Bene, bene. Questa
storia nacque ben dieci anni fa. Infatti, rimase a metà per via della
mia pigrizia.
Una semplice
storia d’amore tra i personaggi del mio manga preferito.
Girovagando sul
mio vecchio profilo la vidi e come un fulmine a ciel sereno, lei mi
richiamò e…come ben vedete la ripropongo con delle modifiche.
Infatti, era
ricca di errori. Beh, in dieci anni ne è passata di acqua sotti i
ponti, no?
Avevo sedici
anni e d’ero piccina e ora…26 anni e po’ vecchietta.
Laureata e
lavoratrice folle.
La finirò, come
le altre storie lo giuro.
Piccolo
avvertimento. I personaggi sono OOC, ma lo metterò anche tra le note.
Ma essendo questa una storia romantica cadere nel melenso, mi sembra
doveroso. E poi un po’ di dolcezza ci vuole in fin dei conti.
Altre cose?
Beh, la coppia Naraku/Kikyo che poco amavano all’epoca, ma che spero
che oggi piaccia un pochino.
Beh, per ora e
tutto!
Un bacio e
buona lettura.
Ritornare
ad amare
1°: Freddo
La pioggia
scendeva lenta e inesorabile sui vetri di una finestra di un bellissimo
appartamento.
Il suo abitante
era seduto su di una poltrona accanto ad un caminetto oramai spento,
rendendo il luogo freddo e inospitale. Infondo a lui questo non
importava. Il freddo era divenuto suo amico. Alleato.
Ogni tanto
guardava delle foto, mentre portava alle labbra un bicchiere colmo di
whisky.
In quelle foto
vi era lui in compagnia di una donna. Erano felici, infatti, poteva
vedere i loro visi contenti davanti alla macchina fotografica.
Posò il
bicchiere su di un tavolino lì accanto, e cominciò ad accarezzare la
superficie liscia di quell’immagine.
Due
anni…sono trascorsi due anni d’allora. Da quando, tu mi hai lasciato
solo in questo mondo. Ora cosa mi resta? Nulla…un vuoto che mai potrà
colmarsi.
Si alzò dalla
poltrona facendo cadere a terra le foto. Le guardò poggiarsi sul gelido
pavimento. Digrignò i denti e con impeto di rabbia riprese il suo
bicchiere e bevve l’ultimo resto di quel liquido giallognolo. Un sapore
aspro e bruciante per lenire quel dolore.
Quel dolore
lento e soffocante che non gli dava tregua.
Finito di bere
si voltò e notò che la bottiglia, posta su quel tavolino, era ormai
vuota. Con passo deciso si diresse verso il mobile bar per prenderne
una nuova, quando il telefono squillò. Lui si voltò e lo guardò con
indifferenza. Ora aveva qualcos’altro a cui pensare.
Lo lasciò
squillare per un po’, quando la segreteria partì. La voce che sentì era
quella di una persona che ben conosceva. Una smorfia di disgusto. Ecco
cosa provava in quel momento sentendo quella voce.
[
Sesshoumaru, sono io, Inu Yasha…ti ho chiamato per sapere come stavi.
Io e Kagome siamo preoccupati. Sono svariati giorni che non ti fai
sentire…]
Lui ascoltava,
mentre riempiva il suo bicchiere.
Lasciatemi
in pace! Basta con questa stupida facciata buonista di pura ipocrisia!
Voi non capite il mio dolore!
[E
poi ti volevo dire… beh, che non manca molto al Natale e non voglio che
il mio unico fratello…]
Fratellastro. Puntualizzò
mentalmente, mentre beveva un altro sorso.
[Lo
trascorra da solo…ti prego Sesshoumaru alza quella dannata cornetta! So
che sei in casa a bere!]
Natale,
la festa solo degli schiocchi come te.
Si avvicinò al
telefono alzò la cornetta e gli urlò.
-Lasciami in
pace!-.
E sbatté la
cornetta, lasciando la persona dall’altra parte arrabbiata e offesa.
