica, il Salvatore del Mondo Magico, il Prescelto, il
Sopravvissuto… era suo dovere e
piacere parlare con Ministri e influenti Maghi e Guaritori… Il suo
lavoro, la sua carriera, forse sarebbero dipesi da quella serata… Ginny
lo aveva mollato tanto tempo prima e per questo motivo si era buttato a
capofitto nel lavoro, proprio ora che Ron ed Hermione avevano così poco
tempo per lui, non poteva preoccuparsi di altro proprio adesso, altrimenti
sarebbe stato tutto inutile…
O forse no? Ripensò alle
parole di Luna. Ultimamente, Harry, non
ti prendi un po’ troppo sul serio?
«Be’, Ministro…
mi sa che dovrà aspettare ancora. In realtà, sono molto occupato anche
stasera.» rispose. Gli strinse di nuovo frettolosamente la mano e fece un
sorriso ipocrita al piccolo drappello dietro di lui.
E corse.
Luna, bacchetta alla mano, stava quasi
per Smaterializzarsi mentre nessuno nella grande sala sembrava curarsi
minimamente di una così particolare ragazza da sola nel buio in mezzo a
quella musica assordante. Harry la osservò fugacemente: la sua schiena
incurvata e il suo sguardo sperso quasi gli strinsero il cuore, dopo tanto
tempo di volontaria apatia. Le si avvicinò, rapido, e prese la sua mano
fra le proprie; senza aggiungere altro, la trascinò al centro della
pista insieme alle altre coppie.
E ballarono, ballarono, ballarono: dopo
parecchi boccali di Burrobirra lui riuscì
addirittura a non pestarle i piedi, sebbene la musica e la gente fossero
scalmanate. Avevano tutti quanti bevuto forse un po’ troppo… ma,
beh, era una sensazione grandiosa, come una boccata d’aria fresca dopo
una lunga apnea, come rivedere la luce del sole dopo una tempesta, come essere
di nuovo vivo dopo tanto tempo…
e tutto grazie a quella graziosa, splendida e strana ragazza. Ma era davvero così strana? E lui, be’, poteva essere definito normale? Forse erano
semplicemente strani entrambi; ma questa cosa gli andava bene così, in
qualche modo, e si ritrovò a ridere, ridere, ridere…
«Ehi, Harry.»
mormorò lei, a un tratto, mentre ballavano particolarmente vicini.
Ancora una volta, non guardava i suoi
occhi ma la sua frangetta: un pizzico di dispiacere intaccò il ritrovato
buonumore di lui. In ogni caso, lei aveva di nuovo quell’aria e quel tono
di voce sognanti: lo guardava come non aveva mai guardato nessuno, lui ne era
certo: un misto di rispetto, gioia, complicità e… somiglianza?
Lui sorrise. Forse, beh, perché no… Forse
sarebbe riuscito a superare il trauma di Ginny… Forse si poteva
ricominciare tutto daccapo senza problemi, ma anzi con gioia… E forse
sarebbe andata davvero bene questa volta…
«Luna.» borbottò
l’altro, arrossendo.
Lei gli accarezzò lievemente
il viso e prese una ciocca nera della frangia fra le dita; gliela
scostò, gentilmente.
«Mi hai voluto
copiare?» domandò dopo un po’, seria.
Lui non capì (la Burrobirra ingerita, l’estrema vicinanza e quella
particolare sfumatura smeraldo negli occhi di Luna non aiutavano di certo le
sue facoltà mentali), ma dopo qualche secondo imbarazzato chiese:
«A proposito di questo.
Perché diamine è tutta la serata che mi guardi la fronte? Pensavo
che dopo tanto tempo ti fossi abituata alla…»
Lei ridacchiò e si
alzò sulle punte; il cuore di Harry accelerò mentre nel suo petto
si diffondeva una pervicace sensazione di felicità…
Fece scivolare la sua mano lungo la schiena di lei… Ma Luna prese ancora
le sue ciocche fra le dita e ci sfilò qualcosa; si riabbassò
sulla pianta dei piedi e gli mostrò una piccola robetta luminosa che si
dimenava in maniera forsennata.
Era quella la cosa che Luna (e
sicuramente anche il Ministro) aveva guardato tutta la sera: una delle migliaia
di fate della Fontana dei Magici Fratelli evidentemente si era addormentata
sulla sua frangetta, in mezzo ai suoi capelli spettinati; Harry rise, rise
quasi fino ad avere le lacrime agli occhi, ma Luna rimase mortalmente seria.
«Oh, che cosa orribile, hai
una fata come fermaglio!» proruppe con fare melodrammatico. «Che
cosa davvero strana addosso a una
persona così importante e seria
come il coraggioso e splendido Harry Potter! Non trovi?» disse.
Harry rise ancora più forte.
«Mmmh,
sì. È una cosa veramente strana
e riprovevole» mormorò. «Ma sai, mi sa tanto che ti
copierò da ora in poi, per un bel po’ di tempo.»
