Dovrebbero vietarmi di scrivere ff più lunghe di un
capitolo. Iniziando questa storia, io mi suicido. Come ogni opera ispirata (=
campata in aria) che si rispetti, mi si è rivelata nella sua unitarietà solo
alla fine. Cioè, dopo aver sbandierato ai quattro venti una storia di tre
capitoli, ne scriverò quattro, il cui titolo indica la scansione temporale,
mentre la collocazione segue l'ordine in cui li ho immaginati. I primi due
capitoli sono scritti al computer, il terzo è completo su carta, al quarto sto
lavorando. E' ragionevole pensare che riuscirò a completarla entro fine
luglio.
Per entrare in sintonia con le atmosfere
di questa storia, consiglio di tenere a mente ciò che l'ha ispirata,
cioè (in ordine cronologico / per capitolo): 1. Recitativo di Lascia ch’io
pianga (Rinaldo
, Haendel). A memoria (non fatemi cercare la parte -_-" che si
è dispersa in qualche borsa): “Armida dispietata, colla forza d’abisso, rapimmi al caro
ciel di miei contenti. E qui, con duolo eterno viva mi tieni
in tormentoso inferno. Signor, ah, per pietà, lasciami piangere.” da cui ho
tratto il titolo e il "la" di tutto. 2. L’aria di cui sopra,
ovviamente. Che ha enormemente partecipato alla creazione di uno dei
protagonisti di questa storia. 3. Tra voi belle (Manon
Lescaut, Puccini), Valzer di Musetta (La Boheme,
Puccini), Il bacio (Arditi), Selva opaca (Guglielmo
Tell, Rossini), che hanno modellato il secondo protagonista della
storia 4. Ogne pena cchiù spiatata (Lo
frate ’nnamorato, Pergolesi). Che è semplicemente bellissima (come le
altre, del resto) e ogni cinque minuti mi distraggo a cantarla, ma che si adatta
comunque allo stato d'animo di una povera scrittrice che si trova implicata in
un progetto del genere (in un momento in cui neanche ha tempo di fare la
pipì).
Avvertimenti:
Personaggi vittimistici come il primo protagonista mi stanno francamente
antipatici. Spero che ciò non trapeli. Alcuni accadimenti hanno radice
autobiografica (non ho potuto evitarlo. Probabilmente questa storia nasce più
dal bisogno di raccontare questi che per influenza di Heandel. Oddio. Questo
significa che il vittimista di cui sopra è la mia parte inconscia?!), ma spero
che ciò non mi abbia tolto la giusta lucidità e criticità.
Avvertimenti 2: Questa
storia ha meritato una valanga di commenti negativi (cioè, tra i pochi commenti
che ho ricevuto, la maggior parte erano tirate d'orecchie) su NA, dove ho
iniziato a pubblicarla. Allora, chi mi conosce da un po' di tempo sa che io ho
assoluto bisogno di una beta, non avendo, alla mia veneranda età, ancora risolto
i miei problemi di dislessia. Ma chi mi conosce sa anche che io faccio del
mio meglio per tenere a bada l'ortografia. Però ci sono delle cose su cui non
transigo e su cui non voglio essere rimproverata. Primo, "colla",
"collo", "col" valgono più della mia stessa vita. Non cederò su questo punto.
Secondo, lo stile è volutamente frammentario e la struttura stessa della storia
lo è (anche se la struttura è nata così, me volente o meno). NON riscriverò la
storia perché lo stile è brutto. Non sono una novellina e penso, mi rompo la
testa, su quello che scrivo.
