21. Fear & Fearlessness
“Okay…” ripeté a bassa voce
Ran, e avviò la registrazione. All’inizio, si sentì solo il tipico brusio di
sottofondo della pellicola della cassetta, poi cominciarono dei rumori non
meglio identificabili, come di una pesante porta che veniva spinta, e qualche
secondo dopo, una voce aspra, arrochita dal fumo delle sigarette, parlò,
metallica:
“Sei arrivato,bene. Ciò
significa che hai decifrato il codice e sei corso a salvare la tua ragazza, il
che conferma le mie supposizioni”.
“Atsushi Mori! È lui…ne sono
certa! Non dimenticherei mai la sua voce…” proruppe Ran, stupefatta; Kazuha la
guardò altrettanto sbalordita: “Mori..? Non è quel bastardo che ieri ti ha
rapita?”
“Chi sei? Dov’è Ran?”
La voce stavolta era carica di
rabbia e preoccupazione; Ran mise in pausa la registrazione con un gesto quasi
involontario; tutta la sua mente era concentrata su quell’ultima parte.
“Ehi! Ma questo non è quel
bambino!? Conan?” chiese la ragazza del Kansai, perplessa.
Ran annuì. “Dev’essere stata
registrata ieri…te l’ho detto, è stato Conan a venire a salvarmi. Però…” la voce
si affievolì, perdendosi a poco a poco; quello che l’aveva colpita non era stato
sentire il piccolo, quanto il tono che aveva assunto: non era allegro, acuto,
tenero come l’aveva sempre udito, ma serio, profondo. Forse era solo la
preoccupazione che l’aveva ombreggiato in quel modo, eppure le sembrava di
conoscere quel particolare tono di voce, autoritario e freddo, ma allo stesso
tempo carico di energia. L’aveva già sentito, in passato, era inconfondibile.
L’aveva sempre colpita e affascinata quella speciale aura di potere che lui
sapeva sprigionare nei momenti difficili, quell’atteggiamento a cui sarebbe
stato impossibile disobbedire, con cui riusciva a comandare anche decine di
agenti della polizia di almeno una decina di anni più grandi di lui. La sua
trasformazione, da giovane spensierato e allegro a ragazzo calmo, astuto e
riflessivo, un vero generale. Sì, era quella la parte di lui che le piaceva così
tanto, che la lasciava senza fiato e la faceva restare imbambolata a fissarlo;
era come se davanti non avesse più l’amico che conosceva fin dalla tenera età,
ma un ragazzo estraneo, pieno di fascino e di una forza interiore che era quasi
abbagliante, al quale non poteva che affidare la sua vita.
Shinichi…
Ma non era stato lui a parlare,
no? Era stato Conan. Tuttavia, aveva come la sensazione che se quello fosse
stato un video e non un’audiocassetta, avrebbe visto sul suo viso la stessa
espressione determinata, gli stessi occhi blu profondi e penetranti, la stessa
posa autoritaria. Lo pensò e se ne convinse quasi nello stesso momento, senza
nemmeno accorgersene.
“Però scusa, come faceva la
madre di Kudo-kun ad avere questa registrazione? E perché dovrebbe aiutarci a
scoprire cosa ci nascondono lui ed Heiji?” Kazuha interruppe i suoi pensieri, la
fronte aggrottata.
Ran scosse la testa, gli occhi
chiusi.
“Non lo so…ma Yukiko…”
Si ricordò della sensazione che
le aveva trasmesso, della strana luce che aveva visto nei suoi occhi prima che
lei riuscisse a mascherarla con le sue abilità di attrice. Era qualcosa che non
aveva mai scorto negli occhi della madre di Shinichi, nonostante la conoscesse
da anni. Era un brillio sadico, quasi perverso…
Guarda con gli occhi della
mente…e ascolta il tuo cuore…
Ebbe una vertigine, un colpo
improvviso alla pancia, come se si fosse accesa una fiammella; tutto il suo
corpo reagì tendendosi, percorso da una strana emozione, il cuore che batteva
forte. Aveva capito…
“…non era Yukiko.” Terminò, gli
occhi che brillavano.
“Cosa? Ma che stai dicendo?”
Ran si voltò di scatto verso di
lei, facendola sobbalzare.
“È così, Kazuha! Shinichi aveva
ragione, nessuno può ingannarmi se non voglio. Quella non era Yukiko, non
avrebbe mai potuto avere questa cassetta. E poi, mi è sembrata strana fin
dall’inizio…”
“Ma allora chi è stato a
consegnartela? E perché?” insisté la ragazza di Osaka, incredula. Ran aprì la
bocca, poi la richiuse, la luce che aveva negli occhi si affievolì: forse era
riuscita a formulare una geniale deduzione, ma era ancora ben lontana
dall’essere una detective. Con un angolo della mente pensò quasi con invidia che
Shinichi sarebbe di certo riuscito a rispondere in modo esauriente a quegli
interrogativi.
“Non lo so.” Si arrese infine.
“Forse una complice di Mori…ma non ho idea del perché.” Chinò la testa,
abbattuta.
“Magari sperava che ti saresti
messa in contatto con Kudo per parlargliene, e lui avrebbe potuto scoprire dove
si trova. In fondo è lo stesso motivo che l’ha spinto a rapirti.” Ipotizzò
Kazuha, guardando di lato, la fronte aggrottata.
La ragazza di Tokyo alzò la
testa: “Sì, potrebbe essere…”
“Beh, comunque sia, ne sapremo
di più dopo che avremo ascoltato tutto il nastro, no? Forza, fai play.” La
incitò la sua amica, ansiosa di sentire il resto. Ran annuì, premendo sul tasto
del telecomando.
DRIIIINNN!!!
Entrambe le ragazze
sussultarono, voltandosi verso il telefono e impiegando qualche secondo per
realizzare cosa era accaduto. Poi Ran sospirò, bloccando di nuovo la
registrazione, ben consapevole che Kogoro non avrebbe mai risposto.
Kazuha sbuffò, lasciandosi
andare con la schiena sul letto della sua amica, i capelli neri sparsi sul
copriletto nonostante fossero legati nella coda.
“Sì, pronto?” rispose
educatamente.
Silenzio. Poi il rumore del
ricevitore che veniva riagganciato.
Ran fissò la cornetta come
inebetita per qualche secondo, sbuffò e riappese a sua volta.
“Chi era?” si informò Kazuha.
Lei scrollò le spalle.
“Uno che non ha niente da
fare.”
Prese il telecomando dello
stereo in mano, posando il dito sul tasto, ma di nuovo il telefono squillò.
“Uffa! Che scocciatura.”
Borbottò Ran, dirigendosi di nuovo verso l’apparecchio. “Pronto?” stavolta la
voce era meno educata e più brusca.
