Convincere Heimdall a spedirci nella terra dei Giganti di Ghiaccio si
rivelò un’impresa meno ardua del previsto. Non
avevo idea di come interpretare la cosa: forse il guardiano del Bifrost
confidava nel nostro successo? Forse aveva ricevuto ordini da Odino in
persona e si accingeva a dar vita ad uno dei suoi soliti intricatissimi
piani?
Il brusco atterraggio su Jotunheim mi scosse da qualsiasi riflessione.
Istintivamente mi coprii la testa con il cappuccio della cappa,
lasciando che la treccia mi cadesse davanti la spalla destra. Sif, che
si trovava più avanti rispetto al resto del gruppo, si
voltò per un attimo, lanciandoci un’occhiata che
non riuscii a decifrare.
- Non dovremmo essere qui – commentò Hogun in tono
grave. Le sue parole suonarono decisamente convincenti e sagge, come al
solito, tanto che perfino Hefring alzò istintivamente lo
sguardo al cielo, quasi sperando che il Bifrost si riattivasse
all’improvviso.
Come previsto, l’unico che non diede peso al consiglio del
figlio di Màni fu Thor, che si limitò a grugnire
un imperioso: - Muoviamoci!
Sospirai, incamminandomi assieme agli altri per le inospitali lande
desolate. Non sapevo come fosse Jotunheim prima della guerra, ma non mi
aspettavo che uno dei Nove Regni potesse avere un aspetto tanto
trascurato e cadente: la terra ghiacciata era solcata da un intricato
groviglio di crepe e crateri, l’aria era gelida e opprimente
e, cosa che mi provocò un’infinita tristezza, non
percepivo alcun cenno di amore o affetto nel raggio di miglia.
Era un mondo freddo, crudele, massacrato da una guerra avvenuta secoli
prima, corroso dal tempo, divorato dall’odio e dal
risentimento.
Il palazzo di Laufey si abbinava perfettamente al paesaggio
circostante: la Sala del Trono era priva del soffitto e circondata da
mura di ghiaccio semi-distrutte.
A parte al re malvagio, accomodato sul proprio scranno, non
c’era anima viva.
- Dove sono? – domandò Sif con una punta di
nervosismo nella voce.
Thor emise uno sbuffo irrisorio: - Si nascondono, come fanno i codardi!
In quel momento, Laufey dischiuse le orride labbra ghignanti e
parlò in tono di scherno: - Avete fatto molta strada per
morire, asgardiani.
Pronunciò l’ultima parola con palese disprezzo,
quasi stesse trattenendo a stento l’impulso di sputarci
addosso. La sua voce era profonda e gutturale, orribile.
- Io sono Thor, figlio di Odino! – si presentò
tronfio mio fratello. Laufey lo interruppe all’istante.
- Sappiamo chi sei.
Cercai di mantenere la calma, stringendo i pugni. Mi sentivo
stupida e infantile, ma ascoltare le parole di quell’essere,
di colui che aveva provocato la morte dei miei genitori e del padre di
Fandral, scatenava in me rabbia, disperazione e perfino dolore fisico.
Avrei tanto voluto mettermi a urlare.
- Come ha fatto la tua gente ad entrare ad Asgard? –
insistette con arroganza il maggiore dei miei fratelli, del tutto
ignaro della tensione che logorava il resto del gruppo.
Laufey restò per qualche istante in silenzio, volgendo, per
motivi ignoti, gli occhi rosso sangue verso Loki.
- La casa di Odino – disse infine – E’
colma di traditori.
- Non disonorare con le tue bugie il nome di mio padre! –
ululò Thor indignato.
- Tuo padre è un assassino e un ladro! –
ruggì di rimando il Re di Jotunheim, alzandosi in piedi
– E tu perché sei qui? Per la pace? Tu volevi la
battaglia, la brami – il suo tono si fece più
velenoso e suadente – Sei solo un ragazzo che vuole
dimostrare a sé stesso di essere uomo.
Lentamente e quasi in sincronia, i sudditi di Laufey cominciarono ad
uscire dai loro nascondigli, accerchiandoci. Afferrai
d’istinto la mano di Hefring, cominciando a pentirmi
amaramente di aver seguito i miei fratelli in quell’impresa
suicida.
