Ringrazio anche solo chi legge.
Ormai il MadaSaku weekend è finito, ma ho intenzione
ugualmente di scrivere alcuni di quei prompt bellissimi.
Prompt: fiaba.
Come una principessa azteca
Madara scostò la pesante
tenda di velluto rosso e socchiuse
gli occhi, guardando i grattacieli illuminati che si stagliavano contro
il
cielo notturno. Sospirò e abbassò lo sguardo.
“Gli affari ti
preoccupano?” si sentì domandare.
Il boss si strinse la cravatta
candida, i suoi occhi rossi
brillarono nella penombra della stanza, si volse e guardò la
giovane avanzare
verso di lui.
“Non voglio che
nessun’ombra oscura offuschi i nostri fugaci
incontri. La tua presenza mi allieta e la tua voce sembra quella di una
dea”
disse.
Sakura avvampò e volse lo
sguardo, giocherellò con uno degli
orecchini d’argento che indossava.
“Canto solo per diletto,
non per professione, lo sai”
sussurrò.
Madara le indicò con una
mano una tavolata apparecchiata, i
lunghi capelli neri gli ondeggiavano lungo le spalle, arrivandogli fino
ai
glutei.
“Posso offrirti la cena
qui, nel mio appartamento, o ti
sembrerà sconveniente?” domandò.
Sakura sorrise, piegando le labbra
tinte da un rossetto rosa
chiaro.
“Qui andrà
bene” sussurrò.
“Prima, però, ci
sarebbe una cosa. Alla galleria d’arte mi
hai fatto vedere delle opere meravigliose e mi hai permesso di comprate
alcuni
pezzi unici”. Iniziò a dire Madara.
Cercò nella tasca interna della giacca
nera, sfiorò il calcio della pistola nascosta sotto il
panciotto bianco, ed
estrasse un cofanetto di velluto blu. “Ora, permettimi di
farti avere qualcosa
che io considero d’elevata estetica, anche se magari non
è arte nel senso
canino del termine”. Aggiunse.
Sakura batté le palpebre e
si avvicinò a lui, il vestito blu
a tubino senza maniche che indossava metteva in risalto le forme del
suo corpo
a ogni suo impacciato movimento.
Madara aprì il cofanetto e
fece scivolare fuori il collier d’argento,
le luci della città si rifletterono nelle gemme blu notte.
“Non ci credo, è
bellissimo. Per me?” domandò Sakura con
voce tremante.
Madara glielo infilò nel
collo sottile e le accarezzò la
guancia, sfiorandole i corti capelli rosa.
“Non ti rende
giustizia” si scusò.
“Non posso accettare,
è troppo” mormorò Sakura.
Madara le prese delicatamente la mano
e la condusse al
tavolino, facendola accomodare.
“Insisto. Mi auguro che
guardandola, tu possa pensare a me.
Ti prego di accettarla” disse.
Sakura strinse le gambe e
chinò il capo, le sue lunghe
ciglia fremettero.
“Se ci tieni
così tanto, non posso fare altrimenti”
sussurrò.
Madara le sorrise, mostrando i denti
lattei e si accomodò
nella sedia dall’altra parte del tavolo.
Sakura guardò nel piatto e
sgranò gli occhi, riconoscendo
una fetta di torta al cioccolato.
“È la mia
preferita” sussurrò.
< L’ho presa anche
dalla tua pasticceria preferita,
prediligendola alla migliore della città solo per te
> pensò Madara.
“Conosci la leggenda azteca
per la pianta di cioccolato?”
domandò.
“Mi faresti
l’onore di narrarmela?” domandò Sakura.
La luce
della candela davanti al suo viso si rifletteva nelle sue iridi verde
smeraldo.
“Nella città
d’oro, c’era una principessa dalla bellezza
impareggiabile, come il piumaggio variopinto degli uccelli del
paradiso, ma
dalla tenacia ferrea. Quando il suo popolo cadde in mano nemica, a
seguito di
una conquista, venne torturata; ma lei non rivelò mai dove
si trovava il tesoro
del suo popolo. Il suo sposo era stato ucciso in guerra e nessuno
poté impedire
che la torturassero fino alla morte. La sua caparbietà e la
sua forza colpirono
gli dei, che decisero di tramutare il suo spirito nella pianta del
cacao”
rispose Madara.
Sakura alzò il capo.
“Perché mi hai
raccontato questa ‘fiaba?” domandò.
“Perché tu
assomigli a quella principessa. Vuoi rimanere al
mio fianco, come mia fidanzata?” chiese Madara.
Sakura sorrise, il suo viso era
luminoso.
“Con molto
piacere” rispose con voce tremante.
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