"They say we are what we are
But we don't have to be
I'm bad behaviour but I do it in the best way
I'll be the watcher of the eternal flame
I'll be the guard dog of all your fever dreams"
Fall Out Boy - Immortals
Le
sere di San Fransokyo erano
insolitamente tranquille nel traffico caotico della metropoli. I
grattacieli di vetro illuminati dai fari delle macchine, i tram dai
percorsi circolari e ordinati, i lampioni che illuminavano la strada
fino al mare che trovava il suo sbocco nell'enorme porto cittadino.
Tutto nella città sapeva infondere tranquillità
nel suo
caos perfetto.
Una
tranquillità che si infrangeva nei vicoli più
stretti
e remoti, come un corpo contro una lama invisibile. In quelle stradine
deserte, erano le urla volgari di persone squilibrate e ubriache a
farla da padroni. Le mura delle palazzine e dei garage chiusi tremavano
tra le bestemmie esclamate e gli sputi di disappunto di chi aveva
appena perso un'importante cifra di denaro.
I
Bot-Duelli erano l'ultima frontiera della scommessa. Chiunque poteva
parteciparvi, che il robot fosse fatto a mano o perfezionato dai
migliori ingegneri della città, per farli fronteggiare in
una
sfida all'ultimo sangue. O in questo caso, ultimo circuito. Si
scommetteva sul più forte e si temeva il suo proprietario,
si
umiliava il perdente. Erano le regole del "gioco".
E
in quel momento, il più importante sul ring era sicuramente
Yama. Degno del suo nome, una montagna umana dai pochi capelli neri
raccolti in un codino sfatto, il viso allungato dal mento prominente,
proprio come il suo corpo, e due occhi piccoli che bramavano solo
prepotenza e fama.
<<
Il vincitore indiscusso di questo
incontro è... >>
Una
donna giapponese dalla voce profonda e squillante si mosse in modo
accondiscendente verso il vincitore, facendo una pausa ad effetto prima
di proferirne il nome.
<<
Yama!
>>
L'uomo
si alzò da terra, procedendo a intascare i soldi di
chiunque avesse scommesso sulla sua avversaria, una ragazzina punk che
aveva ingenuamente pensato di poter sconfiggere il suo robot. Il
giocattolino della ragazza era stato brutalmente fatto a pezzi da una
delle tante armi segrete del drone in miniatura di Yama.
<<
Sotto a chi tocca! >> Tuonò sollevando il
robot in aria come un trofeo.
<<
Chi ha il fegato di affrontare sul ring il Piccolo Yama?
>>
Una
domanda più che retorica. Un silenzio innaturale e
soddisfacente calò sulla folla, permettendo all'uomo di
assaporare quel momento di gloria per farlo sentire invincibile. Yama
era il campione, il suo robot era pieno di armi e trucchi. Nessuno
avrebbe mai potuto nulla contro la sua brutalità.
Nessuno.
<<
Posso provare...? >>
Un
brivido di irritazione scorse nelle vene dell'uomo, quando il suo
istante di fama venne timidamente interrotto da una voce tenue,
incerta,
che stonava con gli adulti privi di educazione che rappresentavano il
pubblico quotidiano di quei Bot-Duelli. Il suo sguardo innervosito
cadde su un ragazzino dall'aspetto innocente, due grandi occhi color
nocciola dal lieve taglio orientale lo guardavano ingenuamente,
contornati da un visetto candido
che nulla aveva a che vedere con le brutte facce di quei vicoli. Una
felpa un po' troppo grande ricopriva il suo corpicino esile e un
bermuda militare lasciava scoperte le caviglie magrissime e nivee.
L'unica cosa che poteva conferire a quel bambino un'aria ribelle erano
i capelli, una chioma corvina spettinata e intrattabile che sembrava
non
voler cedere ad alcun tipo di spazzola.
L'interesse
di Yama crebbe quando notò tra le sue mani quello
che poteva essere un giocattolo per neonati. Il ragazzino
abbozzò un sorrisetto insicuro, mostrando un tenero
intervallo
tra gli incisivi.