“Mouri-kun.” Pronunciò una voce
a lei sconosciuta, così fredda che sentì un brivido percorrerle la schiena.
“Chi…chi sei?” rispose, con
voce incerta. La sentì ridere, lievemente, senza allegria.
“Un’amica. Ascoltami bene,
Mouri-kun, perché sto per offrirti qualcosa che aspetti da molto, molto tempo.”
Di nuovo quella strana risata, bassa e gelida. Ran era come inebetita, incapace
di proferir parola; quando finalmente ci riuscì, la voce le uscì debole e
tremula.
“Di che si tratta?”
“Ma è ovvio.” Replicò la voce
“Mi sto riferendo a Kudo. Shinichi Kudo.”
“Sh-Shinichi?” balbettò Ran, il
suo viso si illuminò. Kazuha balzò a sedere, a bocca aperta, fissando la schiena
della sua amica. “Tu sai dov’è?”
“È quello che ho detto. Posso
farti incontrare con lui.” concesse la voce, gelida.
Ran sentiva il cuore batterle
forte: sperava di poterlo rivedere da così tanto tempo, adesso più che mai. Ora
che lui l’aveva ferita, tradita, aveva bisogno di incontrarlo…guardare il suo
viso, dritto in quegli occhi cerulei, e scoprire se davvero lui aveva deciso di
abbandonarla, se davvero per Shinichi non contava più nulla. Se l’aveva
dimenticata, oppure se aveva ancora un posto nel suo cuore, come pregava,
segretamente con tutti e anche con se stessa. La sua parte irrazionale, emotiva,
la esortava a chiedere di più a quella voce sconosciuta che, sebbene tanto
fredda, le stava infondendo calore e speranza. Voleva vedere Shinichi e se lei
poteva farglielo incontrare, al diavolo il fatto che non avesse idea di chi
fosse. Ma l’altra parte, quella più ragionevole e con i piedi per terra, le fece
ricordare tutto quello che aveva passato in quegli ultimi giorni, per colpa
della sua imprudenza. Mori aveva usato lo stesso trucchetto con lei, e farsi
ingannare due volte dal medesimo stratagemma sarebbe stato alquanto stupido. La
proprietaria della voce al di là della cornetta avrebbe potuto essere una
complice del giornalista, o nel peggiore dei casi di quegli orribili e
spaventosi uomini vestiti di nero che aveva incontrato; davvero voleva rischiare
di finire di nuovo nelle loro mani per un’illusione?
No. Lei non era una sciocca,
non poteva e non voleva fidarsi ciecamente di quella voce.
“Chi mi assicura che mi stai
dicendo la verità?” chiese, assumendo un tono neutro e serio. Kazuha batté le
palpebre, confusa, si avvicinò a lei cercando di sentire la conversazione anche
dall’altro capo del filo.
Ci fu un attimo di silenzio.
Probabilmente la donna non si aspettava una simile reazione. Ran si ritrovò a
sorridere soddisfatta: se l’avevano sottovalutata, se ne sarebbero pentiti
presto.
“Uhm…mettiamola così: una sera
fa Kudo ti ha promesso di venire ad un appuntamento con te, al parco, alle sei
del pomeriggio, ma poi non si è fatto vivo.”
Ran spalancò gli occhi,
sorpresa: “Tu c-come..?”
“Te l’ho detto. Conosco Kudo, e
posso fartelo incontrare. So che è difficile fidarsi di me, ma…se davvero ci
tieni ad incontrarlo, credo che sarai anche disposta a correre dei rischi per
lui.” concluse, sicura. Ran restò ammutolita, arrotolando inconsciamente il filo
del telefono con l’indice. Dall’altra parte, la voce aspettò pazientemente.
Kazuha attirò l’attenzione
della sua amica con un buffetto sulla spalla che la fece sobbalzare: Ran si
voltò verso di lei, ancora un pochino perplessa, e la vide sorridere in modo
rassicurante e annuire. Sospirò.
“D’accordo, allora. Dimmi
dov’è.”
Glielo disse. Ran inarcò le
sopracciglia, vedendo i suoi timori prendere forma: era un posto isolato e
pericoloso, e per giunta fuori città. Adesso era convinta che ci fosse qualcosa
di losco sotto, e non era disposta a farsi prendere in giro per l’ennesima
volta.
“Perché Shinichi dovrebbe
trovarsi in un posto del genere?” replicò freddamente.
“Ora devo andare, Mouri-kun.
Fa’ un po’ come credi.”
Prima che potesse ribattere, la
conversazione fu interrotta. Ran fissò per un momento il muro davanti a sé, poi
riagganciò anche lei. Kazuha la guardava ansiosa.
“Allora? Ci andremo??”
La domanda da un milione di
yen. Non voleva finire di nuovo nei guai, e per di più trascinarci anche la sua
amica di Osaka. Tuttavia temeva che, se si fosse lasciata sfuggire
quell’occasione, l’avrebbe rimpianto per molto tempo, domandandosi spesso se
davvero Shinichi si trovava lì, se avrebbe potuto incontrarlo, finalmente,
confessargli i suoi dubbi e le sue paure. In fondo, poteva benissimo essersi
recato in quel postaccio per un lavoro, considerando che con sé c’era anche il
suo amico e collega detective. Inspirò profondamente, lasciando fluire
l’ossigeno nel corpo e nel cervello, chiudendo gli occhi. Ma valeva davvero la
pena di mettersi in pericolo per lui? Per una persona che l’aveva tradita,
ferendo i suoi sentimenti senza nemmeno degnarsi di telefonarle per darle
qualche giustificazione? Per uno a cui sembrava non importare più nulla di lei?
Ma conosceva già la risposta…
Sì…per tutte le giornate
passate insieme a divertirci…per tutte le volte che ho pianto e lui mi ha
consolata…per tutte le parole dolci e incoraggianti che ho ricevuto da lui…per
tutte le occasioni in cui mi ha protetta e salvata…per essermi stato vicino per
sedici anni come nessun altro…ma soprattutto per lui, perché lo amo.
Anche più di quanto amasse se
stessa, si accorse, dato che era disposta a mettersi nei guai per lui. Di certo
però non la sua amica, sebbene averla accanto le avrebbe dato maggiore coraggio.
“Kazuha, potrebbe essere
pericoloso…forse è meglio che tu…”
“Non se ne parla!” la
interruppe lei ad alta voce, quasi indignata. “Heiji è di sicuro lì con Kudo, e
se è successo qualcosa, voglio essere presente anch’io.”
Il tono di voce era
determinato; Ran capì che non avrebbe potuto dissuaderla, qualunque cosa avesse
detto. In fondo poteva capirla, i sentimenti che provava Kazuha per il suo amico
d’infanzia erano gli stessi che provava lei per il proprio.
“Va bene” disse in un sospiro,
dirigendosi verso lo stereo ed estraendo la cassetta.
