Davanti
ai miei occhi si svolge il filo del Destino.
Feroce urla il Corvo dinanzi alle Schiere Oscure,
gracchia nei cieli del mondo alla ricerca del sangue perduto,
trama contro i figli di Yggrasil.
Dalle stelle del Nord, il sole arrossa la terra,
là dove Vita e Morte camminano fianco a fianco.
Nel tempo del lupo, la terra
si impregnerà di sangue innocente.
Il Guardiano spezzerà i lacci
per combattere la guerra del Mondo nato dal Nulla.
Arriverà alla fine dell'orizzonte, con la Morte come sua
fedele compagna e seguace.
Sprofonderà nel cuore della terra, con la luce del Padre a
fargli da guida.
Calcherà le Lande dei Primordi, con Amarnwyn e i figli di
Yggrasil.
Allora il Protettore dell'Abisso vestirà le carni del figlio
del Corvo.
[La Profezia della Veggente, parte perduta]
L’odore di sudore
e il tanfo della malattia aleggiavano nella stanza, permeando ogni cosa.
Ciotole di sangue giacevano ai piedi del letto. Lysandra le guardò appena, mentre attendeva che la
serva, nonché ultima amante viva di Voren II, terminasse di
aiutarlo a indossare l’armatura: quella mattina il re, suo
marito, era riuscito a parlare e aveva ordinato che gli venisse
portata. Ovviamente quell’umana, una donna che Lysandra non
considerava nemmeno, era accorsa subito, pronta a obbedire agli ordini
del suo sovrano, nonché benefattore. Con tutti i soldi che
le aveva dato in quegli anni, la sua famiglia avrebbe vissuto negli agi
della città alta per almeno altre tre generazioni.
Il re grugnì qualcosa tra i denti, spalancò gli
occhi e aprì la bocca inspirando quanta più aria
poteva. Lysandra si girò a guardarlo. Il baluginio dorato
dell’armatura imperiale le riempì gli occhi. Era
ancora perfettamente integra, lucida, senza nemmeno
un’ammaccatura. Voren II non era mai stato un uomo forte
né di mente né di corpo e la guerra
l’aveva vista solo attraverso gli specchi magici; eppure nel momento della dipartita, voleva mostrarsi come un guerriero. Un lieve
sorriso arcuò le labbra di Lysandra quando la serva si
chinò per asciugargli il rivolo di bava rossa che gli colava
da un lato della bocca.
- Mio signore… - esordì incerta, - non sarebbe
meglio aspettare che arrivi il chierico di corte? -
L’uomo scosse la testa e una scintilla di consapevolezza si
accese in fondo alle iridi offuscate. Poi, facendosi aiutare dalla sua
amante, si puntellò sui gomiti e tentò di
mettersi seduto.
Lysandra osservava, immobile, le braccia incrociate sul corpetto nero,
ricamato con merletti e gemme d’ossidiana lucente, e le
labbra lievemente storte in una smorfia piena di biasimo. Voren non
aveva nulla di Sejrel, il suo defunto padre. Era un sempliciotto, un
uomo di ormai sessantasette anni che non aveva concluso nulla. Se non
fosse stato per lei, a quell’ora le casse della capitale
sarebbero state vuote e la guerra che lei lo aveva spinto a dichiarare
sarebbe già stata perduta da un pezzo.
“L’unica cosa buona che tu possa fare è
morire, mio caro.”
La porta della camera si aprì con uno schianto e Rogar, il
chierico di corte, fece il suo ingresso col respiro ansante a l'aria
trafelata. La lunga veste bianca frusciava ad ogni suo passo,
donandogli un’andatura leggera, aggraziata, in netto
contrasto con l’espressione torva del viso e le mani callose
e tozze tipiche della sua razza.
- Delia, cosa stai facendo? Il re deve riposare. -
La ragazza occhieggiò nella sua direzione, per poi tornare a
concentrarsi sulle labbra del sovrano che, adesso, si erano schiuse in
una smorfia tremante e grottesca. La malattia che gli anneriva il
sangue e lo gettava in lunghi periodi di catatonia stava di nuovo
prendendo possesso del suo corpo. Ormai, pensò con piacere
Lysandra, la coscienza lo abbandonava per settimane, a volte per mesi
interi.
- Ho… ho il permesso della regina e del re. - si difese con
un fil di voce, stringendo appena il braccio del sovrano.
