Nulla si
crea, nulla si distrugge
-
Quando lo sentì nuovamente sghignazzare
come una
scolaretta, Roxas avrebbe voluto chiedergli che cosa avesse mai
scatenato cotanta ilarità. Forse, in un altro frangente, gli
avrebbe
chiesto di renderlo partecipe.
Quel pomeriggio, però, Roxas non era
dell'umore
adatto per assecondare l'idiozia di Axel.
Anzi, avrebbe potuto abbandonarsi agli improperi e
definirsi incazzato nero con quella testa quadra
che lanciava
sorrisetti beoti all'indirizzo del suo smartphone mentre, in una
delle posizioni più sgraziate che avesse mai visto,
bivaccava sul
suo letto invece di stare seduto alla scrivania come avrebbe dovuto.
Il biondo avrebbe dovuto capirlo subito quella
mattina quando il suo migliore amico, espressione affranta alla mano
e tono lagnoso, l'aveva intercettato davanti agli armadietti per
chiedergli aiuto con chimica.
Intelligente come gli altri lo consideravano,
avrebbe
dovuto comprendere nell'immediato che si trattava di un'idea stronza
di prima categoria e che avrebbe inevitabilmente preso quella piega
assurda: lui, chino su formule che sapeva recitare a menadito, e
l'altro, intento a farsi i fatti suoi nonostante il test di recupero
che avrebbe dovuto affrontare di lì a breve.
Non frequentavano la stessa classe, ma, pensava
Roxas, almeno sulle basi avrebbe potuto dargli quel sostentamento che
andava cercando. Il resto, ponderò innocentemente, avrebbe
potuto
intraprenderlo da sè.
Ed invece eccolo lì, a scrollare con
quel dito lungo
ed esile la bacheca di Facebook dove, lo sapeva anche da solo, non
l'avrebbe mai colto la divinazione che gli avrebbe fatto prendere la
sufficienza.
All'ennesimo grugnito divertito, il biondo si
maledisse nelle tre lingue che conosceva chiedendosi cosa mai lo
avesse spinto, tanti anni prima, a stringere amicizia con
quell'individuo di dubbio gusto che stava pericolosamente giocando
con la sua indole paziente.
Tamburellò due dita sulla superficie
liscia della
scrivania scoccando un'occhiata acida alla sedia vuota che
troneggiava accanto alla sua, diligentemente occupata da un
altrettanto diligente essere umano.
<< Axel...
>> abbaiò a mezza
voce, ma l'altro fece ben poco per manifestare la sua attenzione:
buttò un occhio al di là dello schermo e
cercò vagamente il suo
sguardo.
<< Dimmi, Roxi >>
Dimmi Roxi?
Glissò sul soprannome, frustrante
conseguenza del
sue esile, tenero apparire, e spalancò la bocca in un moto
di
incredulità.
Lo stava forse prendendo per il culo?
La bocca asciutta per il fastidio che pungolava la
sua trachea non lo aiutò a trovare una risposta
soddisfacente.
Axel sbadigliò con poca grazia e
sgranchì ogni
muscolo del suo corpo vittima di un torpore causato dalla posizione
assurda sostenuta fino a poco prima; scattò a sedere sul
letto
ancora disfatto e sorrise all'altro facendogli un cenno eloquente con
la mano. Le sue intenzioni erano chiare: voleva che lo raggiungesse.
Roxas sobbalzò e deglutì a
secco nel vano tentativo
di sciogliere quel groppo che era andato annodandosi nella sua gola.
<< Vieni a farmi le coccole, Roxi-chu
>>
se ne uscì, con tono mellifluo, e l'altro lo
scrutò con cipiglio
severo.
Era da parecchio, in realtà, che il
rosso aveva
palesato senza riserve i sentimenti che nutriva per lui, ma l'altro
non riusciva a nascondere il disagio che lo coglieva ogni qualvolta
si avvicinavano in maniera più intima del solito.
Aveva una gran confusione in testa, e certo
l'atteggiamento promiscuo del rosso non lo aiutava a ripristinare
l'ordine in quel chaos che gli frullava frenetico nella scatola
cranica.
La verità, aveva constatato amaramente,
stava nella
rivelazione che le attenzioni di Axel non gli fossero del tutto
indifferenti. Ma quella era una questione difficile, con angoli
spigolosi e poca voglia di smussarli per averne un quadro di
più
semplice interpretazione.
Roxas si irrigidì, i nervi tesi
prominenti sotto la
pelle, pronto a scattare al minimo segnale di allarme.
Il rosso inclinò la testa di lato e gli
sorrise. <<
Hai paura? >>
Il ragazzo corrugò le sopracciglia,
pensoso: si
riteneva turbato da determinate cose - la confusione che gli occhi
verdi dell'altro accendevano in lui, quella manciata di extrasistole
che prendeva il posto di un battito cardiaco regolare quando lo
toccava con più malizia del necessario - ma non aveva
paura
di Axel, no.
Abbassò gli occhioni cerulei e si
sorprese nello
scoprire che le sue mani stavano stringendo febbrilmente il tavolo,
le nocche ormai pallide sotto la ferrea presa che esercitavano
sull'irregolare superficie legnosa; le staccò con urgenza,
come se
l'intera scrivania avesse preso fuoco all'improvviso e gli stesse
ustionando la tenera carne dei palmi diafani.
Axel rise, ma non per schernirlo dell'imbarazzo che
andava covando.
<< Vieni qui >> gli
disse, e la sua voce
calda gli penetrò nel cervello, ingorgò gli
anfratti di ogni
singola piega di quell'organo lasciandolo annegare in un mare dolce e
terribile << Non ti faccio niente di male, Roxi.
>>
Sì. Ma cos'era il male
per lui?
Non annoverava fra le varie sfaccettature della sua
concezione del male anche il continuo tentarlo? Trascinarlo su una
china astiosa?
Roxas si sentiva alla stregua di una marionetta:
poche parole sussurrate come un sortilegio che andava annichilendo il
suo libero arbitrio; si mosse meccanicamente dalla sedia al letto,
con passi incerti come quelli di un bambino che pone un piede davanti
all'altro per la prima, fugace volta, e si sedette sul bordo del
giaciglio sfatto, abbastanza lontano da non sentire il suo profumo,
abbastanza vicino da poterlo sfiorare se solo avesse proteso una mano
verso di lui – se solo avesse voluto.