“Come, non sentiamo il resto?”
chiese la ragazza del Kansai, con una punta di delusione.
“Il posto è a due ore di
macchina, dobbiamo muoverci subito, o correremo il rischio di perderli” replicò,
infilando il nastro non nella custodia, bensì in un walkman che estrasse da un
cassetto dell’armadio. “se mai ci sono stati” aggiunse a bassa voce, più a se
stessa che alla sua amica, la quale ora si era focalizzata su un altro punto.
“Due ore di macchina???”
sgranò gli occhi “Ma…come pensi di arrivarci!?”
Ran sfoggiò un sorriso scaltro,
davvero molto simile a quello del suo amico d’infanzia.
“E dai Kazuha, non avrai mica
pensato che ci saremmo andate da sole!”
“Scusa, e con chi dovremmo
andarci..?”
~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*
Heiji guardava distrattamente
fuori dalla finestra, il venticello proveniente dal finestrino semi aperto gli
scompigliava i capelli sulla fronte, mentre gli occhi verde-azzurri si perdevano
nell’oscurità crescente della notte. Sentiva una strana calma dentro di sé, che
sapeva essere solo una inutile copertura per il vero subbuglio che regnava nel
suo animo; c’era preoccupazione in quel turbinio, ansia e sì, doveva ammetterlo,
anche un po’ di paura. In fondo stava per affrontare quella che sarebbe stata
una delle notti più pericolose della sua vita, e non aveva nemmeno vent’anni; di
fronte a Kudo si mostrava tranquillo e allegro, perché sapeva che anche lui
provava i suoi stessi sentimenti, e non voleva aggiungergli altre pressioni. Ne
aveva già troppe caricate sulle spalle. Non aveva rimpianti per aver accettato
la missione, era il suo migliore amico e non l’avrebbe mai lasciato nei guai, e
poi quello era il suo lavoro, se avesse cominciato a fuggire davanti a ogni
minimo indizio di pericolo, avrebbe fatto meglio a lasciar perdere tutto e farsi
assumere in un giardino per l’infanzia. No, era una cosa che doveva fare,
e nonostante la paura sarebbe andato avanti, anche a costo della sua vita.
Sebbene ci fossero ancora così tante cose che avrebbe voluto
fare…inspiegabilmente, ogni volta che ci pensava, invece di vedere nella testa
le immagini di una vittoria ai campionati di kendo, oppure del momento in cui si
sarebbe messo alla guida di un’auto, tutto ciò che riusciva a immaginare era la
sua amica d’infanzia, quel viso così bello, quelle labbra morbide a pochi
centimetri dalle sue, il calore del suo respiro…
Sorrise fra sé; non era poi
così inspiegabile, a dir la verità. Sarebbe riuscito a capire il perché
facilmente, se solo fosse riuscito ad ammetterlo con se stesso. Però per qualche
ragione non era ancora pronto, forse a causa del timore che covava nella
profondità del suo animo, per quella vocina che spesso gli ripeteva la fatidica
domanda, che faceva sbarrare ogni accesso a quel pensiero: E se per lei non
fosse lo stesso?
Sospirò, chiudendo un momento
gli occhi prima di perdersi di nuovo nella contemplazione del buio. Eccolo lì,
stava per affrontare l’Organizzazione e tutto quello a cui riusciva a pensare
era Kazuha. Udì un grugnito sommesso dietro di lui, e gli venne da chiedersi se
per Kudo non fosse lo stesso, se anche lui, nella strana stasi di dormiveglia in
cui era caduto da quando la capsula aveva cominciato a fare effetto, stesse
pensando a Ran. Era probabile che avesse ragione, probabilmente ora stava
rimpiangendo di non averle detto la verità su Conan, su quello che era successo
il giorno prima. Quel pensiero gli fece risvegliare dentro quella specie di
sentimento fraterno che aveva verso di lui, che l’aveva spinto a voler diventare
il suo migliore amico a tutti i costi, a restargli vicino e ad aiutarlo, sempre.
Kudo era una delle persone migliori che avesse mai conosciuto, e gli faceva male
vederlo struggersi così. Per questo quella sera doveva nascondergli le sue vere
sensazioni, mostrarsi tranquillo e spensierato come al solito: Kudo, per quanto
forte, aveva bisogno di una base solida a cui appoggiarsi, non di un’altra
montagna da sostenere. Non doveva mostrarsi bisognoso di rassicurazioni, ma
dargliene indirettamente lui stesso, poiché anche la costruzione più stabile e
resistente può crollare, se il peso da sostenere è troppo.
Così se ne stava seduto in
silenzio, guardando fuori dal finestrino, e non aveva accennato più alla
pericolosità dell’impresa da quando avevano discusso al bar. Accanto a lui, il
vecchio vicino di casa di Kudo era altrettanto silenzioso, la fronte aggrottata
dietro quelle sopracciglia cespugliose, mentre guidava non troppo velocemente
sulla statale. Naturalmente non avrebbe partecipato all’impresa, dopo averli
accompagnati si sarebbe allontanato in tutta fretta e al sicuro avrebbe atteso
che lo richiamassero indietro al momento più opportuno. Heiji doveva ammettere
che l’anziano baffuto aveva una lealtà davvero profonda nei confronti del suo
migliore amico: non solo manteneva il suo segreto, ma aveva partecipato già in
passato a delle imprese del genere, sempre in disparte, certo, ma comunque non
si era mai tirato indietro. Sapeva dell’Organizzazione, di quanto fosse
pericolosa, eppure non batteva ciglio se c’era qualcosa da fare al riguardo,
fornendo macchinari ecc., pur sapendo che la sua complicità, in caso di
fallimento, gli sarebbe costata la vita. Aveva persino accolto in casa sua la
ragazzina bionda di nome Haibara, che era collegata con gli Uomini in Nero!
Inoltre si preoccupava sul serio per Kudo, più volte aveva preso l’iniziativa
chiamandolo ad Osaka per farlo venire in soccorso dell’amico, sapendo che quest’ultimo
era troppo orgoglioso per farlo in prima persona. E poi si vedeva chiaramente
che il detective dell’est si fidava ciecamente di lui, e che provava affetto nei
suoi confronti. -sentimento che peraltro era ricambiato in pieno-; probabilmente
dipendeva dal fatto che si conoscevano fin da quando lui era piccolo. Beh,
realmente piccolo, si corresse con un sorrisetto che gli sfuggì dalle
labbra.
“Che hai da ridere?” borbottò
con voce roca e sonnolenta il fagotto dietro di lui.
Heiji si strinse nelle spalle.
“Come ti senti?”
“Come se avessi fatto
ginnastica per ore senza fermarmi e poi mi fossi ficcato in una vasca di acqua
bollente, ecco come.” Brontolò. “I muscoli mi fanno un male d’inferno.” Aveva
assunto la sua tipica aria seccata, ma Heiji sapeva che in fondo al cuore era
felice di essere di nuovo Shinichi.
