*FanFiction
partecipante alla challenge
"This wolud be Love" indetta dal Forum FairyPiece –
fanfiction&images*
In
The End
La
nube minacciosa si staglia pesante nel cielo.
Le
stelle non compariranno stanotte.
Non
c'è più tempo.
Il
futuro non è più un mistero.
Se
il mondo dovesse morire oggi, chi vorresti al tuo fianco nell'ultimo
istante di
vita?
L' Amore
Coraggioso merita sempre una speranza.
Tokyo,
ore 07:26 am
“…rie
notizie confermano l’effettivo pericolo: la nostra Terra va
incontro alla
minaccia più grande che abbia mai dovuto affrontare!
La
collisione con il meteorite EJ-675 è cosa certa ed
avverrà oggi alle 11 pm, ora
di Tokyo!
Gli
scienziati hanno stabilito che l’urto avverrà
nell’Oceano Indiano, ad una
latitudine sud di -18,76 gradi ed avrà approssimativamente
un diametro di 6.000
chilometri.
Secondo
gli studiosi, i danni che la nostra Terra riporterà
segneranno la completa
estinzione della vita su questo pianeta!
Ce-cercheremo
di… di mantenere le telecomunicazioni attive…
fino all’ultimo minuto, per
assicurarvi aggiornamenti e dispensare raccomandazioni!
La
NASA, la RKA e ogni singolo governante di ogni nazione mondiale, stanno
facendo
del loro meglio per assicurare l’ordine e tentare
un’ultima controffensiva per
cercare di fermare l’avanzata sempre più prossima
del meteorite...
no-nonostante i fallimenti delle ultime settimane.
Vi
invitiamo alla calma.
Per
quanto riguarda il popolo giapponese, la polizia continuerà
il proprio lavoro
pattugliando ogni strada della nazione, per tutta la giornata odierna.
Non
saranno concesse scontistiche: qualunque persona causi danni a uomini,
animali,
proprietà private o pubbliche, verrà punito come
stabilito dalla legge.
Vi
terremo aggiornati ora per ora e vi consigliamo di trascorrere questo
tempo con
le vostre famiglie.
Chi
non dovesse av…”
Con un
gesto secco Sanji spese il televisore, interrompendo lo
sproloquio della cronista e annullando l'unica fonte di luce nella
stanza oltre
a quella flebile del mattino che proveniva dalla finestra senza tende
del suo
appartamento. Si alzò con calma dal divano e
gettò noncurante il telecomando
nel cestino.
Con
movimenti lenti si passò le mani sul viso stanco, segnato da
profonde occhiaie, stiracchiando un po' gli arti indolenziti per la
prolungata
posa in cui li aveva costretti per ore. Non dormiva da giorni, quasi
non sapeva
più come si faceva, si sentiva esausto ed accaldato.
Sperò intensamente di non
avere la febbre, ci sarebbe mancata solo quella.
Sospirando
piano, si avvicinò alla finestra e guardò il
cielo
rossastro sopra di lui, segnato da nubi minacciose. Da giorni l'azzurro
che
ricordava non esisteva più e quel che era peggio, era che
non sarebbe mai più
tornato. Il rosso sangue la faceva da padrone, illuminando tutta la
stanza e
rendendola tetra e spaventosa come non avrebbe mai creduto di vedere
casa sua.
La palla
infuocata sopra di loro, altresì detta meteorite
maledetto, si era avvicinata durante la notte, era diventata delle
stesse
dimensioni di una pallina da golf e per un fugace folle attimo Sanji
pensò che
se lo fosse stata davvero sarebbe bastato dargli un calcio poderoso e
ben
direzionato, per eliminare il pericolo dalle loro vite. Ma non era
così
semplice.
Si
appoggiò al vetro con la fronte, cercando un sollievo
inesistente, riflettendo ancora per la miliardesima volta, tentando di
trovare
una soluzione pazza, una risposta alternativa, una qualche via di fuga.
Niente.
Non
poteva fare niente. Non esisteva alcuna speranza.
Con la
testa sempre ancorata al vetro, voltò le spalle al cielo
tempestoso chiudendo gli occhi.
Era
rassegnato, erano tutti rassegnati.
Si sapeva
da settimane che la Terra era ormai prossima al
collasso. Non voleva nemmeno pensare a come l'intero genere umano
stesse
affrontando la cosa, gli bastava aver visto la sua città
impazzire
completamente negli ultimi giorni.