Axel si spinse piano accanto a lui, che permaneva
nella sua innaturale rigidità; sentiva il frusciare delle
lenzuola
sotto il peso del corpo del rosso, il cuore frullargli nel petto
spasmodicamente. Era come se un giovane uccellino, alle prime lezioni
di volo, si fosse annidato nel suo petto ed avesse preso il posto del
suo organo pulsante sbattendo le ali con violenza contro la sua
gabbia toracica.
Solo un minuto, si disse
colpevole.
Se si fosse abbandonato solo per un minuto alle sue
piacevoli attenzioni, poi avrebbe potuto ricomporre la sua facciata
distaccata pezzo dopo pezzo fingendo che tutto andasse bene quando,
in realtà, tutte le verità che annoverava fra
quelle da lui
riconosciute si stavano lentamente sfaldando una dopo l'altra. Era
come se il leggero tocco del rosso fosse al tempo stesso un veleno ed
il suo antidoto, un balsamo in grado di lenire le ferite che esso
stesso procurava.
Axel non si era mai spinto oltre la semplice
carezza
o l'abbraccio; almeno di questo doveva essergliene grato: sembrava
quasi lo capisse che vi fossero dei limiti e lui, alla meno peggio,
pareva rispettarli.
Roxas aveva chiuso gli occhi, un giocattolo fra le
mani fortuite del destino, ed attendeva.
Quando sentì le mani dell'altro posarsi
sulla sua
schiena minuta, un sospiro gli sfuggì dalle labbra. Axel
percorse
piano la lunghezza della spina dorsale da sopra la camicia della
divisa scolastica; indugiava con i polpastrelli lisci su ogni
vertebra come se stesse suonando una qualche melodia. Aprì
le mani
ed accolse le sue scapole ossute fra i palmi mentre poggiava il
mento, con delicatezza, sopra la sua spalla. Le mani continuarono a
planare sinuose sulla sua carne bollente, risalirono la china del suo
dorso, e si giunsero davanti al suo petto magro rinchiudendo il
biondino in un abbraccio. La presa era stretta, ma non soffocante; al
biondo parve di ricordare quando, da bambino, indugiava qualche
minuto in più avviluppato dal tepore delle lenzuola nelle
uggiose
mattinate d'autunno. Era un calore famigliare e rassicurante, che
quasi annichiliva quel sentore di peccato che si annidava sempre nel
suo stomaco ogni qualvolta l'altro lo toccasse.
Era strano come l'aria acquisisse tutto un altro
sapore quando Axel lo abbracciava; il tempo stesso, nonostante i
dettami perentori ai quali rispondeva, sembrava sottostare a leggi
tutte nuove che venivano dettate solo dai loro corpi giunti in una
maniera così semplice, così pudica. A Roxas
sembrava sempre di
galleggiare un paio di metri sopra il terreno, come se il suo stesso
corpo si smaterializzasse pian piano, come se ogni singola cellula
che lo componeva si alleggerisse e decidesse di propria iniziativa di
non sottostare più a nessuna legge di gravità.
Era strano. Una sensazione completamente nuova e
che,
come tale, lo saturava di un'eccitante paura satura di adrenalina.
Un paio di tocchi colpirono la superficie di una
porta un paio di mondi più in là.
Il biondo sussultò e cercò di
divincolarsi dalla
presa ferrea dell'altro, ma già sapeva che le
probabilità di
successo erano scarse: quando ci si metteva, Axel era peggio di
quelle calamite pacchiane che si attaccano ai frigoriferi e che hanno
un vago sentore di ricordi lieti e posti lontani.
La porta si schiuse appena e, fra lo stipite e
l'anta, fece capolino una ribelle chioma rossa.
<< Ragazzi, posso? >>
trillò una voce
argentina, e la madre di Axel mosse un paio di passi veloci per
entrare nella camera da letto.
Roxas, pur avendola già vista altre
volte, non
avrebbe mai esaurito quei due sentimenti che si impossessavano del
suo cuore ogni qualvolta la vedesse.
Affetto, perchè era davvero la donna
più affabile
ed adorabile dell'intero pianeta.
Sconcerto, perchè, con quella chioma
focosa e quei
verdi occhi da gatta furba, assomigliava tremendamente al figlio mal
raffazzonato che aveva messo al mondo quasi due decadi prima.
La donna inclinò il capo di lato,
sorridendo. <<
Axel, Axel... >> gorgheggiò bonaria
<< Se continui a
strapazzare il nostro leoncino a quel modo, lo metterai a disagio.
>>
Scosse appena la testa minuta ed i grandi boccoli
rossi carezzarono le sue spalle sottili con una gentilezza tale da
far credere che no, non potesse essere una donna in carne ed ossa:
era un figura eterea, celestiale.
Si avvicinò alla scrivania, con passi
così leggeri
da indurre Roxas a pensare che, in realtà, stesse fluttuando
ad una
manciata di centimetri dal pavimento, e posò un vassoio
carico di
pietanze sulla superficie laccata del tavolo.
<< Vi ho portato la merenda, piccoli
scienziati. >> sghignazzò appena, e le sue
labbra si tirarono
in una di quelle smorfie bonarie che svettavano spesso e volentieri
sul volto di Axel.
Il biondo si ritrovò a pensare a quanto
la sua, di
madre, fosse diametralmente opposta rispetto a quella del suo
migliore amico.
La rossa, entrando in camera, li aveva sorpresi in
una posizione alquanto sconveniente - il fatto che fosse Axel ad
abbracciarlo senza essere ricambiato non era importante - e stava
lì
a fissarli sorridendo, come se fosse la cosa più naturale
del mondo.
Fosse capitata una scena simile nella sua camera da
letto, a sua madre sarebbe sicuramente preso un colpo ed avrebbe
snocciolato il suo rosario nel vano tentativo di salvare il salvabile
della sua anima corrotta.
La piacevole atmosfera che l'aveva intorpidito
scemò
e scoppiò nell'aria circostante come un'effimera bolla di
sapone.