Rogar spostò lo sguardo sulla donna che Delia aveva appena
chiamato regina, squadrandola con una delle sue solite occhiate
inquisitorie. Lysandra però rimase impassibile, trattenendo
un sorriso dietro la linea pallida delle labbra serrate. Le sarebbe
bastato poco per farlo condannare, uno sguardo insolente di troppo e le
guardie non avrebbero esitato a trascinarlo giù nelle
prigioni, ma sapeva che con un gesto del genere avrebbe perso
l’appoggio di Cal’doran e di Valakas e non poteva
permettersi di inimicarsi due tra i senatori più influenti
del Consiglio, non ora. Questo però non significava che
avrebbe lasciato correre qualora quel nano spocchioso avesse tentato di
mettersi palesemente contro di lei. Non era così stupido da
osare sfidarla apertamente, ne era consapevole, ma la sua rabbia
silenziosa costituiva un ottimo spettacolo nell’attesa del
momento propizio.
Dopo un lungo silenzio, Rogar sospirò. La luce obliqua del
sole invernale si rifletté sulla fascia di bronzo e ferro
battuto che gli cingeva il capo chino.
- Permettetemi di dargli un po’ di latte di papavero,
maestà. - disse rivolto alla regina.
- Come volete, maestro. Siete voi l'esperto. - rispose Lysandra.
Il nano serrò i pugni e per un istante parve sul punto di
scoppiare, tanta era la collera che stava reprimendo. Poi parve
calmarsi, prese una delle fiale che portava alla cintura, la
stappò e si avvicinò al re, ma questi lo
allontanò con un debole gesto della mano.
- Non mi serve, Rogar. - rantolò sofferente.
- Vostra altezza… -
- Ho detto di no. - ripeté con più decisione,
prima di piegarsi in un eccesso di tosse.
Il sangue gli sporcò le labbra e gocciolò in
lacrime scarlatte sui gambali dell’armatura lucente. Delia lo
pulì con un fazzoletto e, in silenzio, tutti rimasero in
attesa che recuperasse il fiato.
- Volete anche l’elmo, sire? -
- No, quel coso mi soffoca. Portami la spada, piuttosto. -
Il chierico aprì la bocca per ribattere, ma bastò
un’occhiata del re per metterlo a tacere. Un’altra
delle sue buone qualità, pensò distrattamente
Lysandra, era la sua cocciutaggine infantile, quella testardaggine
insofferente che manifestava ogniqualvolta uno dei suoi Consiglieri
tentava di dissuaderlo. Voren si era sempre impuntato, forte della sua
autorità e del presunto rispetto che pensava i suoi sudditi
nutrissero per lui, senza mai rendersi conto che qualsiasi scelta
avesse fatto negli ultimi quindici anni di regno era stata decisa da
lei.
“Sei debole, Voren, debole come un bambino, sia nella mente
che nel corpo.”
Quando si era infiltrata a corte sotto le spoglie di una normale umana
era stato difficile conquistarsi la fiducia di Sejrel Varaldien. Il
monarca, per quanto giovane, era un uomo acuto, intelligente, che non
si faceva abbindolare dal fascino o dalle parole di Wecilia Mallus,
l'identità che aveva assunto per avvicinarci a lui. Aveva
dovuto fargli terra bruciata intorno e instillare il seme del dubbio
sulla fedeltà dei suoi sudditi per averne il pieno controllo
e, anche dopo che l’unico che gli era rimasto accanto era
Xerxas Ascrocell, il precedente sovrano di Esperya non si era mai
totalmente piegato al suo volere. Quando era venuto il momento di
ucciderlo, le era quasi dispiaciuto.
Lo sferragliare dell’armatura la ridestò dai
ricordi e, quando puntò lo sguardo su Voren, lo vide
infilarsi i guanti d’arme per poi alzarsi per prendere lo
spadone dalla rastrelliera. Strinse l’elsa tra le mani e con
un gemito lo sollevò. La luce morente del giorno rifulse
sulla lama affilata, scivolando in una dorata carezza liquida sulla
guardia rastremata, sul pomo pesante istoriato con le fauci snudate di
un leone. Quando tornò a sedersi, il suo respiro era un
rantolo affannoso. La coscienza, la scintilla di vita che si era accesa
in fondo a quelle iridi torbide, lo stava lentamente abbandonando.