Sanji
aveva giurato a sé stesso di mantenere la calma e la
compostezza
fino all'ultimo istante, soprattutto per lei, per
non farla agitare più
del dovuto, ma ora che mancava così poco, il terrore e
l'angoscia si facevano
strada sempre di più in lui, divorandolo ora dopo ora,
minuto dopo minuto.
Rimanere
impotenti mentre tutto quello che amavi stava per
essere spazzato via, faceva male, troppo male. Era un dolore che non si
poteva
quantificare.
Una
rabbiosa rassegnazione che ti faceva tremare di paura e
dalla quale non potevi fuggire.
La
speranza dei primi giorni si era via via affievolita,
lasciando spazio ad una amara e bruciante sensazione di sconfitta.
Il loro
mondo, così come lo conoscevano, aveva le ore contate.
Entro mezzanotte Giappone, Australia e Sud America sarebbero spariti e
nell'arco delle ore successive sarebbe toccato agli altri.
Batté
con forza un pugno contro il muro ferendosi la mano, in un
fugace momento di rabbia che si attenuò subito. Tanto a cosa
sarebbe servito
arrabbiarsi?
Stava per
morire. Sarebbe morta lei, sarebbe morto lui,
sarebbero morti tutti.
Non c'era
più tempo, ma insieme dovevano fare tante cose ancora!
Scegliere
un nome, comprare una casa, sposarsi, diventare una
famiglia...
Questo
era quello che faceva più male. Sapere che avrebbero
potuto esserlo, sapere che mancava così poco! C'erano quasi,
dannazione! La
loro completa felicità avrebbero potuto quasi toccarla!
Mancava così poco!
Ed invece
non l'avrebbero mai visto, mai sentito la sua voce, il
suo pianto, la sua risata...
Non
l'avrebbero mai guardato commossi fare i suoi primi passi,
mangiare da solo, giocare...
Non gli
avrebbero mai insegnato ad andare in bicicletta o
aiutato a fare i compiti, consigliato durante la prima delusione
d'amore...
Non
avrebbero mai saputo che cosa si prova.
“Sanji...?”
La voce
flebile di Viola lo ridestò di colpo, facendogli
sbarrare gli occhi per focalizzarli su di lei.
La sua
fidanzata, l'amore della sua vita, era entrata
silenziosamente nella stanza ed ora si mordeva le labbra furiosamente,
nel
tentativo di trattenere gli spasmi di dolore che le scuotevano il corpo
e
cercava al contempo di mantenersi in piedi reggendosi fermamente allo
stipite
della porta con una mano, mentre con l'altra stringeva forte la
vestaglia che
nascondeva il pancione ormai a termine.
Sanji le
si fece immediatamente accanto guardandola con evidente
terrore negli occhi.
Viola si
appoggiò completamente a lui, cercando conforto.
L'espressione affranta che aveva gli gelò il sangue nelle
vene, facendolo
impallidire più di quanto non fosse già.
“Credo
che ci siamo...” mormorò, cercando di trattenere
una
nuova smorfia di dolore e angoscia.
Sanji
serrò gli occhi nascondendo la sua rabbia, stringendola a
sé, suo malgrado emozionato ma con il cuore in tumulto,
prendendola poi in
braccio per portarla rapidamente all'auto.
Viola era
già fortemente provata, non doveva vedere la sua anima
dilaniata, non doveva sapere delle sue paure, lui doveva essere coraggioso,
doveva combattere stoicamente il problema.
Avrebbe
affrontato ogni cosa perché per lei, per loro,
non avrebbe mai smesso di lottare, anche se una parte di lui non
riusciva a
smettere di soffrire.
Il giorno
più bello della loro vita, sarebbe stato anche il
più
brutto.
Chi
non ha mai desiderato un Amore che è Per Sempre?
Osaka,
ore 03:48 pm
“Ne
sei sicuro?”
Rufy si
girò di scatto, guardando sorpreso la donna che aveva al
suo fianco.
Di rado
Nico Robin quando parlava usava un tono di voce così
incerto e ansioso.