Sospirò mentre schiaffeggiava appena la
mano -
enorme, Cristo - di Axel che era ancora arpionata intorno al suo
petto.
Il rosso, con un grugnito da fiera spavalda,
abbandonò il ragazzo e si diresse mollemente verso la
scrivania con
una flemma indolente, quasi l'ingurgitare quei muffin ai frutti di
bosco fosse più un moto imposto che voluto, la diretta
risposta di
un silente ordine perentorio dettato dalle abitudini di vita.
Lo ingoiò con morsi appena accennati e
lanciò
un'eloquente occhiata a sua madre, un cristallino invito ad
abbandonare il suo habitat.
La donna sventolò una mano in aria,
accennando un
saluto all'ospite, e se ne andò così com'era
venuta, con la
leggiadria di una cerbiatta che si inoltra silenziosa nel folto del
bosco.
Axel chiuse la porta con un indelicato colpo di
tacco
e si sfregò le mani, pronte ad arraffare una seconda
leccornia dal
quel semplice vassoio di plastica; trangugiò il secondo
muffin con
avidità, quasi completamente dimentico di Roxas, della
chimica, dei
suoi abbracci sconvenienti.
<< Cristo, sembri una fottuta anatra.
Ma vuoi
masticare?! >> sbottò il biondo scandalizzato,
ma l'altro
roteò saccente una mano davanti al suo viso senz'altro
aggiungere,
segno che l'esser ripreso per tale motivo era una solfa che aveva
attraversato le sue orecchie già parecchie volte.
Ingollò un boccone –
decisamente enorme – a
fatica e si pulì distrattamente le mani nei pantaloni della
divisa
scolastica. << Quindi... Non saremmo qui per studiare,
noi? >>
Sì. Lo stava decisamente prendendo per
il suo
beneamato culo.
Il biondo lanciò un'occhiata distratta
in giro,
probabilmente alla ricerca di un qualsiasi oggetto contundente da
scagliare in direzione della sua persona, ma non trovò
niente di
abbastanza grande e mortale
per i suoi gusti. Con uno sbuffo esasperato riguadagnò la
sua
posizione alla scrivania mentre l'altro, per nulla entusiasta, lo
affiancò cercando di racimolare abbastanza voglia di vivere
l'estasi
della chimica nella sua interezza.
Prese pigramente fra le
mani il suo libro di testo di quinta liceo e – Roxas lo
notò bene,
sì – avvicinò la sua
seggiola a quella del biondo più
dello stretto necessario; il ragazzino sospirò levando gli
occhi al
cielo: sarebbe stato un pomeriggio interminabile.
Decise
di ignorare
il fatto sfogliando distrattamente il suo quaderno degli appunti.
<<
Da cosa vuoi cominciare, pesaculo incallito?
>>
Axel grugnì infastidito e
gli pizzicò la punta del naso stringendola con moderata
violenza fra
l'indice ed il pollice. << Modera i termini, funghetto.
>>
D'improvviso un guizzo
luminoso attraversò i suoi taglienti occhi verdi e
lasciò
l'appendice carnosa dell'altro, ormai rossa, solo per estrarre il
telefono dalla tasca dei pantaloni.
<<
A questo
proposito, ho trovato proprio un'idea illuminante
su Facebook! >> trillò beato, e
sbloccò lo schermo del
cellulare per cercare febbrilmente quel qualcosa
di cui andava millantando.
Roxas
ghignò
scettico. << Dubito che dalla tua home
possa uscire qualcosa di furbo. Conoscendoti, ci saranno solo post
sul metal, la Crazy Color ed i cazzi! >>
<< E Viggo >>
<< Ah, sì: mi
scusi. E Viggo. >>
Rise, Roxas, e finalmente
sentì scivolare lontano il disagio dai muscoli e dalle ossa,
lavato
via come una macchia si arrende e sparisce sotto un ben assestato
colpo di spugna.
Lo
osservò ghignare
compiaciuto – forse dal suono caldo ed avvolgente della sua
risata
sincera – mentre non staccava gli occhi dallo schermo vivido
del
telefono; cosa mai andasse cercando con tanta costanza, il biondo
proprio non lo capiva. Avrebbero dovuto studiare, ed eccoli
lì
invece a scavare negli anfratti di un social network senza motivo
apparente.
<< Ecco! >>
latrò il rosso all'improvviso, ed a Roxas quasi prese un
infarto.
Axel gli sventolò il
telefono sotto quel naso ancora rosso e decise di dar corda a
quell'idea quantomeno bizzarra guardando lo schermo con interesse:
l'immagine che veniva mostrata rappresentava la foto di un
banalissimo libro di testo; l'unica cosa degna di nota era il fatto
che, sopra le pagine, svettava una quantità esagerata di
orsetti
gommosi disposti con un certo ordine: uno per ogni paragrafo.
Roxas inclinò il capo di
lato, confuso, lanciando occhiate stranite ora al telefono, ora al
ragazzo che sorrideva raggiante davanti a lui.
<< Penso si tratti
di una specie di ricompensa >> disse con tono saccente,
come se
l'altro non avesse capito il semplice nesso logico fra la caramella e
lo studio << Per ogni argomento imparato, qualcosa di
buono per
premiarsi dello sforzo compiuto. >>
Il biondo inarcò un
sopracciglio, scettico. << Se ti regalassi un orsetto
gommoso
ad ogni paragrafo, alla fine della giornata andresti in shock
iperglicemico. >>
<< A me neanche
piacciono le caramelle! >>
<< Dunque non
capisco cosa questa immagine possa avere a che vedere con noi.
>>
<<
Ho in mente
una variante, io! >>
E
lì il sesto senso
di Roxas iniziò a formicolare. Forse fu per lo sguardo
malizioso che
il rosso gli scoccò, forse per il fatto che Axel gli era
noto anche
per il fatto che partorisse idee particolarmente cretine di tanto in
tanto. L'unica cosa di cui era sicuro era che quell'espressione
sorniona non lasciava intendere nulla di buono. Almeno, non
per lui.
Il rosso, in attesa, sfilò
dalla tasca un consunto pacchetto di Pueblo secco,
i filtri e
le cartine sottili; senza smettere di fissarlo, dispiegò la
superficie nivea e lucida di una cartina riempiendola con un generoso
pizzico di tabacco.