“È comprensibile…” s’intromise
il professore con tono pacato. “Crescere tutto in una volta non dev’essere una
bella esperienza, per il corpo.”
Kudo sbuffò, chiudendo gli
occhi e accomodandosi meglio sul sedile posteriore tutto per lui. Heiji lo
osservò più attentamente: vederlo adulto era una cosa bella e strana allo stesso
tempo: era così abituato a riferirsi a un moccioso occhialuto ogni volta che
voleva parlare con Kudo che prima che entrassero in macchina, volendo dirgli di
mettersi dietro per riposarsi, si era guardato attorno alla ricerca di Conan per
qualche secondo prima di realizzare che era accanto a lui, nella sua forma
adulta. Buffo, perché aveva l’impressione che, nonostante fosse esausto,
l’occhio attento di Kudo avesse captato i suoi movimenti e avesse compreso in
pieno i suoi processi mentali, e perciò gli aveva rivolto in risposta una delle
sue solite occhiatacce. Era rassicurante sapere che poteva ritrovare tutti i
tratti del carattere che gli piacevano tanto in tutte le forme del detective
dell’est. Naturalmente era anche logico, visto che si trattava della stessa
persona, ma d’altronde tutta quella situazione in sé non aveva molto del
razionale, dunque…
“Quanto manca?” s’informò Kudo,
stiracchiandosi e massaggiandosi il collo.
“Una mezz’ora…” rispose il
dottore dopo una breve esitazione.
“Bene…senti dottor Agasa, sei
sicuro che Ai..?”
“Quando ce ne siamo andati era
nel suo letto, dormiva profondamente…dev’essersi stancata molto per preparare il
tuo antidoto.”
Kudo annuì, aveva un’aria
preoccupata e stanca, il volto serio tirato per la tensione.
“C’è qualcosa che non va?”
chiese Heiji, accorgendosi del suo stato. Kudo alzò gli occhi e per un momento
si fissarono, occhi blu oceano contro verde acqua, poi sorrise, scuotendo la
testa.
“No, niente. Cerchiamo di
rilassarci, avremo tempo per essere tesi e preoccupati dopo.” Si limitò a dire,
con tono tiepido, appoggiandosi allo schienale.
“Approvo.” Annuì Heiji
ricambiando il sorriso.
Ma sapeva che nessuno dei due
era calmo, che avevano smesso di esserlo veramente da quando avevano conosciuto
per la prima volta quell’assurda macchina omicida che era l’Organizzazione degli
Uomini in Nero. Ogni chilometro che percorrevano si avvicinavano di più al
pericolo, al momento della resa dei conti. No, non potevano stare tranquilli,
non quella sera, lo sapeva bene.
E sicuramente lo sapeva anche
Kudo.
~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*
Kogoro Mouri era comunemente
reputato un geniale investigatore, capace di risolvere brillantemente anche i
misteri più intricati. Così, sebbene non conservasse nemmeno un vago ricordo
delle deduzioni che l’avevano reso famoso in tutto il Giappone, lui stesso aveva
cominciato a ritenersi tale. Dunque, per quanto si fidasse ciecamente di sua
figlia, che per diciassette anni non gli aveva mai dato problemi davvero seri,
ma aveva tenuto un comportamento di cui qualunque genitore sarebbe stato
orgoglioso, doveva ammettere che tutta quella faccenda gli era sembrata strana
sin dall’inizio: lei e la sua amica l’avevano praticamente trascinato fuori di
casa, dicendo che Kazuha doveva a tutti i costi raggiungere un posto fuori città
per una commissione che le aveva affidato suo padre e di cui non si era
ricordata che in quel momento. Era lo stesso motivo per il quale era tornata a
Tokyo quel giorno; d’altronde però era piuttosto incredibile che il capo della
polizia di Osaka non avesse uomini a disposizione per una commissione del
genere, e che delegasse così la figlia diciassettenne. Per di più il posto era
fuori mano, e anche vicino ad un complesso di case popolari abbandonate di
cattiva fama. Insomma tutta quella storia non quadrava, e mentre sfrecciava
sulla strada alla guida dell’automobile che sua figlia si era fatta prestare
dalla compagnia Suzuki grazie alla sua amicizia con Sonoko, non poteva fare a
meno di rimuginarci sopra con diffidenza, per quanto non riuscisse sul serio a
non fidarsi di Ran e a trovare una qualsiasi altra motivazione che potesse
spingerla ad andare fuori città in quella fredda notte d’inverno. Sbuffò,
facendosi sorpassare da una macchina nera impaziente diminuendo lievemente la
pressione sull’acceleratore. Nei pochi istanti in cui furono una accanto
all’altra, non poté fare a meno di ammirare la bellezza e il pregio di
quell’automobile, un modello anni ’50 che non credeva venisse più usato, ormai.
Cercò di sbirciare all’interno della macchina per vedere chi la guidasse,
immaginandosi un signore distinto vestito con un impermeabile grigio fumo e un
cappello, magari accompagnato da una signora con capelli vaporosi, pelliccia e
sigaretta in bocca, ma non poté vedere nulla a causa dei vetri oscurati dei
finestrini. Quando l’automobile fu ormai un ricordo –chiunque la guidasse doveva
avere una fretta del diavolo e poco rispetto per i limiti di velocità- Kogoro
lanciò un’occhiata al sedile posteriore attraverso lo specchietto, osservando
Ran e Kazuha stranamente non impegnate nelle solite chiacchiere da ragazzine
bensì silenziose e visibilmente tese. Sospirò: c’era davvero qualcosa che non
quadrava, cosa credevano, di poter ingannare il più grande detective di Tokyo?
Avrebbe dovuto essere ubriaco per non accorgersi di nulla. Cosa che sarebbe
stata possibile, se avessero aspettato a chiamarlo una mezz’oretta. Stufo di
quella situazione, premette tutto in una volta il pedale del freno, facendo
inchiodare la macchina e stridere i pneumatici sull’asfalto. Le ragazze vennero
lievemente sbalzate in avanti, ma la cintura le trattenne impedendogli di farsi
male, ma non di emettere una specie di urletto.
“M-ma papà, cosa..?”
“Allora? Cosa state tramando
voi due?” Domandò volontariamente a voce alta, facendole sobbalzare. Ran stentò
un sorriso, evitando di guardarlo negli occhi, Kazuha rispose prontamente:
“Gliel’abbiamo detto, Mouri-san,
devo…”
“Non rifilarmi simili
sciocchezze, ragazzina” la interruppe brusco, socchiudendo gli occhi, entrambe
sussultarono di nuovo. “So che state architettando qualcosa, e se non mi dite
subito di che si tratta farò un’inversione a U e ce ne torneremo a casa.” Disse
fermo, aspettando la loro reazione. Le due adolescenti si guardarono
pensosamente per un lungo attimo, poi Ran sospirò e chiuse gli occhi.