L’entusiasmo che mi aveva animato fino a poco prima si era
ormai spento del tutto e mi stavo rendendo conto di aver paura. Non
potevo immaginare che quella terra in rovina potesse scatenare in me
tutte quelle orribili sensazioni, che quel gelo sarebbe penetrato senza
pietà attraverso la mia carne, raggiungendo la mia anima.
Tutti i miei compagni si sentivano così? O forse il fatto di
essere la Dea dell’Amore in qualche modo mi portava a formare
un legame col cuore di quel regno desolato, facendomi assorbire tutto
l’odio e la sofferenza accumulati negli anni?
Thor sicuramente non aveva di questi problemi, infatti continuava a
fronteggiare Laufey con aria strafottente. Ero certa che di
lì a poco avrebbe scatenato una rissa.
- Questo ragazzo è stanco del tuo scherno! –
ringhiò, ignorando i giganti che ci circondavano,
cominciando ad armarsi con spuntoni di ghiaccio che celavano per intero
le loro orride mani bluastre.
Avvertii una flebile sensazione di sollievo non appena vidi
che Loki si era avvicinato a nostro fratello maggiore, consigliandogli
una ragionevole resa.
- Thor – sussurrò – Fermati e rifletti,
siamo inferiori numericamente…
- Sta’ al tuo posto fratello! – lo zittì
l’altro caparbio, facendomi provare il forte impulso di
prenderlo a sberle.
Cosa ci era saltato in mente? Perché l’avevamo
assecondato? Ormai era chiaro dalle facce degli altri che non ero la
sola a provare disagio di fronte alla prospettiva di una battaglia in
quel luogo orribile, circondati da un intero esercito di mostri blu.
Laufey parlò nuovamente, rivolgendosi a Thor ma catalizzando
l’attenzione di tutti.
- Non sai cosa potrebbero scatenare le tue azioni. Io sì.
Andate, finché ancora ve lo consento.
Si avvicinò ai due principi di Asgard, squadrandoli con
gelida severità. Per un istante, i miei poteri legati alle
emozioni mi fecero percepire qualcosa di strano da parte del re di
Jotunheim.
Non era amore, naturalmente, dubitavo che quella creatura fosse in
grado di provare un sentimento simile, eppure quella flebile variazione
di emozioni mi fece distrarre per una manciata di secondi, portandomi
a chiedermi di cosa si trattasse.
Somigliava in modo sospetto al desiderio di rivelare un segreto, di
raccontare un’importante verità a qualcuno a cui
si è legati. Ma che legame poteva avere il malvagio sovrano
dei giganti di ghiaccio con i figli di Odino?
Loki sostenne il suo sguardo con fare cauto: - Accetteremo questa tua
gentile offerta. Andiamo, fratello.
Sì, ritirarsi era la cosa più giusta da fare,
avremo forse fatto la figura degli allocchi ma ormai non mi importava.
Volevo andarmene alla svelta da quel posto intriso di emozioni
negative.
Sfortunatamente, proprio mentre il primogenito di Odino pareva aver
accettato la resa, Laufey parlò di nuovo, questa volta col
chiaro intento di provocare.
- Torna a casa, principessina.
- … appunto – commentò Loki, al quale
non servivano i poteri di Sybilla per indovinare la futura mossa del
fratello.
La provocazione venne ovviamente accolta con entusiasmo: Thor fece
roteare Mjolnir, colpendo il re di Jotunheim e scaraventandolo contro
il proprio trono.
Nel giro di pochi istanti, i giganti ci furono addosso.
- Vaffanculo, Thor, sei un idiota! – gridai, cominciando a
roteare la mia asta e schivando il colpo di un avversario – E
lo sono anch’io per essermi fatta coinvolgere!
Naturalmente, il fratellone non venne minimamente sfiorato dalle mie
parole: agitava Mjolnir a destra e a manca, atterrando gli avversari e
facendo il gradasso come solo lui sapeva fare.
Per fortuna non ero poi tanto arrugginita, o forse erano gli jotun a
non essere guerrieri così temibili, almeno non presi
singolarmente: con dei colpi ben assestati riuscivo a difendermi e ad
atterrare buona parte degli aggressori, anche se più di una
volta Hefring intervenne in mio aiuto, trapassando i nemici con le
punte del suo tridente.
