Era
una giornata piovosa a Tokyo.
Per
i corridoi della rinomata accademia Kibougamine, la scuola per i
ragazzi ipertalentuosi del paese, serpeggiava un clima molto strano.
Dove normalmente ci sarebbero state frotte di studenti a scambiarsi
prese in giro, lì non vi era nulla di tutto questo. Anzi, i
pochi coraggiosi che osavano mettere il naso fuori dalla propria aula
cercavano di sbrigarsi il più velocemente possibile.
Temevano di rimanere coinvolti in quella che ormai era universalmente
conosciuta come la Faida.
La
Più Terribile, Più Distruttiva, Più
Infernale Faida Apocalittica fra la Classe 77 e la Classe 78.
Da
qualche tempo l’intero ambiente scolastico era avvolto da
questo tremendo avvenimento, che non portava altro che terrore e
disperazione nei cuori di chi aveva la sfortuna di rimanerne coinvolto
anche solo di striscio.
Persino
ai piani alti dell’amministrazione non si sapeva
più che pesci pigliare. Alcuni membri del consiglio
scolastico pensavano che tutto quel casino avrebbe finito col provocare
la chiusura di baracca e burattini, oltre che il crollo fisico
dell’intero complesso accademico.
Tutto
era cominciato un mese prima, durante il festival scolastico.
*
“Che
bella giornata!” disse tutto allegro Makoto Naegi mentre
aiutava i suoi compagni di classe ad allestire il loro stand.
“Oowada-san, passami il martello per favore”.
“Tieni
nanetto”.
“Grazie”.
Erano
tutti e sedici lì, chi intento in lavori più
manuali e chi invece prestava la propria opera in maniere meno fisiche,
come ad esempio le ragazze (con l’eccezione di Sakura Oogami,
troppo preziosa da quel punto di vista) che si stavano dedicando al
volantinaggio.
Insomma,
un bello sforzo di gruppo in cui tutti stavano mettendoci del proprio.
Era un bel pensiero per lui, dimostrava che erano un gruppo unito e
disposto a sostenersi a vicenda.
“Sì
Naegi, hai ragione. Davvero la giornata ideale per vendere dorayaki e
takoyaki” gli rispose Leon, seppure in ritardo. Era impegnato
nel cercare di tenere in piedi le colonne portanti del loro baracchino,
compito forse improbo per uno poco pratico come lui ma al quale si
stava dedicando con notevole impegno.
“Meno
male che abbiamo scoperto le doti nascoste di Celes. Non avrei
scommesso uno yen bucato sulle sue capacità di
cuoca” si lasciò andare sarcasticamente lo stesso
Oowada, il quale stava spostando delle assi.
“E
meno male che la 77 ha deciso di darsi al giardinaggio. Altrimenti, col
fatto che fra di loro c’è quel porco pervertito di
Hanamura, non avremmo avuto scampo”.
“Per
questo dobbiamo ringraziare quella soffiata…”.
La
soffiata, già. Naegi sorrise nel ripensare alla scena: erano
seduti sconsolati qualche giorno prima in classe, cercando di venire a
capo dell’enigma di cosa fare per il festival. Davano per
assodato che il tema culinario fosse fuori portata perché
nella sezione dei loro senpai più diretti vi era il Super
Chef, che ovviamente avrebbe messo a disposizione il proprio talento.
Stavano scervellandosi alla ricerca di una soluzione quando Junko
Enoshima irruppe dalla porta, giubilante e col sorriso più
grande che le avessero mai visto: “Gente, gente! Una
bellissima novità! Facciamo il banchetto del
cibo!”.
Un
coro di stupefatti “Che cosa?” la travolse,
togliendole quasi la facoltà di dire quel che aveva da dire.
Riuscì a riportare un minimo di ordine solo dopo parecchi
minuti: “Va bene, ma lasciatemi spiegare! Una fonte anonima
ma affidabile mi ha appena detto che quelli della 77 non si
appoggeranno ad Hanamura. Pare vogliano dedicarsi a delle piantine o
qualcosa del genere”.