<<
Io ho un robot. L'ho costruito io stesso. >>
Disse,
mostrando un pupazzetto di ferro e magneti neri dalla faccia
gialla sorridente mal scarabocchiata. Un coro di risate maligne si
sollevò a
quell'affermazione, costringendo il piccolo ad indietreggiare. La donna
giapponese che poco prima aveva annunciato
l'ennesima vincita di Yama sputò per terra, rivolgendogli
un'occhiata maliziosa.
<<
Sparisci, ragazzino! Regola numero uno: si paga per giocare!
>> Esclamò, facendogli notare il piatto delle
"offerte".
<<
Oh... >>
Il
ragazzino infilò una mano nella tasca della felpa, tirando
fuori una manciata di banconote da cinquemila yen l'una.
<<
Sono sufficienti? >> Chiese infine, innocentemente.
Yama
non pensava che l'avrebbe mai detto, ma quel ragazzino aveva suscitato
il suo interesse.
<<
Come ti chiami, bamboccio? >> Tuonò con un
sorriso di scherno che non lasciava le sue labbra
sottili e screpolate.
Il
bambino sorrise ingenuamente, stringendo il
suo robot tra le dita.
<<
Hiro. Hiro Hamada. >>
<<
Prepara il tuo robot, Ghiro!
>>
Gli
sguardi di tutti erano fissi su quel duello che aveva un chè
di assolutamente ridicolo. Il brutale e maligno Piccolo Yama contro il
giocattolino fatto a mano di un quattordicenne scapestrato in cerca di
avventure. Ogni movimento, ogni gesto sembrava totalmente grottesco.
Il robot di Yama stava ritto in piedi, minaccioso nella sua corazza
nera e gli artigli inferriati lunghi quasi tre centimetri. Il piccolo
robot di Hiro, invece, si era già accasciato malamente sulle
gambette. Yama lanciò un ulteriore sguardo di scherno al
ragazzino, pronto a gustarsi l'ennesima vittoria.
Quando
l'annunciatrice diede il via al duello, i due automi in
miniatura si fronteggiarono senza alcuna possibilità di
sorpresa. Il robot di Hiro avanzò con difficoltà
verso il suo avversario, ma venne lanciato in aria
con un solo fendente e prontamente distrutto dalla lama tagliente del
Piccolo Yama, lasciando che i suoi pezzi rotolassero sul tappeto di
battaglia.
L'uomo
rise sguaiato, seguito dal pubblico che non faceva altro che
assistere divertito a quello spettacolo senza trama. D'altra parte,
cosa si aspettava quel ragazzino? Credeva davvero di aver avuto una
possibilità con quel giocattolino da quattro soldi?
<<
E-era il mio primo incontro! Posso riprovare? >>
Chiese
Hiro, osservando spaesato i pezzi del suo robot sparsi come formiche su
un terreno arido.
<<
A nessuno piace chi non sa perdere, ragazzino! Và a dormire.
>>
<<
Ho altri soldi... >>
Prima
che potesse appropriarsi del bottino appena conquistato, lo
sguardo di Yama cadde sull'ingente mucchietto di banconote appena
tirato fuori dal piccolo, che sembrava quasi supplicarlo di dargli
un'altra possibilità. Perchè no, pensò
alla fine. Tanto
non c'era alcuna chànce che quel mocciosetto potesse
vincere contro di lui. Un altro incontro, altri soldi a finire nelle
sue tasche.
Peggio
per lui quando la sua famiglia lo avrebbe scoperto.
Il
piatto delle offerte si riempì più del solito e
di
nuovo l'annunciatrice diede il via a quel duello che sembrava
già finito ancora prima di iniziare. La folla non perse
tempo a
fare il tifo per Yama e si prepararono ad una buona dose di risate per
schernire quel ragazzino che ancora non si era pentito di essere andato
in quel vicolo, scambiandolo per un parco giochi.
Peccato
che le cose non andarono esattamente come tutti si aspettavano.
Un
sorriso invisibile si dipinse sulle labbra sottili di Hiro che,
impugnato il joystick, riconciliò con un solo comando tutti
i
pezzi del suo robot, e con una voce improvvisamente più
profonda
e maliziosa rivolse un solo ordine al suo automa.
<<
Megabot, distruggi.