E i due strani ragazzi passarono
tutta la notte a ballare, ballare, ballare, mentre le fate volteggiavano
intorno a loro e in mezzo ai loro capelli.
°*°*°*
Qualche
informazione.
-Hugo Weasley nasce
nel 2008, quindi la fanfic è ambientata
praticamente 10 anni dopo la battaglia di Hogwarts.
-I Doxy
depongono circa 500 uova alla volta e le seppelliscono ma si schiudono dopo due-tre settimane. [Dal libro “Gli Animali Fantastici: dove trovarli”]
-Abraxan: è una
delle quattro specie di Cavalli Alati (Abraxan, Ethon, Granius, Thestral). È un cavallo gigante immensamente
potente. [Dal libro “Gli Animali
Fantastici: dove trovarli”].
-Uno Kneazle
è un animale simile a un gatto.
-Shacklebolt qui è
stato Presidente della Magia per 10 anni, il che è concorde con i tempi
dei Ministri della Magia presenti sul sito Pottermore.
Il nome del nuovo Ministro è inventato, ma è la fusione di due
vecchi Ministri presenti sullo stesso sito.
-Neville nella parte dei
19 anni dopo è professore a Hogwarts, quindi qui secondo me ha senso che
stia per diventare professore. George, come detto dalla Rowling, gestisce il negozio
di scherzi a Diagon Alley.
Dean Thomas non ho idea di cosa faccia, quindi l’ho messo al Ministero. Harry
è a Capo del Dipartimento Auror.
-Le Sorelle Stravagarie
è una band rock composta da maghi (e non da streghe!).
NB: naturalmente,
in questa “What If”
quell’orrore di Harry Potter and the Cursed Child non potrà mai accadere, quindi non l’ho
neanche preso in considerazione (anche perché in realtà quella
roba per me non è proprio mai stata pubblicata).
°*°*°*°
°*°*°*°*°*°*°*°
Ah ehm.
Salve.
È passato molto, molto tempo da
quando ho pubblicato su EFP per l’ultima volta (…due anni fa) e,
beh, avevo pensato che la mia ispirazione si fosse un po’ esaurita.
Ma poi, scorgendo per caso un contest ho
avuto un’illuminazione e, miracolo, eccomi qua!
E niente, non so cosa scrivere: a voi i
commenti. Spero con tutto il cuore
che vi piaccia e che la mia vena creativa non si sia consunta, davvero.
Solo una piccola informazione: come
detto, l’idea nasce da un contest. Il contest in questione è il
seguente: “It’s
too clichè”
di rhys89 (a cui alla fine non ho potuto partecipare perché la scadenza
era più di un mese fa e io fra una cosa e l’altra ho finito la fanfic solo a metà novembre). Dovevamo prendere una
lista di clichè e costruirci attorno una
storia, io ho scelto il seguente: “Recita
per me” : “A e B possono essere – a inizio storia
– amici, colleghi, semplici conoscenti o persino degli estranei. A chiede a B di fingere di essere il suo fidanzato per andare a una
festa/matrimonio/evento importante dove, se si presentasse solo, verrebbe preso
in giro da amici e/o parenti.”
L’idea di scrivere una HarryLuna mi era sempre ronzata per la mente visto che la HarryGinny non mi ha mai convinto moltissimo (Ginny
è un po’ troppo perfetta per i miei gusti): ho cercato di fare una
What If in cui
Harry e Ginny si lasciano e Harry si trova piuttosto depresso fra una
reputazione da mantenere, un lavoro abbastanza opprimente e i suoi migliori
amici che non hanno moltissimo tempo per lui perché stanno mettendo su
famiglia. Ma, ecco, secondo me Luna sarebbe quella che davvero lo aiuterebbe a
uscire da una situazione come questa e a vedere le cose da una giusta
prospettiva…
Il finale è volutamente molto
aperto, il mio primo impulso era di avere qualcosa di più romantico fra
i due, ma pensandoci un po’ su ho capito che non mi sembrava il caso
visto che lui all’inizio della fanfic la
giudica come “la solita strana Luna che non è cambiata per
niente”, mentre in realtà è cambiata più di quanto
lui si aspetti.
(Ma in ogni caso credo che le
romanticherie arriveranno, solo non mi sembrava giusto farle arrivare ora. A
voi la scelta x°D)
E per il titolo, sì, ho fatto un
po’ una paraculata <3 Nel senso che ho sfruttato il titolo del
telefilm del momento (Stranger Things,
sulla mia lista di robe da guardare) che trovo tuttavia azzeccato (lui
all’inizio la vede come “la solita strana” ma poi si accorge
che è quasi un’estranea, da cui il gioco di parole in “Strange(r)”).
E, beh! Domani vedo Animali Fantastici e non vedo l’ora. <3
Lasciatemi un commento, per favore!
Sarebbe davvero importante per me.
A preso, forse, chissà
Clahp