***
Infatti, Inu
Yasha restò qualche secondo con il ricevitore in mano.
Era senza
parole, ma la rabbia prese il sopravvento. Strinse la cornetta e la
mise giù.
-Lo sapevo che
andava così! Stupido testone!-.
Kagome si
avvicinò a lui e mise una mano sulla spalla. Doveva calmarlo.
-Su, Inu Yasha
non fare così, vedrai che cambierà idea-.
Poggiò il viso
sulla sua spalla. Comprendeva il dolore di Sesshoumaru, ma anche il
rammarico del suo uomo.
-Ne dubito
fortemente!-.
Disse buffando
Inu Yasha, mentre si allontanava da Kagome e si dirigeva in salotto.
-Era meglio che
non lo invitavo per trascorrere il Natale con noi, si merita di restare
solo!-.
-Inu Yasha!-.
Urlò Kagome
raggiungendolo. Non poteva credere a ciò che aveva sentito. Quella
frase l’aveva ferita. Lo afferrò per un braccio costringendolo a
guardarla dritta negli occhi.
-Spero che tu
stia scherzando!-.
Gli disse piena
di rabbia. Inu Yasha la guardò negli occhi. In quei splenditi occhi
nocciola dolci e gentili, che adesso lanciavano lampi di rabbia.
Sospirò consapevole che avrebbe perso, infatti le disse.
-Perdonami, ma
non riesco a capire il suo comportamento. Ormai sono trascorsi due anni
dalla morte di Kagura e lui continua a stare chiuso in se stesso. Io
desidero aiutarlo, ma non vuole-.
Kagome poggiò
il capo sul suo petto. Era triste per quella situazione così
annichilente. Sentiva le lacrime prepotenti pizzicarle gli occhi, ma
s’impose di non piangere.
-Sai quando si
ama una persona difficilmente riesci a dimenticarla. Siamo entrambi
consapevoli che sono trascorsi due anni, ma per Sesshoumaru no!
Per lui sembrano passate solo poche ore. Dobbiamo dargli il tempo
necessario per guarire le ferite. L’unica cosa che possiamo fare e
quello di restargli accanto e di non lasciarlo solo-.
Aveva ragione.
Tremendamente ragione. Infatti, Inu Yasha la abbracciò con dolcezza e
le disse.
-Hai
ragione…dannazione hai sempre ragione! Che cosa sarebbe di me senza di
te?-.
Lei rise
sentendo quella frase e gli disse.
-Beh, di sicuro
saresti morto di fame…su ora andiamo a mangiare, stupido testone-.
Si staccò e lo
prese per un orecchio, facendolo gridare dal dolore.
-Kagome ti
prego lasciami l’orecchio, se me lo tiri così me lo stacchi…ahi…-.
Lei rideva di
gusto, intanto si dirigevano in cucina, dove vi era in tavola una
cenetta fumante. Ma d’un tratto lui prese il polso di quella mano che
lo torturava, e con velocità avvicinò il suo viso al suo.
-Adesso mi
voglio vendicare-.
Sibilò.
Lei guardò
maliziosa e sorridendo gli domandò.
-E come?-.
-Così-.
Lui la baciò
con passione, lasciandola senza fiato. Infatti, quando si staccarono.
-Ti piace la
mia vendetta?-.
-Certo che mi
piace, ma adesso andiamo in tavola se no, tutto si fredda-.
Così la dolce
coppietta si diresse verso la cucina a consumare la cena.
***
Si sentiva
ancora furioso nei confronti di suo fratello, con rabbia staccò la
presa del telefono e lo scaraventò a terra.
Un rumore di
plastica rotta si diffuse per la stanza.
Così
non scocceranno più…mi lasceranno in pace finalmente, voglio restare
solo…solo nel mio dolore.
Si diresse
verso il mobile bar, prese la bottiglia e si diresse nel suo studio.
Poggiò la
bottiglia sulla scrivania, accese il computer e si sedette alla
poltroncina. Doveva distrarre la mente con il lavoro. Questo doveva
fare, però una sua foto era lì, che lo guardava sorridente.
