ARMY
of TWO
SALVATION
Elliot tentò di stappare la boccetta con le dita, ma le mani
sudate e i guanti frantumati non aiutavano. –Merda!-
digrignò tentando con le unghie. –Ma un
po’ più complicate, ‘ste aperture
no?!?!- gemé.
-Cristo, Elliot…- ansimò l’altro.
–Pure mia nonna ci riuscirebbe…- rise.
-E allora fattela da solo la pic-pic, ingrato…-
brontolò allegro.
Rios, seduto a terra e con le gambe stese, alzò una mano e
tremante si sfilò la maschera così da traspirare
al meglio. Il volto sudato, la fronte contratta dal dolore che provava.
Sulla guancia destra si diramava la cicatrice: uno sfregio, un dolore,
una leggenda. Le parti della sua armatura erano rovinate e bucherellate
di proiettili, alcuni dei quali erano penetrati nella carne
dell’avambraccio. –Spicciati, ragazzo-
chiamò col respiro irregolare. –Dobbiamo arrivare
in fondo al tunnel e trovare quell’ultimo missile,
perciò…- fece una breve pausa, osservando
l’amico. –Muoviti-.
-Senti, eh! Ce la sto mettendo tutta!- sibilò Elliot
graffiando il contenitore di liquido trasparente nel tentativo di
aprirlo. –E ringrazia il cielo che sono riuscito a fare
piazza pulita senza di te che avresti dovuto pararmi il culo!-
alzò gli occhi al cielo, continuando a grattare il tappino
della boccetta. –E invece no! Dovevi farti i cazzi tuoi e
andartene avanti da solo! Te l’avevo detto di starmi
accollato, ma ti pare??? Il grande Rios mica ascolta la matricola di
turno! Noooo!!! Il grande Rios se ne fotte un cazzo della matricola,
preferisce fare l’eroe!!! Sei così stronzo, delle
volte…- si bloccò osservando
l’espressione seria e rabbiosa del compagno a terra.
Elliot si sollevò la maschera dipinta e inarcò un
sopracciglio. –Che c’è???-
domandò interdetto.
-Hai finito di approfittarne solo perché non posso riempirti
di calci nel culo?- parve piuttosto calmo.
Detto ciò, nella caverna risuonarono i tuoni di armi che di
certo non appartenevano a loro.
Erano dodici, e comparvero dal fondo del tunnel cominciando a sparare
all’impazzata, gridando in afgano quello che parve un
groviglio di ordini e imprecazioni.
Elliot si alzò in piedi con la boccetta ancora in mano,
lanciando un’occhiata stupita verso l’origine degli
spari.
-Ma allora sei scemo forte, ‘sta giù!- Rios lo
spinse in avanti e il ragazzo rotolò al suolo, andando a
nascondersi dietro una pietra abbastanza spessa e resistente. Nel
frattempo Tyson afferrò la sua arma da terra e
rifornì il caricatore, seppur con estrema
difficoltà nei gesti.
-Merda!- sbraitò Elliot guardandosi attorno con la schiena
contro la roccia. –Perché mi hai spinto?! Ho perso
la boccetta! Dov’è?!- chiese terrorizzato.
-Come cazzo faccio a saperlo, idiota!- ruggì Rios. Questi si
trascinò verso la pietra dietro la quale era al riparo il
suo compagno e afferrò una granata dalla cinta.
-Pazzo!- intervenne Elliot tentando di fermalo, ma Tyson
stappò la bomba coi denti e la lanciò alla cieca
oltre la loro posizione.
In primis, fu il silenzio più nero. Afgani e mercenari
tacquero alcuni istanti, poi qualcuno gridò: -GRANATA!- e
subito dopo l’esplosione, il cui boato si diffuse a parabola
per tutta la caverna.
- Era l’ultim! Trova quell’adrenalina, cazzo!!!-
Rios sparò una trentina di colpi e, tra macerie del soffitto
che crollava e nel frastuono più assordante,
annientò la metà dei nemici.
-Mettiti il casco!- ridacchiò il più giovane
cominciando la ricerca.
-Elliot!!!- lo riprese agonizzante tornando steso al suo fianco.
Gli spari erano ovunque.
Erano una dozzina, nascosti dietro i vecchi carichi rovesciati della
miniera abbandonata. Le esplosioni delle granate erano anticipate dagli
urli straziati di chi tentava la fuga, ma parte dell’uscita
alle loro spalle era ostruita da delle grosse e pesanti macerie.
-Salem, cazzo! O ti dai una mossa o fai piazza pulita!-
gridò. –A te la scelta!-.
-Incapace…- borbottò abbassandosi la maschera e
alzandosi in piedi. –Benvenuti all’inferno!-
gioì impugnando al meglio la mitragliatrice e annientando
furioso il primo che gli capitò a tiro.
