adòald
Precipitango
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● Capitolo
Uno
●
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Dégel
sa già che quando si siederà sulla sua poltrona
qualcosa gli impedirà di rilassarsi.
Lo
sa, eppure si lascia cadere sul morbido velluto lo stesso, stringendo
una vecchia, polverosa, edizione de I Demoni di
Dostoevskij.
Il
fresco delle sale dell'Undicesima Casa, merito della tecnica del suo
Sacro Custode, offre un ottimo riparo dal caldo sole di Grecia, ma,
ahimé, è del tutto inutile contro gli scocciatori
di
turno, che sembrano materializzarsi dal nulla nel momento in cui
Aquarius decide di prendersi una pausa.
Tuttavia,
la calma che in apparenza lo circonda gli fa sperare, per un
breve ma intenso istante, che forse questa volta, la prima da quando
è giunto al Santuario, ce la farà.
Si
guarda intorno più volte, un fine sopracciglio inarcato.
Poi,
ancora incredulo, inforca un paio di occhiali e apre il libro.
Perso
com'è nella lettura, non si accorge che un impavido messo
è entrato correndo a rotta di collo, sfidando la
tranquillità del Tempio di Aquarius.
Il
giovinetto si ferma solo a metà dell'ampia sala d'ingresso,
piegandosi sulle ginocchia per riprendere fiato.
Poi,
dopo un secondo o forse due, prende ad urlare con quanto fiato ha in
corpo.
«
AQUARIUS! AQUARIUS!
»
Dégel
lancia il libro in aria e scatta in posizione d'attacco, pronto a
congelare l'indesiderato ospite.
Quando
si accorge che si tratta semplicemente di un messo, e per di
più un messo terrorizzato (da lui, probabilmente),
è solo
facendo appello a tutto il suo leggendario sangue freddo che riesce a
desistere dalla voglia di trasformare il disgraziato in un cubetto di
ghiaccio.
Gli
lancia comunque un'occhiata di puro, gelido, odio.
«
Per tutti gli Déi d'Olimpo, ma che hai da urlare tanto?
»
Il
ragazzo sembra fare appello a tutto il suo coraggio, quando
parla di nuovo.
Evita,
curiosamente, di guardare il francese negli occhi.
«
Signore... io... mi dispiace... ma il Grande Sacerdote ha detto che era
urgente... »
Dégel
si è intanto chinato a raccogliere I
Demoni, e ne
carezza la copertina dall'aria consunta quasi a volerle chiedere scusa
per il brusco volo.
Nonostante
non stia guardando il suo interlocutore, l'attenzione del Cavaliere
è totale.
«
Perdonami, Zagreus, e dimmi, cos'è successo? »
«
Si tratta di Cardia, signore, Cavaliere di Scorpio... Ecco,
signore, lui ha una febbre che nessuno riesce a placare, ed il Grande
Sacerdote crede che invece lei - »
«
Fammi capire. Il Cavaliere di Scorpio... ha la febbre? »
Zagreus
sembra accorgersi della totale mancanza di logica della sua
affermazione, perché sbianca all'improvviso.
Chissà,
forse teme davvero che il Cavaliere dell'Undicesima lo congeli.
«
S-signore io... riferisco s-solo quelli c-che sono gli... gli ordini...
»
Dégel
alza allora gli occhi dal vecchio volume, e con aria distratta prende
ad accarezzarsi una lunga ciocca di capelli.
Questo
è davvero strano, pensa.
Tuttavia,
se sono ordini del Grande Sacerdote, non gli resta che adempiere ai
suoi doveri di Cavaliere.
«
E sia. Dove si trova, in questo momento, il Cavaliere di Scorpio?
»
Le
guance del ragazzetto sembrano ritrovare un po' dell'antico colore,
e quando parla di nuovo sembra decisamente più rilassato.
«
All'Ottava, mio signore... Farà bene a raggiungerlo subito!
»
Con
un movimento distinto ed un fruscio del mantello, Dégel
è di nuovo in piedi, lo sguardo fisso su Zagreus.
«
Riferisci al Grande Sacerdote che Dégel dell'Acquario si
recherà all'Ottava Casa per placare la febbre del suo Sacro
Custode. »
Il
ragazzo distende il volto in un timido sorriso, poi china il capo e
congiunge le mani.
«
Lo consideri già fatto, signore. Ah, un'ultima cosa...
»
Ma
quando Zagreus alza di nuovo lo sguardo si ritrova a fissare il vuoto.
*
* *
L'Ottava
Casa è l'Inferno.
Più
avanza verso l'interno, più se ne convince.
L'Ottava
Casa è proprio l'Inferno.
Non
si stupirebbe di trovarvi Hades in persona, circondato dai suoi
Specteracci.
