ad
Londra,
2015
Frenesia, traffico, il
rumore della metro appena percettibile segnalato dalle vibrazioni del
terreno al suo passaggio. Venditori ambulanti di cibo, odore di
fritto, negozi gestiti da persone di diverse etnie, città
multicuclturale, aperta alle mode e ai cambiamenti.
“Londinium”, ecco
il suo primo, vero, nome.
Ma al tempo Gilbert
Victor
Lefevre non era ancora nato. Giovane, l'aspetto di un venticinquenne
al massimo, vestito di tutto punto in uno dei propri completi di
Armani scuro, come i capelli corvini lucidi al sole di quella serata
comune. Ossidiana in filamenti, osava definirli lui stesso, seppur
non suonasse poi molto moderno, così come il taglio e la
lunghezza
appena sopra le spalle. Tuttavia ogni cosa di lui pareva
impeccabilmentericonducibile a un nobile del novecento, cappello a
cilindro e bastone con pomello a forma di testa di leone, compresi.
Non era un caso che si
trovasse a Westminster, passeggiando per una delle strade con un
indirizzo ben preciso da raggiungere, una vecchia abitazione di
amici. Era stato invitato per prendere parte a una sorta di riunione
privata, sebbene a quanto aveva capito dai vari messaggi di fuoco
inviatigli da entrambi, sembrava che il Conclave fosse già a
conoscenza di ogni cosa.
Nulla di cui
sorprendersi,
insomma. Non era vissuto per ben centocinquantadue anni per
nulla.
Tuttavia la situazione
non
gli era del tutto chiara per come i due amici erano stati vaghi,
quindi non gli restava che raggiungere il luogo d'incontro e
ascoltare ciò che avrebbero avuto da dire.
Non impiegò
molto a
raggiungere l'abitazione, una delle tante della zona, da cui secondo
alcune angolazioni era possibile vedere anche il Big Ben, e una volta
saliti i pochi scalini presenti, un classico delle abitazioni
inglesi, suonò il campanello. Nulla di apparentemente strano
nella
zona o nell'edificio a schiera, con gli appartamenti uno appiccicato
all'altro, a formare una specie di alveare moderno, sebbene gli
edifici non lo fossero poi molto. Il problema non era tanto quanto
gli appartamenti fossero attacati l'uno all'altro, ma quanto li
avessero smatellati e ricostruiti all'interno. Nell'ultimo periodo
infatti era stato registrato un aumento della migrazione della
popolazione dalla campagna alla città e non solo in Gran
Bretagna.
Gilbert decisamente non era abituato tutto quel sovraffollamento.
Storse il naso
nell'attendere che qualcuno gli aprisse la porta, da cui poco dopo
fece capolino un'inserviente, con la classica divisa da cameriera,
tanto di grembiulino tipico dei film.
"Posso esserle
utile?"
fece lei, sorridendo amabilmente.
Se conosceva
abbastanza i
propri amici, gli sarebbe bastato un unico gesto. Per qualche
secondo, dopo essersi assicurato che l'edificio fosse isolato da un
incantesimo di protezione, disattivò il glamour che lo rendeva
umano
agli occhi di chiunque, mostrandosi con il proprio aspetto naturale.
La pelle candida tipica della popolazione caucasica, mutò in
un
rosso Borgogna non troppo acceso e dalla parte alta della fronte,
all'attacatura dei capelli, fecero la comparsa due corna di una
quindicina di centimetri. Gli occhi verdi, dotati di una sottile
eterocromia, poiché il destro verde lime, mentre l'altro
verde erba,
rimasero a fissare la donna, accompagnati da un lieve sorriso.
"Si
accomodi."
Quando lei si fece
gentilmente da parte, Gilbert si decise a varcare la soglia,
percependo un secondo incentesimo di protezione sulla porta. Potente
e sinistro. Ma dai due ragazzi non si sarebbe potuto aspettare
altrimenti.
