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Personaggi:
Luigi (menzionato), Mario (menzionato), Pauline (menzionata), Peach
(menzionata), Bowser Jr. (menzionato), Ludwig von Koopa (menzionato),
OC.
Genere:
Introspettivo, Mistero, Soprannaturale.
Pairing:
Het.
Note:
Nessuna.
Clinker
'Se
le impastano insieme e le dividono in due parti uguali, ne fanno due
normali'.
Magari
chi aveva bisbigliato quella frase, nella vana certezza che lei non
avesse sentito, per “normali” intendeva identiche o alla pari,
cioè più simili come due gemelle di regola dovrebbero essere e non
perché lei era taciturna, maldestra e talmente chiusa e schiva da
rasentare il limite umano concesso: una stramba, insomma, come la
reputavano i compagni di scuola a Brooklyn. La sua era una qualifica
che le avevano affibbiato già da piccolina e che non si era più
scollata di dosso, nemmeno nel Regno dei Funghi.
Lucilla
aveva concluso che, prima di assumere forma fisica, tutta la dose di
prodigiosità destinata a entrambe da ereditare si era invece
incanalata su sua sorella. Gloria era forte, molto più forte di
qualunque altro coetaneo o coetanea, tanto che nella loro vera casa,
in mezzo ai toad, era considerata la degna figlia di Mario e prossimo
paladino del reame. Lucilla invece era malata un giorno sì e uno no e, al
contrario della gemella, non sapeva fare un accidenti di speciale.
Lei non era apparentemente alcunché di speciale, sia per gli
standard dei sudditi della regina Peach che per quelli umani.
In
compenso era cinica, sarcastica e caustica, perché si sa che l'arma
di difesa più raffinata, in mancanza dei muscoli, è l'ironia. Il
tempo bloccata a letto, nelle catene della sua salute trabicolante,
non era stato buttato nell'autocommiserazione e nell'inerzia (magari
giusto un pochino), ma validamente speso col naso in ogni libro
capitatole tra le mani. Il bottino delle sue scorribande letterarie
era consistito in una proprietà linguistica spiccata per la sua età
e un acuto spirito di analisi: doti che, sfortunatamente, saltano
meno all'attenzione in confronto a traguardi più eclatanti, come
divenire la punta di diamante della squadra di pallavolo o stendere
da sola il bullo più temuto della scuola, nonostante lo svantaggio
fisico e il sole negli occhi.
Le
già penose capacità di socializzazione di Lucilla avevano finito
per atrofizzarsi col passaggio dalle elementari alle medie,
agevolandole la ritirata nelle retrovie della classe sino a
mimetizzarsi con la parete. I gradassi non la toccavano solo perché
per Gloria vigeva una sorta di rispetto misto a timore e ammirazione,
e mettersi contro di lei significava automaticamente inimicarsi anche
l'ampia cerchia di amici di quest'ultima. Fino a poco tempo prima le
sorelle avevano condiviso la stessa ombra: dove c'era Gloria,
coraggiosa e peperina, lì c'era anche Lucilla, fragile e timida,
dietro la sagoma protettiva dell'altra. Poi, compiuti dodici anni,
Lucilla aveva espresso il desiderio di una camera tutta per sé e la
soffitta era stata ripulita e trasformata in un ambiente più
confortevole con un letto, una libreria, due finestre che davano
rispettivamente sul fronte e sul retro della casa e un lucernario da
cui poteva sbirciare le stelle.
Pauline,
rassicurata che la salute della figlia si fosse relativamente
stabilizzata, si era dedicata a una fiorente carriera di agente
immobiliare a Brooklyn e ne ricavava molta soddisfazione, avendo
abbandonato il mondo del teatro per stare sempre accanto alla
cagionevole Lucilla nei suoi primi, critici anni di vita.
Prevalentemente era loro padre a occuparsi della casa, quando non era
richiesto altrove a salvare città o reami interi in giro per il globo. Andava molto fiero della sua cucina ed era ben deciso a
rendere partecipi le figlie del patrimonio culinario tramandato dai
loro nonni. Purtroppo anche l'attitudine gastronomica doveva aver
saltato una generazione, cioè mezza, visto che Gloria, proprio come
Mario, privilegiava del dono straordinario (e sovente irritante) di
essere brava in qualunque cosa.