Sobbalzai non appena udii Volstagg gridare di dolore: uno dei giganti
gli aveva afferrato il polso, congelandogli la carne.
- Non fatevi toccare! – ruggì il nostro
mastodontico amico, liberandosi dell’avversario.
Ero continuamente tentata di controllare come stessero i miei compagni,
ma non potevo permettermi distrazioni. Un gigante trovò una
breccia nelle mie difese, lasciandomi un bel taglio sopra il gomito con
la sua lama ghiacciata.
Stringendo i denti per reprimere il dolore, evitai il secondo attacco
con un balzo all’indietro, poi colpii il mostro in mezzo agli
occhi con la punta dell’asta, aprendo un buco nel suo cranio.
In quello stesso istante, un altro urlo straziato mi portò a
voltarmi con il cuore in gola. Per poco non strillai a mia volta:
Fandral era stato impalato da uno spuntone di ghiaccio che gli
attraversava la spalla da parte a parte.
- No! – gridò Hefring con voce strozzata,
affondando il tridente nel volto di un gigante.
Sif si volse verso mio fratello maggiore con aria disperata,
chiamandolo senza ottenere risposta: Thor era talmente preso dalla
battaglia da non rendersi conto che uno dei suoi più cari
amici era gravemente ferito. Respingendo a fatica un avversario che mi
aveva appena piantato la punta della propria arma nel polpaccio,
imprecai sonoramente per il destino del regno di Asgard, che presto
sarebbe passato nelle mani del più grosso imbecille dei Nove
Mondi.
“Thor, ti
voglio bene davvero” pensai con rabbia “Ma non credevo
saresti riuscito ad arrivare a tanto. Che stupidi siamo stati a darti
retta e fidarci di te!”
Volstagg si caricò Fandral sulle spalle e si
ritirò in fretta, seguito da Sif, Hogun ed Hefring. Loki mi
passò accanto, mi afferrò per il braccio sano e,
aiutandomi a prendere equilibrio, mi sospinse verso l’unica
via di fuga.
- Andiamo via!
- Andate! – fece eco Thor, per nulla intenzionato ad
abbandonare il combattimento.
In tutta risposta, Laufey decise di movimentare la situazione
svegliando il suo animaletto da guardia, fino ad allora rimasto
imprigionato in un muro di ghiaccio.
Naturalmente, l’animaletto in questione era una bestia di
dimensioni colossali, con la coda irta di spuntoni acuminati, pronti a
maciullarci a dovere. Di bene in meglio.
Il polpaccio mi faceva un male cane, ma non osavo fermarmi nemmeno per
controllare quanto fosse profonda la ferita. Rimasi aggrappata al polso
di Loki, facendo del mio meglio per non rallentarlo e pregando
ardentemente che non ci fossero arcieri esperti tra le file dei giganti
di ghiaccio. O che la bestia non ci raggiungesse, certo.
L’Idiota Supremo non aveva ancora deciso di darsela a gambe,
ma, arrivati a quel punto, non potei far altro che pensare “se ci tiene a farsi
ammazzare è un problema suo”.
Improvvisamente, il terreno tremò, mentre il famigliare
rumore di un fulmine attirato da Mjolnir e scagliato contro il suolo
echeggiò per la valle ghiacciata che stavamo attraversando.
Non osai guardarmi alle spalle, ero troppo impegnata ad evitare le
crepe nel terreno che si allargavano sempre di più, ad
ignorare il dolore al polpaccio e a non inciampare addosso a Loki.
Giungemmo al punto di partenza, chiamando a gran voce Heimdall
perché aprisse il Bifrost, ma il guardiano non
acconsentì alla richiesta. La cosa, ad essere sinceri, non
mi sorprese affatto: eravamo inseguiti da centinaia di soldati nemici
e, come se non bastasse, la bestia di Laufey ci si era appena parata
davanti, torreggiando minacciosa su di noi.
D’istinto, lasciai la presa sul polso di Loki, afferrandogli
la mano. Era fredda e un po’ rigida, ma ebbi comunque la
sensazione che avesse ricambiato la stretta, seppur forse in modo
inconscio.