Quegli occhi ferini, di un
verde acceso, non avevano distolto l'attenzione da lui nemmeno per un
secondo; Roxas deglutì, a disagio. << Che tipo
di variante? >>
Il rosso finì di
rigirarsi la sigaretta fra le dita: si umettò le labbra e
con la
punta della lingua diede una breve lappata all'estremità
della
cartina, sigillandola.
La prese fra indice e
medio e, con flemma seccante, batté il filtro sulla
scrivania
laccata per comprimere meglio il tabacco. << Invece
dell'orsetto gommoso, voglio un bacio. >>
Lo dichiarò così,
cristallino come l'acqua della sorgente più pura, come se
fosse la
richiesta più naturale del mondo. Forse per Axel davvero lo
era.
Bingo.
Il biondino finse
interesse per il testo dell'altro, per una pagina scarabocchiata,
fitta di ghirigori senza senso.
<< Dovresti
smetterla di trattare così i tuoi libri. >>
dichiarò
indicandolo con mano malferma, e lo sentì sbuffare
insoddisfatto.
<< Non mi prendi mai
sul serio, Roxi. >>
C'era una fitta di dolore
in quelle parole. Un'incrinatura nella sua voce calda, un lieve
scatto delle sue sopracciglia ridicolmente sottili, fuggente e
scivoloso come il guizzo di un pesce che scappa dalle mani di un
giovane pescatore inesperto. Ma Roxas, da meticoloso osservatore che
era, notò l'insieme di tutti questi dettagli e lo accolse
nel suo
cuore nella sua intera difficoltà.
Guardò lontano, un punto indefinito sul
quel muro
tinteggiato da poco, e dentro vacillava più di un bastimento
sorpreso da una burrasca inattesa. << Dovrei?
>>
Ignorò lo sguardo avvelenato che il
rosso gli scoccò
in risposta - per la sua salute mentale, per l'illeicità di
cui
sentiva pregna la scomoda situazione, per tutto.
Quando ricacciò la testa nel fitto di
quelle formule
chimiche, che ormai gli parevano un'accozzaglia di lettere e legami
senza senso, il ragazzo sentiva ancora lo sguardo dell'altro
dardeggiare dritto verso di lui.
Erano quei maledetti occhi che l'avevano tratto in
scacco la prima volta. Quegli occhi di un verde che non trovava
riscontro in natura, quelle iridi quasi feline che raschiavano la sua
superficie ed arrivavano dritte alla carne viva sotto il primo strato
della sua pelle.
La prima volta che aveva incrociato lo sguardo
fuggente di Axel nei corridoi della scuola, aveva capito che era
irrimediabilmente fottuto sotto molti punti di vista.
Tutti quei pallidi tentativi di convincere se
stesso
in primis della sua eterosessualità, tutti gli imbarazzanti
appuntamenti che si era imposto col sesso opposto, tutte quelle forme
di diniego e di annichilimento: tutto ciò dietro cui era
vissuto
fino al loro incontro era andato sfumandosi in quella
tonalità
smeraldina fuori dal comune che caratterizzava gli occhi di Axel.
Roxas riemerse da quella palude salmastra di
pensieri
ancora più sporco di quanto in realtà
già non si sentisse. <<
Axel, hai una quantità imbarazzante di cose da studiare. Io
posso
aiutarti solo con le basi, ma il programma del tuo anno dovrai
riprenderlo da solo. Non pensi sia meglio concentrarsi davvero su
questa cosa? >>
Il rosso, modi disinvolti alla mano, raccolse
pigramente il mento fra le mani e puntellò i gomiti sulla
superficie
laccata della scrivania.
<< Io su questa cosa
mi concentro
piuttosto bene. >> Dichiarò calando le
palpebre sulle iridi
chiare, un sipario su quello spettacolo.
Roxas arricciò le labbra, seccato. Il
fatto che non
stesse parlando di chimica sarebbe stato palese anche a quel tardone
di Sora, suo fratello minore, che certo non spiccava per
brillantezza.
Non esistevano nozioni nel dizionario personale di
Roxas per esprimere appieno quanto detestasse quando il rosso
dichiarava apertamente le proprie intenzioni nei suoi confronti.
Avrebbe voluto scuoterlo ed urlargli che, cazzo, era già
abbastanza
confuso di suo, tutto gli sarebbe stato d'aiuto tranne il suo
continuo servirsi alla sua mercé su un piatto d'argento!
L'improvviso sentore del tabacco che bruciava lo
avvertì che Axel, dopo vari tentennamenti, aveva infine
acceso
quella sigaretta che si girava tra le dita da venti minuti buoni. Dal
modo nervoso in cui suggeva dal filtro, Roxas capì che era
teso.
Dava brevi aspirate e sbuffava fitte nuvole panna
di
fumo, una dopo l'altra, senza pausa: faceva sempre così
quando si
attaccava al suo inveterato vizio per scaricare i nervi.
Quando il biondo cercò nuovamente il suo
sguardo, le
pozze verdi dell'altro erano già fisse sulla sua esile
figura.
Sembrava aver quasi dimenticato il motivo del loro appuntamento
pomeridiano: il suo libro di chimica del quinto anno giaceva
abbandonato in un angolo del tavolo, aperto su un argomento che
neanche aveva trattato in classe.
<< Perchè fai
così? >> sospirò Roxas
chinando il capo; le sue dita stavano torturando l'angolo cartaceo
della pagina patinata.
Axel scrollò le spalle. <<
Potrei chiedere a
te la stessa cosa. >>
Il biondo, piccato, rispose alla sua accusa con un
cipiglio severo, scuro in volto come la prima volta che l'altro gli
aveva apertamente dichiarato i suoi sentimenti.
Il rosso scoppiò a ridere, un retrogusto
amaro in
bocca, mentre improvvisava un posacenere nel portamatite
pressoché
vuoto. << Prima ti concedi, poi ti tiri indietro come se
non lo
avessi mai fatto. Francamente, Roxi, non ci sto capendo più
un
cazzo. >>
Roxas era teso come una corda di violino. Quel
discorso faceva male; era come se il rosso lo stesse toccando senza
pudore su un nervo completamente scoperto; la verità era che
non
poteva dargli completamente torto marcio come gli sarebbe piaciuto
fare: si lasciava abbracciare, si abbandonava a pudici momenti di
tenerezza, ma il momento dopo si ritraeva, ergeva un muro alto fino
al soffitto, fino al cielo, e
lo trattava come l'ultimo stronzo del pianeta, come se non avesse
condiviso con lui fino ad una manciata di minuti prima un momento di
intimità.