La prese e la
guardò per svariati minuti e poi veloce la ficcò in un cassetto della
scrivania.
Basta!
Non devo più pensare a te, anche se…anche se non ci riesco, ma lo devo
fare.
Intanto il
computer era pronto, lui prese la bottiglia e versò un po’ del suo
contenuto nel bicchiere.
Adesso devo
concentrarmi nel lavoro.
***
La musica
rimbombava nelle orecchie di una ragazza bruna, mentre era intenta a
sottolineare alcune frasi su di un libro. Di tanto in tanto
canticchiava spezzoni di frasi della canzone, ma non si era resa conto
che una persona la guardava sull’uscio della porta della sua camera.
Ma
come cavolo fa a studiare con quella musica, che ti rimbambisce e
basta! È un vero mistero!
Leggermente
furioso si avvicinò alla presa dello stereo e la staccò. In quel
momento la ragazza un po’ infastidita disse, senza voltarsi.
-E adesso che
gli prende a questo dannato aggeggio!-.
-Che gli
prende? Rin è possibile che debba venirti ogni volta a chiamare per
scendere a mangiare!-.
La ragazza
sobbalzò e si voltò. Vide che a parlare era stato suo fratello maggiore
che la guardava un po’ infastidito.
-Ciao Naraku, è
già ora di cena, ma come? Erano appena le tre due minuti fa e già
sono…-.
Prese il
proprio orologio poggiato sulla scrivania e vide ch’erano.
-Le otto di
sera!-.
Schizzò subito
in piedi, facendo cadere a terra la sedia.
Cavolo
avevo promesso a Kikyo che l’avrei aiutata con la cena, chissà come
sarà furiosa adesso.
-Se stai
pensando a Kikyo, lei non è arrabbiata, oramai non fa più caso a te e
alla tua testa tra le nuvole…piuttosto scendi subito giù, la cena è
pronta da più di cinque minuti-.
Disse Naraku,
ma poi il suo sguardo fu attratto dal libro della sorella, lo prese e
lesse il titolo.
Totem e tabù,
di Sigmund Freud.
-Ma sorellina
tu non studi storia moderna? E questo che c’entra con tuoi studi?-.
Domandò un po’
stranito il fratello ma Rin sorrise e riprese il libro per riporlo
nella sua libreria, un po’ disordinata. Ma infondo per lei era
ordinaria amministrazione.
-Certo che
studio storia moderna, ma vedi tra un mese c’è la sessione invernale,
dove sosterrò l’esame di antropologia religiosa, questo dolce
librettino mi serve per quell’esame-.
Rispose un po’
gonfiando il petto. Adorava studiare quella materia così arcana in
alcuni punti. Religioni e usanze strane di paesi a lei sconosciuti.
-Alla faccia
del librettino-.
Disse
sarcastico Naraku. Infatti, il librettino, come l’aveva definito lei,
era molto voluminoso.
-Beh, bando
alle ciance! Scendiamo giù, se no, davvero Kikyo si arrabbia e non mi
piace quando lo è-.
Disse
rabbrividendo il fratello. Infatti, sua moglie era dolce e
gentile, ma quando si arrabbiava, diveniva una vera furia.
-Sì, hai
ragione fratellone l’ultima volta che si è arrabbiata ti ha tirato
dietro un vaso-.
Ridacchiò.
-Certo che ha
un’ottima mira ti ha preso in pieno viso-.
Disse Rin
continuando a ridere. Ricordare quella scena le metteva sempre
allegria, cosa che non piaceva per niente a suo fratello, che la
fulminò con lo sguardo.
Scosse il capo.
Sua sorella non sarebbe cambiata mai. Sospirò e scese di sotto seguita
a ruota da lei, dove si sarebbe consumata una ottima cena nel calore
famigliare.
Ma Rin non
sospettava che Babbo Natale le avrebbe portato un bellissimo regalo, un
amore…
Continua…
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