>>
Quasi
come se lo avesse sentito, il volto del robot cambiò con
una rotazione automatica dal giallo e grottesco sorriso ad un ghigno
demoniaco su uno sfondo rosso. E attaccò.
Prima
che qualcuno
potesse vederlo, schivò tutte le mosse del drone di Yama,
che
rimase interdetto davanti a quell'improvviso scambio di ruoli.
Non
riusciva a capire! Un attimo prima l'automa era davanti a lui e un
attimo dopo era dietro di esso, sul suo braccio, avvinghiandosi su se
stesso e stringendo talmente forte da spezzarlo completamente,
lasciando che le scintille dei circuiti sfavillassero come lucciole
impazzite. In una mossa, toccò all'altro braccio e infine la
testa del Piccolo Yama saltò in aria grazie alla presa
strettissima del Megabot di Hiro, che nel frattempo non batteva ciglio
mentre faceva a pezzi quel robot tre volte più grande del
suo.
Una
volta terminata "l'opera", il piccolo robot atterrò in piedi
sul tappetino e, mostrando di nuovo il suo sorriso scarabocchiato, si
inchinò davanti al suo avversario.
Hiro
sorrise furbo, procedendo ad intascare i soldi del duello.
<<
Niente più Piccolo Yama. >> Disse, imitando il
tono di scherno che il proprietario del robot appena
distrutto aveva usato contro di lui. La soddisfazione di vedere
quell'uomo grande e grosso raccogliere i pezzi del suo robot con
un'espressione di puro stupore e disperazione sulla sua faccia di lardo
valeva quanto tutto l'oro del mondo.
<<
Cosa...?! No, non è possibile! >>
<<
Ehi, io sono sorpreso quanto te! La fortuna del principiante. Vuoi la
rivincita? >>
Peccato
che Hiro non si fosse accorto che Yama si era pericolosamente
avvicinato a lui, sovrastandolo con tutti i suoi due metri e cinquanta
di altezza e grasso. Vista da lontano, poteva sembrare una
rappresentazione grottesca del Davide
e Golia, solo che
in quell'occasione, era Golia ad avere la meglio.
Quando
Hiro si accorse dell'incredibile silenzio e vuoto che si era
creato intorno a lui, fece appena in tempo ad alzare lo sguardo su una
montagna umana dallo sguardo a dir poco irritato. E ce l'aveva proprio
con lui, non poteva incolpare nessun altro. Forse non era stata una
buona idea prendersi gioco di quel tizio!
Non
fece in tempo a scappare che le sue mani giganti lo afferrarono di
prepotenza e lo sbatterono contro il muro più vicino,
facendolo
sembrare una mosca in confronto a lui.
<<
Nessuno può fregare Yama! >>
Esclamò
l'uomo, rovesciando il suo fiato pesante dal vago odore
di sakè sul volto di Hiro, che piegò la testa di
lato,
spaventato. Per un istante, gli sembrò di essere tornato ai
primi mesi del liceo, quando i bulli più grandi di lui lo
trattavano esattamente allo stesso modo, e non era mai finita bene.
Prima che potesse fare qualcosa, sentì il Megabot sfuggirgli
tra
le dita di prepotenza e lo vide finire tra le grinfie di Yama.
Tentò debolmente di ribattere, ma gli si mozzò il
fiato
in gola quando l'uomo ordinò ai suoi tre scagnozzi di
"dargli
una lezione".
Hiro
sapeva benissimo cosa voleva dire e di "lezioni" ne aveva
già subite troppe a scuola, non aveva alcuna voglia di
rivivere
quei momenti.
Pensò
di scappare, ma la distanza tra lui e i tre uomini si era
già notevolmente accorciata che sarebbe bastato un solo
passo
falso a farlo finire tra le loro mani, e soprattutto tra le loro nocche
che già schioccavano, non vedendo l'ora di colpire la sua
faccia.
<<
... Ehi, ragazzi! >> Mormorò cercando di non
dare a vedere quanto fosse terrorizzato. << Che
ne dite di parlarne...? >>
Ma
i loro occhi ridotti a fessure e i ghigni maliziosi sulle loro facce
non lasciavano spazio ad una tranquilla chiacchierata. Non era la prima
volta che Hiro si cacciava in quel genere di guai, ma solitamente era
riuscito a farla franca senza farsi male. Ora, se solo qualcuno si fosse
presentato giusto in tempo per tirarlo fuori da quella situazione...