Lysandra non sapeva a cosa fosse dovuta quella malattia che lo
consumava da dentro, ma ciò di cui era sicura e che aveva
davvero importanza era che non era curabile, nemmeno con la magia. Non
con quella così primitiva degli umani, almeno.
- Fate chiamare i membri del Consiglio… -
La sua voce era un sibilo appena udibile. La mano tremava appoggiata
all’elsa della spada, così come tutto il suo
corpo, piegato dal peso dell’armatura.
- Ho già mandato un messo, mio re. - Lysandra si sedette
vicino a lui e gli prese delicatamente la mano, - Arriveranno a
momenti, non ti preoccupare. -
Mentre lo diceva, al suo orecchio giunse il rumore di una moltitudine
di passi. Si concentrò un istante e subito
identificò dodici cadenze differenti, alle quali
associò ad ognuna i vari sussurri che riusciva a captare,
anche se tra lei e gli undici Consiglieri c’erano due doppie
porte e un lungo corridoio.
Posò piano le labbra su quelle del re, ignorando il sapore
maleodorante del suo alito, intrecciando con voluta lentezza le dita
con quelle tozze e callose di lui. Quando le due guardie si spostarono
per far entrare i membri del Consiglio, Lysandra si
allontanò lentamente da Voren, incrociando gli occhi
falsamente tristi con quelli sinceramente afflitti di Eron
Ked’Alith e Ferul Cordwyn, che le risposero con un
impercettibile segno di assenso.
- Vostra Altezza… -
- Niente formalismi, oggi. -
Arduin Valakas assentì, fece un passo nella stanza e si
inchinò, seguito da tutti gli altri che, fino a quel
momento, si erano limitati ad abbassare il capo in un silenzioso segno
di rispetto, trattenendo le smorfie di disgusto e raccapriccio alla
vista del sangue nelle ciotole. A Lysandra non era sfuggita
l’ombra che aveva attraversato i suoi occhi neri quando li
aveva visti scambiarsi quell’effusione, ma la regina era al
corrente di quanto quel giovane diplomatico allampanato dai lunghi
capelli chiari avesse sempre disapprovato le numerose amanti del re,
fin da quando la sua legittima consorte era morta. Ovviamente, a causa
dei numerosi nemici che brulicavano alla corte.
- Prego, sedetevi, ho un annuncio da fare. -
Lysandra, che nel frattempo si era alzata, schioccò le dita
e dei servitori entrarono portando dodici sedie. Li aveva avvertiti
preventivamente la mattina stessa, quando Voren aveva consegnato il
sigillo reale nelle mani di Eron e Ferul. Delia, assieme a Rogar, si
erano defilati non appena i dodici erano entrati, a malincuore,
consapevoli che qualsiasi cosa sarebbe accaduta tra quelle quattro
pareti loro non l’avrebbero saputa prima di qualche tempo.
Ancora una volta, Lysandra dovette ricacciare indietro un ghigno
compiaciuto.
Calò il silenzio, interrotto solo dal respiro spezzato del
sovrano. Anche se non lo stimavano, erano costretti a rimanere
lì, in attesa che fosse lui a prendere la parola, amaramente
consci che quell’uomo che per quindici anni avevano
osteggiato o supportato rimaneva comunque il loro re, superiore a tutti
loro in quanto autorità e forza. Se avesse voluto, sarebbe
bastata una semplice parola per portar via le loro terre, il denaro e
l'influenza a corte.
- Ormai la mia ora sta per arrivare. - esalò Voren con un
fil di voce, - Rogar e i chierici continuano a dire che se mi curassi,
la mia vita si allungherebbe ancora di qualche anno, ma io, come penso
tutti voi, so che questa è solo una bugia. Bisogna essere
coraggiosi e sinceri di fronte alla morte, che prenderà
tutti noi prima o poi. Scansarla non serve a niente. -
Si interruppe per riprendere fiato, le labbra screpolate schiuse nel
tentativo di ispirare ancora più aria. Anche in quel
momento, con il viso contratto in un’incrinata maschera
severa e la bocca serrata in una smagrita linea pallida, sembrava solo
il simulacro di un re, una statua di cera sciolta
dall’espressione risoluta liquefatta dalla malattia.
