Chapter 21
Quella mattina, col suo corpo tiepido, privo di sensi stretto fra le
braccia aveva pregato, implorato inconsciamente con ogni parte di se
che fosse vivo.
Continuava a pensarlo mentre osservava il suo volto pulito e pallido.
La morte.
Cosa sarebbe riuscita a strappare da quel genio fragile e forte? Cosa
gli sarebbe rimasto del suo “amore“?
In lui si era fatta ormai largo la consapevolezza che il proprio Amore,
quel sentimento infondo mai provato, unico, ed incarnato in quella
deliziosa forma terrena, se ne sarebbe andato e lo avrebbe fatto senza
portarlo con se.
Sarebbe rimasto solo, senza il cuore; gli sarebbe stato strappato dal
petto o semplicemente si sarebbe perduto nel tentativo inutile di
trovare ciò che lo alimenta e che per lui è
divenuto indispensabile.
Infondo a cosa gli sarebbe servito amare ancora? Non gli interessava di
farlo. Il fatto che il suo primo, disperato, vero innamoramento avrebbe
avuto una fine così repentina e tragica lo aveva disgustato
a tal punto da fargli odiare l’Amore. Ma in realtà
sapeva che non poteva odiarlo perché il suo Amore era
lì, splendido e malinconico, mentre osservava il sole
pallido e non poteva far altro che amarlo e amarlo ancora.
Avrebbe infuso in lui tutto ciò che di bello poteva provare.
E presto quel Dio forte e impenetrabile se ne sarebbe nuovamente
andato, così come era venuto, portando con se tutto
ciò che era stato capace di dare. Così, nel
tentativo di non farlo fuggire, la sua anima si sarebbe aggrappata
disperatamente a lui, non potendo far altro che venir trascinata via
anch’essa.
Non sarebbe rimasto nulla. Solo il proprio corpo incapace di essere
soddisfatto se non dai semplici vizi materiali.
Lo guardava ancora. Non si sarebbe mai stancato di farlo.
Il viso serio, irraggiungibile e malinconico osservava il vuoto al di
là dell’orizzonte, quel vuoto che
l’attendeva, lo reclamava insistentemente e che presto lo
avrebbe avvolto.
Fu proprio lui, Alex, a rompere quel silenzio assordante.
- E’ tutto
così calmo.
Le parole scivolarono pacate e dolci da quelle labbra intense e piene
di segreti.
William non rispose. Preferì rimanere in silenzio.
Parlò di nuovo.
- “Ti
amo“.
La creatura si voltò per osservare l‘uomo al suo
fianco.
Il viso serio e perfetto, il corpo forte e sodo. Risalì le
spalle larghe, il collo definito.
La pelle, lievemente abbronzata, faceva risaltare quella
tonicità mascolina, quell’essenza virile. La bocca
sensuale, gli occhi sottili e attenti. Quel colore celeste come il
cielo più azzurro; le iridi profonde e feline.
I capelli scuri e luminosi gli ricadevano scompostamente in frange
morbide sulla fronte.
Gli sfiorò il viso con la mano.
Aveva da tempo compreso il perché di tutte quelle donne, ma
non gli aveva mai detto quanto in realtà lo trovasse bello e
affascinante. Gli pareva splendido come solo un sogno
può essere.
Tutto il fascino di quell’uomo meravigliosamente seducente
era per lui, lo era sempre stato.
- William…
Fra poche ore sarebbe cominciata la battaglia. L‘ultima. E
l’avrebbero affrontata assieme, fianco a fianco.
Si guardarono senza dire nulla. Ognuno riflesso negli occhi
dell’altro.
- Dimmelo.
Il moro lo guardò.
- Ti amo.
Il tono sommesso, quasi ovattato.
Lentamente, dolcemente Alex lo abbracciò poggiandogli il
capo contro il petto. Le braccia di lui lo circondarono. Protettive,
forti. Era incredibile come, nonostante la sua freddezza, la sua
arroganza, il suo egoismo, potesse essere così tenero,
così dolce.