“Fonte
anonima? Io non mi fido delle fonti anonime…”
borbotto Kyouko Kirigiri, riscuotendo un discreto consenso. Ma lo
charme e la voce grossa della Super Modella vinsero la
riottosità della maggior parte dei suoi compagni, con poche
sacche di resistenza ancora presenti.
“Io
continuo a pensare che vendere delle armi non fosse una cattiva
idea…”.
“Ikusabaaaaaaaaaaa-san!
La vuoi smettere? Ti prego, smettila”
“Naegi-kun,
per favore… non aggredirmi così, era solo una
proposta…”.
“Ma
lo sai che non si può, santo cielo! Il momento che mettiamo
qualcosa che assomiglia alla canna di una pistola nella zona
d’esposizione delle merci finiamo tutti in galera per
direttissima! Io non sono Oowada-san, vorrei non avere un periodo di
permanenza in un riformatorio sul mio curriculum”.
Il
susseguente ruggito dell’offeso Oowada fece tremare per un
attimo i muri. “Scusa” pigolò un
atterrito Fortunello.
“Ma
siamo sicuri sicuri sicuri? Enoshima-san?” provò
ancora Fujisaki, a quanto pareva non troppo convinto dalle pur notevoli
doti di imbonitrice di Junko.
“Sicurissima!
Ci scommetto sopra la mia intera carriera!”.
“Non
farlo, Junko-chan. Ti ricordi cos’è successo
l’ultima volta?”.
“Muku-nee,
piantala di fare la disfattista! Andremo lisci come l’olio,
ve lo prometto!”.
“Sarà…”.
I
borbottii si spensero solo dopo ulteriori, reiterate assicurazioni.
“Quindi
possiamo… oh, ma aspettate un attimo” si
alzò Sayaka Maizono “chi di noi sa
cucinare?”. La domanda era legittima, in effetti. Nessuno dei
presenti si poteva dire un gran cuoco.
“Kerumph”
fece sentire la propria voce Celestia Ludenberg dal fondo della classe
“È il vostro giorno fortunato. Si dà il
caso che ogni tanto mi diletti fra i fornelli e me la sappia cavare
niente male con dolcetti vari”.
Lo
stupore che si disegnò sui volti degli altri quindici fu
incredibile.
“Naturalmente”
proseguì lei “se questa notizia dovesse uscire da
qui potete fare che stendere testamento. E dire ai vostri amici
più cari che si dovranno preparare ad estrarre la mia unghia
metallica da qualche anfratto non in vista del vostro corpo”.
L’inquietantissimo sorriso che chiuse questa frase li
gelò tutti.
Fu
così che decisero di mettere su lo stand con le cibarie:
sicuramente non la più originale delle trovate, ma
indubbiamente la più semplice. Anche perché, a
conti fatti, nessuno di loro aveva un talento che poteva tornar loro
utile in un’occasione del genere: certo, si era proposto di
far cantare Sayaka, Junko si era persino messa a disposizione per fare
foto insieme ai fan per una modica cifra, ma sembravano tutte cose troppo
frivole
a detta di alcuni di loro. E d’altro canto costringere Fukawa
a stare ore seduta a dedicare libri o scrivere storie brevi a chi
chiedeva era disumano, lo stesso valeva per Yamada e le sue doujinshi.
Togami aveva proposto di sedersi allo stand e permettere ai plebei di
pagare per adorarlo, ma tutti preferirono ignorarlo (insieme a Ikusaba
e le sue armi di contrabbando).
Makoto
si allontanò per ammirare il lavoro, e annuì
soddisfatto: lo stand era venuto proprio bene. Un’occhiata
all’orologio gli comunicò che mancava meno di
un’ora all’inizio del festival: “Ragazzi!
Manca un’ora! Dove sono i dolci?”
“Non
c’è bisogno che urli come una bertuccia,
Naegi-kun” gli rispose un’infastidita Celestia,
“io e le mie leccornie siamo qui” disse, sistemando
sul tavolo dorayaki, takoyaki e anche qualche dolce più
occidentale (dietro insistenza della stessa Celes, e non poterono
rifiutarsi pena il piantarli in asso senza una soluzione). Doveva
però ammettere che quei macarons colorati erano molto belli
a vedersi.