In
un attimo, il rumore familiare di un motorino rimbombò nel
vicolo attirando l'attenzione dei presenti. Due fari accecanti
squarciarono l'oscurità e prima che Hiro potesse realizzare
cosa
stesse accadendo, una Vespa vecchio modello rosso fiammante si
parò davanti a lui con una sonora sgommata, dividendo il
ragazzino dai tre individui che bramavano dalla voglia di picchiarlo.
<<
Hiro, salta su! >>
Hiro
non era mai stato più felice di sentire quella voce in vita
sua. Un largo sorriso si dipinse sulle sue labbra quando vide suo
fratello maggiore, mentre correva verso il veicolo. Fu su con un solo
salto, lasciando che un casco più grande della sua testa
nascondesse la sua chioma ribelle.
<<
Tadashi! Ah, che tempismo! >>
Il
ragazzo più grande fulminò i tre uomini con lo
sguardo, prima di rimettere in moto e abbandonarli nel vicolo.
Ripercorse la strada che aveva fatto per arrivare lì e
imboccò la destra, sperando che portasse di nuovo in
città. Hiro, dietro di lui, ne approfittò per
recuperare
il Megabot rimasto tra le mani di Yama.
<<
Tutto bene? >> Chiese Tadashi, cercando di non distrarsi
dalla guida.
<<
Si! >>
<<
Sei ferito? >>
<<
No! >>
<<
Ma che ti è venuto in mente, testone?! >>
All'ultima
negazione di Hiro, il ragazzo iniziò a prenderlo a
pugni con una mano sola. Erano colpetti affettuosi, che esprimevano
tutta la preoccupazione per suo fratello e per ciò che
sarebbe
potuto accadere se non fosse arrivato in tempo. Ma facevano anche
parecchio male! Tadashi era palesemente irritato dal fatto che il suo
fratellino avesse di nuovo messo piede in quelle strade buie per
esercitare scommesse illegali, per di più senza dirgli
niente.
Cominciava a pensare che i GPS che aveva cucito sulla felpa di Hiro
fossero più utili di quanto avesse immaginato, fintanto che
il ragazzino non se ne accorgeva.
I
suoi occhi si scontrarono con la visione di una grata alta
più
di tre metri davanti a loro, e fece in tempo a fare inversione e a
tornare indietro. Questo però, non aveva impedito al suo
istinto
di fratellone di formulare più di una buona ramanzina per
Hiro.
<<
Ti sei diplomato a soli tredici anni, e adesso è questo che
fai?! >>
Hiro
non rispose, troppo impegnato a domandarsi come avrebbero fatto a
evitare Yama e i suoi scagnozzi che nel frattempo li avevano seguiti,
tentando di acchiapparli. Tadashi intravide una trave di legno
malamente appoggiata su vecchi secchi di vernice e mattoni
inutilizzati che sembravano formare una rampa. Sperava solo che avesse
retto abbastanza da permettergli di fuggire.
<<
Reggiti forte! >> Gridò a Hiro, e il
fratellino obbedì stringendolo.
Tadashi
premette con forza sull'acceleratore e le ruote si scontrarono
violentemente contro il pezzo di legno, percorrendolo in un solo
secondo ed entrambi si ritrovarono sospesi in aria, sopra le teste dei
loro aguzzini. Hiro lanciò un gridolino pieno di adrenalina,
gustandosi il vento freddo di Novembre che sferzava feroce contro il
suo viso, facendogli quasi lacrimare gli occhi. Intravide il suo
riflesso e quello di Tadashi nel vetro di una finestra e sorrise,
immaginando entrambi come due supereroi che volavano via da un luogo
pericoloso verso il loro rifugio segreto.
Il
motorino atterrò sull'asfalto come un gatto che cade in
piedi
e i due fratelli riuscirono a seminare Yama e i suoi compari. Hiro si
girò verso di loro, ma non ne vedeva più neanche
l'ombra.