Solitamente
era una brava oratrice, calma, posata, pronunciava
frasi concise e ben congegnate. Non straparlava, né perdeva
le staffe senza
motivo e le sue domande erano sempre quelle precise ed elaborate di una
persona
che sa di possedere già una vasta conoscenza dalla sua, ma
che non si pone
limiti nell'arricchimento del proprio bagaglio culturale. Eppure in
quel
momento, quella domanda, quel dubbio espresso con quel tono e in quella
situazione, non era affatto una cosa ponderata. Quel terrore puro
mascherato da
normale richiesta avrebbe potuto passare inosservato ad un orecchio
inesperto,
ma non a lui.
Rufy non
era un idiota, seppur i suoi precedenti trascorsi lo
avessero spesso etichettato come tale, e poteva vantare di conoscere
quella
donna come le sue tasche, o forse anche meglio.
Per
quanto cercasse di nasconderlo, Robin, la sua Robin, aveva
paura e lui lo sapeva, come sapeva che non sarebbero bastati i suoi
occhi o il
suo abbraccio a rassicurarla quella volta.
Robin
avrebbe voluto disperatamente vivere, avere una vita
normale insieme, e lui non era riuscito a farsi venire in mente nulla
di meglio
per aiutarla a realizzare almeno in parte i suoi desideri, dell'idea
esposta
quella mattina, quando il loro ultimo barlume di speranza se n'era
andato
insieme alla ricezione del satellite.
La
situazione non era delle migliori, doveva ammetterlo, ma
davvero lei credeva che proprio ora c'avrebbe ripensato, che l'avrebbe
abbandonata?
In tanti
anni insieme avevano affrontato ogni tipo di ostacolo
alla loro relazione... La differenza di età era stato il
problema maggiore,
malvisto fin dall'inizio dalla società e da entrambe le loro
famiglie. Poi, il
trasferimento di Robin per lavoro e la sua impossibilità a
seguirla per poter
terminare gli studi, i loro caratteri diametralmente opposti, la sua
natura
sociale che spesso cozzava con il desiderio di lei di una serata
tranquilla a
leggere sul divano, gli interessi sempre contrari, pochissimi punti in
comune...
In tutti
quegli anni c'erano state moltissime occasioni per
porre fine a quella storia troppo strana e complicata, forse fin
troppe. I
motivi per lasciarsi erano infiniti e purtroppo tutti perfettamente
ragionevoli, se non fosse stato impossibile per entrambi riuscire a
stare l'uno
lontano dall'altra.
Rufy non
riusciva a spiegarselo, ma sapeva che non sarebbe
potuto stare senza di lei. Robin era il suo esatto contrario e questo,
invece
di dividerli, li faceva combaciare a meraviglia come due pezzi di un
puzzle,
rendendo vani tutti i tentativi del destino di dividerli.
Lei era
l'unica cosa che riuscisse davvero a renderlo felice, e
voleva con tutto il cuore restituirle almeno un po' di quella
felicità che lei
gli donava senza riserve ogni giorno da una vita.
Il loro
mondo era finito ormai, nessuno pregava più in un
salvataggio estremo.
La loro
città, la loro casa, la loro vita, sarebbe stata
cancellata quella notte ma Rufy non voleva andarsene senza aver prima
dimostrato alla sua donna che c'era ancora qualcosa per cui valeva la
pena
continuare a sorridere, anche in un momento come quello.
Rufy
guardò dritto in fronte a sé dove l'uomo vestito
di bianco
li aspettava, sereno.
Con la
coda dell'occhio vide Brook terminare di accordare il
violino e, poco dietro di lui, avvertì la stoica presenza di
Usop, l'amico di
una vita, sudare freddo per l'emozione e la paura, deciso a rimanere
comunque
al suo posto e a mantenere la promessa fatta.
C'era un
qualcosa di tremendamente definitivo che aleggiava
sopra tutti loro e non era una sensazione piacevole.
Non
dovevano andare così le cose.
Rufy
sapeva bene che sarebbe stato tutto diverso se non avessero
avuto una minaccia allarmante che incombeva sulle loro teste.
Probabilmente
ci avrebbe messo molto più tempo per trovare il
posto giusto, più cura nei dettagli e avrebbero definito
insieme tutti i
particolari.
L'avrebbe
portata a cena fuori, magari a mangiare il pesce in
quel ristorantino sul mare che le piaceva tanto, avrebbe cercato di
trattenersi
evitando di abbuffarsi come al solito e le avrebbe comprato anche dei
fiori.