“Lo
stand c’è, i dolci anche”
annuì Mondo, “mancano solo le nostre ragazze
immagine. Dove si sono cacciate?”
“Siamo
qui, mio bel gorillone. Una signora deve sempre farsi aspettare, non lo
sai?”
Si
voltarono e vennero ricompensati dalla visione di Junko e Sayaka,
vestite (per modo di dire) con top cortissimi e minigonna altrettanto
corta coordinati come le migliori race girls.
“Allora,
che ne dite?” chiese la Super Modella, offrendo loro una
panoramica completa.
“Oh,
io non vedo l’ora di toglier-”
“Oowada-kun!”
“Scusa,
è Johnny che parla” chiosò, indicando
un punto del suo corpo che per fortuna aveva deciso di non mostrare.
Makoto sospirò, chiedendosi cosa ci trovassero quei due
nello zomparsi addosso chiusi nello sgabuzzino delle scope (con buona
pace di Ishimaru, ormai arreso all’evidenza tanto da non
snocciolare più loro ogni punto del regolamento scolastico),
ma in fondo che ne sapeva lui, che sognava di appuntamenti romantici
con la persona speciale? Persona speciale che probabilmente non
sospettava nulla dei suoi sentimenti, nonostante si fregiasse del
titolo di Super Detective e fosse capace di elencare tutto
ciò che avevi mangiato a colazione basandosi sul tuo alito.
Comunque convenne con Mondo che Enoshima e Maizono erano decisamente
carine e avrebbero attirato clienti a frotte.
O
quantomeno lo credettero, almeno finché…
“QUEI
BASTARDI!”
Si
voltarono verso Leon, artefice dell’urlo, che indicava lo
stand posto proprio di fronte a loro. La mascella di Makoto quasi
toccò terra.
La
classe 77 aveva preparato uno stand con i dolci di Hanamura.
Kuwata
urlò verso Junko: “Maledizione a te, Enoshima!
Dicevi che avevi avuto la soffiata da fonti sicure!”
“Ed
è così! Me l’ha detto la Super Make-Up
Artist della classe 79!” pigolò, indicando una
ragazza dai capelli biondi e un’acconciatura eccentrica, perfettamente truccata, che le restituì
un’espressione perplessa.
“Ma
sì, eri tu… vero? Ti ricordavo un po’
più in carne, però…” ammise,
“devi svelarmi il tuo segreto per perdere peso tanto in
fretta.”
Una
risata proveniente dallo stand di fronte attirò la loro
attenzione.
“Ci
siete cascati come dei polli!”
A
parlare era stato Hajime Hinata, membro speciale della classe 77.
Nessuno aveva idea del perché si trovasse alla Kibougamine,
non avendo alcun talento, eppure era lì. Makoto
soffocò un urlo, visto che in
teoria
anche lui si trovava lì per pura fortuna.
“Hinata”
ringhiò, “lo sapevo che c’eri tu
dietro!”
“E
io sapevo ci avreste creduto, Naegi” rise l’altro,
“è stato fin troppo facile fregarvi.
D’altronde Enoshima non è esattamente la stella
più brillante del firmamento, e convincerla di star parlando
con la vera Super Make-Up Artist è stato un gioco da
ragazzi” spiegò, indicando un altro membro della
classe 77 accanto a lui: grasso, biondo e impegnato a guardarli con
aria di superiorità oltre la coscia di pollo che stava
divorando.
“IMPOSTOREEEEEEEEEEEEEEEEEEEH!”
L’urlo
belluino apparteneva stavolta a Togami, il quale aveva un lungo conto
in sospeso con il Super Impostore: ben prima di entrare alla
Kibougamine costui si era spacciato per il vero Byakuya Togami,
reclamando come sua l’eredità della Togami
Zaibatsu, e al vero Super Erede la cosa non era andata giù.
Soprattutto perché, nonostante avesse poi dimostrato di
essere lui il vero Byakuya, l’Impostore si era intestardito a
mantenere le sue (decisamente più grasse) sembianze, con il
solo scopo di infastidirlo. Aveva addirittura deciso di farsi chiamare
simpaticamente Twogami dai suoi compagni di classe, perché
si era rifiutato di cambiare nome.
