La
storia
è stata scritta per l’event “7 days of
pride” del gruppo facebook We
Are Out For Prompt,
con il seguente prompt di Red,
che ringrazio: “Malec
– un giorno all'improvviso Alec si
sveglia con poteri da stregone e, prima di confessarlo a Magnus, fa
l'unica
cosa che avrebbe sempre voluto fare.”
Il
titolo è preso dalla canzone “Love Sex
Magic” di Ciara & Justin Timberlake.
Your
touch is so magic to me, the strangest things can happen
Alec
aprì gli occhi senza sbattere le palpebre, uno strano
prurito su tutte le Rune.
Districandosi
dalla presa delle braccia di Magnus – indulgendo un
po’ più del dovuto sulla
sua pelle, con la banale scusa di alzarsi –
scivolò fuori dal letto,
accogliendo con sollievo il fresco del pavimento sotto i piedi.
Si
diresse nel salone, raccattando poco per volta i vestiti sparpagliati.
Lanciò
un’occhiata distratta alla balconata inondata di sole, i cui
raggi si
insinuavano tra le fessure dei tendoni. Magnus doveva averli tirati la
sera
prima, ma erano stati così presi l’uno nella bocca
dell’altro che Alec non se
n’era nemmeno reso conto.
Sorrise,
mentre un lieve rossore gli imporporava le guance: erano passati mesi
dal loro
primo bacio, durante quell’imbarazzante matrimonio andato in
fumo, ma la voglia
che avevano di assaporarsi non diminuiva mai. Nemmeno per un istante,
nemmeno
quando discutevano per qualcosa.
Il
sorriso svanì dalle sue labbra nel momento in cui,
portandosi davanti alle
mensole su cui Magnus riponeva gli ingredienti per i propri intrugli,
capì che doveva
essere successo qualcosa. Grattandosi la runa di blocco, ripercorse gli
eventi
della serata: dove essere successo quando Magnus lo aveva spinto contro
lo
scaffale, prima di mettersi in ginocchio e inondarlo di sensazioni che
gli
avevano fatto perdere il contatto con la realtà.
Con
un sospiro, esaminò i vetri rotti e l’etichetta “magia
di riserva”,
prima di realizzare che forse sarebbe stato meglio mantenersene alla
larga. Non
avevano sentito la bottiglia cadere, il suono sovrastato dai gemiti di
Alec – “Sei
così chiacchierone, Alexander, chi l’avrebbe mai
detto,” gli ripeteva
sempre Magnus. Non si erano nemmeno accorti dell’ondata di
magia che si era
sprigionata in mezzo alle scapole di Alec, perché Magnus
perdeva spesso il
controllo dei propri poteri quando facevano l’amore
– inondando entrambi di
scintille azzurre e calde, che rendevano tutto ancora più
bello.
Eppure,
non poteva esserci altra spiegazione.
Alec
si dimenò, a disagio, realizzando di essersi perso a
ripercorrere di nuovo
tutte le carezze, i baci, le provocazioni. Un’ondata di
rossore gli salì lungo
il collo, impossessandosi del viso. Era come affogare, senza
però smettere di
respirare.
Si
sfregò le mani tra loro, sentendole calde. Era per quello
che Magnus indossava sempre
tutti quegli anelli e braccialetti, togliendone solo alcuni anche
quando
dormiva? Aveva forse bisogno di raffreddarsi con il metallo dei
gioielli, per
aiutarsi a mantenere il controllo?
Alec
si allontanò dalle mensole, consapevole di aver fatto
già abbastanza danni. Si
fissò un palmo, che sembrava teso, e vi si
concentrò con tutto se stesso: cercò
di rilassare un polpastrello alla volta, con calma, curioso di vedere
cosa
sarebbe successo. Una scintilla azzurra si sprigionò dal suo
indice, ed ebbe appena
il tempo di tirare indietro il capo prima che gli colpisse un occhio.
“Per
l’Angelo,” borbottò iniziando ad
agitarsi. Nello stesso momento, si accorse di
un bruciore inaspettato sul lato del braccio: l’enkeli
sfrigolava, i
contorni erano arrossati.
“Ma
certo,” disse dopo un attimo. “La magia demoniaca
non va d’accordo con quella
angelica.”
