Alla
principessa Rhaenys piaceva la corte reale, però non poteva negare
di preferirle la tranquillità di Capo Tempesta. Senza contare che,
per i suoi gusti, il castello dov'era cresciuta appariva troppo
sfarzoso e amava decisamente di più la semplicità della casa del
marito.
La
principessa stava seduta su un divanetto di colore rosso rubino, che
si trovava accanto ad un tavolino di legno, e teneva tra le braccia
il figlio Daemon. Il neonato succhiava avidamente dal suo seno,
tenendo gli occhi azzurri puntati sulla pelle olivastra della madre.
Questa sorrise dolcemente al piccolo e gli accarezzò il capo celato
dalla copertina gialla con cui la creatura era avvolta.
«Hai
fame, vero?» doveva aver quasi finito di mangiare e a lei l'idea
dispiaceva un po'.
In
quel momento si sentì bussare alla porta e la bruna si voltò
perplessa.
«Chi
è?» chiese staccando il figlio dal seno e sistemando il corpetto
sotto al vestito, coprendosi.
«Sono
Renly» si drizzò in piedi e aprì la porta, maledicendosi per non
averci pensato prima che potesse trattarsi di suo marito.
Davanti
a lei apparve un uomo affascinante dai capelli corti di colore nero
e
gli occhi azzurri tipici dei Baratheon. Ricordava che la prima volta
che vide Renly rimase colpita dalla sua bellezza e pensò che sarebbe
stata felice con lui, ma ben presto scoprì che non l'avrebbe mai
amata: il suo cuore apparteneva già a Loras Tyrell. Non a una donna,
che magari sarebbe riuscita alla fine fargli dimenticare, ma bensì
ad un uomo. Naturalmente aveva sentito le voci sulla presunta
omosessualità del futuro marito, eppure non aveva voluto crederci,
illudendosi che fossero solo maldicenze.
«C'è
qualcosa che non va?»
L’uomo
non veniva mai da lei la sera, e sospettava che la passasse in
compagnia del suo amante. Le aveva detto che, se voleva, poteva farsi
pure lei un amante, ma Rhaenys non intendeva farlo. In ogni caso non
aveva ancora trovato
una
persona d'amare e che fosse adatta a lei. Senza contare che, se fosse
saltata fuori l’esistenza di un suo amante, rischiava di aumentare
le voci sull’omosessualità del marito e incoraggiare quelle che
volevano che il figlio non fosse davvero suo.
«Robert»
le rispose mestamente.
La
donna tirò un sospiro. Tra Renly e suo fratello non correva proprio
buon sangue per colpa dei pettegolezzi, suo cognato sembrava proprio
non tollerare in anzi tutto che suo fratello non fosse amante delle
donne e del vino quanto lui.
«Cos'è
successo stavolta?» domandò preoccupata, spostandosi per lasciarlo
entrare in camera.
Suo
marito varcò la soglia e, una volta dentro, la bruna chiuse la
porta.
«Vuole
organizzare un fidanzamento tra Cassana e Loras» spiegò sedendosi
sul letto e nascondendo il volto tra le mani. Prima o poi, Loras
avrebbe dovuto sposarsi in ogni caso, ma l'idea che fosse proprio con
sua nipote faceva particolarmente male a Renly.
Sua
moglie adagiò il figlio, che nel frattempo si era addormentato,
nella sua culla. Questa aveva delle tende di colore giallo zaffiro e
le coperte con cui coprì il neonato erano color grigio ferro.
«Mi
dispiace» non sapeva bene cosa dire e temeva che qualunque parola
che avrebbe pronunciato sarebbe risultata sbagliata.
Si
avvicinò al letto e, con cautela, si sedette accanto al coniuge che
non aveva alzato il viso dalle mani.
«Non
avrei mai pensato che avrebbe scelto di fargli sposare proprio mia
nipote» disse voltandosi verso di lei. Si sorprese nel vedere che i
suoi occhi erano normali e non rossi e umidi per il pianto come
invece si aspettava.
«Magari
i Tyrell non accetteranno» suppose titubante. Robert poteva aver
promesso loro una bella dote e, se Jon avesse sposato sua sorella,
quell'unione ai loro occhi poteva apparire ancora più conveniente.
«So
che stavano organizzando un'unione tra Willas è Sansa Stark, ma per
quanto ne so non avevano alcun progetto per Loras» disse passandosi
una mano tra i capelli con aria rassegnata.
L'altra
gli posò una mano sulla spalla, in un gesto che avrebbe voluto
essere consolatore, e sul suo volto apparve un sorriso forzato.
«Vedrai
che si risolverà tutto»
commentò
dolcemente.