“Okay papà…”
“No Ran!” esclamò Kazuha
allarmata, ma a un’occhiataccia di Kogoro si zittì subito.
Sua figlia inspirò
profondamente, preparandosi a rivelargli la verità.
~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*
Aprì gli occhi, fissandoli in
quelli neri di suo padre. “Devo andare lì per vedere Shinichi.” Disse, con una
strana calma di cui nemmeno lei conosceva l’origine. Kogoro restò ammutolito per
un attimo, poi sbuffò irritato. “Ancora quel ragazzino!! Non ti basta quello che
ti ha fatto?? Ora devi anche andare in un postaccio per…per cosa poi? Per
metterti a piangere di nuovo?! Non se ne parla.” Ordinò perentorio, mentre Ran
poteva vedere la collera ardere nei suoi occhi.
“Papà, ho bisogno di
vederlo…” replicò, senza scomporsi, senza mai interrompere il contatto visivo.
Far vacillare lo sguardo avrebbe significato mostrare debolezza e perdere la
battaglia che stava affrontando.
Chissà se ne vale la pena…
“Devo raggiungere quel posto a
tutti i costi. Volevo andarci con te per sentirmi più sicura, ma se non vuoi
accompagnarmi pazienza, ci andrò ugualmente.”
“Non se ne parla!” proruppe suo
padre infuriato “Io sono tuo padre e…”
“Tu non puoi fermarmi.” Lo
interruppe, sempre ostentando calma e sicurezza. Vide un barlume di confusione
negli occhi di suo padre, che si faceva strada fra la rabbia. Doveva essere
stato per il suo atteggiamento, più che per quello che aveva detto, ma Kogoro
non replicò, continuando a squadrarla con le sopracciglia inarcate, cercando
forse di leggerle dentro qualcosa. Infine, sbuffò: “Vedrai se non posso! Ora ce
ne torniamo subito a casa, vai in camera tua e ci resti fino a domani mattina,
quando andrai a scuola. Quello non è posto per una ragazzina come te. Come
voi.” Rettificò, rivolgendo un’occhiata fugace a Kazuha per poi tornare a
fissarsi su Ran. “E stai certa anche tu che tuo padre verrà informato
dell’accaduto.” Disse, sempre riferendosi alla ragazza del Kansai.
“Dimmi papà, quante volte
Shinichi mi ha aiutata? Quante volte mi ha salvato la vita?”
“Non vedo cosa c’entri…”
“C’entra invece! Pensa a New
York due anni fa, con quel serial killer ad esempio…avrebbe potuto ucciderlo, ma
lui non si è tirato indietro, mi ha portata fuori da quel palazzo abbandonato
senza un attimo di esitazione.”
“Ran…”
“Quell’uomo era armato e
pericoloso e lui aveva sedici anni!! Qualunque altro ragazzo della sua stessa
età mi avrebbe lasciata lì in terra, svenuta, e sarebbe scappato! Ma lui no, e
non solo quella volta. Shinichi mi ha sempre salvata, confortata, aiutata…io gli
devo molto, papà. D’accordo, ultimamente mi sta facendo soffrire…” sentì le
lacrime pizzicarle gli occhi, ma le ricacciò indietro decisa, sbattendo più
volte le palpebre. Ora doveva mantenere il tono calmo e deciso, non doveva
interrompere il contatto visivo, mostrarsi debole. “…ma ciò non cambia quello
che ha fatto per me. E nemmeno ciò che lui significa per me. Stasera lo
incontrerò, con o senza di te. Solo che senza correrò più rischi.”
Concluse, incrociando le
braccia sul petto. Kogoro era rosso in viso, la scrutava con la fronte
aggrottata e lo sguardo truce. Ran sentiva accanto a sé la sua amica trattenere
il fiato, ansiosa della reazione. Alla fine, Kogoro sospirò, chiudendo gli occhi
e interrompendo il contatto, poi li riaprì. “Se è così importante per te…”
“Lo è, papà. Ti prego, ne ho
davvero bisogno.” Si permise di addolcirsi un po’, guardando suo padre ora non
più con la fierezza di un’avversaria ma con la il tenero affetto di una figlia.
Si accorse che anche lui, nonostante volesse dimostrare fermezza, si era un
pochino rilassato.
“…allora d’accordo. Ci
avvicineremo a quel posto, daremo un’occhiata veloce e se non lo troviamo
subito, e con subito intendo immediatamente, ce ne andremo di filato a
casa. E se ti sentirò un’altra volta parlare di quell’idiota ti spedirò da tua
madre.”
“Mi piace stare con mamma.”
Replicò Ran, abbozzando un sorriso. Kogoro sbuffò e rimise in moto.
“Ah, già. Quello a cui non
piaceva ero io…” borbottò fra sé a bassa voce, guardando fisso la strada
attraverso il parabrezza.
Ran sorrise a Kazuha, che la
guardava trionfante, poi si lasciò andare allo schienale del sedile con un
sospiro e gli occhi chiusi. “Grazie, papà, ti voglio bene.” Sussurrò dolcemente,
lui sbuffò, arrossendo.
“Quando ti pare…” brontolò. Ran
sorrise.
Farai meglio ad esserci
Shinichi…o stavolta non so cosa succederà…
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“Ci siamo.” Li avvertì il
professor Agasa, rallentando fino a fermarsi. “Quello laggiù è il complesso di
case popolari…”
I due giovani detective si
misero subito all’erta, cercando di scrutare attraverso l’oscurità; la vista
ormai abituata di Shinichi riuscì a scorgere il profilo di alcune case non
troppo in buono stato. Estrasse la sua spilla dei detective boys dalla tasca e
la sintonizzò sulla frequenza delle trasmittenti della polizia, discutendo per
qualche minuto con l’ispettore Megure, i cui agenti in borghese si trovavano già
sul posto. Il piano era cogliere in flagrante i sue Uomini in Nero durante il
loro scambio con in narco-trafficanti per avere un motivo valido per arrestarli.
Naturalmente Shinichi sapeva che si erano macchiati di crimini ben più gravi,
infatti non aveva alcuna intenzione di farli condannare solo per quello: era
unicamente un espediente per trattenerli dietro le sbarre, l’Organizzazione non
era solita infatti lasciare tracce del suo passaggio. Una volta assicurati alla
giustizia, avrebbe trovato il modo di incriminarli per gli altri reati: se
l’Organizzazione fosse intervenuta, avrebbe potuto cercare di catturare altri
membri; se l’avessero abbandonati a loro stessi, avrebbe tentato di far
confessare almeno Vodka, che sembrava decisamente meno sveglio del compagno.