Con
un sussulto sollevò la maglietta, controllando lo stato
della runa parabatai
– sembrava intatta, constatò con un sospiro di
sollievo.
Sbirciò
poi in camera, notando che Magnus era ancora addormentato e aveva
avvolto le
braccia attorno al cuscino di Alec, come a cercare la sua presenza.
Sorrise,
vedendolo così rilassato, e decise di correre il rischio di
chiudersi in bagno.
Gli
stava venendo un’idea – pericolosa, forse, ma
sperò che le Rune potessero
aiutarlo a mantenere il controllo, invece di bruciare e basta.
*
“Alexander!”
La
voce di Magnus era allarmata e Alec, ancora chiuso in bagno, perse la
concentrazione in un sussulto. L’enkeli
gocciolava di sangue, e altre Rune
– tra cui quella di blocco, ben evidente sul collo
– erano circondate da un
rossore netto. Come un tatuaggio mondano appena fatto.
“Sono
qui,” chiamò in risposta, pulendosi il braccio con
un asciugamano che poi
lanciò in un angolo della doccia. “Sto
arrivando.”
“Rimani
dove sei. Qualcuno è entrato nel loft, aggirando le
difese.”
Alec
si spaventò per un attimo, prima che un sorriso incerto gli
incurvasse le
labbra: probabilmente, Magnus sentiva la sua magia,
per quanto
momentanea, e mostrarglielo sarebbe stato più semplice che
spiegarlo a parole
con una lastra di legno tra loro.
Così
spalancò la porta, trovando Magnus al centro del loft
– le mani circondate di
nebbia azzurra, i piedi nudi divaricati e la schiena, nuda
anch’essa, tesa in
posizione di allerta. Una stretta prese lo stomaco di Alec: era
bellissimo. Ed
era suo.
“Magnus,
non c’è nessuno…” disse
avanzando cautamente.
Magnus
si volse, strabuzzando gli occhi gialli con le pupille verticali. Prima
che
Alec potesse pensare a quanto fossero magnetici e a quanto gli sarebbe
piaciuto
fissarli per ore, Magnus nascose il marchio.
“Alexander!”
lo accolse spaventato, correndogli incontro senza però
abbassare la guardia.
“Cos’è successo? Hai combattuto con
qualcuno?”
Magnus
abbracciò con lo sguardo tutta la stanza, cercando segni di
lotta o qualsiasi
indizio che potesse aiutarlo a capire cosa diavolo stesse accadendo.
Alec
sorrise in modo quasi triste, avvicinandosi per unire le loro dita e
sentire il
calore della magia – stavolta, però, non
sentì i palmi di Magnus più caldi dei
suoi. “Ci siamo solo io e te,” lo
rassicurò di nuovo.
“Alec,
le tue mani sono così calde! Hai la febbre?”
Alec
lo trascinò vicino alle mensole, interrompendo con un gesto
della mano libera
la protesta di Magnus, che ancora non si era convinto del fatto che non
ci
fosse nessun altro nell’appartamento.
“Cosa
sono questi vetri rotti?”
Alec
prese un sospiro e, posando le mani ai lati del viso di Magnus, gli
spiegò
come, la notte precedente, dovevano aver fatto cadere qualcosa nella
fretta di
togliersi i vestiti. Uno scintillio di malizia balenò negli
occhi di Magnus,
prima di essere inghiottito un’altra volta dalla
preoccupazione, e Alec sentì
le guance andare a fuoco. Dopotutto, anche lui aveva ripensato spesso
alla sera
prima, da quando si era alzato.
“Cosa
conteneva la boccetta?”
Alec
sospirò di nuovo, spostando le mani quel tanto che bastava
perché i suoi
pollici potessero carezzare gli zigomi di Magnus – e le
palpebre, i suoi occhi
sempre celati agli occhi del mondo.
Concentrandosi
sulla magia che sentiva carezzargli le ossa come un corpo estraneo, e
facendo
affidamento sulle Rune che, come aveva scoperto, gli conferivano un
controllo
già avanzato dei propri poteri, Alec ammiccò un
paio di volte prima di essere
sicuro di avercela fatta – non l’aveva ancora fatto
senza uno specchio.
“Alec!
No!”