Quindi
adesso la Kibougamine aveva ben due Byakuya Togami, uno dei quali
soffriva di gastrite nervosa.
“Voi…
voi schifosi plebei non avete idea di chi vi siete messi
contro” li minacciò Togami, e per una volta Makoto
si trovò d’accordo con lui: dovevano pagarla cara.
“Ah
sì? E cosa vorresti fare?” chiese
l’Impostore, sbocconcellando il suo pollo.
“Sguinzagliare gli avvocati di
papà?”
Makoto
sentì lo stomaco dell’Erede (quello vero) emettere
inquietanti rumori di digestione, segno che la sua gastrite tornava a
farsi sentire. “Naegi” borbottò,
camuffando un sonoro rigurgito, “raduna la classe.”
“Per
cosa?”
“Consiglio
di guerra.”
*
“Bene
signore e signori, immagino sappiate perché ci troviamo
qui.”
Dopo
l’orribile primo giorno di festival (costellato dai momenti
più bassi mai visti nella storia dell’accademia,
dalle minacce di morte di Celestia ai danni di Hanamura, e le proposte
oscene da parte di quest’ultimo che disgustarono chiunque,
fino ad arrivare ai tristissimi lanci di torte in faccia) decisero di
riunirsi per pensare ad una vendetta adeguata. Junko, per farsi
perdonare, scelse il posto più sicuro dell’intera
scuola, un posto dove nessuno sarebbe mai entrato di propria spontanea
volontà neanche pagato.
“Enoshima,
per l’ultima volta: PERCHÉ IN CAMERA
MIA?”
“Perché
nessuno di noi vorrebbe passare più di mezzo minuto in tua
compagnia, Raggio di Sole” chiosò lei.
“A parte Fukawa-chan, s’intende.”
Togami
inspirò a fondo, sforzandosi di rimanere calmo. Cosa
decisamente impossibile, visto che la sua stanza era stata invasa
dall’intera classe 78 in pigiama. Aveva creduto che Touko e
la sua assurda cotta per lui sarebbero state la sua maggiore
preoccupazione, ma non aveva tenuto conto di Oowada e la sua
curiosità da scimmia, e soprattutto il divertimento che
traeva dall’infastidirlo.
“Gorilla,
MOLLA LE MIE NAVI IN BOTTIGLIA.”
“Maddai,
voglio solo vederla da vicino” rise il Biker, tenendo in mano
con ben poca cura uno dei modellini più grandi,
“non te li rompo i tuoi giocattoli, giuro!”
“LASCIA
STARE IL MIO GIGANTIC!” pigolò Togami, e
sentì chiaramente l’ennesimo rigurgito che
risaliva il suo esofago.
Io
ci muoio di gastrite, vogliono ammazzarmi e si divertono anche!
“Avanti
Mondo-kun, lascia stare le barchette del nostro padrone di
casa” si intromise Junko, ignorando i rimarchi di Byakuya sul
fatto che non erano barchette ma costosissime riproduzioni in scala,
“abbiamo ben altro di cui occuparci adesso.”
“Io
voglio lo scalpo di Hinata! Voglio appenderlo sopra il mio letto vicino
alla foto di Komaru e dei miei genitori! Aaaaaaaaaaargh, quanto lo odio
quello!”.
Il
silenzio che seguì questa inaspettata uscita di Naegi
perdurò per parecchi minuti. Poi un timido Hagakure
azzardò: “Ma… Naegicchi… tu
non ami tutti?”.
“Io
amo tutti, sì” gli rispose livido in volto
“tranne quel bastardo di Hajime Hinata! Quello deve bruciare
nelle fiamme infernali! Ha osato definirmi il suo mini-me ma con meno
carisma! Lui, che esattamente come me non ha uno straccio di talento
decente e non ha manco vinto la mia lotteria! Io, per quanto ridicolo,
ho un motivo per essere qui con voi! Lui nemmeno quello! E si permette
di fare l’altezzoso. Pezzo di m…”. La
caduta nel turpiloquio venne fermata dalla pronta mano di Kirigiri, che
andò a tappargli la bocca. Anche se Byakuya notò
distintamente come sul viso di lei ci fosse un leggero rossore, e su
quello di Ikusaba un leggero istinto omicida.