Comunque, per quello c’era tempo. Una cosa per volta, si disse, ben consapevole
che quello non era un romanzo giallo da due soldi, e che le cose non si
sarebbero svolte alla perfezione come pensava. Quella notte sarebbe stata una
delle più lunghe e massacranti della sua vita, ne era sicuro. Dopo aver
interrotto la comunicazione si stiracchiò, sentendo un improvviso dolore
acutissimo al muscolo del polpaccio che lo fece gemere. Subito afferrò la parte
lesa e cominciò a massaggiarla: era un crampo. Ne aveva già avuti un paio da
quando la capsula aveva fatto effetto, senza contare il dolore cronico alle
giunture e il fastidio alle articolazioni. Era anche stanco, sopportare la
sofferenza di una crescita istantanea non era cosa da poco, durante il tragitto
si era perfino appisolato per un po’. Non si sentiva troppo bene, ammise con se
stesso, ma in fin dei conti aveva di nuovo il suo corpo adulto: non riusciva
nemmeno a immaginare cosa sarebbe successo se avesse dovuto affrontare quella
notte nei panni di Conan Edogawa. Per fortuna Ai aveva fatto un buon lavoro,
questa volta.
E a proposito di Ai…è strano
che non si sia minimamente insospettita…spero solo che stia davvero dormendo…
Sospirò, alzando lo sguardo e
ritrovandosi riflesso in due pozze verdi-azzurre, intense e penetranti.
“Andiamo, Kudo?” chiese, con il
suo solito tono, serio e allo stesso tempo tranquillo.
“Tra un momento…” rispose
Shinichi, frugando nel porta-oggetti ed estraendo una pistola non troppo grande,
di un nero opaco, una Ruger.357. Heiji la osservò stupito per un secondo,
lasciandosi andare ad un lungo fischio sommesso.
“Wow! E questa dove l’hai
presa?” esclamò, non senza ammirazione.
“Me l’ha data mio padre. Quando
avevo quattordici anni ho imparato a sparare al poligono di tiro, e qualche
tempo fa, quando ho cominciato la mia carriera di detective, ha ritenuto
opportuno che ne avessi una, per i casi di emergenza.” Gliela lasciò impugnare,
il detective di Osaka la soppesò pensieroso. “Non mi piace usare le armi da
fuoco…” continuò Shinichi pacato “Infliggono ferite piuttosto gravi, anche
quando miri alle braccia o alle gambe, e io sono contro questo genere di
violenza. Colpire così una persona, seppure un criminale, è come mettersi al
loro stesso livello. È disgustoso. Per questo di solito preferisco tramortirli
semplicemente.”
“Sono d’accordo con te” disse
Heiji “Anch’io ho imparato a sparare qualche anno fa, ma non uso mai armi.
Troppo sangue.” Commentò con una smorfia.
“Infatti…ma stasera è una delle
occasioni in cui purtroppo non possiamo fare a meno di prendere precauzioni.”
“Già.” Heiji gli tese l’arma
per restituirgliela, ma Shinichi scosse la testa.
“Guarda che quella è per te.”
Lo informò, il detective di Osaka lo guardò fisso, sbattendo le palpebre, come a
valutare se stesse scherzando. “Ne hai un’altra?”
“No.” Heiji si accigliò, il
detective dell’est sorrise divertito. “Senti, io ho un sacco di frecce al mio
arco: gli aghi narcotizzanti, tanto per dirne una. E la potenza dei calci…”
“Non hai più le tue scarpe
speciali, Kudo” gli ricordò Heiji aspro.
“Quelle erano utili quando
avevo la forza di un bambino. Ora che i miei muscoli sono di nuovo adulti…”
“Veramente non mi sembri per
niente in forma stasera.” Imbeccò, Shinichi socchiuse gli occhi irritato. “Tu
non preoccuparti, Hattori, prendi la pistola e basta.”
“È tua, prendila tu.”
Shinichi sbuffò, lasciandosi
andare contro lo schienale del sedile. “Se non la accetti subito, giuro che ti
addormento e ti lascio qui.” Lo minacciò il detective dell’est, Heiji inarcò un
sopracciglio, irritato e divertito allo stesso tempo.
“Non lo faresti…”
“Mettimi alla prova.”
“E comunque chi ti dice che te
lo lascerei fare?” lo provocò il ragazzo di Osaka, ed entrambi si guardarono
negli occhi con aria di sfida. In quel momento tutti i vecchi sentimenti di
rivalità, che non si erano mai completamente spenti dentro di loro,
riaffiorarono in superficie. Il professor Agasa fece scorrere lo sguardo
dall’uno all’altro, poi sospirò.
“Sentite…” disse con tono
garbato “…credo che adesso abbiate cose più importanti a cui pensare che
litigare per una stupida pistola. Fate le persone serie.” Sia Shinichi che il
suo collega si voltarono verso l’anziano dottore: non sapeva se anche per
Hattori fosse lo stesso, ma all’improvviso il ragazzo di Tokyo si sentì un po’
stupido, oltre al fatto che i suoi diciassette anni gli pesarono sulle spalle
più di prima: erano pur sempre ragazzi liceali. Infinitamente intelligenti,
forse, ma pur sempre studenti delle superiori. Entrambi sospirarono all’unisono.
“Senti Hattori, prendila tu,
per ora. Poi se sarà necessario me la passerai.” Disse deciso, anche se in tono
più colloquiale e meno perentorio. Heiji esitò per un attimo, forse con
l’intenzione di replicare, ma alla fine annuì e se la infilò nella cintura dei
pantaloni, coprendola con il giubbetto jeans. Shinichi lo osservò attentamente:
il ragazzo di Osaka si comportava come al solito, sembrava perfettamente calmo,
eppure…gli sembrava di aver scorto un’ombra, dietro i suoi occhi, mentre
viaggiavano sulla statale. La sua espressione, riflessa nello specchietto,
sembrava…tesa, ansiosa…quasi spaventata, sebbene celata dietro una maschera di
calma statica. Di certo il dover affrontare quella situazione lo sconvolgeva più
di quello che desse a vedere. Sorrise: stimava molto il suo amico, era una
persona a suo parere molto forte, sapeva che, nonostante il timore, non si
sarebbe tirato indietro di fronte al pericolo. La sua lealtà nei propri
confronti era quasi commovente. Ma Heiji non era davvero tranquillo, e lui
poteva vederlo bene. Ci riusciva perché le sensazioni che aveva scorto negli
occhi del detective di Osaka erano le stesse che provava anche lui: erano
entrambi consapevoli che avrebbero potuto non farcela, quella notte, consapevoli
che qualcosa sarebbe potuto andare storto, che i nemici che stavano per
affrontare erano crudeli e senza scrupoli, e si trovavano nel loro elemento:
quel posto malfamato non era molto auspicabile per uno scontro con
l’Organizzazione.