Magnus
era sgomento, e Alec baciò via la smorfia di terrore che
aveva deformato il
bellissimo viso del suo fidanzato. Magnus si aggrappò alle
sue spalle per
spingerlo via, salvo poi arrendersi quando la lingua di Alec chiese
l’accesso
alla sua bocca.
Si
baciarono per un tempo indefinito, recuperando quel rituale mattutino
verso il
quale, a causa degli eventi, erano stati così negligenti.
Fu
Magnus a rompere il contatto, posando la fronte contro la sua.
“Non farlo mai
più, Alexander,” sospirò a voce bassa.
“Non trasformare più i tuoi occhi in—in
questo fardello.”
Alec
gli allontanò il viso per incrociare il suo sguardo, le mani
bollenti chiuse a
coppa sulle sue guance. “Mi hai trovato così
mostruoso da non sopportare di
guardarmi?” chiese con gentilezza, riprendendo a carezzargli
gli zigomi con le
dita.
Magnus
spalancò gli occhi, intrecciando le dita a quelle di Alec.
“No, Alexander, no!”
si affrettò a spiegare, mentre seppelliva parte del suo viso
nel palmo del
fidanzato. “Ti ho trovato—”
Alec
approfittò della sua indecisione, offrendo una descrizione
di ciò che, sperava,
Magnus aveva visto. E ciò che, senza dubbio, vedeva lui ogni
volta che aveva
l’occasione di scorgere quegli occhi dorati.
“Magnetico, potente, così bello da
non pensare nemmeno per un momento che un simile marchio fosse un
simbolo di
dannazione?”
Magnus
dischiuse le labbra, esterrefatto. I suoi occhi si inumidirono e, con
la prima
lacrima, cadde anche l’incantesimo che nascondeva le sue
iridi feline.
Alec
sorrise, vittorioso, baciandogli prima una palpebra e poi
l’altra. Sapeva che
Magnus si sentiva nudo, senza l’incantesimo che celava il suo
marchio; ma Alec
si era sentito nudo così tante volte, da quando lo aveva
incontrato, da non
poter ignorare quanto si sentisse libero adesso che Magnus gli aveva
insegnato
a superare tutte le sue paure.
Voleva
solo ricambiare; trovare un modo per dirgli che non era colpa sua, se i
suoi
occhi erano diversi. E che avrebbe potuto essere se stesso, con lui,
perché lo
avrebbe amato indipendentemente dai suoi occhi. E, anzi, che una parte
di lui
lo avrebbe amato proprio per ciò che rappresentavano
– la capacità di essere
così buono, nonostante la sua natura demoniaca.
“Hai
passato la mattina chiuso lì dentro?”
domandò Magnus dopo averlo baciato di
nuovo. Gli carezzò il braccio, scoprendo l’enkeli
insanguinato.
“Alexander, credo che la magia ti faccia male.”
“Me
ne sono accorto.”
Magnus
sorrise, inarcando un sopracciglio. “Intendevo che ti fa
uscire di testa,”
precisò con una risata. “Guarda come ti sei
conciato!”
Alec
non rispose, limitandosi a guardare il sorriso di Magnus e il modo in
cui
sembrava combaciare perfettamente con i suoi occhi dorati –
lo stomaco gli si
contrasse in una morsa dolorosa, ma piacevole, all’idea che
si stesse sforzando
a non nasconderli per lui.
Magnus
si voltò verso le mensole, riparando la boccetta in frantumi
con un gesto delle
dita. “Vieni qui, Alexander,” lo chiamò
come se Alec non gli avesse appena
fatto scivolare un braccio sul ventre, posando il mento sulla sua
spalla.
“Sono
qui,” rispose Alec, baciandolo appena dietro
l’orecchio. Sono qui.
Un
risolino sfuggì alle labbra di Magnus, prima di trasformarsi
nella sua versione
più professionale – Alec ignorò
l’arsura improvvisa, dicendosi che avrebbero
avuto tempo più tardi.
“Ridammi
la mia magia, Shadowhunter incosciente. Prima che Raziel in persona
scenda
sulla terra per riprendersi le sue Rune bistrattate.”
Alec
arrossì, realizzando di non aver minimamente pensato
all’Angelo. Sperò solo che
fosse più comprensivo di quel che si diceva,
perché altrimenti sarebbe finita
molto, molto male.
*