La
regina Peach invitava volentieri la famiglia del paladino al suo
castello splendente e qualche volta c'erano anche alcuni dei figli a
scorrazzare lì in giro. Ludwig deteneva l'autorità assoluta e tutti
i fratelli rispondevano ai suoi richiami, sebbene non fosse colui
designato al trono: i genitori avevano congiuntamente stabilito che
il più giovane degli eredi Toadstool Koopa avrebbe governato
entrambi i reami. Bowser Jr. pareva beatamente ignaro del peso degli
oneri che lo attendevano dietro l'angolo, svignandosela dai
precettori a ogni occasione e con la testa da diciassettenne persa
dietro svaghi e ghiribizzi. Non era raro scorgere Ludwig trascinarlo
per i corridoi, stringendo tra le grinfie una delle corna ai lati
della criniera scarlatta come una mamma che tira un bambino
disubbidiente per un orecchio.
La
verità era che i fratelli più grandi si fossero resi fonte di guai un
po' troppo spesso per i gusti del popolo di Peach, ai tempi dei
rapimenti con cadenza quasi mensile, e il Regno dei Funghi covava
maggiori speranze nel più giovane della discendenza per redimersi
della cattiva fama consolidatasi in anni. Tuttavia i sovrani non
avevano scartato in origine l'idea di proporre Ludwig in linea di
successione, istruito e promettente, ma il maggiore aveva abdicato in
favore dell'ultimogenito.
«
Mio fratello fa ancora in tempo a scrollarsi la pessima
reputazione che ci siamo costruiti agli occhi dei sudditi di nostra
madre »
le aveva confidato senza traccia di risentimento, quando lei
si era fatta timorosamente avanti per scoprire la ragione dietro
l'impensabile rifiuto. Lucilla si rattrappì nella sua felpa oversize
avvertendo le guance avvampare, come le capitava ogni volta che la
mente volgeva al principe koopa. Oltre che affascinante, era anche di
animo davvero generoso.
La
bambina custodiva con gelosia il ricordo di lui che le aveva detto,
esattamente un anno prima, mentre lei se ne stava come al solito
rannicchiata in disparte in compagnia di un libro e sua sorella era
presa da un incontro di basket con Larry e Roy, che trovasse carino
il suo nome. Era stato un complimento inaspettato, dal suono
baritonale ma dolce, accompagnato dall'accenno di un sorriso sui
lineamenti perennemente seriosi. Quando Ludwig le aveva parlato, una
scossa le aveva pervaso il corpo gracilino: si era sentita rinata,
felice come mai prima di allora dopo un lungo sonno senza sogni, dove
i giorni si alternavano incolori e lei si limitava a sopravvivere nel
proprio distacco dietro un muro gelido da cui era improvvisamente
filtrato uno spiraglio di sole.
Ludwig
aveva inoltre apprezzato il suo interesse per la lettura, asserendo
che avrebbe gradito altrettanta passione nell'autoarricchimento da
parte del fratellino, e Lucilla aveva praticamente sguazzato in brodo
di giuggiole. Dunque la brevissima conversazione si era conclusa lì,
perché il koopa era sempre stato un tipo verbalmente oculato, ma,
qualche mattina dopo in cui la ragazzina si era ritrovata di nuovo
allettata, con spasmi di tosse che la squassavano e la spossavano, il
postino aveva bussato alla porta per riferire che il principe Ludwig
von Toadstool Koopa le avesse intestato l'abbonamento permanente alla
biblioteca di Fungopoli e che, da quel momento, lei poteva ordinare i
libri che voleva e farseli recapitare direttamente a casa. Alcuni
cavalieri si presentavano anche con guscio puntuto e artigli al posto
del destriero e armatura scintillante.