Heiji posò la mano sulla
maniglia per aprire la portiera dell’auto, ma Shinichi lo bloccò, afferrandogli
il braccio con un gesto repentino. Il ragazzo di Osaka lo guardò sbattendo le
palpebre. “Che succede?”
“Ce la faremo, Heiji.” proclamò
semplicemente.
“Come fai a esserne così
sicuro?” replicò lui, con una punta di amarezza malcelata.
“Perché noi siamo i detective
migliori del Giappone, no?” esclamò, riferendosi volontariamente a una frase che
l’altro ribadiva sempre, sorridendo.
“Sicuro.” Disse Heiji,
ricambiando il sorriso. Il detective dell’est annuì a sua volta, ma quando fece
per scendere fu la volta del suo collega di bloccarlo. “Che c’è?” chiese
curioso.
“Ti ricordi che non sono Mouri,
vero?” chiese, con una serietà che a suo parere la domanda non richiedeva.
“Difficile confondervi,
Hattori.” Commentò, squadrandolo da capo a piedi con una smorfia. Heiji non poté
fare a meno di sorridere un pochino della battuta.
“Allora tienilo a mente.”
Gli intimò, prima di aprire la
portiera e scendere dalla macchina. Shinichi rimase interdetto per un momento,
poi sogghignò, seguendo il suo collega di Osaka attraverso le tenebre.
Il momento era ormai giunto.
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Note dell’Autrice:
ciao a
tutti! Per prima cosa voglio scusarmi infinitamente per la lunga attesa:
PERDONO!! ; _ ; Vi assicuro che ho avuto un sacco da fare durante questo
periodo, e quando avevo del tempo libero a casa ero troppo stanca per accendere
il computer e scrivere. Ancora scusate, ho fatto del mio meglio per aggiornare
prima di partire per Praga, questa domenica, così da non dovervi fare attendere
un’altra settimana. Spero che il capitolo sia valsa l’attesa, so che è un po’
stiracchiato ma come vi ho detto ho fatto di tutto per aggiornare prima di
domenica. Allora, che ne pensate? Penso che ormai ci siamo, l’azione è dietro la
prossima porta, cosa che mi spaventa in una maniera che non potete immaginare,
perché non so se sarò all’altezza di scrivere una vicenda del genere. Beh, il
tempo risponderà a questa domanda!!^^ Allora, mie considerazioni sul
capitolo…non so come molti di voi prenderanno lo scherzetto di Ai, ma farle fare
qualcosa di cattivello era stata la mia aspirazione fin dall’inizio della
fanfic…non ho niente contro la biondina, per carità, ma mi piacciono i
personaggi buoni con un lato oscuro proprio per poter sfruttare quest’ultimo!!
Dunque…avrete notato che ho cercato di dare una certa dignità e intelligenza
anche a Kogoro…in fondo, sebbene nel manga è per lo più un personaggio comico di
poco rilievo, in alcuni episodi si è rivalso, e leggendoli sono giunta alla
conclusione che non è del tutto idiota. Forse lo era nei primi volumi, ma penso
che lo stesso Gosho in seguito gli abbia conferito maggiore peso, dal punto di
vista concettuale. Da lì i sospetti e tutto ciò che avete letto. Un altro punto,
le pistole: personalmente non ci capisco nulla di armi e affini, non saprei
riconoscere una calibro 9 da una 38 e nemmeno riesco a immaginarmele,
probabilmente se ne impugnassi una sbaglierei bersaglio di 10 m (dopo
naturalmente aver impiegato una buona mezz’ora a capire come funziona) e mi
slogherei una spalla per il contraccolpo. Dunque, per quelli di voi che sanno
com’è fatta una Ruger.357, vogliate perdonarmi se o non è un’arma che si darebbe
a un diciassettenne o se ne sono perse le tracce dal lontano vecchio west (a
conti fatti, non escluderei la possibilità che possa essere perfino un fucile e
non una pistola ^^”). Se vi consola, so per certo che esiste (o è esistita, ad
ogni modo). Bene, dopo questa piccola dimostrazione di elevata cultura, passo a
ringraziare tutti coloro che hanno commentato lo scorso capitolo, siete
grandissimi, sul serio!!^__^ Come farei senza di voi?? Mi dispiace che avete
dovuto aspettare tanto, dopo la vostra dimostrazione di infinita gentilezza,
spero che non accada più. Io faccio del mio meglio, giuro!!
Akemichan:
Ciao! Grazie dei complimenti, spero che quest’ultimo
capitolo non ti deluda. Sono contenta che ti sia piaciuta la scena del sorriso
di Sherry (ne sono fiera anch’io #^^#)…dici che non è così vendicativa? Boh, non
saprei…se uccidessero l’unica persona che ho al mondo perché lei ha tentato di
proteggermi, un pochino mi incavolerei…non pensi?
Hoshi:
salve! Ti ringrazio della recensione, a quanto pare siamo d’accordo riguardo ad
Ai…più o meno (scoprirai in seguito da cosa è dato il più o meno ^ __ ~)
Ersilia:
ehm…stavolta il tempo non è stato breve e il capitolo non stupendo…vorrai
perdonarmi? Beh, se non altro avrai l’occasione di essere un po’ cattivella
anche con me nel prossimo commento! ^ __ ~ mi auguro comunque che il chap ti
sia piaciuto, e ti ringrazio tantissimo per i complimenti che mi hai fatto, sei
dolcissima! Spero di non doverti far penare troppo il prossimo aggiornamento…e
scusa ancora!!
Terabyte:
ciao Tera-chan! Grazie mille delle lodi, mi fai sempre morire dal ridere quando
leggo i tuoi commenti, davvero! ^___^ Sei fortissima!! Sono contentissima che il
capitolo scorso ti sia piaciuto, e spero di non averti deluso con quest’ultimo.
Heiji stavolta ha mostrato la sua parte più seria, devo dire, Ai non si è vista
più di tanto, ma non preoccuparti, avrà spazi anche lei in futuro…ehm…non sono
sicura che potrei scrivere gialli, forse solo di mistero sì, ma per quanto
riguarda l’azione, non so come me la caverei!^^” Solo il pensiero di quello che
devo scrivere in questa fanfic mi fa paura...chissà che ne verrà fuori! Comunque
mi hanno davvero fatto piacere i tuoi complimenti, sei troppo carina!#^^# Per
quanto riguarda il rapporto qualità/tempo stavolta credo di aver proprio toccato
il fondo…*Sigh* ; __ ; mi spiace. Se non altro non credo di poter andare peggio
di così (“mai dire mai…” nd della mia vocina disfattista). Non so se sono
riuscita anche in questo capitolo a non far risultare OOC i personaggi…mentre lo
scrivevo mi è venuto un dubbio…per esempio nelle scene fra Heiji e Shinichi: so
che sono coraggiosi e nel manga non hanno paura praticamente di niente, ma ho
voluto renderli più umani, fare un’analisi introspettiva: sono pur sempre due
ragazzi di diciassette anni che rischiano la vita contro un’organizzazione
criminale! Tu che ne pensi? Dammi la tua opinione, ok? Spero di risentirti, e
non scusarti del ritardo, sono io quella che deve coprirsi il capo di cenere! Un
bacione Tera-chan!