- Non ho avuto eredi e l’unico che ho potuto stringere tra le
braccia è morto assieme alla mia adorata regina. La lady qui
vicino a me, - allungò la mano tremante, cercando quella di
Lysandra, - mi è stata di conforto, ma gli Dei non ci hanno
concesso il dono di un figlio maschio. La tradizione vorrebbe che io
nominassi uno dei miei cugini o nipoti, ma, ahimè, nella
famiglia di mio padre si sono insediate delle terribili serpi, vermi
che attendono solo la mia dipartita per mettere le mani su un trono che
spetta ai Varaldien per diritto di nascita. -
Lysandra prese il bicchiere di cristallo sulla scrivania di mogano
intarsiata con fiori e foglie d’edera sui bordi e lo
aiutò a bere. Il sudore lo faceva apparire ancora
più pallido, malato, e le guance scavate e le profonde
occhiaie violacee non facevano che accentuare
quell’impressione.
- Cosa avete dunque deciso di fare, sire? -
A parlare era stata Kitiara Azlan, la consigliera più
anziana assieme a Ferul Cordwyin. Indossava la lunga tunica quasi
monacale della sua casata, con il giglio bianco ricamato sul petto e i
capelli striati di grigio raccolti in una coda laterale. Per un
istante, quando i loro occhi si incrociarono, quelli del re sembrarono
riprendere vita. Sbatté le palpebre un paio di volte per
riscuotersi dall’intorpidimento che stava lentamente
prendendo possesso del suo spirito e sostenne il suo sguardo
impassibile. L’aveva sempre considerata una sorella maggiore
ed era stata l’unica a cui aveva dato retta, anche contro il
volere di Lysandra.
La regina la osservò di nascosto e digrignò i
denti.
“Un’altra amica di Xerxas che dovrò
premurarmi di far sparire.”
- Ho intenzione di fare la cosa giusta, Consigliera. -
replicò in un sibilo affannoso, - Ho discusso a lungo con i
giuristi, nel nostro codice è previsto che io debba passare
il potere a uno dei miei consanguinei, ma ci sono stati casi in passato
che hanno visto una regina sedere sul trono. Io reputo che, visti tutti
i nemici che anelano ingiustamente a prendere il mio posto, sia il caso
che sia Wecilia, la mia amata consorte, a sostituirmi. -
Un brusio costernato riempì la camera. I Consiglieri, a
parte Ked’Alith e Cordwyn, si scambiarono delle occhiate
preoccupate, senza che però nessuno trovasse il coraggio di
aprir bocca. Persino Kitiara era rimasta pietrificata, sbigottita da
quella decisione di cui lei era totalmente all’oscuro.
- Vostra Altezza, con tutto il rispetto per voi e per lady Wecilia, non
mi sembra una scelta saggia... - tentò di dissuaderlo, ma il
sovrano scosse la testa.
- Ho già deciso. - la interruppe brusco, - Wecilia
è la scelta migliore. In tutti questi anni è
rimasta sempre al mio fianco ed è capace di governare anche
meglio di alcuni di voi. Non ho intenzione di cambiare idea. -
Kitira chiuse gli occhi, mordendosi la lingua. Era ovvio che non fosse
d’accordo, ma non poteva opporsi alla decisione del suo
sovrano. Forse avrebbe tentato nuovamente di convincerlo se, come da
copione, Ked’Alith non si fosse intromesso.
- Io sono d’accordo con voi, mio re, anzi, penso che sua
maestà lady Wecilia si sia dimostrata più volte
all’altezza di saper governare. -
Occhieggiò in direzione di Cordwyn, che continuò:
- Appoggio pienamente quello che è stato detto. Posso capire
che sia un evento assai inusuale, ma abbiamo dei precedenti di una
certa importanza. Se il nostro sovrano pensa che questa sia la scelta
migliore, chi siamo noi per opporci? -
Un coro di assenso si diffuse tra gli astanti che, poco dopo,
annuirono. L’unica che rimase immobile con le mani strette a
pugno fu Kitiara.
- Consigliere Azlan, voi…? -
La donna ispirò profondamente. Gavyn Erdarwell, il secondo membro
più anziano, le strinse forte la spalla, come per avvertirla
del pericolo in cui il suo astioso silenzio la stava mettendo, ma lei
non parlò comunque, chiusa in un mutismo interrotto solo dal
respiro controllato. Man mano che il tempo passava, la tensione
cresceva e le facce, da allibite, divennero sempre più
nervose. Quello del re si era ormai offuscato, adesso la sua testa gli
ciondolava sul petto. Una parola aleggiò
nell’aria, muta e inespressa negli occhi spaventati dei
Consiglieri.