Solo per lui.
L’altro chinò il capo in cerca delle sue labbra,
in cerca di rassicurazione. Si sfiorarono, si toccarono.
Era tutto così tranquillo.
Il sapore dolce del bacio.
Il giovane se ne separò, squadrandolo privo di ogni
espressione.
A volte sapeva diventare così freddo, così
insofferente.
Le mani di William gli strinsero le spalle con forza. Forse troppa. Gli
occhi stretti, la mascella serrata e quello sguardo colmo di
disperazione e sofferenza.
Uno sguardo che gli occhi del biondo non avevano mai visto sul suo
volto, lo sapeva.
Ma in quell’istante non se ne vergognò. Non gli
importava.
- Che cosa ne
sarà di me?
Anche se cercava di trattenersi la voce gli usciva roca e sforzata.
- Tu te ne andrai, e
io!? Come farò?!
Lo scrollava scosso dall’ira.
Le frasi rabbiose e straziate.
Lasciò che le dita allentassero la presa, scivolando lungo
il braccio di lui e cadendo penzoloni sui propri fianchi.
- Io ho bisogno di te.
La frase sommessa, quasi sussurrata.
Il viso basso.
L’espressione del biondo mutò. Si
trasformò divenendo infinitamente dolce e malinconica. Tese
una mano sfiorando un punto vicino alle labbra.
- Era per questo che non
volevo lo sapessi.
Ora soffri. Io soffro e
mi sento morire anche per te. Soprattutto per te.
Io non ho paura di
soffrire Will, perché nonostante tutto questo, sono felice
ora. Sono felice come mai prima. Ma se a soffrire sei tu allora non
posso far altro che sentirmi morire.
Gli carezzò la guancia avvicinandosi appena.
- So che soffrirai e che
starai male. E’ questo che mi fa temere la morte Will.
Nient’altro.
Dovrai essere forte. Me
lo devi promettere.
Si aggrappò al suo corpo.
Il moro sussultò.
Nonostante ciò che gli aveva appena detto, nonostante la
forza e la freddezza che dimostrava in quel momento, Alex
tremava. Tremavano le sue mani, le sue gambe, il suo corpo tutto.
Quel ragazzo aveva paura. Aveva una paura immensa.
E nonostante tutto era lì che cercava di confortarlo e di
consolarlo.
Lui era lì a farsi rassicurare da un ragazzino poco
più che adolescente consapevole di dover morire di
lì a poco.
Si sentiva un idiota. Un bambino capriccioso e sciocco.
Quella creatura aveva afferrato la propria vita, tutto ciò
che per lui era importante, e la stava trascinando in salvo. La stava
allontanando dai pericoli e dalla pioggia scura che si abbatteva su di
lui.
Alex stava cercando di metterlo a riparo.
Cercava di salvare l’unica cosa che ancora gli premeva.
Lui, se stesso, William.
Alex pensava sempre, incessantemente a lui. Non alla morte. Non a
quello che gli sarebbe accaduto.
A lui.
Lo strinse con forza a se, contro il proprio petto, sulla propria
pelle. Lo avvolse protettivamente con le braccia.
- Ti vivrò
fino all’ultimo Alex.
Il ragazzo si strinse affondando la testa nella stoffa.
- Non mi importa di
nient’altro adesso Will.
Presto si sarebbero dovuti dividere. Dovevano prepararsi per la guerra.
Il giovane si distanziò carezzando una guancia
dell’altro. Sapevano entrambi che dovevano separasi.
Si voltò dirigendosi verso la porta d’entrata.
William lo osservò fermarsi per qualche istante , voltarsi e
guardarlo.
Gli sorrideva dolcemente.
Frugava nel cassetto, spostava, cercava, ma non riusciva a trovarla.
Eppure era sicuro di averla infilata li in mezzo, da qualche parte.
Come poteva essere stato così sbadato da dimenticare?