L’abnorme ed orrenda creatura spalancò le fauci,
pronta a gustarsi un prelibato banchetto di divinità
asgardiane, ma, prima che potesse nuocere in qualche modo, una specie
di saetta si fece strada attraverso la sua orrida bocca, lasciandole un
bel buco di carne bruciacchiata che partiva dalla gola e terminava
sulla testa.
Il mostro crollò, mentre Thor, roteando Mjolnir,
atterrò davanti a noi con aria soddisfatta.
Hefring lo fulminò con lo sguardo: - Io non riderei tanto se
fossi in te: Heimdall non può attivare il ponte. Siamo
bloccati qui!
Proprio mentre i giganti cominciavano ad accerchiarci, una colonna di
luce piombò dall’alto di fronte ai nostri sguardi
stupiti: la figura imponente di Odino, in sella al suo cavallo a otto
zampe Sleipnir, portò i nemici ad arretrare istintivamente.
Thor alzò il martello in segno di vittoria.
- Padre! – gridò – Insieme li
stermineremo!
- Silenzio! – lo redarguì il sovrano di Asgard,
mentre Laufey avanzava verso di lui, osservandolo con fare irrisorio.
- Padre degli Dèi… sembri stremato.
C’era un qualcosa di viscidamente trionfale nella sua voce,
qualcosa che mi diede i brividi.
- Laufey – ansimò il mio genitore adottivo
– Adesso finiamola.
- E’ stato tuo figlio a volerlo –
replicò impassibile il sovrano di Jotunheim.
Odino sembrò misurare con cautela le proprie parole: -
E’ vero – concesse – Sono state le azioni
di un infante. Considerale tali. Finiamola qui e ora, evitiamo di
spargere altro sangue.
Un lampo malefico attraversò gli occhi cremisi del gigante.
- Siamo ben oltre la diplomazia, Padre degli Dèi.
Avrà ciò per cui è venuto: guerra e
morte.
Mi morsi nervosamente la lingua, attendendo con ansia la risposta del
mio re. Egli, tuttavia, si limitò ad acconsentire con due
semplici parole.
- Così sia.
A tradimento, Laufey tentò di scagliarsi contro il sovrano
avversario, ma Odino respinse rapidamente l’attacco e, prima
di rendercene conto, ci ritrovammo a viaggiare attraverso il Bifrost,
giungendo in poco tempo alla stanza circolare.
Thor era particolarmente furioso.
- Perché ci hai riportati indietro? –
tuonò, rivolgendosi con rabbia a nostro padre.
Non potevo davvero crederci: ci eravamo resi tutti quanti conto di aver
fatto un’immensa stronzata già dal momento in cui
i nostri piedi si erano posati sull’arida terra di Jotunheim,
mentre lui, dopo l’esito disastroso della spedizione, pareva
non curarsi nemmeno delle nostre condizioni ed era ancora convinto di
essere nel giusto.
L’avrei preso volentieri a testate sui denti.
- Sai cos’hai fatto? Cos’hai scatenato? –
ruggì Odino di rimando.
- Proteggevo la mia casa!
- Non sai proteggere neanche i tuoi amici, come puoi sperare di
proteggere un regno? – il re di Asgard fece un cenno a
Volstagg e Hogun che sostenevano insieme Fandral – Nella
Camera della Guarigione, subito!
Lo spadaccino biondo aveva assunto un brutto colorito, il suo volto era
serrato in un’espressione di dolore.
Lasciai la mano di Loki, scambiando con lui uno sguardo preoccupato,
mentre Thor e Odino continuavano a litigare. Il Dio degli Inganni mi
fece un cenno con la testa, invitandomi a seguire gli altri; realizzai
di non aver ancora smesso di sanguinare, così, facendomi
aiutare da Hefring, zoppicai fuori dalla sala del Bifrost.
Le mie ferite, seppur dolorose, non erano gravi: grazie alla magia
curativa della Camera della Guarigione, vennero sanate prima che Frida,
svenuta alla vista del mio sangue, riprendesse conoscenza.