I
plebei e le loro sciocche, patetiche pene d’amore. Non li
capirò mai.
“Più
seriamente” prese parola la Detective “quanto
è successo oggi significa una sola cosa: guerra. La nostra
classe è stata umiliata pubblicamente di fronte a tutti i
visitatori, ai professori, alle altre classi. È un colpo
durissimo alla nostra immagine e al nostro decoro e non può
passare impunito”.
“Kirigiri-san”
tentò di intervenire Oogami “non starai
ingigantendo un po’ la cosa? Capisco che non sia stato
piacevole, però addirittura arrivare a parlare di
guerra…”.
“Sakura-chan
ha ragione! Avanti ragazzi, vi sembra una cosa seria questa? Va bene,
abbiamo fatto una pessima figura. Capirai, nella nostra classe ci sono
Kuwata-kun e Oowada-kun che sono due serbatoi di figuracce con le
gambe. Io ci sono abituata… e anche un po’
rassegnata”.
“ASAHINA!
ANCHE SE SEI UNA RAGAZZA TI PICCHIO STAVOLTA!”
ululò il Motociclista. Bastò uno sguardo storto
di Sakura per metterlo a tacere.
L’altrettanta
ovvia obiezione di Leon non arrivò solo perché
Maizono lo fece girare verso di lei e gli mise un dito sulla bocca,
intimandogli il silenzio.
Sia
mai che il nostro prode Giocatore di Baseball dalla testa vuota e gli
organi genitali pieni sappia dire di no alla sua
“dolce” metà. Puah.
Ben
presto una piccola ma vocale fronda di oppositori si schierò
dalla parte di Oogami e Asahina, mostrando molta poca dedizione
all’onore comune. E questo a Togami non andò
giù: d’accordo, è vero che lui come
Naegi era più coinvolto a livello personale per via della
vaghissima antipatia che nutriva per l’Impostore…
ma diamine, ne andava del buon nome della 78! Che branco di codardi.
“Insomma”
proruppe di punto in bianco “vi pare un comportamento da
tenersi, questo? La 77 ci ha reso i pagliacci di tutta la scuola oggi,
e non solo della scuola. Sono venuti da fuori per vederci trattati come
pezze da piedi incapaci. E voi volete fargliela passare liscia? Indegni
che non siete altro. Vi disprezzo”.
“Oh
wow, Togami disprezza qualcuno. Chiamate TV Tokyo, è una
notiziona”.
“Ikusaba,
devo farti rimuovere di forza da questa stanza?”.
“I
pezzi delle tue guardie del corpo li vuoi recapitati per raccomandata o
per corriere?”.
“Gnnnnnnné”
balbettò l’Erede, rendendosi conto che non avrebbe
vinto quella battaglia. Decise di cambiare approccio: “E va
bene, non volevo giungere a tanto ma mi ci avete obbligato. Volete
sapere perché me la sto prendendo a cuore in questo
modo?” chiese alzandosi in piedi.
“Togami,
non ci starai facendo un discorso solenne voglio
sperare…” disse Junko, ironica.
“In
realtà sì, volevo. Qualche problema?”.
“Oh
no, figurati. Fai pure. È solo che… la tua
vestaglia in raso purissimo… ha un
taglio…”.
“CHECCOSA?”
sbraitò fuori di sé. Se la tolse svelto e
sì, in effetti c’era una lacerazione sul fianco
sinistro.
“IO
AMMAZZO QUALCUNO!”.
Ci
volle l’intervento congiunto di Oogami e Oowada per
imbrigliarlo, e persino quei due fecero una fatica assurda per tenerlo
a bada. Faceva veramente il diavolo a quattro, posseduto dalla furia
demoniaca di fronte al suo povero capo d’abbigliamento
così barbaramente rovinato.
Da
qualcuno di loro! Era stato sicuramente qualcuno di quei rozzi,
sporchi, indecenti proletari a fare questo al suo adoratissimo capo di
vestiario.