<<
I Bot-Duelli sono illegali! Così ti farai arrestare!
>>
Tadashi
gridò sul rombo del motorino per farsi sentire. Hiro
roteò gli occhi. Quando si trattava di quell'argomento, suo
fratello era restìo a lasciar passare la cosa. Non importava
quante volte il ragazzino avesse provato a spiegarglielo, lui era
sempre stato irremovibile. Nonostante questo, Hiro era sempre riuscito
a sfuggire alla sua guardia e a finire nel bel mezzo di un Bot-Duello.
<<
I Bot-Duelli non sono illegali! E' scommettere sui Bot-Duelli che
è... illegale, ma molto redditizio!
>> Esclamò, tirando fuori il mazzo di soldi
che aveva intascato dopo il duello contro Yama.
<<
Vado alla grande, fratellone! E nessuno potrà fermarmi!
>>
Prima
che potesse godersi il suo momento di gloria, Tadashi
frenò bruscamente, imprecando sottovoce. Davanti a loro,
l'uscita era bloccata da più volanti della polizia le cui
sirene lampeggiavano sonoramente.
Poco
male, pensò Hiro. Non avevano fatto niente di male.
(•—•)
Si
ritrovarono entrambi in manette ancora prima di poter parlare, e tra le
sbarre un secondo dopo. Hiro fissava il pavimento, imbarazzato, e
sapendo che Tadashi lo stava
guardando dall'altro lato della cella, sollevò la manina e
lo
salutò con un sorrisetto sghembo. Tadashi, schiacciato in
mezzo
agli altri criminali, lo fulminò con lo sguardo.
Fortunatamente,
la loro
esperienza da carcerati fu breve. Un poliziotto
li fece uscire entrambi, lasciandoli alle braccia di una donna sui
quaranta, i capelli ondulati dal bel colore ramato e due grandi occhi
verdi come smeraldi. I due fratelli ingoiarono la loro stessa saliva
quando la intravidero. Nonostante fosse di spalle, sapevano benissimo
che si stava mangiucchiando nervosamente l'unghia del pollice,
probabilmente formulando pensieri oscuri su come avesse fallito a
crescere i ragazzi. Con le mani in tasca e lo sguardo basso, i due
uscirono dalla questura e la salutarono all'unisono.
<<
Ciao, zia Cass. >>
Non
appena li sentì, la donna corse verso di loro stringendoli
forte.
<<
Ragazzi, tutto bene? Ditemi di si! >>
La
sua voce preoccupata fece quasi tirare un sospiro di sollievo ai
ragazzi. Magari non era poi così arrabbiata come si
aspettavano.
<<
Si, zia Cass. >> Risposero con un sorriso.
<<
Meno male... >>
Cass
sospirò sollevata, appoggiando i palmi delle mani contro le
loro guance. L'avevano scampata. Era decisamente troppo
preoccupata per essere arrabbiata con loro.
<<
... Machevièpassatoperlatestolina!!
>>
Gridò
poi senza scandire le parole e trascinando per le orecchie i due nipoti
sul furgoncino di sua proprietà.
Il
tragitto fino a casa fu teso e silenzioso.
Poco prima che Cass parcheggiasse fuori dal Lucky Cat Cafè,
la
caffetteria che lei stessa gestiva, tirò di nuovo fuori il
solito discorso che doveva pronunciare ogni volta che i suoi due
ragazzi facevano qualcosa di irresponsabile.
<<
Per dieci anni ho fatto del mio meglio per crescervi! >>
Hiro
e Tadashi si scambiarono uno sguardo preoccupato, le dita
impegnate a massaggiare i lobi doloranti. Uscirono rapidamente dal
furgoncino, continuando a sorbirsi la predica della zia, la cui voce
squillante riecheggiava come una tromba in una strada deserta.
<<
Sono stata perfetta? No! Ne so qualcosa di bambini? Nah! Dovevo
studiare un manuale di genitore? Probabile! ...Dov'è che
volevo arrivare, ho perso il filo... >>
Conoscevano
quella scena a memoria. Era come un vecchio film che vedi
ancora e ancora senza mai stancarti dell'effetto che ha su di te, un
copione imparato quotidianamente alla perfezione. I due fratelli
sapevano di averla fatta preoccupare e che lei teneva tantissimo a
loro, per questo tendeva ad avere quel genere di reazione. In
realtà, zia Cass tendeva ad avere un esaurimento nervoso a
settimana a causa loro.