Questo
era quello
che lo terrorizzava più di tutto: Axel era stato paziente,
aveva
rispettato la sua indecisione nonostante fosse palese ad entrambi che
qualcosa di caldo ed elettrico scoccava tutte le volte che si
sfioravano; aveva aspettato e sopportato quegli atteggiamenti
conflittuali, quel suo lasciarsi ghermire e poi sfuggirgli da sotto
il naso... Ma fino a quando avrebbe portato pazienza prima di
lasciarlo perdere e concentrarsi su altro? Su
qualcun
altro?
Cristo,
quella stanza era sempre stata così calda? Fin dal primo
momento in
cui vi aveva messo piede?
Percepì un rivolo di
sudore colare lungo la tempia e perdersi lungo la sua guancia;
sfilò
i primi due bottoni della camicia dalla loro asola nel vano tentativo
di trovare un po' di ristoro.
E' di dentro che hai caldo, Roxas, cazzo.
Voleva urlare, scoppiare a
piangere, graffiarsi la faccia a sangue per esternare la
disperazione, quel morbo che lo stava lentamente divorando
dall'interno da tempo immemore a questa parte, ma fuori la facciata
reggeva perfettamente, camuffava appieno i moti spasmodici e
sofferenti della sua anima.
Axel scosse la testa
mestamente. << Per oggi direi basta con lo studio.
>>
<< Non abbiamo mai
cominciato... >> puntualizzò il biondo, che,
pentito, subito
si zittì mordendo la lingua fra gli incisivi bianchi e
perfetti. Era
tipico di lui esternare pensieri del tutto fuori luogo quando
l'imbarazzo ed il disagio avevano prevalso sul suo benessere.
Lo sentì ridacchiare, ma
non c'era allegria nei suoi occhi acquamarina.
Roxas raccolse alla bell'e
meglio le proprie cianfrusaglie sparse sulla scrivania disordinata
trovandosi d'accordo sul fatto che, sì, poteva sicuramente
dichiarare concluso quel pomeriggio in sua compagnia. Sperò
che una
doccia ristoratrice ed una buona nottata di sonno tranquillo
potessero in qualche modo dar pace ai suoi pensieri.
Era sul punto di lasciare
la stanza dopo un saluto vago e distratto lanciato al nulla, quando
il rosso lo bloccò.
<< Roxi? >>
Avvicinò la mano alla
maniglia della porta, ma ruotò comunque il busto verso di
lui. <<
Mh? >>
<< Studierò sodo,
come mai fatto in tutta la mia vita. Ma se
passerò il test di
chimica, ti bacerò. E questa volta non ti lascerò
sgusciare via. >>
Roxas non capì che cosa
fu in grado di destabilizzarlo di più. La pacatezza con cui
aveva
pronunciato quelle parole? Il tono serio con cui erano scivolate
fuori dalle sue labbra? Lo sguardo verde, fisso nel suo, acceso da
una gravità che mai gli aveva visto baluginare negli occhi?
Improvvisamente le sue
gambe avevano perso qualsiasi consistenza: dovette aggrapparsi con
forza alla maniglia della porta per farsi forza, per confermarsi che
esisteva ancora una via di fuga da quel mondo denso e greve che Axel
gli aveva appena costruito intorno.
<< Smettila di dire
cazzate. >> lo rimbeccò, la voce distorta
sotto la pesantezza
di un gemito strozzato, ma l'altro ciondolò appena il capo
in segno
di diniego.
<< Non sono mai
stato più serio di così. >>
Roxas non riuscì a
reggere la gravità di quello sguardo un secondo di
più; ringhiò un
'fanculo a denti stretti e si precipitò
fuori dalla porta
chiudendo l'uscio alle sue spalle con più violenza del
dovuto.
-
Roxas fu lieto del fatto
che non avessero più toccato l'argomento nei giorni a
seguire: a
scuola condividevano la pausa pranzo nella più assoluta
spensieratezza e, in quei pochi pomeriggi liberi che avevano
trascorso insieme, avevano avuto modo di divertirsi senza percepire
sulle spalle il pesante imbarazzo che aveva caratterizzato il loro
tentativo di studio comune.
Ma il biondo non si era
affatto dimenticato di quanto Axel gli aveva detto quel giorno;
quelle parole si erano sedimentate sulle pareti del suo cuore e
lì
erano rimaste, in attesa silenziosa di un qualsiasi risvolto futuro.
Spesso si ritrovava a
fissare il vuoto, gli occhi celesti che vagavano spaesati in un nulla
assoluto, e si crogiolava in un dubbio curioso: si domandava se
l'altro avesse già affrontato il test e se stesse
volutamente
omettendo di renderlo partecipe del risultato. Forse non
l'aveva
superato. Forse sì, ma non aveva la minima intenzione di
venire a
riscuotere la sua ricompensa.
Fu durante un assolato
mercoledì di fine aprile che Roxas capì che la
resa dei conti tanto
temuta era finalmente giunta.
<< Finite le lezioni,
raggiungimi dietro la
palestra. >>
Si trattava di un semplice
messaggio ricevuto durante la lezione di filosofia. Se ne scambiavano
decine, centinaia durante l'arco di un'intera
giornata, ma
quest'unico messaggio lasciò un retrogusto strano sulla
lingua del
biondo. Aveva un sapore diverso da tutti gli altri che aveva mai
ricevuto da Axel: non era la solita immagine oscena, il suo solito
riportare con cura maniacale per i dettagli l'ennesima sceneggiata
del professor Vexen, la solita solfa riguardante Demyx ed il suo
quoziente intellettivo da criceto idrofobo; era un invito,
un
invito a seguirlo fino in fondo con un biglietto di sola andata per
il suo inferno personale.