Poi, dopo aver fatto una passeggiata sulla spiaggia, l'avrebbe fatta
rimanere
in piedi mettendosi teatralmente in ginocchio davanti a lei, come Nami
gli
aveva insegnato, e le avrebbe donato l'anello più bello
concesso alle sue
tasche. Le avrebbe detto di essere innamorato perso di lei fin dalla
prima
volta in cui l'aveva vista e si sarebbero baciati sotto le stelle,
ridendo
emozionati di cominciare una vita per sempre insieme. E ci sarebbe
stato tanto
tempo, tantissimo tempo ancora, per fare tanti progetti e tante cose.
Rufy
tornò a guardare la sua donna sorridendole mesto, ma Robin
continuava ad evitare il suo sguardo, per qualche motivo timorosa della
sua
risposta, terrorizzata di vederlo scomparire, ma allo stesso tempo
disposta a
dargli un'ultima chance per ripensarci, per valutare bene le
conseguenze delle
sue azioni. Ma Rufy non aveva alcuna intenzione di tirarsi indietro.
Di tempo
da trascorrere insieme non ne avrebbero avuto più e lui
voleva che fossero uniti per sempre, di fronte ai Kami e a quel mondo
che li
avrebbe presto spazzati via.
Non lo
voleva per se stesso, no, e nemmeno per dimostrare
qualcosa. Lo faceva per lei, perché non riusciva ad
immaginare nulla di più
risolutivo per il loro amore, che passare gli ultimi istanti con Robin
tra le
braccia, uniti nel modo che lei sognava da sempre.
Le
alzò delicatamente il viso costringendola a guardarlo negli
occhi che si facevano via via più lucidi ed emozionati. Le
sorrise dolce,
baciandola a fior di labbra.
Se mai un
futuro fosse stato ancora possibile, su questa Terra o
in un'altra, di certo l'avrebbero trascorso insieme per sempre.
“Non
sono mai stato più sicuro in vita mia.”
E la
paura di morire divenne un ricordo, quando Robin sorrise
radiosa al suo sguardo innamorato e gli strinse forte la mano
avviandosi decisa
con lui verso il monaco, accompagnati dalle note vibranti di
un'angelica marcia
nuziale.
Un
Amore Inconfessato sarà sempre il
rimpianto peggiore.
Kyoto,
10:18 pm
Affannata,
toccò l'ultimo gradino del tempio che venne accolto
con notevole sollievo dai suoi polmoni in fiamme.
L'aria
intorno iniziava a farsi sempre più rarefatta ed
incandescente, purtroppo non soltanto per la corsa, ed il cielo
diventava via
via più rosso ad ogni ora, dipingendo sotto di sé
un panorama lugubre ed
inquietante che sembrava tinto nel sangue e le metteva i brividi.
Nami si
fermò in cima alla scalinata per riprendere fiato e
anche in quella situazione non poté impedirsi di sorridere
soddisfatta, quando
riuscì a distinguere davanti a sé una sagoma
dall'inconfondibile cranio verde
quasi del tutto inglobata dalla sinistra oscurità rossastra
che li circondava. L'aveva
trovato, era proprio lui quello a pochi passi da
lei, poggiato con i gomiti al parapetto del tempio, che osservava
pacatamente
la città sconfinata sotto di lui immersa nella follia.
Attorno
a loro non c'era anima viva, persino i
monaci avevano deciso di trascorrere il tempo che rimaneva da qualche
altra
parte, ma il silenzio non era assoluto come si era aspettata una volta
giunta
fin lassù. Anche se attutite dalla notevole distanza, Nami
sentiva ancora le
voci concitate e terrorizzate della gente per le strade, ma
le
ignorò seppur con una buona dose di pena.
In quei
giorni aveva davvero appurato quanto la razza umana non
fosse in grado di affrontare cataclismi come quello e capendo bene che
non lo
sarebbe nemmeno mai stata. Le persone avevano raggiunto livelli di
squallore
estremi senza riuscire a darsi pace accettando il proprio destino, e
lei era
stanca, correva da ore in mezzo ad una folla delirante, alle auto
incendiate,
alle case distrutte, dovendo stare attenta ad ogni sorta di pericolo,
oltre a
quello opprimente che incombeva sulle loro teste, ed aveva visto in un
solo
giorno più di quanto i suoi occhi avrebbero potuto
sopportare per riuscire ad
arrivare fino lassù, da lui. Da quel idiota muschiato che
non dava alcun segno
di essersi accorto del suo arrivo, assorto dai suoi pensieri come
sembrava e
Nami si ritrovò a
sospirare piano, guardandolo da
lontano.