Laciò che
la donna gli
facesse strada per il secondo piano, dando un'occhiata fugace in
giro, in quel caos di stili e cianfrusaglie. Anni e anni passati a
raccattare cose. Se non altro sembrava tutto pulito. Caotico e
sconclusionato, ma perfettamente pulito. Se al secondo piano era
possibile trovare un vaso Ming accanto a una maschera Maori, man mno
che salivano al secondo piano, l'appartamento si faceva sempre
più
inglese. La carta da parati a fiori, forse degli anni venti, forse di
prima ancora, iniziava ad essere presente per i corridoi del secondo
piano, diviso in tante piccole stanze, di cui molto probabilmente una
era il bagno e una una camera da letto, andando per esclusione.
Tuttavia l'interno sembrava più grande di quanto si potesse
pensare
e stranamente non era dovuto a un incantesimo. Semplice progettazione
di interni, suppose il moro.
Sul lato destro
infatti,
dopo un minuscolo corridoio stretto a angusto con numerose porte, vi
era presente l'ennesima di esse, a cui la domestica posò la
mano sul
pomello tondo. Si fissarono entrambi per qualche secondo, che al
ragazzo parve un'eternità, prima che la donna bussasse alla
porta
con la mano libera. Dall'interno si udì solo un
“fallo entrare”,
poi di nuovo silenzio.
Quando la porta gli
venne
aperta, l'odore della stanza investì Gilbert con quella nota
tipicamente floreale della lavanda, lasciando spazio a un arredamento
molto diverso rispetto al piano inferiore. Sul lato opposto della
stanza rispetto a dove si trovava, il camino acceso era sovrastato da
un gande specchio dalla cornice dorata, in stile romantico, dalla
quale era possibile osservare il riflesso di tutta la stanza. Di
fronte al camino due poltrone e un divano dalla tappezzeria a righe
posti le une di fianco all'altro in modo che tutti i presenti si
potessero vedere in viso, una volta seduti, attorno a un tavolino
basso in legno dello stesso periodo. Il grande tappeto sul fondo
impediva che i passi risuonassero per la maggior parte della stanza e
diversi quadri attaccati alla parete facevano in modo che i presenti
non si sentissero soli. Come se fosse servito a qualcosa. Lo
attirò
particolarmente il ritratto di una giovane donna dai capelli ramati,
le iridi chiare fisse verso il pittore al momento della creazione, in
un sorriso innocente dalle labbra rosee e tiepide. Doveva appartenere
all'epoca pre-rivoluzione. Epoca che lui non aveva visto, con proprio
enorme rammarico.
"Sei in
ritardo."
"Ne
dubito."
La voce proveniva da
una
delle poltrone, rivolta verso il camino per far sì che la
figura ora
seduta gli desse quasi le spalle. Dallo schienale era visibile solo
parte di una manica, con tanto di braccio, certo, la mano a
sorreggere un bicchiere di scotch con ghiaccio. Lui gli aveva rivolto
la parola e Gilbert si era limitato a rispondere alla svelta.
Tuttavia sapeva bene a chi apparteneva quella voce.
Non gli fu difficile
riconoscerlo infatti quando la poltrona venne voltata nella sua
direzione per magia, levitando a un paio di centimetri da terra per
non rovinare il tappeto.
Un sorriso si dipinse
sul
volto del moro, gli occhi verdi rivolti al viso dell'amico dalla
carnagione abbronzata, visibilmente non europeo.
"Sapevo che
saresti
venuto." aggiuse l'altro, accennando al posto sul divanetto di
fronte a lui, come a invitarlo a sedersi.
Gilbert non si fece
pregare
due volte, sorridendo rilassato nell'annuire e prendere posto dove
dall'altro indicato. Il glamour non attivo lo mostrava per ciò
che
era: uno stregone antico quasi quanto la civiltà stessa,
apparentemente mezzo albino, data la carnagione più scura
degli
europei, i capelli quasi bianchi e due occhi rossi e brillanti come
rubini. Nulla a che vedere con l'albinismo vero e proprio, quello era
solo il suo aspetto demoniaco. Colore della pelle a parte. La sua
particolarità infatti non stava tanto nel colore, quanto
nella
presenza di squame più scure in alcune zone. Di quelle
visibili, che
Gilbert sapesse, aveva notato solo il lato destro del collo, appena
sotto all'orecchio. Forse perché lo aveva sempre visto
vestito di
diversi strati, ma come biasimarlo visto il clima caldo in cui era
cresciuto. Avrebbe pure potuto usare un incantesimo, nulla di
più
facile, ma sia lui che l'altro amico del moro avevano un modo tutto
loro di vivere.