Il piccolo rettangolino metallico si scontrò contro i suoi
polpastrelli proprio mentre ritraeva la mano. Lo afferrò con
aria vittoriosa e si mise a sedere sul pavimento.
Il gatto gli balzò su una coscia e tentò di
scavalcarla, muovendo la zampina verso il pavimento, senza
però scendere. William lo aiutò con la mano e se
lo mise in grembo, mentre poggiato con la schiena contro il bordo del
letto si rigirava il pezzo metallico fra le dita.
Sfiorò allora il cerchietto verde ed uno piccolo schermo
olografico apparve davanti ai propri occhi.
“Cosa stai facendo?” Il visino chiaro del ragazzo
gli sorrise. Era sdraiato sul letto. “sto riprendendo, voglio
far vedere a tutti la tua bella faccia” “Will, hai
bevuto, metti giù quella cosa” rideva ancora, ma
più giocosamente. “no, voglio vederti, voglio che
mi dici, che me lo dici anche qui” L’inquadratura
si mosse avvicinandosi ancora di più a quel viso dolce che
continuava a sorridergli. “Will, che cosa? Ti avevo detto che
non volevo facessi quella scommessa! Adesso fai fatica a reggerti in
piedi” “Dimmelo, sono vicino” Il biondo
strizzò gli occhi. “Ti amo Will” Il
quadro si mosse di nuovo fra le risatine del ragazzo ed i versi strani
di lui che riprendeva, andando ad inquadrare la parete, poi si spense.
Sorrise fra se. Sapeva cosa era successo dopo, era una delle poche cose
che ricordava di quella serata. Avevano fatto l’amore.
Aveva perso una scommessa con Eric e si era ubriacato. Il giovane aveva
dovuto riportarlo in stanza sotto braccio. Poi si erano sdraiati e lui
aveva preso la videocamera ed aveva preso a filmare Alex mentre era
sdraiato sul suo letto.
Come era meraviglioso.
Qualcosa era cambiato da quella mattina. Sentiva una strana sensazione.
Come se una lieve, fioca luce avesse aperto uno spiraglio nella propria
mente. Aveva incominciato a pensare a un'idea che gli ronzava
fastidiosamente nella testa, un'idea che vrebbe potuto fare la
differenza per tutto ciò che sarebbe venuto.
Ma non sapeva ancora bene come fare, ne se si sarbbe potuto fare.
Ad Alex non l'aveva ancora detto.
Carezzò la testa del micio.
Il movimento fuori si sentiva già da tempo. Gli aerei erano
partiti.
Poggiò il rettangolo sul letto e si preparò,
vestendosi con la tuta che gli avevano intessuto apposta. Anche quella
avrebbe facilitato la diffusione delle loro onde cerebrali, o almeno
era quello che gli avevano detto.
Mentre si infilava il metallo in una piccola tasca interna fu sorpreso
dall’improvviso scalpiccio nel corridoio. Una voce che
riconobbe immediatamente lo fece sobbalzare. Corse verso la porta
aprendola e facendone capolino.
- No, io vado di qua,
non abbiamo tempo da perdere!
Il moro riconobbe Peter, ma non ebbe tempo di assumere un atteggiamento
abbastanza ostile.
- Ehi, che diavolo
succede?
L’altro si voltò nella corsa e fu costretto a
fermarsi.
-Giusto te cercavo!
Dov’è?!
William si sporse ringhiando.
- Ma di che diamine stai
parlando?!
L’altro gridò ancor più forte
sovrastando il rombo dei bombardamenti che ormai erano incominciati.
-
Dov’è Alexander!?
P.S.
Un nuovo capitolo e uno degli ultimi. Scusate per l'attesa, ma pare che
io abbia avuto il cosiddetto blocco dello scrittore...(esiste..?)
vabbè. Spero che il prossimo venga fuori decisamente
prima...^^°
In ogni caso, se
ci sarà una prossima storia, sarà decisamente
più leggera e disimpegnata! Magari divertente se ci
riesco...Bhè, alla prossima =)
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