Nemmeno
la sua famiglia sapeva dove trovare Zoro.
Era sparito in mattinata e aveva chiesto di non essere cercato, ma col
cavolo
che lei avrebbe lasciato correre i suoi sbalzi d'umore apocalittici!
Nell'arco
dell'ultima ora l'elettricità era venuta a mancare
completamente in tutto il
paese mandando irrimediabilmente in tilt la popolazione, più
di quanto non
fosse già, e solo la luce solare riusciva ancora a penetrare
attraverso lo
scudo di nubi rossastre che era diventato il cielo da qualche giorno a
quella
parte. Lei aveva dovuto correre per ore e con l'arrivo della notte le
sue
speranze di riuscire a trovarlo si erano affievolite sempre di
più, invece il
lampo di genio di venti minuti prima era stato rivelatore! Ce l'aveva
fatta,
non riusciva a credere di essere davvero riuscita a trovarlo prima che
fosse
troppo tardi! Oh, beh non era poi una cosa per cui stupirsi troppo in
effetti,
lo sapevano anche i sassi che Zoro amava venire al tempio quando voleva
allenarsi o semplicemente stare per conto suo. In realtà si
era sorpresa di non
averci pensato prima, avrebbe potuto risparmiarsi le due ore passate a
cercarlo
in ogni angolo della città!
Gonfiò
le guance indispettita a quel pensiero, togliendo
gli occhi dalla sua schiena senza però azzardarsi a fare un
passo verso di lui.
Ovviamente
era tutta colpa di Zoro se aveva sacrificato le
ultime ore della sua vita in quel modo idiota invece che passarle con
Nojiko e
Genzo come avrebbe dovuto!
Stava per
morire, tutti i suoi cari avevano le ore contate e lei
che faceva?? Andava a scandagliare tutta la città, sprecando
energie e tempo
prezioso, alla ricerca di qualcuno che aveva bellamente deciso di
diventare
uccel di bosco!
Perchè,
perché non se n'era rimasta a casa con la sua famiglia??
Perchè era voluta uscire a cercarlo quando aveva capito che
Zoro non avrebbe
mai risposto a tutti i suoi messaggi?? Perché si era sentita
spaccare il cuore
a metà quando aveva realizzato che non voleva farsi trovare
e di conseguenza
non l'avrebbe rivisto mai più??
Domande
retoriche purtroppo, lo sapeva benissimo il perché.
Per lo
stesso motivo per cui il cuore le era balzato nel petto
infinitamente sollevato ed euforico non appena aveva inquadrato la sua
figura
nell'ombra.
Sorrise
amaramente stringendo i pugni.
Stavano
per morire, che senso aveva arrabbiarsi? Cercare una
scusa per litigare anche quella notte solo per fingere con
sé stessa di contare
qualcosa per lui, almeno come amica. Non sarebbe servito a nulla, aveva
già
ampiamente dimostrato quanto poco gli importasse di lei quando aveva
smesso di
rispondere ai suoi messaggi quella mattina.
Perché
continuava a darsi tanta pena per lui?
“Hai
intenzione di rimanere lì ferma ancora per molto?”
Immersa
nell'oscurità, Nami alzò lo sguardo di scatto
sorpresa.
La voce era arrivata forte e chiara alle sue orecchie e in un secondo
aveva
realizzato che non proveniva dalla città sotto di loro. Zoro
non le dava più le
spalle e la stava fissando con le sopracciglia corrugate da
chissà quanto
tempo.
Arrossì
di botto come se l'avesse colta con le mani nel sacco.
Doveva immaginarselo, era troppo strano non si fosse accorto del suo
arrivo tra
il rumore dei tacchi delle scarpe e il suo fiatone per la corsa.
Scosse la
testa violentemente, ignorando la vocina fastidiosa
che le diceva di andarsene subito se non voleva trascorrere anche i
suoi ultimi
istanti con il cuore in agonia. Si fece invece coraggio ed
avanzò sicura e
decisa verso di lui, che non le staccava gli occhi di dosso. Il suo
viso non
mostrava alcun segno di sorpresa nel trovarla lì, come se
avesse sempre saputo
del suo arrivo, come se se lo aspettasse. Nami ritrovò un
briciolo di dignità e
si appoggiò al parapetto con gli avambracci unendo le mani,
non degnandolo più
di un'occhiata, ma osservando il desolante spettacolo sotto di
sé, cercando al
contempo di nascondere il battito frenetico che le causava la sua sola
vicinanza.