Quando l'ultima campanella
della mattinata suonò, Roxas si precipitò fuori
dall'edificio con
meno foga del solito: raccolse con calma i propri effetti personali
e, con altrettanta calma, incedeva lento verso il cortile della
scuola.
Trovò Axel ad aspettarlo
proprio dove aveva detto. Era appoggiato al muro esterno della
palestra, le mani affondate nei pantaloni della divisa, il mento
fieramente ritto e lo sguardo fisso su quel cielo completamente privo
di nubi – quelle erano tutte concentrate nella
mente del biondo,
cumuli di cirri setosi ed artificiosi che lo avvolgevano rendendo le
sue percezioni confuse.
Roxas si permise di
indugiare qualche istante sulla figura silenziosa del suo migliore
amico: quando non era intento ad assecondare la sua indole da cazzaro
irriducibile, c'era una luce diversa ad accendere quegli smeraldi
incastonati appena sotto la sua fronte, una tensione quasi estranea a
distendere i lineamenti spigolosi del suo volto. C'era una sorta di
delicata armonia in quel suo quieto apparire: si incastrava
perfettamente con lo sfondo e, tuttavia, ne emergeva come un papavero
può spiccare in un campo di gigli bianchi. Era un colore
dissonante
e magnifico in un'impiastricciata tavolozza monocromatica.
Il cuore del biondo perse
un battito e lui sospirò, come estraneo a quella sensazione.
<< Ciao >>
mormorò, una mano sventolata pigramente in segno di saluto.
Il rosso sussultò, preso
alla sprovvista: Roxas si era insinuato leggero nella sua attesa e
non si era minimamente accorto della sua presenza.
Si allontanò dal muro e
ghignò beffardo, un tentativo di sorriso riuscito davvero
male. <<
Yo, best friend! >>
Il biondo mosse un paio di
passi incerti nella sua direzione; la mente ronzava sotto il peso
della moltitudine di pensieri che la affollavano, ma scoprì
la bocca
asciutta, incapace di far scivolare sulla lingua qualsiasi parola.
Axel si grattò la punta
del naso, a disagio. << Freschino per essere aprile, non
trovi
Roxi? >>
<< Già >>
confermò l'altro distrattamente, guardandosi intorno.
Perfetto. Se erano
addirittura erano arrivati a scadere nello scambiarsi inutili
convenevoli sul meteo e la temperatura, la situazione doveva essere
più grave del previsto.
Il rosso si umettò le
labbra pronto a parlare, probabilmente per snocciolargli un altro
pensiero spicciolo ed insipido, ma l'altro, con una buona dose di
coraggio e – cazzo, sì - esasperazione
alla mano, lo
precedette.
<< Allora? Com'è
andato il recupero? >>
Axel atterrì, preso in contropiede; con
espressione
indecifrabile infilò una mano nell'ampia tasca dei pantaloni
della
divisa, facendone scivolare fuori un foglio piegato in quattro alla
meno peggio. Lo lasciò cadere fra le piccole mani di Roxas
con una
lentezza quasi esasperante.
Gli occhi cerulei del ragazzino non corsero subito
nell'angolo in alto a destra, là dove avrebbe dovuto
svettare il
voto: osservava con scrupolo i quesiti e le risposte che l'altro
aveva dato, contava i segni rossi apposti dalla calligrafia
disordinata dell'insegnante, assimilava ogni errore lasciando che si
depositasse piano all'altezza del suo cuore.
Girò il foglio con un'esasperazione
febbrile, le
mani che tremavano sotto il peso di una consapevolezza crescente.
Le ultime righe del test scorrevano davanti ai suoi
occhi confusionarie: accavallava le frasi, confondeva le lettere.
<< Hai fatto un mucchio di errori.
>>
sentenziò asciutto, ed Axel si ritrovò ad
inarcare un sopracciglio
in un moto sorpreso.
<< Sembra quasi che ti dispiaccia.
>>
Soffiò appena, e la vena di rammarico che troneggiava nelle
sue
parole fece perdere un paio di battiti al biondo.
Risoluto, capovolse nuovamente il foglio
focalizzando
completamente la sua attenzione su quell'angolo che aveva
volontariamente aggirato una manciata di minuti prima.
L'unico suono che si fece spazio fra le sue labbra
fu
una roca esclamazione di sorpresa: nonostante le numerose correzioni,
seppur per un soffio, Axel aveva superato la prova.
Axel aveva superato la prova.
Roxas non ebbe nemmeno il tempo di assimilare
appieno
il suo pensiero, lasciar sedimentare quel concetto astratto
affinchè
le sue facoltà cognitive potessero elaborarlo in tutte le
sue
sfaccettature.
Sapeva solo che doveva estrapolare un unico filo da
quella matassa, l'unica verità che in quel momento contava
davvero:
Axel gli aveva fatto una promessa.
Senza proferire parola, chinò il capo e
riconsegnò
la verifica nelle mani del rosso che l'intascò guardandosi
intorno
con poco interesse.
Roxas afferrò fra i denti il labbro
inferiore; gli
incisivi scavarono nella carne debole e morbida lasciando un solco
là
dove si insinuavano con insistenza.
Ed adesso?
Si era convinto, dall'alto del suo piedistallo
spavaldo, che quella malcapitata testa quadra non avrebbe mai avuto
modo di recuperare un debito che si trascinava dietro, quale
spiacevole zavorra, dalla prima liceo. Ed ora eccolo lì: gli
mostrava il risultato di un proficuo, inaspettato operato, dimostrava
nero su bianca che aveva fatto cadere qualsiasi difesa della sua
inespugnabile roccaforte.
Axel era sempre stato un insieme di sorprese, una
piacevole scoperta quotidiana, ma questo... questo
andava più
in là, oltre una soglia mal definita e temuta.
Ed adesso?
Il rosso non disse nulla: non avanzò
alcuna pretesa
circa il riscatto del suo agognato bottino.
Frugò con interesse fra le tasche della
giacca ed
estrasse una sigaretta preventivamente rollata dall'aspetto infelice
ed un accendino. Si rigirò il filtro fra le labbra un paio
di volte
prima di decidersi ad accenderla.
<< Te l'avevo detto che avrei
studiato. >>
scrollò le spalle, senza dar peso a quanto appena detto, e
sbuffò
una sottile nuvola fumosa fra le labbra.
