La prima volta che
ballarono insieme fu sul frinire delle cicale, illuminati dalla lune e
dalla lampadina dentro casa, il giorno del compleanno di Gale.
La sera, tornata
presto dai boschi, Johanna s'era ritrovata a tirar fuori i piatti di
porcellana dall'armadietto e ad apparecchiare con insolita cura il
tavolo sulla piattaforma sull'albero che era il loro terrazzino. Non
erano compiti che Johanna svolgeva spesso o volentieri: non era nella
sua indole la parte della perfetta mogliettina — in questo caso
compagna —
casalinga, ma per Gale fece un'eccezione. Per
lui, Johanna faceva parecchie eccezioni.
Quando il
festeggiato entrò piano dalla botola, il suo naso venne
investito dall'odore fragrante di pollo fritto; uno dei pochi piatti
che Johanna sapeva cucinare e decisamente il migliore. Gale la vide, di
spalle, prendere la carne con le pinze e poggiarla sulla carta
assorbente. Non sembrava essersi accorta di lui. Forse non aveva fatto
abbastanza rumore da sovrastare la radio accesa, forse era troppo
indaffarata. Una morbida sensazione di calore s'irradiò in
tutto il suo corpo, assieme al sorriso che senza che se ne rendesse
conto gli nacque sulle labbra: era come quando tornava a casa al
Dodici, e sua madre era di spalle a cucinare quel cibo che lui stesso
procurava dai boschi. Ma era diverso, perché Hazelle lo
faceva per tutti i suoi figli e per chiunque avesse bisogno di lei e
ogni giorno si prendeva quel compito, a meno che Gale non la obbligasse
a riposarsi almeno un po', fra un pentolone di stufato e i panni altrui
da lavare. Johanna, invece, raramente si trovava a prendersi cura degli
altri. Lo stava facendo solo per lui, uno
dei pochi eletti, e solo perché era il suo compleanno. Si
sentì immediatamente un po'... speciale. Per lui faceva parecchie eccezioni.
"Johanna?" Lei
sussultò, impercettibilmente, ma abbastanza
perché Gale lo notasse. "Sono i–"
"Ho capito, ho
capito." Johanna si voltò, pulendosi le mani con uno
straccio che lanciò incurante sul lavandino, gli occhi
maliziosi accompagnati da un buffo ghigno. Gli si buttò
addosso senza alcun ritegno, spingendolo contro la parete e troppo
vicino a una mensola. Un libro cadde sul pavimento nello stesso istante
in cui si avventò sulle labbra di Gale, a volergli rubare il
respiro, col sedere sporto in avanti perché lui potesse
raggiungerlo e il seno premuto sul suo petto. Non
era una donna che si faceva problemi a essere diretta per quello che
voleva.
Attonito, Gale
ritardò a risponderle, facendosi finalmente strada fra le
labbra di lei e accettando l'invito ad accarezzare con mani callose
quel corpo martoriato, con bruciature e cicatrici a imitare il manto di
una tigre. Dalle gole di entrambi sfuggirono mugolii soffocati dal loro
stesso bacio.
"Stamattina non ti
ha soddisfatto abbastanza?" Le chiese, imitando il sorriso che Johanna
aveva appena pochi minuti prima. Di nuovo, lei lo zittì,
questa volta poggiandogli l'indice sulle labbra.
"Ti ho fatto la
cena, bellissimo. Non
vorrai che si raffreddi." E tornò in cucina, con la bocca
arrossata e un ciuffo castano sfuggito a coprirle gli occhi che si
limitò a soffiare via, noncurante, mentre prendeva il piatto
e si avviava, ancora sculettando, fuori.
Gale la
seguì, in silenzio, fermandosi ad alzare il volume della
radio affinché si sentisse anche in terrazzo — la loro unica tv era piccola e stava
nell'altrettanto piccolo salotto, troppo lontana.
"Fanculo."
Borbottò Johanna, premendo con furia l'interruttore.
Poggiò il cibo sul tavolo e andò a riaccendere la
luce della cucina. Poi, constatando che probabilmente non sarebbe stata
sufficiente col calar del buio — mangiavano
tardissimo, loro due — accese la prima candela che
trovò sotto mano. Citronella,
ottima contro le zanzare, ma non l'ideale durante i pasti, e
la sistemò il più possibile lontano dal tavolo.