Quando
riuscirono finalmente a farlo calmare un minimo, alla rabbia rovente si
sostituì quella gelida: “Andatevene. Fuori. Tutti.
Adesso”.
“Ma
Togami, la riunione…”.
“Quando
mi sarà passata. Ora ho un lutto da affrontare”.
“Pffffff.
Sei veramente una diva anni Trenta, Raggio di Sole” si
permise di sfotterlo Junko, evitando per puro miracolo il comodino (!)
che lui le aveva lanciato addosso mentre usciva.
Uccido.
Uccido. Uccido.
*
Mondo
camminava svogliato per i corridoi della scuola. Accanto a lui Ishimaru
non diceva una parola.
La
situazione con la 77 era rimasta in sospeso dopo la pacata
reazione
di Togami della sera precedente, e lui di certo non era stato uno di
quelli che aveva fatto ostruzionismo opponendosi alla giusta lezione
che quei sacchi di merda si meritavano di ricevere.
No,
sul serio. Mondo Oowada e la prospettiva di una rissa, possibilmente
fisica. Cosa c’è di più giusto
nell’universo?
Per
questo si sentiva un po’ abbacchiato. Kirigiri ed Enoshima
erano riuscite a strappare all’Erede una replica del
consiglio di guerra per quella sera, ma significava niente ginnastica
sessuale con la sua bella Modella.
Beh,
possiamo sempre saltare bellamente quella palla di Chimica e imboscarci
da qualche parte.
Erano
quasi giunti in classe quando…
“OOWADA!
BRUTTO BASTARDO DEL CAZZO! FERMATI!”.
Oh.
Avrebbe riconosciuto quella vocina stridula fra un miliardo.
Apparteneva a quella specie di nano in bottiglia di Fuyuhiko Kuzuryuu,
il Super Yakuza.
Era
uno della 77.
Un
nemico da abbattere, quindi. Un nemico che gli aveva appena urlato brutto
bastardo del cazzo.
Poteva
essere che non ci sarebbe stato tempo per Junko e le sue notevoli
tette. Da una parte sperava di passare il resto della giornata in
punizione per aver gonfiato la faccia di Brontolo.
Si
voltò lento, sorridendo: “Dimmi Kuzuryuu,
c’è qualche problema per caso?”.
Naturalmente il tappo più rumoroso del West era
fiancheggiato dalla sua (pregevole) bodyguard personale, Peko Pekoyama.
“Ci
puoi scommettere che c’è un problema,
stronzo!”.
“Kuzuryuu-kun!”
lo interruppe Ishimaru “Il linguaggio!”.
“Vaffanculo
Ishimaru, non sono dell’umore adatto. Quel sacco di letame
del tuo kyoudai del cazzo mi ha rovinato la Kawasaki!”.
“La
moto?” rise Mondo “Ma quindi fanno le Kawasaki
giocattolo? Maledetto Daiya che non me ne ha mai regalata una
quand’ero piccolo!”.
“Non
sfottere, pezzente! È un modello pregiato, che uno come te
non si potrebbe permettere neanche andando a vendere i suoi polmoni
pieni di catrame al mercato nero!”.
“Davvero
ho fatto questo? Oh santa polenta, che tragedia. E dimmi, quando e come
avrei danneggiato la tua preziosa due ruote mignon?”.
“Alla
prossima battuta sulla mia altezza ti faccio ingoiare
l’intera dentatura a pugni!”.
“Oooooh,
il marmocchietto è furibondo. Che dici Ishimaru, dobbiamo
riportarlo dalla mamma per farglielo sgridare?”.
“...”.
“Che
c’è, statuetta da giardino? Perso le
parole?”.
“...Peko,
alzami”.
A
quella Oowada scoppiò a ridere come una iena.
“Peko,
alzami! Peko, allacciami le scarpe! Peko, fammi i compiti! Peko,
svuotami le palle!”. Anzi no, gli piacerebbe farsi quel pezzo
di figliola. Scommetto che non gliela darebbe neanche dopo un ordine
diretto. Voglio pensare abbia del buon gusto.
