From the other side

di Nocturnia
(/viewuser.php?uid=13712)

Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


From the other side (fanfiction Natale Batman)
Disclaimer: Selina Kyle, Bruce Wayne e tutti gli altri personaggi appartengono a Bob Kane, alla DC Comics e a chi detiene i diritti sull'opera. Alexander Wayne è invece una mia creazione. Questa storia è stata scritta per puro diletto personale, pertanto non ha alcun fine lucrativo. Nessun copyright si ritiene leso. L’intreccio qui descritto rappresenta invece copyright dell'autrice (Nocturnia) e non ne è ammessa la citazione altrove, a meno che non sia autorizzata dalla stessa tramite permesso scritto.



"Nessun posto è bello come casa mia."

- Noel Langley -




From the other side




È stanco sotto la maschera Bruce Wayne, una piega sgualcita che lo invecchia all'improvviso.
Fissa Alexander giocare con una palla di vetro rossa e oro, figlio della guerra - dei fantasmi che l'avevano combattuta.
Gotham respira al suo fianco, nuove cicatrici che ne cambiano la forma, il profilo - cordoli di pelle e miserie che i più avevano chiamato giustizia e pace.
"Padron Bruce."
Alexander alza la testa di scatto, sorride - occhi che non hanno mai conosciuto il mostro venuto dallo spazio.
Alfred ricambia il sorriso, si china alla sua altezza e gli porge una barretta di torrone (Flamigni, italiano. Morbido, ricoperto al cioccolato.)
C'è una semplicità disarmante in quel gesto; un orribile déjà-vu.

Lui, loro. Lei.
Una tavola apparecchiata, un momento strappato a Gotham - al futuro che li avrebbe condannati tutti.

"La signorina Kyle è rientrata."
Bruce annuisce, ingoia un grumo di frustrazione e dolore.

"Mi odia, Bruce."
"Damian odia tutti, Selina; compreso se stesso."

"È ferita."

"Non voglio il tuo perdono, Bruce. Non posso averlo."
"Lo so."

Alfred socchiude la bocca, indurisce lo sguardo.

Perché non aveva cresciuto un uomo del genere.
Non aveva lottato contro i suoi demoni per vederlo poi caderne preda.
Non l'aveva amato  così tanto per osservarlo morire un poco alla volta - pezzi che Clark gli aveva strappato via con la forza che solo gli stupidi e gli eroi possiedono.

"Ha bisogno di lei."
Alexander alza le braccia verso Bruce, dondola su se stesso - borbotta qualcosa d'incomprensibile, peggiorato poi dal pezzo di torrone che sta tentando di masticare.
Alfred raccoglie il bambino da terra, alle sue spalle un albero che brilla delle luci di quel primo Natale da allora.

Da quando un dio alieno era caduto dal cielo e aveva reclamato il proprio tributo di sangue.

Bruce li fissa (ha i miei occhi) si porta una mano al petto (, dove dovrebbe esserci il cuore.)
Tra le dita macerie e rimpianti.


"Fa male?"
Selina non dà segno d'averlo sentito, continua a fasciarsi il braccio con movimenti lenti, metodici.
Bruce si siede sulla panca vicino a lei, il volto scoperto, addosso ancora l'armatura - scalfita, graffiata, rovinata da una notte senza fine.
"Alfred ha regalato del torrone ad Alexander."
Un accenno di sorriso; una piega storta sulle labbra spaccate dal freddo.
"Morbido, ricoperto al cioccolato. Credo gli piaccia."
"Con tutti quegli zuccheri in circolo stanotte non dormirà per nulla."
Ha la voce roca Selina, consumata.
Ferma la medicazione con una graffetta, si fissa la punta degli stivali.
"Mafia?"
"Ribelli del Regime."
Bruce annuisce, scivola con lo sguardo lungo le insenature della caverna, i suoi segreti e i suoi morti - troppi, sempre.
C'è un silenzio scomodo tra loro, verità che hanno sgretolato certezze, sentimenti.
Ci sono anni passati a inseguirsi per i tetti, a combattere una guerra che li aveva visti anche su fronti opposti - nel mezzo un mondo distrutto, logorato.
Bruce le sfiora le dita, fredde di neve e paura.
"Selina."
La Gatta inspira con forza, un singulto patetico - rotto.
"Non devi farlo da sola."

Non devi cercare il mio perdono.

Il braccio meccanico riposa sulle sue ginocchia, sotto il cuoio della tuta un grumo di pelle rossastra e scavata dalla stessa guerra che li aveva uniti e poi divisi.
"Non puoi."

Ce l'hai già, Selina; l'hai sempre avuto.

Selina rialza lo sguardo, occhi disperati - bellissimi e verdi come il primo giorno in cui si era presa gioco di lui (del suo simbolo.)
Bruce le stringe la mano, blandisce con il pollice la curva del polso.
"Alfred ha preparato della salsa ai mirtilli. E i brownie. Crede che ci sia comunque qualcosa da festeggiare."
Selina tace, aspetta.

Alexander e la sua loro eredità.
Alexander e i suoi occhi, la bocca di Selina - la tragedia nel sangue, nella storia che scriverà.
Alexander è tutto ciò che resta - per il quale avevano combattuto ed erano morti mille e mille volte.

(Il futuro; la speranza di una redenzione che, ormai, nessuno dei due meritava voleva più.)

La incita ad alzarsi con uno scatto secco del mento, un gesto ruvido - incerto.
Selina accetta - consegna le armi, se stessa.
Gotham accoglie entrambi come aveva sempre fatto: in silenzio.




"I loved her, and sometimes she loved me too."
- Pablo Neruda -




Note dell'autrice: non avrei mai pensato che il piccolo Alexander sarebbe tornato tra le mie pagine, e invece eccolo occupare un spazio proprio in occasione del Natale - e nell'universo in cui Bruce ha perso tutto.
La storia si colloca dopo la one-shot "Nascita", nella serie "Injustice: gods among us."
A tutti voi, lettori silenziosi e non, faccio i miei più cari auguri di buon Natale - e Gotham con me.
A chi interessasse, potete trovare l'altra mia one-shot natalizia nel fandom di "Resident Evil", "Tag, you are in."





Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3603303