"E' una cena a lume
di candela, questa? Per me?" Gale
non si preoccupò di trattenere le risate di fronte alla
facciaccia cattiva di Johanna. "Sono lusingato."
Affamati come lupi,
si avventarono sul pollo appena sfiorata la sedia. Che senso avevano,
alla fine, quelle belle stoviglie se poi s'erano messi a mangiare pollo
fritto dal piatto di portata al centro del tavolo?
"Mi sono ricordata
adesso," fece Johanna, quando ormai avevano quasi finito "che quando
non c'eri hanno telefonato Annie e Norey per farti gli auguri."
Gale sorrise.
"Davvero? Dovrò richiamare, più tardi. Sono stati
così gentili, mi dispiace."
Dubito
che avrai il tempo di farlo, pensò
Johanna con un risolino e tenendoselo, per una volta, per sé.
"Perché
ridi?"
"Nah, niente... mi
manca un po' il marmocchio, sai?" Cambiò argomento.
"Siamo tornati dal
Quattro l'altro ieri."
Disse Gale, divertito.
"Che ci posso fare,
gli Odair fanno diventare sentimentale persino me." Si pulì
col tovagliolo e aspettò che anche lui finisse di mangiare.
Alla radio lo
speaker e il dj discutevano sulla cantante emergente che nelle ultime
settimane sembrava monopolizzare tutte le stazioni radio. A Johanna,
per una volta, non dispiaceva affatto: l'artista in questione era una
ragazza del Distretto 6, abbastanza giovane. Aveva visto un
po' di merda, parole sue, e scriveva canzoni
impegnate, dure, diverse dal bubblegum pop Capitolino che Gale e
Johanna non sopportavano, ma che spesso si ritrovavano a sentire.
"Hey, Gale, ti va
di ballare un po' con questa orsa scorbutica?"
La canzone era un
rapido inseguirsi di chitarre elettriche al ritmo sincopato della
batteria. Ridendo e spintonandosi avevano agitato la testa a ritmo,
saltando tanto forte da aver paura che la piattaforma si rompesse e
loro cascassero di sotto, fra i rami della quercia. Non erano mai stati
a un vero concerto, non ancora, ma per un attimo a loro
sembrò quasi di esserci, con l'erba sotto i piedi e l'aria
frizzante di agosto farsi strada in mezzo alla folla di corpi danzanti.
Johanna, a occhi chiusi, si concentrava solo sulla musica che gli
batteva prepotente nei timpani assieme ai passi pesanti che
accompagnavano i suo. Sembravano rimbombare nella sua testa che, per
una manciata di minuti, era vuota dai soliti pensieri che
l'affollavano: il volume che aveva alzato fino a far scappare i gufi
sembrava aver mandato via anche quelli. Cazzo,
quanto sto bene.
Gale non aveva
più fiato nei polmoni: non capiva se fosse per il ritmo
insostenibile che tenevano, o se era Johanna a rubargli di nuovo il respiro.
Lei gli
saltò al collo con tanta energia da farlo quasi cadere,
nonostante fosse un giovanotto ben piazzato. Rise, rise, rise sguaiata,
e con lei anche lui, sull'ultima nota addolorata della cantante.
"E il mio regalo?"
Scherzò Gale, dopo aver ringraziato per la cena squisita e
per quel ballo scapestrato che stava costando loro l'osso del collo.
"Quello
ti aspetta in camera dopo che avrò sparecchiato, bellissimo." Gli
sussurrò Johanna, mordendogli l'orecchio.
Note
dell'autrice:
Yo~
tanto tempo che non scrivevo in questo fandom! E come ritorno? Con una
one shot demmerda?
Faccio
schifo, lo so.
In
ogni caso, prompt e titolo e betaggio mi sono stati offerti dal mio
angelo, Arya Tata Montrose. Vi consiglio di passare anche da lei! ;)
Oltre a questo, dalla sua testa nasce poi anche l'headcanon che Johanna
e Gale vivano su una casa sull'albero di quelle fffffighe overpawah.
E
boh niente, non devo dire nient'altro. Grazie di aver letto <3
Stay
alive, kiddos.
Nana.