Rimase
quasi a bocca aperta quando l’abbracciò con trasporto e, dopo un
attimo di esitazione, gli accarezzò la schiena, seppure piano e con
aria incerta dipinta sul viso. Lo amava da cinque anni, però
confessarglielo non avrebbe mutato la loro esitazione.
«Posso
dormire con te?»
aveva
la voce supplichevole di un bambino.
Lei
si intenerì dinanzi ai suoi occhi da cucciolo bastonato e annuì
piano.
Dormirono
abbracciati: Renly tenne tutta la notte la testa poggiata sul suo
petto e Rhaenys tenne un braccio avvolto attorno al suo corpo e gli
diede pure un bacio sul capo. Il suo gesto poteva apparire
semplicemente materno, eppure in realtà era un bacio che esprimeva
tutto il suo amore represso e che il coniuge non avrebbe mai
ricambiato.
Il
giorno dopo
Come
ogni mattina, la famiglia reale si sedette a tavola per consumare la
colazione.
Quel
giorno c’erano anche Rhaenys, seduta vicino alla madre Elia, e suo
marito, che aveva preso posto dinanzi a lei, accanto al principe
Aemon. La principessa non poté fare a meno di notare l'espressione
triste sul volto della sorella minore.
«Cos'è
successo, Visenya? Hai una faccia terribile»
notò
preoccupata, non riuscendo a trattenersi.
Invece
di risponderle, l'altra si drizzò in piedi e corse fuori dalla
stanza.
«Visenya!
Visenya, torna subito qui!»
sua
madre, che tendeva sempre a giustificarla, questa volta appariva
proprio arrabbiata.
La
ventenne non l’ascoltò e uscì fuori dalla stanza sbattendo la
porta dietro di sé, sotto lo sguardo stupefatto della sorella
maggiore che si voltò confusa verso sua madre.
«Si
può sapere cos'è successo?»
chiese.
Elia sembrava decisamente provata e si mosse a disagio sulla sedia.
Non le rispose e si girò verso il re seduto a capotavola.
«Visto
cos'hai ottenuto? Si può sapere cosa ti è preso?»
domandò
la Martell fulminando con lo sguardo il Targaryen, che la fissò con
un'espressione impassibile sul volto. Il resto dei presenti taceva e
avevano smesso tutti di mangiare.
«Prima
vuoi che sposi Jon e poi senza una valida spiegazione annulli le
nozze»
aggiunse
e Rhaenys intuì che fosse proprio quello il motivo per cui Visenya
doveva essere tanto giù di morale e un po' arrabbiata.
«Ho
i miei buoni motivi, e poi sarà felice al Nord»
esclamò.
«Un
giorno diventerà anche regina»
continuò
con tono fiero.
«Credi
davvero che la corona del Nord compenserà la perdita dell’uomo che
ama?»
il
tono di Elia era freddo quanto il ghiaccio e, se gli sguardi
potessero uccidere, Rhaenys sospettava che suo padre sarebbe morto.
Dopo
quanto accaduto tra i Targaryen e gli Stark, suo padre, per cercare
di sistemare le cose del tutto con quella casata a cui aveva "rapito"
e forse disonorato
una
figlia, aveva concesso l'indipendenza al Nord nominando Eddard Stark
re. Il lupo, che aveva da poco perso il fratello maggiore, non si
sarebbe mai aspettato una cosa del genere e, dopo un’iniziale
titubanza, spinto anche dai lord del Nord, accettò il titolo.
La
mente della giovane tornò indietro nel tempo, a quando sua sorella
ricevette una magnifica bambola in regalo da ser Arthur Dayne e sua
madre non la prese proprio bene, stranamente.
Diciassette
anni prima
Quel
giorno cadeva il terzo compleanno della secondogenita femmina di
Rhaegar Targaryen e sua moglie Elia Martell.
Per
l'occasione Rhaegar e la sua consorte avevano organizzato un piccolo
tavolo imbandito in un punto del giardino del castello, e solo loro e
gli altri due figli avevano preso parte ai festeggiamenti.
La
loro figlia maggiore aveva solo sette anni, però aveva già capito
una cosa importante: Visenya era la preferita e non lei.
La
piccola, a cui gli Dei avevano fatto dono dell'aspetto tipico dei
Martell e degli occhi viola dei Targaryen, secondo lo zio Doran
assomigliava tanto ad Elia da bambina e zio Oberyn concordava con
lui. Rhaenys si chiedeva se fosse solo la gelosia, come le aveva
detto la sua septa, a farle pensare che tutti le preferivano la
sorellina.
Dopo
il banchetto il padre dovette andarsene suo malgrado per presenziare
a qualche riunione al posto di suo nonno, il re, che non stava bene.