"E' sempre un
piacere,
Salem. Dov'è tuo fratello?" chiese quindi il giovane
stregone al
compagno, che semplicemente si limitò ad indicare il
soffitto con
noncuranza, sbuffando seccato.
Ed eccolo
lì il secondo
amico, nonché gemello di Salem, benché in comune
non avessero nulla
salvo l'aspetto. Appeso al soffitto come un vampiro, sfidando la
forza di gravità con la magia, gambe e braccia a sostenersi
per dare
un effetto volutamente terrificante, volta la testa verso il basso
quando viene indicato dal fratello, facendo saettare fuori la lingua
da serpe, color argento. Probabilmente mamma o papà erano un
demone
dai tratti di serpente, era ciò che Gilbert aveva sempre
pensato, ma
non aveva mai saputo nulla sulle loro origini familiari.
"Dannato
babbeo, perché
gli hai detto dov'ero?!"
"Ti avrebbe
visto
comunque..."
"Invece
no!"
"E invece
si..."
Sempre divertente
vederli
battibeccare come due bambini dell'asilo, ma in fondo per Gilbert era
una cosa normale. Gli doveva tutto, specie a Salem con le sue idee
straordinarie e quella calma ostentata in ogni gesto o parola.
L'altro, a differenza sua, sembrava un tornado perenne, costantemente
in cerca di attentioni e divertimento. Tuttavia quella
diveristà e
quel modo di porsi di uno o dell'altro, Gilbert era riuscito a
capirla solo in parte.
Ricordava ancora le
giornate
passate con loro a farsi insegnare i trucchi più semplici,
quando
ancora era un bambino. Doveva essere stato circa il 1870 o
giù di
lì, anno più, anno meno. Solo un bambino, ma
già uno stregone. Non
è una condizione che si ottiene la loro, ci si nasce e
basta. E se
non s'impara in fretta a utilizzare il glamour, gli umani sanno essere
duri e meschini.
La mente lo
riportò al
presente quando Ash, questo il nome dell'altro gemello, scese dal
soffitto con un sonoro tonfo sul pavimento, fortunatamente coperto
dal tappeto.
"Fà
più piano o
distruggerai la casa!" sbraitò Salem, alterato,
sebbene sapesse
controllarsi.
L'altro gli rispose
con una
linguaccia: "Se avessi voluto distruggere casa, mi sarebbe
bastato
schioccare le dita!" Sistemandosi la felpa con cappuccio.
Anche
nell'abbigliamento i
due tendevano a contraddistinguersi: mentre Salem indossava un
completo simile a quello di Gilbert, di un color grigio chiaro,
ricamato, abbinato a scure scarpe laccate, Ash era più un
tipo da
jeans strappati e maglietta, con tanto di scarpe da ginnastica.
Quindi mentre uno poteva sembrare avesse una ventina d'anni,
all'altro glie ne si sarebbe dati attorno ai diciotto. Ma non erano
sempre stati così.
“Londinium”. Loro
c'erano quando i romani avevano ribattezzato la città in
quel modo.
E da parecchio tempo, anche.
"Quindi cosa ci
porta a
questa riunione dei tempi andati, se posso chiederlo?"
esordì
Gilbert, nel vedere i due continuare a battibeccare.
Mentre Salem
sospirò, in
attesa di colmare i dubbi dell'amico, Ash prese posto accanto a lui
sul divano, alla ricerca di qualcosa di divertente da fare, che il
più delle volte consisteva ad infastidire gli altri, con o
senza
magia.
"C'è
stato un omicidio a
Hyde Park qualche giorno fa." Salem si fece serio, riprendendo
poco dopo "La vittima è stata ridotta male, c'erano
parti del
corpo mancanti e diversi simboli..."
"E mi avete
fatto venire
da Parigi per un Mondano morto?"