Con passo aggraziato, Lysandra si chinò su Voren e gli
accarezzò i capelli sudati, resi ribelli dai nodi che
nessuno aveva voluto sbrogliare.
- Non siete ancora d’accordo, Consigliera? Eppure mi sembra
che voi siate sempre stata la prima a millantare l’importanza
della democrazia. -
I loro sguardi si scontrarono. Lysandra sorrideva, sfidando apertamente
la donna a dire la sua, mentre con la mano accarezzava la spalla del
re. Per un lungo momento assaporò quel momento di vittoria,
quel silenzio che stava per diventare un pretesto per accusarla di
tradimento. Alla fine, però, la Consigliera
abbassò il capo. Bastò quel gesto di
sottomissione perché la tensione si allentasse.
- Bene, allora la decisione è presa. - dichiarò
Lysandra, prendendosi il suo tempo per scrutare uno ad uno tutti i
Consiglieri, - Se non avete altro da aggiungere, lasciateci soli.
Voglio passare gli ultimi momenti con mio marito. -
Nessuno osò ribattere.
Quando udì i passi svanire in lontananza, si concesse una
lunga risata, cristallina, squillante, vittoriosa.
Il re si riscosse un istante dal suo intorpidimento e alzò
la testa, incrociando i suoi occhi. Annegò in due iridi di
brace, di un rosso scuro e denso come quello del sangue nelle ciotole
ai piedi del letto. Esalò un lungo e sibilante respiro, con
gli occhi strabuzzati in un’espressione di profondo terrore
che fece ridere la Lich ancora più forte. Poi il suo cuore
smise di battere e la bellissima spada d’oro
scivolò dalle sue mani inerti, sbattendo sul pavimento con
un tonfo metallico.
La Lich abbandonò il cadavere di Voren sulle coltri sudate e
allungò le gambe, facendosi scrocchiare il collo. Che il re
avesse capito qualcosa in punto di morte non aveva importanza, i morti
non possono parlare.
“Non se io non lo desidero.”
Si umettò le labbra e, da sotto il colletto alto
dell’abito, sfilò una piccola sfera blu
perfettamente circolare. Il laccio argentato a cui era legata, sottile
come un capello, rifulse del lucore perlaceo della prima luna. Non
importava se il re aveva capito qualcosa, né se
c’era ancora qualcuno che avrebbe osato opporsi al suo
volere, avrebbe avuto tempo per schiacciarli. Ora che possedeva il
Cuore di Sershet, nessuno avrebbe più potuto fermarla.
Angolo Autrice:
Ebbene
sì, dopo quasi due anni, sono tornata. Mi dispiace avervi
fatto aspettare così a lungo, purtroppo avevo bisogno di
buttarmi su altro, scrivere altro, non perchè Fuoco non mi
piacesse, ma perchè assorbiva ogni mia energia. Adesso, con
l'inizio del nuovo anno, ho deciso di riprendere in mano e farvi
leggere le avventure di Ledah e Airis, non senza un po' di timore (le
mie solite paturnie mentali, ormai le conoscete... .) Allora, prima le
informazioni di servizio: la storia verrà aggiornata ogni
10/12 giorni questo mese e forse anche il prossimo, questo
perchè la seconda parte di Fuoco è un po'
contorta e quindi preferisco prendermi più tempo per
rileggere. In secondo luogo... in questi giorni metterò un
sunto del primo libro sulla mia pagina
così potrete rinfrescarvi la memoria qualora non vi
ricordaste gli avvenimenti precedenti. Uhm... credo di aver detto
tutto... sì, direi che non c'è altro da dire a
parte che spero che questa seconda parte vi piaccia e vi appassioni
come la precedente. Vi chiedo solo di non sparire e di farmi sentire la
vostra presenza, anche solo con un messaggio privato in cui mi dite
“ehi, bella, continua.” Mi servirà per
tenere a bada le mie continue seghe mentali XD
Ora vi lascio al capitolo, prossimo appuntamento fissato al 20 di
gennaio.
Hime