Roxas si grattò la zazzera bionda e
disordinata, a
disagio. << Lo vedo >>
<< Mi ha aiutato Zexion, in
realtà. >>
ammise cristallino il rosso, ed un sorriso imbarazzato si
allargò
sul suo volto.
Il fatto che avesse chiesto aiuto a quell'erudito
compagno di classe con il quale mal si sopportava, la diceva lunga su
quanto agognasse superare il test di recupero.
Roxas, sorpreso, alzò gli occhi celesti
e lo fissò
inebetito.
Quanto poteva dare importanza a quella verifica? A
quella promessa? Quanto?
Aveva smosso mari e monti pur di farcela, si era
applicato costantemente alla materia, aveva estrapolato concetti a
lui completamente ignoti e si era messo in condizioni di capirli e
saperli applicare in un dato contesto, aveva cercato un aiuto nella
persona che più detestava nell'intero istituto. E tutto
questo per
cosa?
Roxas inarcò un sopracciglio, incredulo.
<<
Zexion? >>
<< Sì: Zexion
>>
<< Stiamo parlando dello stesso
arrogante,
saputello, cacacazzi Zexion? >>
La smorfia di malcelato disgusto che si dipinse sul
volto di Axel stava a confermare che aveva perfettamente centrato il
punto.
<< Sè...
proprio lui >> sputò
fra i denti, guardando lontano << Per certi versi, mi
ricorda
te. >>
Roxas doveva aver assunto una buffissima
espressione
contrariata - che, sul quel faccino da bambolina che madre natura gli
aveva donato, non avrebbe mai potuto essere presa sul serio -,
perchè
l'altro scoppiò in una fragorosa risata che
riecheggiò lontano.
<< Roxas, sei tenerissimo.
>> dichiarò
fra una risata e l'altra, ma il biondo non parve condividere quel
momento di ilarità: detestava essere definito tenero e non
avrebbe
mai smesso di farglielo presente.
Stava per controbattere con una sonora risposta
pungente, ma Axel frenò all'improvviso l'eccesso di risa.
Lo osservò con cipiglio severo mentre,
con un
disinvolto colpo di tacco, spegneva quel mezzo mozzicone che aveva
lasciato cadere per terra.
Il biondo deglutì cercando di dar
ristoro all'arsura
che si era insinuata nella sua gola, invano. Indietreggiò di
mezzo
passo e fronteggiò l'altro con posa malferma sotto il
vessillo della
più atroce delle insicurezze che in tutta la sua vita
l'aveva mai
colto.
Ed adesso?
Axel avanzò verso di lui con passo fermo
e sguardo
deciso; quegli smeraldi magnifici avevano il potere di tramutare in
burro le ossa e la carne delle sue gambe, e, ora che erano puntati
con tale sicurezza nei suoi frammenti di ciel,o Roxas si
ritrovò
irrimediabilmente fregato sotto numerosi punti di vista.
In realtà, aveva diverse
possibilità di fuga verso
le quali procedere sicuro, ma si ritrovò ad escluderle tutte
per i
motivi più svariati. Anzi, sembrava quasi che avesse dato il
la
ad una cernita piuttosto severa circa i propositi che lo potessero
spingere ad andarsene da lì lesto come se la morte stessa lo
stesse
inseguendo.
L'incedere di Axel era lento, snervante, e Roxas
attendeva inerme qualsiasi cosa gli sarebbe capitata. La spada di
Damocle che pendeva sulla sua testa da tempi immemori sarebbe
finalmente calata sul suo capo: avrebbe fatto i conti con i danni,
lievi o gravi che fossero, a faccenda conclusa.
Quando gli fu abbastanza vicino, il rosso si
fermò e
posò le sue ampie mani sulle spalle tremanti dell'altro.
Roxas serrò
gli occhi, pigolando appena, ma non si spostò.
Ecco, pensò. Ecco.
Axel si chinò su di lui e
scostò delicatamente le
ciocche color grano dalla pallida fronte del biondo: fu lì
che
depositò un bacio, le labbra leggere che premevano senza
insistenza
sulla sua pelle accaldata. Rimase lì appena il tempo di
potersi
riempire i polmoni dell'odore di Roxas ed infine si
allontanò.
Il ragazzino spalancò gli occhi blu e lo
guardò,
immobile in un'attesa allarmata; con poca attenzione sfiorò
il punto
in cui le labbra di Axel si erano posate furtive.
<< Beh?
>> si lasciò scappare, e la sua
espressione incredula
scatenò la tenerezza dell'altro.
<< Mi accontento di questo
>> ammise
scrollando le spalle, sul volto un sorriso a coronare il momento di
pura felicità che stava vivendo.
Roxas lo guardò mordendosi il labbro.
Tutto qui?
<< Non farei mai nulla che tu non
voglia. >>
<< Ma se lo fai sempre!
>> ribattè
l'altro scandalizzato, ma Axel roteò gli occhi sottolineando
la sua
estraneità a quelle accuse.
Tutto qui?
Cristo, stava uscendo di testa per quella storia e
quella testa quadra se ne usciva con... con quello?
Roxas arricciò le labbra e
guardò oltre la figura
dell'altro che si stagliava spavaldo davanti a lui.
<< Gesù, Roxas, sembra
quasi che volessi che
io ti baciassi! >> rise, ed il biondo lo
scrutò scandalizzato.
<< Non dire cazzate, razza di
pervertito! >>
Era quello che voleva, no? Che non
lo
baciasse, che lasciasse perdere quella malsana idea, che si trattasse
di una presa in giro bella e buona.
Eppure...
Eppure qualcosa dissonava in quella melodia. C'era
qualcosa di sbagliato in quell'atto mancato, qualche dissacrante
dettaglio che generava in lui un'irritazione senza precedenti.
Axel sorrise raggiante.
<< È ora che vada,
funghetto >> disse, e
con un gesto affettuoso gli scarmigliò la zazzera bionda
<<
Rientro trionfante con una sufficienza piena in chimica dopo cinque
sudatissimi anni. >>
Roxas lo osservò incredulo. Era davvero
finita così?
Si era tanto dato pensiero per nulla?
L'ansia dell'attesa, di quello che sarebbe potuto
accadere, per un innocente sfioramento della fronte?