Colla forza
d’abisso
Draco si aggrappò alla sbarra del letto,
contorcendosi, sfigurandosi come in preda ad un dolore assoluto. Sibilò tra i
denti, le labbra rivoltate all’infuori, il viso rosso, sudato,
stravolto. Tese tutto il corpo in un momento, il fiato gli sfuggì dalla gola
con un colpo, quasi un grido contratto. Poi iniziò ad ansimare pesantemente, le
mani gli tremavano tanto che la sbarra ormai era solo un appoggio. Harry si
alzò in ginocchio, respirando profondamente, la bocca sconcia e soddisfatta e
sporca di sperma. Draco impiegò qualche minuto a tornare in sé. Lasciò cadere
le braccia sul cuscino e lentamente si portò le mani alla fronte. Deglutì, cercò
di riprendere fiato. Piegò le ginocchia e chiuse le gambe tremanti.
Harry sedeva colle gambe distese ai piedi del
letto. Aveva le mani rilassate in grembo, non si toccava. Draco, tranne
quando facevano l’amore, preferiva non essere sfiorato, dopo l’orgasmo. Harry
si leccò senza pensarci le labbra. Quando lo faceva venire da dentro, invece,
Draco lo lasciava continuare, lo lasciava rimanere quanto voleva. Draco si
mise seduto sul bordo del letto e quando si sentì abbastanza saldo sulle gambe,
si alzò. Andò in bagno e lasciò le porte aperte. Harry vedeva uno scorcio del
suo corpo nudo e bianco fermo davanti al lavandino, mentre lui si rinfrescava il
viso e il collo.
Draco si appoggiò al lavandino, leggermente chino
in avanti, colla testa abbassata e rimase fermo così per quello che ad Harry
sembrò un tempo eterno. Si alzò dal letto e raggiunse la porta del bagno. Si
appoggiò allo stipite.
Draco stringeva gli occhi per un principio di mal
di testa. Sentiva sempre le tempie pulsargli, quando si alzava così di fretta
dopo essere venuto. Harry avrebbe preferito rimanere sdraiato con lui, ma non
pretendeva che lo facesse, come non pretendeva mai che lui lo facesse venire, in
quei momenti. Draco era sollevato da questo, perché sentiva l’insofferenza e
l’angoscia sempre pronte a scoppiare, quando lui e Harry facevano qualcosa di
diverso dallo scopare o dal dormire. Che Harry lo toccasse per qualcosa che
non fosse sesso, lo infastidiva. Lo sopportava solo lo stretto necessario perché
lui non si offendesse. Sentì lo scricchiolio del legno, quando lui si
appoggiò allo stipite della porta. Prese fiato, pronto a qualsiasi premura lui
avrebbe tirato fuori ora.
-Ehi… tutto bene?- mormorò
Draco strinse i bordi del lavandino.
Quell’idiota. -Lo sai… che non voglio che tu me lo chieda.- La voce di
Harry sembrò risentita. –E se per una volta mi rispondessi?- Draco sentì le
unghie graffiare la ceramica. Strinse la lingua tra i denti. Che voleva gli
rispondesse? ‘È da quando ho sedici anni che mi rovini la
vita?’ Deglutì la rabbia, respirò a fondo e cercò di
rilassarsi. Doveva stare attento, attento. Harry sapeva essere insistente, e
quella settimana avevano già litigato una volta. Harry si era passato le
mani sul viso “Draco, perché non mi parli?” esasperato stanco – Draco aveva
sentito la paura in gola aveva digrignato i denti – se Harry non avesse deciso
di lasciar cadere il discorso forse forse… Le sue spalle tremarono,
sentì il respiro bloccarsi in gola. Fu solo un momento. Sperò che Harry non gli
chiedesse nulla.
Harry si staccò dallo stipite sospirando. –Vieni
fuori.- gli disse. Draco si raddrizzò ed andò da lui. Sapeva di sbattere
troppe volte le palpebre, di muoversi un po’ troppo rigidamente. Le labbra di
Harry fecero una piccola smorfia insoddisfatta. Poi scosse la testa, lo prese
per le braccia e lo strinse a sé. Draco cercò di continuare a respirare
normalmente, mentre lui gli infilava le dita tra i capelli, gli annusava il
collo. Poi Harry iniziò a baciarlo, movendo le labbra e i denti sulla sua
pelle in quel modo che gli sembrava stare cercando il punto giusto dove
strappargli un brano di carne. Draco rabbrividì, sentì i peli drizzarsi.