Tuttavia,
le romanticherie erano state temporaneamente surclassate nelle
priorità di Lucilla, perché un grande mistero era sul punto di
essere risolto quella sera stessa: zio Luigi. Anche lui era uno
strambo e, nella loro mutua stramberia, questi e Lucilla avevano
stabilito una certa intesa. Lo zio era il tipo più interessante che
la nipote conosceva (escludendo il principe Ludwig), ma, purtroppo,
non faceva loro visita molto spesso: due volte l'anno per la
precisione, una per il compleanno delle bambine e l'altra per il
proprio e del fratello. Ogni tanto telefonava e non sempre rispondeva
quando lo cercavano. La sua latitanza dalla vita familiare era motivo
di profondo turbamento per loro padre che non era mai riuscito a
convincerlo a farsi vivo più spesso. Anzi, a volte l'insistenza di
quest'ultimo sfociava nella collera di fronte al puntuale declinare
dello zio che, al contrario, non si scomponeva di un millimetro e, se
gli animi iniziavano a scaldarsi, toglieva garbatamente il disturbo
per ripresentarsi in seguito come se nulla fosse accaduto.
Suo
zio parlava con gli spettri e per questo si faceva chiamare
“fantasmologo”, che non era un'attività universalmente
riconosciuta essendo lui il primo e unico pioniere: li ascoltava e li
aiutava a venire a patti con la loro condizione e a risolvere le loro
faccende in sospeso, affinché potessero trovare la pace dopo il Game
Over. Lucilla amava le storie che le raccontava, così diverse dai
soliti resoconti trasudanti di vittorie e autocelebrazione del padre
ogni volta che questi faceva ritorno da un'impresa: storie commoventi
e tormentate che potevano tuttavia concludersi con un sorriso, uniche
fra loro, con protagonisti che non avevano alcun dono speciale,
eppure la loro avventura non era meno degna di essere riferita.
Secondo i genitori, Luigi era ossessionato dalla sua vocazione,
siccome il suo non si definiva effettivamente un lavoro, errando per
il mondo alla costante ricerca di spiritelli smarriti, tanto da
dimenticarsi coloro che lo avevano caro. Di lui non si accennava
quasi mai per evitare che Mario si rabbuiasse e persino loro madre ci
andava cauta sull'argomento.
Pauline
si raccomandava con le bambine di essere estremamente gentili con lo
zio, ribadendo che fossero ormai le sole capaci di convincerlo a
riallacciare i rapporti coi vivi. In particolar modo, era Lucilla
quella con cui si era creato un legame ancor prima che lei nascesse.
Era stato Luigi infatti a sceglierle il nome: la mia lucciola,
la mia lucetta la chiamava con tenerezza. Mario aveva deciso
per Gloria e Pauline aveva invece ceduto il privilegio al cognato,
pur di riavvicinarlo alla famiglia, ignorando i rimbrotti del marito.
Quando i dottori avevano concordato che Lucilla fosse finalmente
fuori pericolo, dopo giorni interminabili di accertamenti, i Mario
avevano fatto ritorno a casa con un fagottino rosa ciascuno e,
poggiati alla porta, giacevano due bellissimi fasci di ginestre
bianche invece dei classici bouquet per bebè. «
Figurati se lui non doveva distinguersi »
aveva commentato asciutto loro padre.
Ad
ogni modo, Lucilla aveva intuito che vi fosse qualcos'altro sotto,
sorvolando sul chiodo fisso per la fantasmologia. Vi aveva ponderato
scrupolosamente, aveva spigolato informazioni in ogni singolo manuale
sull'occulto imprestato dalla biblioteca, oltre ad aver fatto ricerca
online, e aveva maturato la certezza di aver scovato infine il
terribile segreto: suo zio era un vampiro.
Era
un sospetto che la piccola serbava quietamente da diverso tempo,
avendo sommato uno ad uno i campanelli di allarme intercettati: Luigi
non si presentava mai prima del tramonto, come se rifuggisse la luce
del sole; sebbene lui e suo padre fossero gemelli, adesso Mario
sembrava salito di grado a fratello maggiore mentre lo zio non aveva
neppure un accenno di ruga in faccia; inoltre quest'ultimo
condivideva la medesima sobrietà di un becchino nel vestire, a
conferma della norma secondo cui i vampiri non indossavano colori
appariscenti per agevolare la caccia notturna e, in secondo luogo, il
nero donava charme per irretire le vittime.