Era confuso. Era irritato. Ma, sopra ad ogni cosa,
era deluso.
In quei pensieri dissonanti che sfarfallavano nella
sua mente e cozzavano fra loro senza armonia, era finalmente giunto
ad una consapevolezza figlia di quella delusione: era dannatamente
pronto.
Senza sapere quale fosse stato il primo impulso
nervoso a dar vita a quell'insieme di azioni, Roxas afferrò
il rosso
per la giacca e lo bloccò.
Axel inclinò il capo, perplesso.
<< Stai per
darmi un pugno? >> domandò, ma la voce gli
uscì più distorta
di quanto non desiderasse.
<< Chiudi quella bocca!
>> grugnì il
biondo, e si appellò a tutte le sue forze per tirarselo
vicino il
più possibile.
Axel era più alto e più forte
di lui, ma, complice
l'indole docile, riuscì ad assoggettarlo al suo volere e lo
trascinò
alla sua altezza.
Il suo primo bacio lo avrebbe ricordato
così:
caratterizzato dal vago sentore di fumo e tabacco. Le labbra di Axel
erano ancora impregnate dell'amaro lasciato dal filtro, l'umido della
sua bocca custodiva il retrogusto del fumo che aveva inalato una
manciata di minuti prima.
Confuso ma soddisfatto, pose fine a quel contatto
spintonando il rosso lontano da sè senza garbo.
Arretrò di qualche
passo per guadagnare una migliore visione del suo insieme: il suo
busto ancora chino, le braccia mollemente abbandonato lungo i
fianchi, un'espressione inerme e stupefatta che poche volte aveva
svettato su quel volto spesso aperto in un ghigno sardonico.
Per una volta, nella sua intera vita, aveva
lasciato
Axel spaesato e – Cristo! -
senza parole. Quale rarità. Avrebbe dovuto
abbozzare uno
schizzo di quel fermo immagine a mente e custodirlo gelosamente nello
scrigno dei suoi ricordi tanto per rammentarsi che, almeno per una
volta, era riuscito nell'intento di zittire quella stupida boccaccia.
Axel si schiarì la voce, impacciato;
senza sapere
dove mettere le mani, fece finta di sistemare il nodo della cravatta
della divisa scolastica, come se quel gesto senza scopo potesse
aiutarlo a dissimulare un imbarazzo a cui proprio non era avvezzo.
<< Non mi fai stare in pena per un niente,
hai capito?! >> urlò un Roxas paonazzo, la
voce che scalò di
un paio di ottave, e gli puntò un dito contro come ad
accusarlo
perentorio.
Stava forse cercando di giustificare quel bacio
dandogliene la colpa?
Il peso di quell'azione gli crollò
addosso
all'improvviso, come una secchiata d'acqua gelida in pieno volto, e
non riuscì più a guardarlo in quei subdoli occhi
acquamarina.
Gli diede le spalle e serrò le palpebre
sulle iridi
chiare, cercando di contenere alla meno peggio lo sfarfallio che si
era insinuato alla bocca dello stomaco.
Axel si grattò la zazzera rossa a
disagio. Il
silenzio che si era creato fra loro era talmente spesso da poter
essere toccato con mano lasciando una sensazione sgradevole e viscosa
sulle dita.
Avrebbe dovuto dire qualcosa? O fare finta di nulla?
Si inumidì le labbra per parlare - cosa,
di grazia,
sarebbe mai uscito dalla sua bocca non lo sapeva nemmeno lui -, ma
Roxas lo precedette.
<< Io vado a casa >>
annunciò, ma non
cercò il suo sguardo.
Il rosso scosse la testa, un accenno di sorriso ad
incurvare le sue labbra perfette. << Vuoi che ti
accompagni? >>
<< Mi sembra il minimo!
>>
Era una risposta stizzita, che celava un profondo
imbarazzo, e l'altro l'aveva capito perfettamente. Gli si
affiancò
senza dire nulla ed insieme si avviarono lentamente verso i cancelli,
senza la fretta che caratterizzava ogni loro rientro a casa.
L'unico suono che spezzava il silenzio era il
rumore
che le loro scarpe producevano nel calpestare il brecciolino
disordinato del cortile, ma nessuno dei due parve dare importanza a
quella muta staticità che li aveva avvolti isolandoli dal
resto del
mondo.
Nonostante la vergogna, le gote ancora rosse come
mele mature, il battito cardiaco impazzito, Roxas sembrò
assaporare
il primo, vero momento di pace da tempo immemore. Era come se si
fosse tolto dalle spalle uno zaino pesante, ricolmo di cianfrusaglie
inutili che mai gli sarebbero tornate utili; l'aveva sfilato e
l'aveva abbandonato con noncuranza accanto al muro della palestra,
là
dove Axel l'aveva aspettato quel pomeriggio.
I suoi occhi blu, umidi per le strane sensazioni
che
gli scaldavano il ventre, corsero verso la figura del rosso perso in
chissà quale mondo, preso da chissà quali
pensieri.
<< Sai... >>
iniziò il rosso, ed il suo
sguardo era diverso: una tonalità verde meravigliosa che non
gli
aveva mai visto addosso riluceva nei suoi occhi ferini <<
Dovrò
proprio insegnarti una cosetta o due sui baci. >>
<< Ma piantala, cretino!
>>
E rise, Roxas, primordialmente, di pancia, come non
ricordava di fare da una vita intera.
…
Ma tutto si trasforma.
NDA
Sono arrugginita – e si
vede. Mi sono insinuata in questo fandom con questa cosa scandalosa.
Ma non vogliatemene! Sono
totalmente presa in uno di quei loop angst che caratterizzano questa
ship meravigliosa ed avevo schifosamente bisogno di
fluff per
loro.
Sto attualmente rigiocando
il secondo Kingdom Hearts nella versione Final Mix e... Per farla
breve: sono inciampata nuovamente in Axel e Roxas, sono caduta e non
sono più riuscita ad alzarmi.
Io li amo. LI AMO. piange
sull'OTP della vita
Vi ringrazio per essere
arrivati fino a qui! Non è niente di che, lo so, ma la
pubblico lo
stesso T.T
Ancora tante grazie <3
Un abbraccio
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