Provai a compiere dei piccoli passi, arrivando ad una poltroncina, e
fui ben lieta di constatare che le fitte al polpaccio erano
completamente scomparse e la mia andatura non era più
malferma e zoppicante. Proprio in quel momento, Sybilla
entrò nella stanza a passo di carica, raggiungendo la
lettiga su cui giaceva Fandral; lo spadaccino aveva corso un bel
rischio, ma sembrava già leggermente meno pallido rispetto a
prima, o almeno sperai che il colorito più sano del suo
volto non fosse soltanto un inganno della luce che emettevano le rune
mediche impresse nel suo giaciglio.
- Fandral! – la voce della norna era palesemente intrisa di
apprensione – Oh, se solo avessi visto prima, se
solo… stupida, stupida inutile veggente, perché
non vi ho fermati quand’ero in tempo?
Fu davvero strano vederla in quelle condizioni: lei, sempre stoica e
composta, ma in quel momento pareva completamente fuori di
sé.
Il biondo le sorrise, rimuovendo il panno pulito che si teneva premuto
contro la ferita: - Ciao Skuld. Non preoccuparti, guarda:
l’emorragia comincia già a fermarsi.
- Un’emorragia che si poteva benissimo evitare –
commentò lei a denti stretti, prendendogli la mano tra le
proprie ed aiutandolo a fare di nuovo pressione col panno –
Avete corso un rischio enorme ed io non ho fatto nulla per fermarvi. Ho
cominciato ad avere delle visioni orribili quando ormai eravate
già partiti…
- Visioni orribili di che tipo? – domandò
Volstagg, permettendo a Frida di applicargli dell’unguento
sul braccio ancora congelato – Morte, sangue e devastazione?
- Diciamo che, rispetto alle mire premonizioni, vi è andata
piuttosto bene – represse un singhiozzo, inspirando a fondo
– Io… non pensavo saresti tornato ad Asgard vivo,
Fandral… avevo visto chiaramente che tu…
Si morse le labbra, guardando in basso. Dal modo in cui batteva le
palpebre capii che stava cercando di celare gli occhi lucidi.
- Ehi – sussurrò lo spadaccino, sfiorandole la
guancia col dorso della mano libera – Va tutto bene. Mi sento
già meglio, davvero: tra pochi minuti sarò di
nuovo in piedi.
C’era qualcosa di decisamente intimo nel modo in cui si
guardavano, tanto che Volstagg e Sif repressero a fatica una risatina,
Hefring arrossì volgendo lo sguardo altrove ed Hogun si
finse improvvisamente interessato alle punte dei propri stivali.
Il momento di silenzio fu interrotto da un leggero ticchettio di passi
provenienti da corridoio e, pochi istanti dopo, una ragazza minuta e
pallida, abbigliata con una lunga veste blu notte, apparve sulla soglia
della stanza. Aveva i capelli castani, lunghi e mossi, e gli occhi
tanto scuri da sembrare neri.
Sbuffai tra me e me: quella ragazza era Sigyn, Dea della
Fedeltà. Non mi infastidiva soltanto per via del legame che
sembrava aver creato con Loki, aveva di per sé un
atteggiamento molto strano, quasi sfuggente; parlava poco e sembrava
detestare particolarmente il contatto visivo, non riusciva mai a
guardare qualcuno negli occhi per più di qualche istante.
Avevo notato infatti che, quando intratteneva delle conversazioni,
spostava quasi subito lo sguardo sul naso o sulle labbra
dell’interlocutore, chiaro espediente per mostrarsi
interessata ma senza concedere la visione diretta delle proprie
pupille.
- Chiedo scusa – disse, col solito tono piatto e flebile
– Il principe Loki mi ha ordinato di informarvi
che… il principe Thor è stato privato dei suoi
poteri ed esiliato dal Padre degli Dèi come punizione per la
propria disobbedienza ed arroganza, causa della rottura della pace tra
Jotunheim ed Asgard.
- Cosa? – strillammo all’unisono, facendo
sussultare l’introversa annunciatrice.
- Non è possibile! Padre non può aver fatto una
cosa del genere! – si disperò Hefring, serrando le
dita sui propri capelli rossi, quasi fosse tentata di strapparli.