Ce ne furono altri che uscirono allo scoperto. Infami dementi,
pensò Elliot piantando loro nel petto dieci colpi ciascuno.
Gli bastarono una trentina di secondi, e la galleria della miniera
precipitò di nuovo nel silenzio.
-Ma che diamine …- Rios infilò una mano sotto le
sue natiche e afferrò lo strano oggetto di vetro che, non
appena lo mostrò ad Elliot, questi riconobbe come la
boccetta contenente il liquido tanto cercato.
-Idiota- ridacchiò Salem chinandosi al suo fianco e
strappandoglielo allegro. –Sei un idiota, Tyson-
continuò a ridere. –Ti ci sei seduto sopra, ma
bravo! E volevo vedere se lo rompevi-.
Afferrò la siringa dalla tasca della cinta del compagno e vi
succhiò dentro il liquido trasparente. Dopodiché
infilzò il braccio del compagno con forza e
iniettò il tutto senza ulteriori ripensamenti.
A cose fatte, Elliot aiutò l’amico ad alzarsi
prendendolo per di più dal braccio ferito. Una volta in
piedi, Elliot si calò sul volto la maschera e fece per
avviarsi, incurante della furia repressa sul viso dell’altro
soldato scelto.
Ascoltò il suono di due, tre passi alle sue spalle, ed un
istante dopo Rios lo colpì con violenza alla testa con la
parte posteriore della sua arma.
Il ragazzo cadde in avanti inciampando per la sorpresa, e Rios lo
sorpassò anticipandolo sulla strada ridendo di gusto.
Elliot sbuffò seccato e si sollevò appoggiandosi
alla canna del fucile. –Ridi ridi…- si
beffò barcollante, massaggiandosi il punto leso poco in alto
rispetto alla nuca. –Ti ci vedo tra pochi secondi steso a
terra agonizzante! Ah!!- sbraitò. –Quella era
l’ultima- brontolò incamminandosi.
Rios, già avanti di qualche metro, non si volse neppure, ma
la sua risata grave risuonò nella caverna e oltre.
All’improvviso Elliot si voltò, colto ad una
strana sensazione.
Rios camminava proprio davanti a lui, a pochi passi di distanza, ma
c’era qualcosa che lo turbava profondamente. Ogni suono, ogni
suo respiro…
-Ehi, T- chiamò.
-Hmm?- fece lui distratto, disinteressato, altamente disinteressato.
Il ragazzo si sistemò meglio l’arma tra le
braccia. –Perché ho un brutto presentimento?-
domandò, ed erano poco distanti dallo sbocco della caverna
che già s’intravedeva un tenue bagliore
più in basso, oltre un precipizio di qualche metro al
massimo.
-Non sarebbe la prima volta- sospirò scocciato.
-Sul serio!- intraprese una corsa lenta e gli si affiancò.
–Questa volta non scherzo-.
Rios levò gli occhi al cielo. –Ed io- si
puntò l’indice al petto. –Ed io dovrei
fidarmi del sesto senso di un ragazzino?- chiese.
Salem lo guardò storto. –Ovviamente nessuna
fiducia in chi ti ha salvato le chiappe appena 30 secondi fa!-.
Un ciottolo colpì la parete della caverna,
un’ombra si mosse nel buio.
Rios si volse di colpo, impugnando la mitragliatrice e puntandola alle
spalle del ragazzo che, colto alla sprovvista, sobbalzò
facendo altrettanto.
-L’hai sentito anche tu?- domandò in un sussurro
il giovane.
Tyson spostò la canna dell’arma qua e
là, guardandosi attorno circospetto e coi muscoli tesi.
–Sì- disse suo malgrado. –‘Sta
indietro- aggiunse, ed Elliot corse subito dietro di lui.
-Da quando temiamo i nostri nemici?- sbottò Salem.
-Da quando i nostri nemici sono corazzati e paiono parecchio incazzati-
digrignò l’altro stringendo la presa attorno al
grilletto.
-Ah, ecco…- mormorò lui leggermente scosso.
-Tu fa’ bene la parte da matricola, mi raccomando! Dattela a
gambe non appena puoi- ridacchiò l’esperto.
Salem si adombrò. –Pensa alla missione-.
Gli spari li sorpresero d’un tratto, invaghendo
l’aria viziata e immobile dei loro mille scoppiettii
metallici.
I due soldati scelti si ripararono dietro ad un carrello rovesciato di
pietre e si presero del tempo per analizzare la situazione.
Dopo alcuni istanti di silenzio, gli spari ripresero.
-E’ da solo- constatò Rios serio in volto,
caricando con un colpo secco la sua arma. –Ci pensi tu?-.