"Non si tratta
di un
Mondano...ma di un Nephilim."
Calò il
silenzio per
qualche istante. I Mondani, ovvero le persone comuni, senza magia o
capacità particolari dovute al sangue, non erano affar loro.
Ma se
si trattava di un Nephilim morto, era tutta un'altra storia.
"Non avete
pensato a un
demone?"
Ash soffiò
una risata,
tornando a ridacchiare tra sé e sé nella sua
follia. Altra cosa che
Gilbert non aveva mai capito appieno.
"Non si tratta
di un
demone, o almeno non di uno purosangue. Sul corpo sono state trovate
evidenti tracce di magia."
"Un
Seelie?"
A quel punto Ash
scoppiò a
ridere, con conseguente “tch” seccato da parte del
gemello. Fu
quindi lo stesso Ash prendere parola, quasi con le lacrime agli
occhi.
"Proprio non
capisci,
eh?" disse, asciugandosi un occhio con il dorso dell'indice.
"Ogni
stregone lascia una traccia magica di sé, così
come ognuno di noi
può avere i propri incantesimi personalizzati o dei
“marchi” che
lo caratterizzano. E' perfettamente normale, come marchi di fabbrica
o semplicemente una firma. Dovresti saperlo."
A Gilbert parve
divertito,
ma non afferrò subito le sue parole. D'altra parte in
centocinquant'anni di vita, passati per lo più a studiare e
osservare il mondo, non si era mai posto il problema. Soprattutto non
avendo mai avuto a che fare con Shadowhunters in modo diretto.
Qualche contatto c'era stato e aveva preparato diverse pozioni per
loro, ma mai cose complicate. Aveva sentito di stregoni ingaggiati
per malefici, così come era diventato famoso Magnus Bane per
la
questione di memoria riguardante Clary Fairchild, ma per arrivare al
suo livello ne sarebbe dovuta passare ancora di acqua sotto i ponti.
Dire che lo ammirava era poco. Sebbene avesse sempre avuto a portata
di mano i gemelli, ben più vecchi, ma decisamente indisposti
ad
avere a che fare con altri dal punto di vista...pratico. Dei
controsensi viventi, in un certo senso, ma ci sarebbe da parlarne per
ore.
"Sì,
ne ho sentito
parlare. O meglio, capisco a cosa vi state riferendo, ma non il nesso
logico." risprese il moro, spostando lo sguardo prima su uno,
poi
sull'altro, in attesa di delucidazioni.
Mentre Salem
sembrò
fissarlo per diversi secondi, a metà tra il perplesso e il
perso con
la mente chissà dove, Ash emise un risolino a
metà tra l'isterico e
il “ti sto prendendo in giro” non espresso a voce
alta. Chiunque
poteva vedere quanto fosse impaziente. Mise una mano sulla bocca per
non far vedere a Gilbert cosa stesse mimando con le labbra,
lasciandosi scappare dei “diglielo” sussurrati di
proposito, al
fratello. Come se lo stesso Gilbert non stesse notando il suo dito a
indicarlo palesemente. Si divertiva con poco, il gemello pazzo.
Un sospiro.
"Diciamo che il
marchio
sembra appartenga a uno dei nostri amici più intimi, se
così si può
dire. Forse “amici” ora è un po' troppo.
Beh, non ha importanza,
a parer nostro è una persona che conosciamo piuttosto bene,
ma
vorremmo evitare caos con il Conclave." riprese Salem,
portandosi
con il busto in avanti, i gomiti appoggiati alle gambe. Da quella
posizione Gilbert potè notare una cravatta rossa sulla
camicia
bianca, a cui non aveva fatto caso prima, nella penombra della
stanza.
"Un amico? Di
chi si
tratta?"
"BOOOOOOOM!"
Urlo improvviso di Ash
mentre si alzava in piedi, saltando sul posto come fosse a un rave
party. Per poco Gilbert non fece un infarto, spostandosi a lato del
divano, guardandolo con due occhi quasi fuori dalle orbite, il
respiro affannoso. A differenza sua, l'altro sembrava perfettamente
calmo e socciato.
