Guardò
la macchinetta con un misto di disinteresse e disgusto. Odiava quegli
affari mangia soldi e odiava chi si faceva mangiare i soldi, ma non
poteva farci niente, se non approfittarne.
Si guardò intorno, tirò meglio il cappuccio sulla
testa e si sedette davanti ad una slot elettronica. Infilò
la moneta legata ad un cordoncino e il macchinario partì. La
tirò via con un gesto brusco, rinfilandosela in tasca e
portò le mani sui tasti, ma non le mosse, anzi,
iniziò a parlare. Parlare una lingua sconosciuta, assente,
spaesata. Una cantilena silenziosa che solo i più vicini
avrebbero potuto sentire.
La macchina traballò un po', sfolgorò e
iniziò a sputare monete dallo sportello delle vincite.
Prontamente le raccolse nello zainetto che si portava dietro, lo
richiuse e se lo caricò sulle spalle come se niente fosse.
Uscì tranquillamente dal bar, ignorando il rumore che si
propagava alle sue spalle.
« E così hai fatto i tuoi duecento euro
giornalieri, vero?» domandò una voce dietro di
lei« Come ti fai chiamare adesso? José?
Julian?».
« Non sono affari tuoi.» rispose di rimando
incamminandosi.
« Fa niente, per me sarai sempre Jeanne.» la
raggiunse in un lampo sbarrandole la strada, ma lei non si scompose,
come se quel nanerottolo vestito di grigio e dall'immane fetore di uova
marce fosse solo una vecchia conoscenza« Oh, hai messo
qualcosa di più femminile questa volta.».
« Parigi fa strani effetti.» alzò le
spalle« Se vuoi informazioni ho già detto che a te
non ne vendo nemmeno se mi regali metà del Libro.».
« E se io ti proponessi di usarlo tutto assieme?»
allungò leggermente la mano.
La ragazza alzò un sopracciglio interrogativa, poi
scoppiò a ridere prima di tornare seria:« Non sono
più la ragazzina che pendeva dalle tue labbra, non mi freghi
e non ti vendo informazioni.».
« Io ci ho provato, a questo punto te le prenderò
con la forza.» mosse le dita lanciando un fumo giallognolo ai
piedi della ragazza, sciogliendo l'asfalto e, apparentemente,
incollandole le suole al catrame« È stato anche
facile, direi.».
« Infatti.» saltò sfilandosi le scarpe e
gli assesto un calcio in faccia« Peccato che tu sia sempre
stato un po' carente negli scontri corpo a corpo. E io questo lo
so.».
L'uomo si riprese dalla botta massaggiandosi il naso, poi mosse
nuovamente le dita e il fumo giallognolo e sulfureo si
scagliò sulla ragazza che per tutta risposta si
passò la mano davanti creando un muro di nebbia blu che
andò in fiamme in contatto con l'altro. Un puzzo di capelli
bruciati si sparse per tutta l'area.
« Temevo avessi smesso con la magia.» rise
l'uomo« In fondo non l'hai mai sopportata.».
« È scienza, non è magia.»
rispose lei seria« E io sono una donna di scienza, se ricordi
bene.».
« Non ricominciare con la storia che sei un'alchimista... non
hai mai preso una fialetta in mano quando vivevamo ancora
assieme.» lanciò una nuova zaffata che lei
schivò in una capriola in aria.
« Io NON sono un
alchimista!» ringhiò di rimando, la calma che
l'aveva caratterizzata fino a quel momento la stava
abbandonando« Sono uno scienziato, uno storico, un medico, ma
non sarò mai un alchimista.».
« Chi so io la penserebbe diversamente, anche sul tuo uso del
maschile.» alzò le spalle l'uomo« Ma
potresti sempre dirmi quello che voglio sapere e gliela faresti
pagare.».
« Mai!» gridò. L'aria intorno a lei si
fece rovente mentre ciò che rimaneva del fumo giallognolo
andava in fiamme azzurre e l'odore veniva coperto dai capelli
bruciati« La mia vendetta sarà solamente mia e
colpirà anche te, John Dee.».
Con un salto raggiunse un cornicione e iniziò a salire
raggiungendo rapidamente il tetto e sparendo alla vista dell'uomo. Non
perse tempo ed iniziò a correre verso est, ignorando le
punte dei capelli nocciola ormai al vento che si tingevano di nero
bruciato.
*******
Il
dottor John Dee la guardò salire agile senza provare a
fermarla. Sapeva da anni che poteva essere inutile e che comunque
l'avrebbe trovata di nuovo. Difficile che stesse in un posto per
più di due giorni, difficile che non si cacciasse nei guai o
non attirasse l'attenzione.
Inalò un'ultima volta il profumo soave che si spandeva
nell'aria, poi salì nella limousine nera e iniziò
a smanettare con la radio.
« A tous les
unité, fuite de gas à le 121 du Rue Bagar.»
disse la voce negli altoparlanti« Peut être an attentat.
Personne pas identifiée sur le toit direct à est.».
Dee si fece pensieroso. Cosa c'era a est di lì? Il cimitero,
un albergo da due soldi, un ponte sotto cui dormire. No, ci doveva
essere qualcosa di più e sapeva con certezza che non
potevano essere i Flamel, le sue spie in giro per la città
lo avevano accertato, senza contare che nessun assassino si sarebbe
divertito a giocare con l'energia di una futile slot machine prima di
compiere il suo omicidio, soprattutto se quell'assassino si chiamava
Jeanne.
E non era nemmeno del tutto sbagliato, aveva imparato da lui.
Si batté il pugno sulla mano, colto da un improvviso lampo
di genio.
« Direzione aeroporto.» dichiarò
all'autista che partì subito« Come previsto vuole
lasciare la Francia proprio oggi, e io so per cercare chi.».
*******
Prima
di scendere annusò l'aria.
Niente uova marce, dunque via libera.
Scese con un balzo, calandosi lungo i condotti delle grondaie e
balzando dall'altra parte della strada con brevissima sosta su un auto
parcheggiata. Si guardò un attimo alle spalle, poi
entrò, direzione biglietteria.
« Un pour San
Francisco, s'il vous plais.» disse estraendo un
portafoglio maschile e una carta di credito« Premier class.».
« Oui,
madame. Nom et prenom.» disse la commessa non
troppo sorpresa.
« Jeanne.» rispose« Jeanne
Dee.».
|