Allora loro lasciarono il tavolino di legno per sedersi su una grande
coperta di colore rosso rubino con ricamato sopra il drago a tre
teste della loro casata, in mezzo ai fiori colorati e profumati che
si trovavano tra l'erba verde.
Sua
madre sistemò Visenya tra le sue gambe lasciando che la piccola si
poggiasse contro il suo petto e la sua pancia con la schiena. Gli
altri due principi si accomodarono alla destra e sinistra di Elia.
Aiutarono
la bimba ad aprire i suoi regali e Aegon storceva il naso ogni volta
che il regalo si rivelava essere una bambola o un vestito.
Qualche
minuto dopo aprirono l'ultimo dono, quello da parte
zio
Doran e zio Oberyn, ovvero una collanina d'argento con un ciondolo
d'oro a forma di sole, simbolo della casa Martell. Pensarono che
fosse finita, tuttavia, quando la Martell fece per alzarsi in piedi
stringendo a sé la figlia più piccola, ser Arthur si avvicinò a
loro con in mano una scatola di legno dalla forma rettangolare. Elia
lo fissò sorpresa e si drizzò in piedi. Il cavaliere allungò la
scatola, che era tenuta chiusa da un fiocco di colore rosso, e la
principessina la prese in mano e tirò un pezzo del drappo di seta
sotto lo sguardo indecifrabile della madre, che continuava a guardare
l'uomo con aria quasi infastidita. Il dono si rivelò essere una
bambola: indossava un vestitino di colore azzurro e aveva degli
insoliti occhi viola. Appariva graziosa, con la testa proporzionata
al resto del lungo corpo sottile come anche le braccia e le gambe.
«Bambola»
la
dolce voce della bimba parve riportare Elia alla realtà. Sbatté le
palpebre come se si fosse svegliata da un sogno ad occhi aperti
e
il suo sguardo cadde sulla bambola. La prese in mano e iniziò a
rigirarsela tra le mani,fissandola attentamente.
«Grazie,
ma sarebbe meglio che voi evitaste in futuro »
il
suo tono freddo sorprese la figlia maggiore e sul volto del cavaliere
apparve un’espressione stupita e ferita allo stesso tempo. Senza
dire una parola se ne andò lasciandoli lì da soli.
Oggi
Persa
nel suo ricordo di infanzia, Rhaenys non si era nemmeno accorta che
sua madre avesse lasciato velocemente la stanza sbattendosi la porta
alle spalle scocciata.
"Come
mai aveva reagito in quel modo?" Se lo chiedeva da diciassette
anni e ancora non aveva trovato una risposta a quella domanda. Però
c'era una persona che magari poteva spiegarglielo, quindi si alzò in
piedi con l'intenzione di andarla a cercare.
«Mi
è venuta in mente una cosa, scusate»
senza
ulteriori spiegazioni abbandonò la sala sotto gli sguardi confusi
dei presenti, soprattutto quello di suo marito
Trovò
la persona che stava cercando nel campo di allenamento nel giardino
del castello.
Arthur
Dayne era invecchiato e trai suoi capelli era presente qualche ciocca
bianca mentre sul suo viso poteva vedere qualche ruga. Si trovava in
piedi accanto allo steccato del recinto rettangolare che circondava
il campo e si stava asciugando il sudore della fronte e del viso.
Altri uomini erano intendi ad allenarsi con l'arco o dei fantocci.
«Ser
Arthur»
una
voce femminile, che la principessa conosceva bene, chiamò il membro
della Guardia Reale.
L’uomo
si voltò verso Visenya: la giovane aveva ancora gli occhi rossi però
aveva già smesso di piangere e si trovava dall'altra parte del campo
in piedi dietro alla staccionata.
"Non
mi ha visto" constatò mentalmente Rhaenys mentre vedeva Arthur
raggiungere la sorella.
I
due si misero a parlare, ma la Baratheon era troppo lontana per
capire di cosa. Aveva sentito delle voci secondo le quali la sua
sorellina fosse un po' troppo intima con il cavaliere e alcuni
parlavano addirittura di una lezione... Eppure la possibilità che la
Targaryen non fosse più vergine non pareva scoraggiare possibili
pretendenti. Da parte sua, la donna e i suoi genitori non ci
credevano, sebbene le voci fossero insistenti.
"Devo
ammettere che paiono proprio amichevoli" commentò guardando
contrariata Dayne accarezzare una guancia alla bruna che gli sorrise
di rimando. Decise di andarsene, intuendo che fosse meglio rimandare
a dopo la sua chiacchierata con Arthur. "Ho aspettato
diciassette anni e penso di poter aspettare ancora un po'." Se
ne andò lasciando i due da soli, credendo che Visenya avesse bisogno
di affetto in quel momento.
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