"Prima o poi ti
rinchiudo
da qualche parte, fratello caro. In uno zoo. In uno zoo per scimmie
ammaestrate."
La sua pazienza aveva
un
limite, ma quel limite Gilbert non lo aveva mai visto superato. Si
ricompose quindi sul divano, una mano portata al petto come a
tranquillizzarsi mentre il “fratello sano” compiva
un gesto
rotatorio del polso, per far comparire un gomitolo di lana rosa poco
sopra alla propria mano, in levitazione.
"Tieni, vai a
giocare."
disse poi rivolto al fratello, lanciandolo per la stanza. Inutile
dire che Ash gli corse dietro come un micetto domestico nel vederlo
rotolare amabilmente in quel modo. Cosa ci fosse nella sua testa,
nessuno lo sapeva.
Gilbert parve
perplesso. Lo
ricordava strano, ma non tanto folle. O forse semplicemente i propri
ricordi di bambino erano piuttosto scarsi al riguardo. Insomma,
giocava più volentieri assieme agli altri bambini, piuttosto
che con
loro due, ben poco inclini a certe cose. Salem si era sempre occupato
della parte pratica delle cose, ma in quanto a gestione, aveva dovuto
affidare gran parte delle sue proprietà ad altri, o non
sarebbe mai
riuscito a gestirle da solo. Questo era stato il caso della Casa di
Magia in Francia, quella che aveva accolto lo stesso Gilbert e altri
stregoni abbandonati come lui. Segrete ai Nephilim e al resto dei
Nascosti, erano tutte protette a dovere da incantesimi lanciati
personalmente dai gemelli. Introvabili, inviolabili, infrangibili.
Riservati di loro, non c'era di cui stupirsi se entrambi fossero
pressochè invisibili all'interno della società.
Perfino il Labirinto a
Spirale li aveva fatti chiamare, a quanto aveva sentito, ma loro non
avevano risposto. Andavano dove volevano, facevano ciò che
l'istinto, il cuore o forse l'anima stessa gli diceva di fare, seppur
senza infrangere le leggi del Conclave.
Gli Accordi erano
stati
stesi per garantire la pace tra le razze, oltre che per la protezione
dei Mondani da parte dei Nephilim, loro si erano semplicemente
informati e adeguati. Silenziosi, introvabili, invisibili. Nessuno
era stato capace di trovarli se non fossero stati loro a volerlo.
Come in quel caso.
"Abbiamo un
nome."
riprese quindi Salem, ricomponendosi sulla poltrona, tornando a
osservare l'ospite, mentre il fratello giocava a terra col gomitolo.
"E
sarebbe?"
"Non credo tu
lo conosca,
ma in ogni caso sta venendo qui."
"Ora?"
"Sì,
ora. Ha aperto un
portale da Dio solo sa dove, gli ho dato il nulla osta per uscire
direttamente al piano di sotto, dato che era già stato qui
in
precedenza."
Gilbert parve sorpreso
dalla
notizia. Forse più preoccupato, con tanto di sopracciglia
inarcate
per lo scetticismo. Si fidava di loro e sapere che fossero stregoni
anctichi lo faceva sentire al sicuro, ma invitare un assassino
direttamente in casa gli parve un po' troppo anche per loro.
Sospirò
sconsolato, chiedendosi chi si sarebbe dovuto aspettare entrasse
dalla porta da lì a qualche minuto. L'agitazione era
palpabile,
sebbene come detto in precedenza, si fidasse dei gemelli.
Pregò solo
che non si trattasse di qualche squilibrato. Non poteva certo sapere
che ci sarebbe stato di che divertirsi.
Questi quattro personaggi appaertengono alla
sottoscritta, gradirei che non infrangeste il copyright e non li
riutilizzaste nelle vostre storie, salvo permesso.
L'opera originale "Shadowhunters" e personaggi annessi, sono di proprietà di Cassandra Clare. Ogni riferimento a luoghi, fatti e persone è
puramente casuale, mi scuso in caso di omonimia.
Per chi volesse, sono stati realizzati dei chibi dei personaggi, anch'essi di mia proprietà, li potete trovare qui.
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