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di TheHeartIsALonelyHunter
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Nick EFP e FORUM: TheHeartIsALonelyHunter
Fandom scelto: Harry Potter
Contesto: Dopo la II guerra magica
Coppia (se presente): Bill WeasleyxTeddy Lupin
Rating: Giallo
Avvertitimenti/Note: What if?, Missing moments 
Citazione utilizzata per intero: "T'amo come si amano certe cose oscure, segretamente, entro l'ombra e l'anima. – Pablo Neruda."
Note Autore: Ok, la coppia è colpa di DonnieTZ che me li ha fatti amare XD Scherzi a parte, mi sono davvero dannata l'anima per rientrare nelle 500 parole, con tutto quello che volevo dire su questi due che ADORO, ultimamente. Per il titolo mi sono rifatta un po' alla citazione di Neruda sia al titolo della trilogia di Pullman (che tra l'altro riprende una citazione del Paradiso perduto di Milton, ma ok). Quello che c'è da sapere, di base, è il fatto che (secondo il mio canon e quello che mi è stato "impresso") Bill e Teddy hanno una relazione clandestina, e verso la fine gli sguardi torvi da parte di Victorie e di Fluer sono appunto dovuti al fatto che da poco avevano rivelato della loro relazione per poter finalmente stare insieme. Il riferimento alla "cicatrice" è dovuto alle storie di Donnie che mi hanno appunto impresso questo "immaginario" di questi due personaggi XD
Una piccola nota possibilmente da leggere alla fine della lettura: riguardo alla fine di Teddy ho lasciato il tutto all'interpretazione del lettore, ognuno può pensare ciò che desidera anche se personalmente io ho pensato ad un incidente automobilistico mentre stava chiamando Bill per dirgli che aveva parlato con Victoire.
Perché angst.


Inspirare, espirare.
Non era così difficile, in fondo.
Inspirare, espirare.
Scacciare via quell’orrendo senso di oppressione, sciacquare quella colpa innominabile, schiacciare quel peccato imperdonabile.
Quello era difficile.
Inspirare, espirare.
Bill Weasley avrebbe volentieri dimenticato come si faceva, per un solo giorno.
 
Aveva lo stesso odore della notte e delle stelle, Teddy (il suo Teddy), l’odore di buie serate trascorse in qualche pub di terz’ordine, l’odore della giovinezza e di quell’innocenza tutta fanciullesca che non gli apparteneva più, odore di erba tagliata e Burrobirra, sorseggiata tra le labbra schiuse e offerta con un sorriso strafottente e incrinato.
Bill rifiutava, Bill rifiutava sempre, e lui lo apostrofava con un sogghigno e un “vecchiaccio” sussurrato tra i denti.
Bill sarebbe vissuto in eterno col rimpianto di quelle pinte mai accettate.
 
Non parlare.
Era più facile di quanto avesse creduto, in verità.
Non parlare.
Non c’era motivo di rivolgersi a lui in particolare, non c’era motivo di credere che fosse necessario rivolgersi a lui.
Non parlare.
Avevano il gusto amaro di fondi di caffè rimasti dolorosamente attaccati al palato, quelle parole mai pronunciate, quel silenzio mai interrotto, quegli anni di tacita insofferenza bloccati in fondo alla gola, tra un rimpianto mai espresso e una fame mai saziata. 
Non parlare.
Lui non l’avrebbe sentito.
 
L’aveva detto un giorno d’agosto, Teddy, (il suo Teddy), le mani strette tra le sue, le dita impegnate a risalire lungo una cicatrice mai sbiadita, la testa poggiata stancamente sul cuscino, il respiro ancora caldo di un qualche ansito o di un gemito malamente represso.
L’aveva guardato negli occhi e, con la serietà composta e stranamente ufficiale di un condannato già sulla forca, aveva sussurrato quelle due parole contro le sue labbra.
Bill non aveva risposto, limitandosi ad affondare le mani tra le ciocche cangianti e a sigillare quel mutuale segreto con un bacio a fior di labbra.
Bill sarebbe morto con quelle due parole ancora sulla punta della lingua.
 
Non guardare.
Gli occhi di Fleur che, impietosi e stranamente severi, seguivano attentamente ogni minimo mutamento sul suo viso, ogni labile movimento del labbro, ogni dito affondato dolorosamente sui palmi aperti.
Non guardare.
Gli occhi implacabili di Victoire, le gelide pupille socchiuse, quel silenzioso monito che gridava accusa e rimprovero, quel dolore che non era lutto, quell’offesa incancellabile ancora ben visibile sul volto.
Non guardare.
Gli occhi spalancati di Teddy (il suo Teddy), grigi, vitrei, gli stessi occhi che gli rispondevano, accesi di un rosso accesso, tra il cuscino e il braccio disteso, gli stessi occhi che gli si rivolgevano, di un nero cupo e funereo, tra un abbraccio di Fleur e un bacio.
Bill si rese conto solo in quell’istante che a nulla sarebbero valse le loro confessioni rimandate e il suo coraggio tardivo.
Non piangere.
 
L’aveva amato come si amano certe cose oscure, segretamente, entro l'ombra e l'anima.
L’aveva amato come un peccato mortale, l’aveva amato come una dannazione eterna, l’aveva amato come un vizio atroce, l’aveva amato come il balsamo più refrigerante.
E il più grande rimpianto, il rimpianto che Bill Weasley non sarebbe mai riuscito a scacciare via, era il fatto che Teddy (il suo per sempre Teddy) non avrebbe mai saputo che l’aveva amato davvero.




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