Le
sue risate vennero interrotte da un diretto che lo centrò in
pieno sul naso: “Ridi adesso, cretino”.
Il
Motociclista cadde a terra, sinceramente stupito dalla forza che quella
specie di ometto tascabile era stato capace di sprigionare. Allora
forse è vero che nella botte piccola
c’è il vino… com’era quel
proverbio? Nella botte piccola c’è il
vino… vino.
Sotto
gli occhi di uno stupefatto Ishimaru, il pompadour con il coglione
attorno (fu il memorabile insulto che una Aoi totalmente fuori di
sé gli dedicò durante un epico viaggio di classe)
si rialzò tenendosi la parte offesa:
“Apperò. Allora qualcosa c’è
dentro quella testaccia pelata”.
“Non
sono pelato, cazzo! Ti sembro pelato? I capelli li ho. E anche la
voglia di ridurti come la mia povera moto!”.
“Ma
se hai bisogno del piedistallo perché sennò
rischieresti di picchiarmi solo ad altezza pacco? Per favore, sei
ridicolo”.
SDONG.
Ahio.
Il ragazzino pesta.
“Frodo
Baggins io ti avviso” replicò, obbligandosi a
mantenere la calma “non fare incazzare i grandi, che poi sono
schiaffi sul popò che volano.”
Kuzuryuu
gli mollò un altro calcio dritto in faccia (sempre aiutato
da Peko), che stavolta Mondo riuscì ad evitare. Il piede del
ragazzino però andò a colpire il suo pompadour
così abilmente pettinato.
Ishimaru
sgranò gli occhi.
Mondo
ringhiò.
Pekoyama
sussultò.
“...sei
un hobbit morto.”
Il
corridoio divenne teatro della Più Brutale, Più
Violenta, Più Ridicola Rissa tra Super Alunni che
l’accademia avesse mai ospitato tra le sue mura. Inutili
furono i tentativi di Ishimaru di riportare l’ordine: persino
Peko, la Super Spadaccina, dovette farsi da parte e assistere impotente
alla furia di Mondo Oowada che si abbatteva sul suo nanico boss.
“MOLLAMI,
STRONZO! MOLLAMI!”
“Allora,
vuoi berciare ancora per molto, coso?”
La
rissa fu inevitabilmente vinta da Mondo, la cui altezza e mole di
muscoli lo favorivano su Kuzuryuu (dotato di grande carica aggressiva,
ma fisicamente incapace a sostenere anche un braccio di ferro):
acchiappò lo Yakuza per la collottola, sollevandolo come
fosse un cucciolo troppo agitato e lo avvicinò a
sé.
“METTIMI
GIÙ MOTOCICLISTA DEL CAZZO!”
“Kami,
certo che ne fai di casino per essere così piccolo! Sentimi
bene” ringhiò, guardandolo dritto negli occhi:
“Io ho involontariamente danneggiato la tua Kawasaki
Triciclo, ma tu. TU mi hai rovinato il pompadour di proposito, e
NESSUNO rovina il mio pompadour. Considerati già morto, Lego
Yakuza.”
Lanciò
Kuzuryuu in braccio a Pekoyama, che sembrava combattuta tra il lavare
l’onta col sangue e occuparsi del suo boss, e
abbandonò Ishimaru per fiondarsi dritto in biblioteca, dove
sapeva avrebbe trovato Togami. Arrivato a destinazione quasi
buttò giù la porta.
“Scion
di ‘Staceppa.”
“Gorilla.”
“Consiglio
di guerra. ORA. Quel nano di merda deve morire!”
Togami
non distolse lo sguardo dal suo libro, ma inarcò un
sopracciglio: “Addirittura, che ti ha fatto Naegi?”
“Non
parlo di lui, ma di Kuzuryuu della classe 77.”
Bastò
quello a destare l’interesse dell’Erede, che subito
si voltò verso Mondo. Quest’ultimo
indicò la sua acconciatura rovinata e disse:
“DEVONO. MORIRE. TUTTI.”
Togami
sfoderò un ghigno degno di un serial killer.
“Facciamoli
neri.” |