Zoro la
osservò assorto per qualche attimo, prima di imitarla e
poggiarsi nuovamente alla balaustra, a pochi centimetri da lei, lo
sguardo
sull'orizzonte infuocato.
L'aria
era opprimente e i respiri sempre più affannosi. La palla
di fuoco sopra di loro si avvicinava implacabile, incenerendo qualunque
cosa si
frapponesse tra lei e il suo obiettivo.
Non c'era
più molto tempo.
Nami si
passò una mano sul viso sudaticcio, sospirando piano
ormai esausta, il cuore stretto in una morsa ferrea di panico e
angoscia
soprattutto per la situazione orrenda in cui si era ritrovata. Ormai
non aveva
più energie né tempo per cercare un riparo
adeguato, ma non le importava e
nemmeno Zoro pareva preoccuparsene. Aveva avuto modo di salutare molte
delle persone
che contavano per lei e tanto le era bastato, iniziava ad accettare
quel
destino maledetto e non aveva più voglia di combattere
contro i mulini a vento
perché sapeva che non l'avrebbe aiutata.
La
presenza silenziosa di Zoro al suo fianco le dava il conforto
che cercava e al contempo le provocava dei tremiti fastidiosi che la
portavano
a desiderare di non averlo mai trovato e sperare piuttosto che fosse
lontano,
da qualche altra parte, magari in salvo. Era un'idea sciocca, sapeva
bene che
nessun angolo della Terra era sicuro al momento ma era difficile non
confidare
in qualcosa e lui era l'unico al quale non avrebbe mai voluto dire
addio.
C'erano
tante cose che avrebbe potuto dire ma la lingua era
bloccata, non trovava nulla di interessante da esprimere. In quella
situazione,
qualunque frase sarebbe risultata forzata. Nessuno si era mai sentito a
proprio
agio prima di morire. Puoi accettare la morte come libertà,
come fine della
sofferenza o pace dei sensi, ma non puoi vietare al cuore di provare
angoscia e
paura in quegli ultimi attimi e lei avrebbe solo voluto stringere Zoro
a sé,
piangere sulla sua spalla, sfogare tutta la rabbia, il dolore e il
rancore che
provava verso quel destino così ingiusto e crudele che stava
per abbattersi su
di loro. Avrebbe voluto dirgli che lo amava da anni, disperatamente,
che quando
litigavano era solo perché cercava la sua attenzione, che
adorava quando si
punzecchiavano ma che odiava quando la lingua parlava da sola e lo
offendeva
per davvero. Avrebbe voluto dirgli che quella volta non si era davvero
fatta
male al piede e che l'aveva obbligato a prenderla in braccio solo per
avere una
scusa per stargli vicino. Avrebbe voluto dirgli che era da sempre lei
l'anonima
ammiratrice che da anni metteva sul cofano della sua auto due
cioccolatini il
giorno di San Valentino. Avrebbe voluto dirgli che era stata tanto
gelosa di
Tashigi e che Law non aveva mai significato nulla per lei, che lo aveva
usato
solo perché incapace di dichiararsi a lui. Non ci avrebbe
fatto una bella figura
e ancora si sentiva in colpa per come lo aveva trattato, ma era la
verità.
Avrebbe
tanto voluto un futuro diverso, uno dove finalmente
prendeva coraggio e gli confessava quella verità che si
portava dentro da una
vita. Avrebbe voluto avere indietro quel tempo che dentro di
sé era convinta ci
sarebbe sempre stato, per dichiararsi e cercare di farlo innamorare di
sé.
C'erano
milioni di cose che avrebbe voluto dirgli prima di
morire, ma in quel momento nessuna sembrava abbastanza importante da
spezzare
il silenzio significativo che era calato su di loro.
Zoro,
invece, si schiarì la voce e lei rizzò lesta le
orecchie.
“Sanji
è riuscito ad avvertirmi prima del blackout... due ore fa
è nata la bambina.”