Dégel
avanza cauto tra il caos generale, riflettendo sulle
possibili cause di quel disordine incredibile: uno scontro
particolarmente violento, un uragano, vandali...
Quando
sente una voce provenire da una delle stanze private, e quasi
inciampa in qualcosa che ricorda terribilmente un vecchio pneumatico.
Rapido,
dirige il passo verso la camera centrale, e, una volta dentro, chiude
la porta alle sue spalle.
Rimane
in silenzio a fissare una figura accasciata su una panca, che sembra
tutto fuorché viva.
Per
un folle istante, Dégel si chiede se non sia troppo tardi.
«
Cavaliere di Scorpio? »
Lo
chiama.
L'interpellato
agita debolmente la mano destra, poi si costringe a parlare.
«
Grigio. Sei tutto grigio, chi sei? Che noia... E - Oddio, sto male
»
La
voce gli esce a fatica, rauca, debole, eppure reale.
Dégel
purtroppo non nota lo sforzo e la sofferenza sul volto dell'altro
mentre cerca di articolare le parole.
«
Il mio nome è Dégel, Cavaliere d'Oro
dell'Acquario. Sono stato inviato qui dal Grande Sacerdote per placare
la tua febbre. Ciò che non capisco è... come te
la sei
procurata? »
La
vista appannata dal malore, il Saint dello Scorpione tenta ancora di
replicare.
«
L'ironia non ci perde mai di vista! »
«
Come, scusa? »
«
Non guardare il Sole! »
«
Non credo di - »
«
Io credo che le persone indifacenti... no, indipendenti...
tentino di separarsi dalla propria padella, sì? »
Dégel
a quel punto comincia a considerare l'ipotesi del Delirium
Tremens.
Non
vuole credere che il Cavaliere dell'Ottava Casa sia del tutto tocco.
Anche
se l'Ottava
Casa è l'Inferno.
«
Io ti odio. Sei tutto grigio. »
«
Beh, grazie mille. Ora sta' fermo, o non riuscirò mai a -
»
«
Dio perdonami voglio essere puro! »
Dopo
circa mezz'ora di ghiaccio e frasi senza senso, Dégel
è riuscito a placare quasi del tutto il malore.
Almeno, pensa
con una nota di sollievo, adesso
Scorpio sta zitto.
Il
compagno giace infatti addormentato con la testa sulle sue gambe,
pallido in volto, ma senza più una linea di quella strana,
fortissima, febbre.
Mentre
il Cavaliere dell'Undicesima ancora si interroga
sulle possibile cause, il suo sguardo vaga distrattamente per
la
stanza.
Il
caos, che regna sovrano all'Ottava Casa, sembra aver risparmiato un
solo angolo di questa.
E,
più precisamente, quello in cui il suo Custode ripone
l'armatura.
In
bella mostra su una pedana rialzata, stanno infatti le Sacre
Vestigia dello Scorpione, in netto contrasto col resto della camera.
Forse
perché, e Dégel sorride in uno sbuffo al
pensiero, essere un Santo D'Atena è l'unico vero orgoglio
del ragazzo che ora sta sbavando in maniera molto poco santa sui suoi
calzoni.
Non
ricorda neppure il suo nome, eppure Zagreus dovrebbe averglielo detto.
Carlo. Riccardo. Enea.
«
Per tutti i mutandoni di Zeus... »
Probabilmente,
se Dégel avesse avuto un libro fra le mani, l'avrebbe fatto
volare, di nuovo.
Tira
un profondo sospiro, socchiudendo piano gli occhi, poi si rivolge al
compagno che sembra sveglio, sì, ma ancora piuttosto demente.
«
Oh, ti sei svegliato, vedo. Bene, la febbre è calata di
molto, ora dovrebbe - »
«
... che, per caso il Santuario si è trasferito al Polo Nord?
»
Il
Saint dello Scorpione rabbrividisce più volte, stringendosi
nelle spalle.
«
Oh, quello... no, siamo ancora in Grecia. Il freddo che senti
è opera mia. »
«
E tu chi sei? Lo Yeti? »
Sembra
confuso.
«
No... te l'ho già detto, ma probabilmente tu non mi
stavi ascoltando. Sono Dégel dell'Acquario, il Grande
Sacerdote
mi ha inviato qui per placare la tua febbre »
Sembra
ancora confuso, ma annuisce lo stesso.
«
Io sono Cardia dello Scorpione »
«
Piacere di fare la tua - ehm - conoscenza. »
«
Piacere mio - scusa, come hai detto che ti chiami? »
«
Dégel, Dégel dell'Acquario. »
«
Che nome buffo. Che lingua è? »
«
Francese. »
«
Sei francese? »
«
Sì.»
«
Ah. È per questo che sei così grigio. »
«
Grigio? »
«
Grigio. Francese. »
Dégel
non si prende neanche la briga di replicare, e, con eroico sforzo,
devia il discorso.