Sospirò, tranquillo di nuovo. Harry gli sosteneva la guancia colla mano, era una
carezza dolcissima che però non gli dispiaceva più. Harry gli baciò l’angolo
della bocca. Draco socchiuse gli occhi. –Torniamo a letto…-
Draco salì a carponi sul letto. Si sistemò comodo
colla testa sul cuscino, la schiena inarcata e le gambe divaricate abbastanza da
faci stare quelle di Harry. Lui si sedette sul bordo del letto. Gli accarezzò
la schiena e le natiche con cerchi energici, manipolando la carne rilassata fino
ad arrossare la pelle. Draco chiuse gli occhi e aspettò pazientemente, mentre
lui gli allargava le natiche e fissava mordendosi le labbra i suoi muscoli
contrarsi lievemente per l’aria fredda. Non gli importava che Harry fosse
brusco o gentile, quando facevano sesso. Voleva solo che lo facesse godere,
godere fino fargli dimenticare di esistere, e il corpo di Harry sapeva benissimo
come strappare ogni filo logico nei suoi pensieri. Sospirò un fiato tremulo
quando lui appoggiò le labbra e gli fece sentire la lingua. Harry aveva
capito subito che l’unica cosa che riuscisse a dargli sollievo era il sesso,
anni fa, anche se continuava a insistere… insistere, insistere… Draco
gnaulò, perdendo coerenza mentre i suoi muscoli cedevano all’insistenza
della sua lingua e delle sue dita. Harry riusciva a dargli piacere come
se fosse nato per quello, Draco aveva cercato di opporsi, all’inizio, ma subito
aveva perso, era diventato pasta, era diventato nulla, un nulla pieno di piacere
e Harry lo continuava a riempire. Quando Harry non si ostinava a voler
parlare, qualsiasi cosa significasse per lui, Draco sentiva di
ritrovarsi nell’anfratto sicuro che aveva perso prima di poterne fare a meno.
Quando Harry lo possedeva, il mondo perdeva finalmente quella maschera troppo
colorata che lo trasformava in qualcosa che avrebbe dovuto (potuto?) essere
bello e smetteva di essere così invadente, dappertutto, smetteva di
essere, e Draco, allora, trovava il posto a cui appartenere. Anche
se (Harry gli strattonò i fianchi, Draco si spinse verso di lui, sentì il suo
glande morbido e scivoloso scorrere sue e giù sopra i suoi nervi sovreccitati,
sopra i suoi muscoli ormai impazienti) Si sentiva imprigionato,
soffocato (strinse i denti, -Dai, dai…- lo pregò, incrociò le braccia sotto
la fronte e cercò di intercettare i suoi movimenti, di infilarselo dentro mentre
lui continuava a muoverlo cosi e a) Quando Harry non c’era, o era arrabbiato
e non voleva fare sesso, o gli proponeva di uscire, o gli diceva che forse un
lavoro l’avrebbe distratto, o…, o… (ridere. Poi Harry gli strinse forte i
fianchi, lo immobilizzò. Si sistemò meglio tra i suoi polpacci, iniziò a
spingere. Scivolò via ancora una volta) Si sentiva soffocato da tutto e Harry
sembrava una buona via di fuga, ma anche lui era una catena, perché lui avrebbe
solo voluto andarsene via, via, via dal mondo, ma Harry erano ormai anni che lo
teneva legato a-- (Harry si alzò un poco. Spinse di nuovo la sua punta contro
i muscoli. Draco si aprì quanto poteva e questa volta lui iniziò ad
entrare) Legato a quel letto, (Draco si rilassò man mano lo sentiva
entrare, la sua voce vibrava roca e bassa nella sua bocca aperta.) Legato a
quello che più simile all’annullamento lui gli potesse dare.