Nami gli
sorrise faticosamente, felice e sollevata che fosse stato
lui a rompere il silenzio e suo malgrado anche emozionata per i loro
amici.
“Come l'hanno chiamata?” chiese respirando piano.
Zoro
ghignò, asciugandosi delle gocce di sudore che correvano
lungo il suo viso. “Hope.”
Nami
abbozzò una risata isterica socchiudendo gli occhi.
“Molto
appropriato...” mormorò dolce. “Mentre
Rufy e Robin sono riusciti a
sposarsi...”
“Già.”
confermò lui con un solo respiro, lanciando un'occhiata
mesta al meteorite sempre più vicino che ormai illuminava il
cielo a giorno e
lanciava le prime saette di fuoco sulla superficie terrestre. Non si
sentiva
più una voce dalle strade, tutti troppo sconvolti per
proferire verbo,
attendevano la fine bloccati dal terrore. Mancava poco,
ormai...
Perché
non era mai riuscita a dirglielo? La paura era stata
davvero più forte del suo desiderio di felicità?
Nami lo
guardò di sottecchi. Quello sarebbe stato il momento
perfetto per dichiararsi, lanciare la bomba così, con
noncuranza, 'Ah, sai? Ti
ho sempre amato, ma tranquillo, ormai che ci vuoi fare?' per morire poi
subito
dopo senza dargli nemmeno il tempo di pensare ad una risposta da dare,
che in
ogni caso era certa sarebbe stata negativa, Zoro non amava nulla che
non
fossero i suoi allenamenti. Detestava un sacco di gente e voleva bene
ad un po'
di persone, ma l'amore non era cosa per lui, lo sapevano tutti.
La testa
le faceva male da morire ed aveva una gran voglia di
piangere, per sé, per lui, per Sanji e Viola, per Rufy, per
Robin, per Nojiko,
per suo padre... per i sogni che non avrebbe mai realizzato, per la
vita che
stava lasciando, per quella che si era immaginata, per quel futuro
strappato...
Con la
coda dell'occhio guardò l'orologio, mancavano dieci
minuti alle undici, l'ora X secondo il tg. Se fosse stato vero,
l'avrebbero
scoperto presto.
Il caldo
era insopportabile e il meteorite ormai grande poco più
di un pallone da calcio. La sua luce accecante le bruciava gli occhi,
ma non
riusciva a distogliere lo sguardo, paralizzata dal terrore e dalla
potenza
dell'universo. Senza rendersene conto si aggrappò tremante
ad un braccio di
Zoro, che non la respinse, anzi la strinse maggiormente a
sé, anche lui
incapace di levare gli occhi da quello spettacolo terrificante.
Stavano
per morire, tutto sarebbe finito quella notte.
Non era
riuscita a dichiararsi ma non se ne preoccupava più, era
felice di essere con lui, di aver potuto godere della sua presenza
almeno
un'ultima volta, le bastava, anche se un angolino del suo cuore si
angosciava
per quell'amore così caparbiamente portato avanti negli
anni, ma che sempre
sarebbe rimasto inconfessato.
Non
capì mai dove Zoro avesse trovato la forza per girarsi a
guardarla, lei ormai riusciva a stare in piedi solo perché
fermamente ancorata
a lui. Sarebbe sempre stata la sua roccia.
“Ti...
ti ricordi di quel portachiavi? Quello che ti ho regalato
per il tuo diciottesimo compleanno?” le chiese in un
sussurro, cercando di
mascherare la sofferenza che non riusciva più a nascondere.
Nami
batté gli occhi un paio di volte, stringendo istintivamente
nella mano libera il mazzo di chiavi che teneva nella tasca dei jeans,
al quale
anni prima aveva aggiunto come ninnolo un piccolo mandarino intagliato
nel
legno. Nami annuì lieve, ben sapendo di cosa parlasse, non
se n'era mai
separata.
Zoro si
schiarì la voce, un'espressione indecifrabile in viso.
“Ti avevo detto di averlo comprato in una bancarella
all'ultimo minuto, perché
mi ero scordato del tuo compleanno...”
Lei
annuì nuovamente, sentendo la pelle bruciare. “Me
lo
ricordo...” confermò, affannata.
Zoro
azzardò una risatina nervosa che la fece accigliare. La
guardò sorridendo piano, negli occhi una scintilla di
divertimento misto ad una
punta di sincero terrore. “Mentivo...”
mormorò semplicemente.