<<
Scusa... >>
<<
Ti vogliamo bene, zia Cass! >>
<<
Bè, anch'io ve ne voglio! >> L'ultima
esclamazione li costrinse ad indietreggiare, prima di seguirla dentro
il locale.
<<
Per voi mascalzoni ho dovuto chiudere prima nella serata delle poesie
beat! >>
Affermò
contrariata mentre afferrava una ciambella al cioccolato
e le dava un morso nervoso. Sembrava non essersene neanche accorta,
perchè rivolse il suo sguardo smeraldino prima al dolce e
poi ai
nipoti, che avevano imparato a sorridere a quel gesto. Fame da stress,
puntualizzava lei. Ed era più che giustificata. D'altra
parte,
aveva faticato tanto per avere finalmente un fisico adatto ai suoi
gusti , e preoccuparsi di mettere sù qualche etto
in più rientrava nella lista delle cose che la stressavano.
Nonostante questo, quando succedeva qualcosa ai ragazzi,
il benessere del corpo passava in secondo piano.
La
videro salire in cucina con la ciambella in mano, mentre faceva cenno
al gatto di famiglia di
seguirla. Mochi era un persiano dal pelo morbido, con macchie marroni
su un batuffolo bianco. Lo avevano trovato quando era ancora un
cucciolo sul retro di casa, appena dopo che Hiro e Tadashi si erano
trasferiti lì con la zia.
I
ragazzi salirono al piano di sopra in silenzio, rifugiandosi nella loro
stanza.
Sapevano
bene che la reazione della donna era dovuta ad un ulteriore
trauma, e sapevano quanto doveva essere stato duro per lei occuparsi di
due ragazzini pestiferi come loro e gestire un locale tutta sola. Non
potevano biasimarla per la sua preoccupazione nei loro confronti. Cass
non era soltanto una zia per loro. Era una mamma, una guida, un esempio
da seguire. Un modello che i due fratelli ammiravano da sempre. E la
pressione di essersi ritrovata a crescerli in completa solitudine aveva
generato una forte insicurezza e un grande fardello sulle spalle della
donna, che spesso la portava ad avere crolli emotivi ogni qual volta
succedeva qualcosa di brutto ai suoi ragazzi. Cass sapeva di non essere
perfetta, ma di certo faceva del suo meglio per assicurare a Hiro e
Tadashi ogni bene.
Per
questo Tadashi sentì il bisogno di ricordarlo al suo
fratello minore.
<<
Devi farti perdonare da zia Cass prima che divori l'intera caffetteria.
>>
<<
Certo... >>
<<
E spero che tu abbia imparato la lezione. >>
<<
... Assolutamente si! >>
Tadashi
posò la giacca sul suo letto, notando che Hiro si era
già messo al computer. Gli occhioni castani spalancati e le
labbra leggermente arricciate gli conferivano un'aria così
innocente e da bambino per bene che il maggiore si
insospettì
subito.
<<
Stai andando a un Bot-Duello, vero? >> Domandò
sarcastico, quasi spazientito.
Hiro
fece spallucce e si alzò dalla sedia per andare a prendere
il suo Megabot.
<<
C'è un altro combattimento! >>
Affermò con non chalànce. << Se mi
sbrigo, arrivo in tempo! >>
Ma
Tadashi non era affatto d'accordo. Prima che Hiro potesse imboccare
le scale, il ragazzo lo afferrò per il cappuccio della
felpa,
tirandolo nuovamente verso di lui.