Per
nascondere il pallore della pelle e i denti da ematofago bastavano del
trucco da attore e una protesi, e che lo zio ingerisse il loro stesso
pasto poteva trovare spiegazione nel fatto che non stava scritto da
nessuna parte che un alimento diverso dal sangue fosse letale per i
vampiri; sicuramente non adatto, ma nemmeno letale. Magari gli
avrebbe causato un tremendo mal di stomaco e lo avrebbe costretto a
vomitare una volta fuori dal loro campo visivo, di fatti lo zio non
si fermava mai per molto dopo aver cenato insieme. La mente della
bambina delineò ubbidiente l'immagine di Luigi avvinghiato al vaso
sanitario in bagno, come in preda a una delle peggiori sbornie mai
prese.
Sull'altro
piatto della bilancia, un paio di fatti remavano contro la teoria appena esposta: a dispetto delle credenze più antiche, lo zio si rifletteva
negli specchi esattamente come un qualsiasi comune mortale e poteva
varcare con disinvoltura la soglia di casa senza che nessuno gli
esprimesse vocalmente il permesso di entrare. Secondo i dati
raccolti, ai vampiri è concesso di introdursi in un dominio altrui a
patto che il padrone abbia prima scandito il benvenuto, altrimenti
l'aura vitale degli abitanti passati e presenti a impregnare la
dimora avrebbe corroso il guscio di carne, rivelando la loro
vera natura. Nell'ultima visita da parte di Luigi, la nipote gli aveva
aperto la porta per testare il principio, scansandosi senza emettere un fiato e l'ospite aveva attraversato illeso l'ingresso e
di conseguenza smentito quella che era soltanto una diceria
folcloristica. In merito al discorso del riflesso, anche in tal caso
poteva trattarsi di una banale leggenda stokeriana imbevuta di
superstizioni religiose, proprio come con l'aglio e coi crocifissi
assolutamente sopravvalutati.
Tuttavia,
un ulteriore dettaglio a conferma dell'idea di Lucilla si era
aggiunto a spronare la piccola nella sua missione di smascheramento:
le impronte dello zio, o meglio, quelle che non c'erano. Luigi aveva
spiegato loro che, a causa degli impegni assolvibili solo di
notte, il suo orologio biologico si era ormai invertito, ovvero che
il tramonto per lui corrispondeva all'alba e vice versa. Per tale
ragione a casa si posticipava la cena così da permettergli di
protrarre la permanenza e lo zio levava le tende quando fuori era
calata notte fonda. Per non infastidire i vicini Luigi si premurava
di parcheggiare la moto poco lontano, al limitare del bosco, e la
mattina dopo Lucilla aveva seguito le orme di quest'ultimo sul
sentiero che si biforcava dalla strada principale e che conduceva
nella foresta. Quasi non si sorprese nell'attimo in cui si
interruppero bruscamente, come se il piede che Luigi aveva sollevato
non avesse più toccato terra. Ovviamente non si era vista neanche
mezza traccia di pneumatici in giro e Lucilla aveva dunque compreso
di trovarsi nel punto preciso, godendo della presenza ingombrante
degli alberi per passare inosservato, dove lo zio aveva abbandonato
le spoglie umane per trasformarsi in un bellissimo pipistrello.
Malgrado
la bambina sentisse che i tasselli coincidevano, gli indizi
elencati non erano certo abbastanza per convincere almeno un goomba
tendenzialmente credulone, figurarsi gli scettici più incalliti.
Serviva una prova così schiacciante da sgominare ogni obiezione,
ed ecco perché Lucilla aveva aspettato ancora, altri mesi di segreti
e progetti, fino alla sera del suo tredicesimo compleanno.
Avrebbe
dimostrato a tutti la verità che avevano avuto sotto il naso senza nemmeno immaginare.
Avrebbe
dimostrato a se stessa di non essersi sbagliata.
Nota
d'autrice:
E
fu così che, dagli accordi stridenti e dalle languide stonature
della Danse Macabre, siamo passati al ritmo sbrigliato e
saltellante dello swing. Il titolo che ho preso in prestito per
questa fanfiction appartiene a una canzone composta dai Big Bad
Voodoo Daddy. Quando la
ascolto mi ispira l'immagine di una festa gigantesca dentro una casa
infestata.
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