Dopo un orgasmo come quello, Harry poteva fargli
tutto quello che voleva. Baciarlo senza motivo, abbracciarlo, coccolarlo… Draco
rimaneva intorpidito, formicolante, e ogni nuovo tocco era un piccolo brivido in
più. Harry ne approfittava sempre. Ora gli accarezzava i capelli, steso al
suo fianco, ammirando con dolcezza il suo viso rosso e rilassato. Draco
giaceva a pancia in giù sul letto, le braccia lungo i fianchi, verso l’alto, la
testa voltata verso il lato di Harry. Non prestava attenzione a nulla, nemmeno
al respiro che gli rimbombava nel petto. Harry si azzardò, perché era tanto
tempo che non glielo chiedeva. –Sei… felice?- Draco sembrò non sentirlo. Poi
sospirò e voltò la testa contro il materasso. Harry sentì la delusione rendergli
la bocca amara. Almeno gli rispondesse di no. Draco stava sempre
zitto. -Perché hai il bisogno di saperlo?- mormorò, e Harry fece fatica a
capirlo. Continuò ad accarezzargli le prime vertebre. –Vorrei che tu fossi
felice, con me.- Draco fece un verso ironico. –Lo sai che non è nelle mie
corde.- Harry gli accarezzava la colonna vertebrale, ogni osso, ogni
avvallamento. –Potrei fare qualcosa, se mi…- -Lo sai, lo sai, Harry. No.
Dipendesse da te... No.- -Se mi dicessi cosa ti serve per star bene…-
insistette. Draco sbuffò, scosse la testa. –Ti odio quando ti
ostini.- Harry gli strinse la coscia. -Ti odio quando ti comporti da stupido.
Vuoi che ti scopi e basta, che non mi impicci di come stai?- -Sì.- Harry
gli diede uno schiaffo sul sedere. Draco sussultò. Appoggiò gli avambracci sotto
il petto e si sollevò. -Beh, se non posso farti felice, ti farò godere.-
Harry lo disse quasi con cattiveria. Infilò la mano tra le sue natiche premendo
invadente le dita in mezzo alla sua carne umida. Draco si tese fino alle dita
dei piedi.
Harry era capace di farlo godere almeno quanto era
stato capace di farlo soffrire. Harry gli aveva offerto una via di fuga che in
realtà era un carcere. Harry era l’unico motivo per cui era ancora al
mondo. Ogni tanto Draco pensava che la prigionia potesse essere ancora più
dolce della libertà stessa.
Chinò la testa. –Scopami, Harry. Scopami e basta.-
mormorò. Lui lo fece girare, gli si sdraiò sopra. Draco chiuse gli occhi e
intrecciò i polpacci ai suoi. Cercò di sfuggire col viso ai suoi baci, perché
sentiva improvvisamente di essere rotto, di essere vicino alle lacrime. Ma Harry
gli fermò il volto colle mani e lo baciò. Draco gemette nella sua bocca
prepotente un gemito tremante come un singhiozzo.
Se Harry non lo avesse fatto sentire in colpa… già
tutto era così difficile: pensare di pesargli, di dargli dispiacere, di aver
bisogno di lui come un bambino, desiderare di finirla. Draco si sentiva così in
colpa pensando a quanto dolore gli avrebbe dato dicendoglielo. Allora “farsi
scopare e basta” diventava la panacea, diventava la dimenticanza. Il sesso,
che era il rimedio al suo dolore, lo era anche per quello che avrebbe fatto ad
Harry. Harry poteva illudersi che il loro rapporto fosse come lo desiderava,
mentre Draco lo stringeva e si eccitava e si apriva per lui. Anche se in realtà
non lo voleva fare, Harry lasciava che il piacere di Draco, che era vero, lo
illudesse. Però Harry avrebbe voluto che lui piangesse. Ogni tanto Draco
voleva piangere. Poi, chissà Harry cosa avrebbe
fatto.
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