Dopotutto,
è un Cavaliere di Atena.
«
Quella febbre... era davvero forte, sai. Come te la sei procurata?
»
Chiede,
con cautela. Sa che non deve insistere, o non otterrà
nessuna risposta.
«
Ah, il cuore. »
Risponde
l'altro, semplicemente.
Dégel
non è sicuro di aver capito, così fa per
domandare ulteriori informazioni.
Cardia,
però, intercetta la sua domanda a mezz'aria.
«
Una malattia cardiaca contro cui combatto dalla nascita. Il
Grande Sacerdote mi ha dato il permesso di sperimentare una tecnica,
ma... qualcosa dev'essere andato storto. Credevo te l'avesse detto.
»
«
Io... non lo sapevo. »
«
Pazienza. Mi accontenterò di una vita breve ma intensa.
»
Dégel
si accorge che il compagno non lo guarda più, mentre si
abbandona sulla panca con un gesto teatrale.
«
Senti, non è che puoi chiudere la cella frigo o quello che
è? »
«
Oh, sì, certo. Ora che la febbre è scesa, non ce
n'è più bisogno. »
E,
con un elegante movimento del polso, il Cavaliere dell'Undicesima
interrompe la sua tecnica.
Pensa
che ora dovrebbe alzarsi e tornare al suo Tempio, eppure qualcosa
lo trattiene lì, inginocchiato accanto al compagno, che,
Dégel ne è sempre più convinto,
è totalmente folle.
«
Non dirai a nessuno del mio problema, vero? »
Cardia
sembra serio, o quasi, per la prima volta da quando l'ha conosciuto,
gli occhi fissi in quelli verdi del francese.
E,
Dégel realizza solo adesso, i suoi occhi sono azzurri.
Così
azzurri.
«
Puoi stare tranquillo, Cardia. Ammiro il tuo - »
«
Sapevo di potermi fidare di te! Te lo si legge in faccia! »
«
Ah. »
«
Forse mi sbagliavo. Dopotutto, sei abbastanza verde! »
«
Verde. »
«
Sì, lo so, è buffo! Un francese verde! Ehi, pensi
che potresti farmi un ghiacciolo? Al limone, sì? »
Dégel
si intrattiene con una breve fantasia in cui Cardia soffoca grazie ai
suoi stessi, buffi, capelli.
Va
sempre più convincendosi che, più che il cuore,
il vero problema del Cavaliere dell'Ottava sia la testa.
E
poi, non sa precisamente perché, lo
accontenta.
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!! ATTENZIONE !!
Le seguenti
dichiarazioni contengono un quantitativo esplosivo di boiate.
QUAAA QUAAA QUAAA QUÉÉÉ... qua qua
que... qui quae quod... QUA! :3
Qua... quiiiii, quaeeeee. :(
Qua... quiiii, que quo quo cum, ut qua PPPPè. Qu? *_*
Qua que qui, qué? Que quequa, quod ut.
QUORUM QUA QUÉ, DÉGEL QUA CAMUS, QUARDIA
QUA MILO! *____*
QUUUUUA... QUA QUE QUE QUE QUA QUA CAMUS... quod quaem cum ut ne
Dégel (qua quam lovelove)
quam Albert Camus - QU AH AH AH- quis quid DOSTOEVSKIJ! (qua qua quorum... que 1700...ehm...QUAAAA!)
ù_ù
QUARDIA qua qua quamdeficiente. QUASORRY.
QUA que que lovelove.
Qua qué... QUE QUE QUI, quod QUA QUA. *w*
QUA QUA DOS QUÉ!
QU - AH AH AH AH.
*traduce
dal pinguinese*
Non ho mai provato a scrivere niente, ma tutti mi hanno sempre detto
che avrei invece potuto, e allora eccomi qui :3
Anche se... sì, lo so che è una schifezza :(
Ma è solo il primo capitolo... magari poi miglioro col
tempo. Eh? *_*
Coppia insolita, no? Credo di non aver mai letto niente, su loro.
Ma mi ispirava... sarà perché Dégel e
Cardia sono le copie spiccicate di Camus e Milo! *____*
Cooomunque, avrei tanto voluto citare Re Polaretto (Camus), facendo
leggere a Dégel (il nostro letterato amorosho)
qualcosa di Albert Camus... solo che poi ho cominciato a ridere, e
allora ho optato per Dostoevskij. (solo che... ehm... non era nemmeno nato, nel 1700... VABEH!) ù_ù
Cardia sembra un deficiente. Mi dispiace.
Io lo amo lo stesso.
Su, lasciate almeno un commentino a questo pinguino ammuffito. *w*
Secondo capitolo in cantiere!
QU - AH AH AH AH.
(risata malefica pinguinesca)
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