-Ah!- sogghignò. –Da solo contro di noi? Ma
scherzi, quale folle, veramente…- non terminò la
frase che ai loro piedi rotolò un affare tondo, verde, che
pareva solo un sasso ma lampeggiava di una lucetta rossa che andava ad
aumentare il ritmo col passare dei millesimi di secondo.
Rios spalancò gli occhi. –Cazzo!- si
slanciò in avanti afferrando il compagno per la spalla
dell’armatura, e la spinta dell’esplosione li
accompagnò con violenza entrambi contro la parete opposta.
I due si schiantarono al muro; Salem cadde di lato, scivolando con la
schiena addossata alla parete. Rios, più integro di quanto
ci sarebbe da aspettarsi, si sollevò lentamente restando
piegato sulle ginocchia.
-Tutto bene?- domandò con voce bassa all’amico.
Salem annuì debolmente, ma un violento brivido lo percorse
da cima a fondo, mentre un ghigno di sopportazione si stampava sotto la
maschera. Aveva una gamba sfregiata da una grande quantità
di schegge che avevano perforato i pantaloni. Il sangue colava a
fiotti, era in pessime condizioni.
-Chi è ora l’agonizzante? - sbraitò
guardandosi intorno. –Sta’ tranquillo, so come
uscirne…-.
-Demente, fa’ qualcosa!- gridò, ma Rios lo
ignorò del tutto allontanandosi da lui, lasciandolo
lì, steso al suolo.
Salem parve non capire e, più che confuso, gridò:
-Ma che cazzo fai?!? Torna qui! Stronzo!-.
Rios lo fulminò con un’occhiataccia e gli fece un
gesto con due dita, andandosi a nascondere dietro una roccia abbastanza
spessa.
A quel punto Elliot capì e si stette zitto per un secondo e
mezzo.
Pronto a recitare la sua parte, il ragazzo si schiarì la
gola: -Rios… Riso, amico, cos’hai? No, non
allontanarti… Rios… perché barcolli???
Agente speciale T, cazzo, alzati! Non c’è
tempo… Ehi, Tyson… se è uno scherzo,
non è divertente… quel sangue…- stava
fingendo, ma per una buona causa.
Di fronte al giovane Salem comparve la figura robusta di un uomo
imbacuccato da cima a fondo in un’armatura due volte lui. Due
mitragliette ad entrambe le mani che si apprestò a cacciarsi
nei foderi. Gli si avvicinò, aveva il viso celato dietro una
maschera di ferro molto simile alla sua, con la sola differenza che era
un nemico. Un infido. Bastardo. Infame. Nemico.
Con la coda dell’occhio, Elliot scorse il suo compagno
d’avventura allontanarsi sempre più, fin quando
Rios non fece il giro della caverna avvicinandosi al losco tizio
camminando quatto, quatto alle sue spalle.
Nel frattempo, l’uomo che aveva davanti, brandì
una delle due mitragliatrici e gli puntò la canna contro.
Salem chiuse gli occhi. –Fermo, ti prego!- implorò
falso, dimenandosi.
-Americano, eh?- ridacchiò l’uomo sotto la
maschera. –Io odia americani. Americani crede grossi, forti
da poter fermare guerra. Americani stupidi, e tu americano
più stupido che io mai ammazzato- rideva come sapeva ridere
un bastardo Afgano servo di Al-Habiib, il tizio che, non appena
disattivato l’ultimo missile, avrebbero dovuto eliminare.
Rios osservò attento la scena. Fece per premere sul
grilletto della sua arma già puntata alla nuca
dell’uomo che minacciava il suo compare, quando la sua
attenzione fu attirata da un grosso piccone conficcato nel suolo a
pochi passi da lui.
Lasciò la presa sulla mitragliatrice e si allungò
ad afferrare l’allettante arma che aveva a portata di mano.
Se la rigirò tutto contento, ammirandola divertito e, poco
prima che il reietto Afgano potesse sparare un colpo, Rios
sollevò il piccone piantandogli la parte appuntita sulla
schiena.
L’uomo restò in piedi alcuni istanti, poi cadde in
ginocchio e si accasciò a terra nel trambusto delle placche
di metallo.
Salem riaprì gli occhi lentamente.
-Andiamo, matricola- fece allegro Rios sfilando il piccone dal corpo
del tizio e gettandolo di lato, tra le pietre rovesciate di un
carrello. –Ce la fai a camminare?- chiese.
Il ragazzo si sollevò piano, con cautela. –Ne ho
abbastanza di questa missione di merda… vivo, morto, con una
gamba o tre…- digrignò avvicinandosi a lui.
–Cazzo, andiamocene da qui!- gli gridò in faccia.
-Sono con te, soldato- ridacchiò Tyson prendendolo sotto
braccio, e i due scomparvero avvolti dal bagliore dell’uscita
della caverna.
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