- Abbiamo disobbedito tutti quanti al volere di Odino –
balbettò Sif, senza rivolgersi a nessuno in particolare
– Dovremmo essere banditi tutti allora, così
non… non è giusto…
- Dobbiamo far cambiare idea al Padre degli Dèi! –
s’intromise Fandral, mettendosi seduto di scatto ma emettendo
subito un gemito di dolore, che lo obbligò a stendersi di
nuovo stringendosi la spalla.
Mi alzai in piedi, pur sapendo che le gambe avrebbero potuto cedere da
un momento all’altro, e cercai di mettere insieme delle
parole per formare una domanda sensata: - Loki era presente –
la mia voce tremava in modo incontrollato – Non ha provato a
far ragionare nostro padre?
- Non ero presente alla scena, ho soltanto riferito quanto mi
è stato chiesto – mormorò Sigyn.
Un fastidioso groppo alla gola cominciò a tormentarmi,
mentre il mio respiro si faceva più affannoso e gli occhi si
inumidivano. Ero ancora arrabbiata con Thor per il modo in cui si era
comportato a Jotunheim, ma mai avrei voluto che Odino arrivasse a
tanto. Non era giusto, mio fratello era uno scemo sbruffone ed
egocentrico, ma non meritava una punizione tanto crudele.
Dov’era stato esiliato? Cosa avrebbe fatto, senza la sua
famiglia, senza i suoi poteri? Sperduto, in una realtà che
non gli apparteneva?
Hefring si avvicinò con uno scatto a Sigyn e la
afferrò per le spalle: - Dove l’ha mandato?
– le sue guance erano rigate dalle lacrime – Sai
dove nostro padre ha mandato Thor? E’ molto lontano da qui?
Il suo… il suo esilio non sarà… non
può essere davvero permanente… non lo
è, no?
La castana si morse il labbro inferiore, riuscendo però a
fissare mia sorella dritta negli occhi: - Credo che il principe Thor
ora si trovi a Midgard ma… mi dispiace davvero, Hefring. Non
ho idea delle intenzioni del Padre degli Dèi. Ho riferito
tutto quello che so. Il destino del principe è nelle mani
del re di Asgard.
***
Angolo dell’Autrice: Sono riuscita ad aggiornare e mi
dispiace davvero tanto avervi fatto aspettare. Ho avuto un blocco dello
scrittore durato più o meno due anni,
l’ispirazione è apparsa solo a piccoli sprazzi e,
per fortuna, è tornata per questa storia.
Già che ci siamo, penso di dover spiegare alcune cose: il
mio stile e la mia concezione di personaggi e trama sono cambiati
molto, tanto che, rileggendo i capitoli precedenti di questa storia,
sono rimasta un po’… stranita. Mi sono resa conto
che il mio stile di qualche anno fa era davvero discutibile,
probabilmente per il fatto che scrivevo la sera dopo esser stata a
lezione all’università, facendo quindi molta meno
attenzione durante la rilettura.
Oltretutto, la psicologia di Freya non mi è sembrata
abbastanza approfondita e le vicende ruotavano quasi interamente
attorno a lei e Loki, quindi, nei prossimi capitoli, aspettatevi un
testo come quello che avete appena letto. Cercherò di
rendere Freya più realistica possibile come personaggio,
approfittando magari del fatto che adesso non è
più una ragazzina, ma una persona adulta, che, nonostante i
difetti, è in grado di comprendere i propri errori (alcuni
in fretta, altri con più calma) e di maturare piano piano,
fino a staccarsi dall’infantile bambina eccessivamente
romantica che era e a trasformarsi in una donna più forte e
consapevole. Oltretutto, verrà dato maggiore spazio agli
altri personaggi e, finalmente, si vedrà all’opera
il Loki che tutti conosciamo, tanto diverso dal ragazzino gentile e
innamorato che era in passato.
Come potete vedere, in questo capitolo sono presenti le battute e le
scene del film, cosa che non amo particolarmente ma… beh,
era necessaria.
E sono riuscita ad introdurre brevemente il personaggio di Sigyn, che
ha in serbo delle belle sorprese.
Spero che il capitolo comunque vi sia piaciuto, chiedo ancora scusa per
l’attesa e ringrazio tutti coloro che hanno letto!
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