Dal cielo
giungevano saette incandescenti che incendiarono ben
presto alberi, case e moltissimi palazzi intorno a loro e Nami si
strinse
maggiormente a lui ormai del tutto terrorizzata. Faticava a respirare,
il vento
polveroso che si era alzato non le faceva vedere più nulla
al di là del cielo
in fiamme e del viso risoluto di Zoro ancora caparbiamente puntato su
di lei e
ben deciso a stringerla a sé fino alla fine.
Nami non
riusciva a capire! Dal calore e dalla luce che emanava
capiva che il meteorite sarebbe entrato in collisione con la Terra in
pochi
attimi e Zoro le parlava del suo vecchio portachiavi??
“Cosa
vuol dire che mentivi...?” gli chiese con affanno sempre
crescente, non del tutto certa di volere una risposta, ma cercando con
tutte le
sue forze di tenere la mente occupata in qualcosa che non fosse il
pensiero
della morte incombente.
Zoro le
strinse la mano della sua, non lasciando la presa sulla
balaustra, loro unico appiglio per non venir sopraffatti dal vento
impetuoso.
Rapido fece aderire completamente i loro corpi e unì le
fronti. “...Non l'avevo
comprato. L'avevo fatto io.” ammise in fretta, con una
semplicità disarmante.
Nami
socchiuse gli occhi, ormai quasi del tutto vinta dal calore
e dalle fitte alla testa. Se non fossero stati così vicini
non sarebbe mai
riuscita a sentire le sue parole, ormai. “Ma tu non sai
intagliare il legno...”
gli disse, cercando di mantenere vivo il contatto con la
realtà e beandosi di
quegli ultimi istanti stretta a lui. Non capiva dove volesse andare a
parare
con quella improvvisa rivelazione, ma si odiava per non aver mai avuto
il coraggio
di stringerlo così, prima di allora.
Lui
sospirò faticosamente. “Avevo voluto imparare...
per farti
una sorpresa... per farti un regalo significativo, ma... alla fine non
sono mai
riuscito a dirti... a dirti...” mormorò deglutendo
guardandola negli occhi, non
riuscendo a terminare la frase in mezzo a quel delirio di fuoco e vento.
Nami
tornò lucida per un istante, il cuore impazzito che batteva
furioso contro la cassa toracica.
Sgranò
gli occhi, incredula, capendo improvvisamente le implicazioni contenute
in
quelle poche parole.
Il fuoco
intorno bruciava inesorabilmente ogni cosa, ormai a
pochi passi da loro.
Lui le
restituì lo sguardo sorridendole, non lasciandosi
distrarre da altro che non fosse il suo viso, mentre con le ultime
forze le
accarezzava dolcemente una guancia dove raccolse un'unica piccola
lacrima di
felicità sfuggita al suo controllo.
Fu un
attimo.
Il cielo
e la terra si fusero in un frastuono assordante.
L'esplosione
distrusse ogni cosa, tutto venne spazzato via.
I sogni,
le speranze, gli amori cessarono, mantenendosi vivi
solo nell'aria.
E poi, fu
il buio.
Angolo
Autrice:
…......
…..........
…................
Buonasera
gente... se siete arrivati fin qui vuol dire che ce
l'avete fatta a sopportare anche questa mia immane e pessima
accozzaglia di
cose diverse....
Dovrei
andare a nascondermi dopo questa...............
Ma ho
adorato scriverla!! Davvero... faccio la dura ma sono una
tenerona infondo... infondo... molto infondo, perchè
sennò li avrei salvati in
qualche modo poi.... invece.... invece no!
Comunque
ho dei ringraziamenti importanti da fare!
Ringrazio
sentitamente:
1- Il
documentario 'se il sole dovesse morire' per aver fatto
venire la pelle d'oca anche al piumino.
2- Star
Wars e i suoi finali sospesi da depressione, pigiama e
cioccolata.
3- Fedez
e il suo singolo “Beautiful Disaster” per
l'ispirazione.
4- Il
film Indipendence Day, anch'esso per l'ispirazione
involontaria.
5- E
ovviamente i meravigliosi organizzatori di tale splendido
evento!!
Zomi e ___Page
E tutti i
fantastici partecipanti della Challenge!!
Sono
onorata di aver partecipato ad una così bella iniziativa!!
Un
bacione!!
Momo
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