Ginny85:
ciao! La tachicardia, addirittura? Wow, O __ O non credevo che i miei capitoli
potessero avere questi effetti! Ai ha decisamente sforato, guarda un po’ cosa ti
ha combinato in quest’ultimo capitolo!! Comunque posso dirti che hai afferrato
più o meno il corsi degli eventi, frutto tra l’altro della mia parte
subcosciente a favore di Conan e Ai (eh eh eh…il fatto è che la biondina mi
piace proprio). Spero che ti faccia piacere vedere Cool Guy adulto (w
Vermouth!!^^) e che la scena fra Ran e Kazuha ti sia piaciuta: il nastro era
proprio quello di Mori, come avrai visto. Scusissima se ho perpetrato il tuo
strazio fino ad adesso, ho fatto del mio meglio per l’aggiornamento, ma i prof
sanno essere sadici (mi vogliono aumentare il corso pomeridiano di francese da
due a tre ore! Significherebbe che dopo 9 ore di scuola dovrei tornare a
casa con l’autobus e poi mettermi a fare i compiti!! E quando vivo?? Cose da
pazzi!). Cosa ti sembra del titolo di questo capitolo? All’inizio avevo deciso
per Fear & Courage, ma poi ho voluto fare il gioco di parole che hai
visto. Spero ti sia piaciuto. ^__^ Grazie della recensione, spero di risentirti
presto.
Mokuren82:
ciao! Sono contenta che, nonostante tu non sia
un’appassionata di DC, abbia voluto leggere la mia storia e addirittura
commentarla…grazie mille!! #^^# (o dovrei ringraziare la febbre?) Mi ha fatto
piacere leggere il tuo commento, sei stata veramente gentile, e spero che la mia
storia ti abbia fatto pesare di meno il tempo passato a letto per colpa
dell’influenza!
APTX4869:
salve! Eh sì, l’azione ormai non può più aspettare, a quanto avrai visto. Farò
quel che posso con le dichiarazioni amorose, ma non ti prometto niente: non sono
sicura nemmeno io di quello che devo scrivere, esattamente!! ^^” (mooolto
professionale) ma non perdere la speranza. Ran e Kazuha si sono già
cacciate nei guai, ma perlomeno non sono sole! Mi dispiace per averti fatto
attendere troppo l’aggiornamento, mi auguro che non succeda più (non dipende da
me, purtroppo) Un bacione, a presto!
Shizuka:
oh, chi si risente!^^ Come stai? Sono felice che la mia storia continui a
piacerti e che torni sempre a leggerla e a commentarla, thanks! Sì, ho visto il
film di Conan (ormai si tratta di secoli fa - __ -“), mi è piaciuto, la grafica
e le ombre erano molto ben curate, e anche la storia era bella: l’idea di far
scambiare Sonoko per Ai è stata geniale, e anche la scena in cui Ran e Conan si
gettano dal grattacielo in fiamme…impagabile!^//^ Non l’avevo mai visto e sono
contenta che sia arrivato finalmente in Italia, dopo che ci hanno propinato
almeno una ventina di volte ogni film su Lupen III (non ho niente contro il
ladro, ma ripetere ad oltranza i film ogni anno…) e sui Pokemon (idem)…era ora!
A te è piaciuto?
Sabry1611:
ciao! Grazie mille del commento, mi ha fatto piacere
riceverlo. L’idea del travestimento piaceva molto anche a me, sebbene all’inizio
non fossi sicura se mettercela o no; Ai ti preoccuperà ancora di più dopo questo
capitolo, penso…le sto facendo tirare fuori il suo lato più dark. ^^ Vedrai che
altro combinerà!! La confessione di Shinichi, finché sarà in mano a Ran sarà
sempre un rischio…ma non posso anticiparti niente!! Spero che anche questo
capitolo ti sia piaciuto, e di risentirti presto. Grazie ancora per i
complimenti, sei stata carinissima!^///^
Yuki: ti
ringrazio per l’ennesima volta del commento. ^__^ Sono curiosa di conoscere il
tuo parere su Ai dopo quest’ultimo capitolo...
Mareviola: Eh sì, hai colto nel segno, è
proprio quella la cassetta! Vedrai che cosa succederà anche con quel
nastro...povero Shinichi! Come se non avesse già un sacco di cose a cui pensare!
Spero che il capitolo ti sia piaciuto, grazie della recensione!
Esty85:
ciao! Ti ringrazio del commento, sono contenta che la storia ti piaccia. L’ho
continuata, hai visto? ^ _ ~ Cosa ne pensi?
BPM:
salve! Sono felice che la mia ff sia di tuo gradimento, nonostante tu non abbia
una vera e propria passione per Detective Conan; mi hai fatto arrossire con i
tuoi complimenti, sul serio! #^^# Grazie mille! Diciamo che ho peggiorato la mia
media per quanto riguarda i tempi stavolta, spero che non accada più. Mi
piacerebbe risentirti in futuro, ciao!!
Lili: Ciao!! Beh, anch'io sono in ritardo con l'aggiornamento, quindi
direi che siamo pari. Sono contenta che la storia continui a piacerti, e ti
ringrazio dei complimenti e della fiducia che riponi in me. Thanks^^ Spero di
non deluderti...baci, a presto!
Bene,
direi che è tutto per oggi. Mi auguro di non aver dimenticato nessuno, sarebbe
davvero imperdonabile, dopo quanto vi ho fatto aspettare!! Scusate ancora, mi
appello all’emendamento: “Meglio tardi che mai”… Solite note finali: ho
nominato in questo capitolo solo un numero del manga, il 35: è il seguito del
primo caso di Shinichi, quello che lui aveva risolto sull’aereo. Ricordate? Nel
vol.21. Qui (nel 35, intendo) Shinichi e Ran si trovano a New York con la madre
di lui, e verso la fine incappano in un serial killer che si nasconde in un
vecchio edificio. Ran, a causa della febbre, sviene e Shinichi la porta in
salvo, dissuadendo l’assassino dal proposito di sparargli. Non vi dico di più, è
una storia molto bella, se potete andate a leggerla!^^ Ora ho proprio finito. Mi
auguro di poter aggiornare presto il prossimo capitolo, ma tenete a mente che
domani parto per una gita scolastica di una settimana…
A
presto
-Melany
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