<<
Quando inizierai a usare la testa per qualcosa di più
importante? >>
<<
Cioè, andare al college come fai tu per farmi
spiegare cose che già so? >>
Per
quanto il fratellino potesse sembrare sfacciato, in buona parte
aveva ragione. Hiro era nato un genio. Il suo quoziente intellettivo
era largamente più sviluppato rispetto a quello di una
persona
comune, e questo gli aveva permesso di entrare al liceo a soli nove
anni e diplomarsi in un periodo altrettanto breve. Tadashi ricordava
ancora quando aveva costruito il suo primo robot a soli quattro anni,
con la sola eccezione che Hiro non sapeva nemmeno cosa fosse un
libretto delle istruzioni, nè tanto meno un ciacciavite o un
circuito o un automa prima di tutto. Aveva una memoria fotografica a
dir poco spaventosa per un ragazzino della sua età,
specialmente
se aveva dovuto studiare su libri di scienze che spesso non riusciva
neanche a trasportare tanto erano pesanti. Inutile specificare che da
quel momento in poi, la passione di Hiro per la robotica era cresciuta
a dismisura. Complice anche il fratello maggiore che l'aveva sviluppata
prima di lui.
Nel
tempo libero si divertivano a costruire così tante cose che
avevano perso il conto di quante fossero effettivamente risultate
utili. Una volta, avevano persino costruito una specie di "astronave"
con un carrello della spesa inutilizzato, un vecchio motore a scoppio e
quattro piccoli mini-razzi. Avevano preso il volo, letteralmente. E un
bel pò di ceffoni da zia Cass per averla fatta preoccupare!
Per
esserci una tale differenza di età, Hiro e Tadashi avevano
un rapporto fraterno incredibilmente profondo. Che fosse la stessa
passione per la scienza ad unirli, o il fatto che il maggiore avesse
dovuto costantemente tenere d'occhio il più piccolo, e che
Hiro
fosse stato vittima di tanti soprusi a scuola a causa della sua
età nonostante fosse al liceo non aveva più
importanza.
Tadashi ci sarebbe sempre stato per Hiro e avrebbe fatto di tutto per
vedere il suo fratellino fare finalmente un buon uso del suo genio.
<<
Sei incredibile... >> Mormorò Tadashi,
sospirando. << Uff, che direbbero la mamma e il
papà?
>>
Si
pentì subito di aver fatto quella domanda. Aveva appena
toccato un tasto dolente per entrambi.
<<
Non lo so... Loro non ci sono più. Avevo tre anni quando
è successo, ricordi? >>
La
voce di Hiro si abbassò in un sussurro irritato e deluso.
Odiava quando Tadashi tirava in ballo i loro genitori per farlo pentire
di ciò che faceva, non lo trovava giusto. Specialmente se
lui
aveva passato così poco tempo con loro da non riuscire
neanche a
ricordare chi fossero, quanti anni avessero, quale fosse il loro
aspetto. Tutto ciò che gli era rimasto era impresso in una
fotografia appesa alla parete delle scale, dove posavano sorridenti e
mostravano il pancione della mamma quando era ancora incinta di
Tadashi. In altre parole, se la mente comincia a ricordare dai tre anni
in poi, Hiro non aveva praticamente mai conosciuto i suoi genitori. Il
maggiore deglutì, valutando il dolore di quella risposta.
Sospirò e afferrato il casco da moto, lo lanciò
verso
Hiro, arruffandogli i capelli.
<<
Senti, ti accompagno io. >>
<<
Davvero?! >>
<<
Bè, non posso impedirti di andarci, ma non ti lascio andare
da solo. >>
<<
Grande! >>
Hiro
sorrise grato al fratello, scendendo giù per le scale.
Tadashi sollevò lo sguardo al soffitto, abbozzando un
sorrisetto
speranzoso.
Magari
questa sarebbe stata la volta buona.
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Innanzitutto,
buon 2017! Che sia migliore dell'anno appena passato ecc.
E
buona rinascita anche a me, visto che non riuscivo a scrivere
decentemente da quasi due anni. E' stata una lunga pausa, ma ora sono
di nuovo presente. E questo è un piccolo esperimento in cui
ho deciso di cimentarmi. Una versione "romanzata" del film Big Hero 6.
Per arrivare a fare una scelta del genere, confesso che il cartone
animato mi ha colpita particolarmente e in maniera molto personale.
Quindi volevo cercare di rendergli un po' di gratitudine.
Spero
che vi possa piacere questa stesura scritta di uno dei film
più belli che abbia mai visto.
LittleBloodyGirl
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