8.8
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Capitolo VII
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PAIN
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«Sei impazzito!» urlò Harry, la bacchetta ancora
puntata contro Voldemort, ma nessun incantesimo venne lanciato.
Non riusciva a connettere e il suo cervello sembrava lavorare a rilento.
Dimentico del fatto che
decine di Mangiamorte si erano appena Materializzati all’interno
della casa, Harry si chiese come avesse fatto Voldemort a liberarsi e
che ne fosse stato delle persone a guardia della soffitta. Il dolore
alla cicatrice era stato talmente violento e improvviso, che non era
riuscito a distinguere alcuna emozione precisa.
L’immagine di una
lunga scia di cadaveri si disegnò nella sua mente; era la sua
fantasia o si trattava di una reale visione ricevuta dalla sua nemesi?
Non ebbe modo di
rifletterci ancora, perché, proprio in quell’istante, due
uomini mascherati fecero irruzione nella stanza.
«Mio
signore» esordì uno, profondendosi in un rigido inchino;
un po’ troppo rigido, osservò Harry.
«Ah»
sospirò Voldemort soddisfatto «miei fedeli amici, sapevo
che i miei leali servitori non avevano abbandonato il loro
padrone»
Avanzò verso i due Mangiamorte, ma quelli, anziché farsi da parte, puntarono le bacchette verso il Lord Oscuro.
Voldemort aprì la
bocca, l’indignazione dipinta sul suo volto mostruoso, ma il suo
disappunto venne soffocato dai fruscii delle mute Maledizioni.
I due, ormai ex,
Mangiamorte cominciarono a scagliare incantesimi a raffica; Voldemort,
colto alla sprovvista, riuscì a sollevare la bacchetta di Piton
appena in tempo, intercettando così i brutali colpi inferti dai
suoi vecchi seguaci.
Harry non sapeva che
cosa fare, chi colpire; individuò Piton, che, semicosciente e
disarmato, stava rannicchiato dietro al letto, cercando di farsi scudo
contro le Maledizioni che piovevano da tutte le parti. Cercò poi
con lo sguardo Fleur, ma la ragazza non c’era; immaginò
che avesse avuto i riflessi più rapidi rispetto a loro e avesse
seguito Remus fuori dalla stanza dopo che era stato dato
l’allarme.
Harry sperò con tutto il cuore che stessero bene.
Voldemort, intanto,
indietreggiava: nonostante il suo enorme potere, probabilmente per la
prima volta, era costretto sulla difensiva, lottando per la propria
stessa vita.
La bacchetta di Piton,
inoltre, per quanto sottratta con la forza, non sembrava rispondere
perfettamente ai comandi dell’Oscuro, che così non poteva
caricare troppo i propri incantesimi.
«Sei morto,
vecchio!» ruggì uno dei due uomini, togliendosi la
maschera: era Travers, riconobbe Harry; il compagno lo imitò,
rivelandosi come Selwyn.
I tre continuarono a combattere, senza fare il minimo caso agli altri maghi presenti nella stanza.
Un lampo di luce verde
passò a pochi centimetri dalla guancia di Harry: Voldemort aveva
appena deviato un mortale Anatema, non senza difficoltà
però. Travers approfittò del momento e lanciò una
Maledizione Non Verbale che centrò in pieno Voldemort, il quale
venne scagliato con forza contro il muro. Travers non perse tempo e si
avventò su di lui, ma il Lord fu più veloce;
strisciò dietro al letto, accanto a Piton, proprio
nell’istante in cui un altro Anatema Mortale sfrigolava
nell’aria, mancando il bersaglio.
Selwyn raggiunse il
compagno, pronto a sferrare il colpo decisivo. Entrambi però,
erano troppo concentrati sul loro vecchio Signore, e, quando si
avventarono, finirono col dare le spalle a Harry che, rapido, ne
approfittò. Scagliò uno Schiantesimo, colpendo Travers
alle spalle, in pieno: quello cadde bocconi sul letto, svenuto.
Selwyn si voltò
subito dopo per fronteggiarlo, ma proprio allora due incantesimi gli
passarono accanto: Remus e Arthur erano appena comparsi davanti alla
soglia, bacchette puntate contro il nemico, che, ritrovandosi
circondato, cominciò a menare Maledizioni alla cieca. Harry si
accucciò a terra per evitare i letali lampi verdi, quando un
grido di dolore pose fine all’attacco selvaggio: Selwyn era a
terra, agonizzante, e Voldemort torreggiava su di lui.
«Come hai osato
tradire il tuo Signore, patetico ammasso di carne?» sibilò
Voldemort, i terribili occhi rossi puntati sull’uomo che
continuava a contorcersi sul pavimento, urlando, in balia della
spietata Cruciatus.
Intanto, i rumori della
battaglia li avevano raggiunti; Harry si precipitò fuori dalla
stanza, proprio nel momento in cui le grida di Selwyn cessavano: era
svenuto o morto? Scoprì che non gli importava.
Nel corridoio vide
Hermione e Ginny, impegnate a duellare contro un altro Mangiamorte;
Harry gli giunse alle spalle e lo colpì con un altro
Schiantesimo.
«Harry,
stai-» stava dicendo Hermione, ma Harry era già sulle
scale e, senza voltarsi, gridò «Andatevene, ora!»
Di sotto la situazione
era, se possibile, anche peggiore; la battaglia infuriava terribile e
gli incantesimi volavano da tutte le parti.
Harry superò di
corsa la signora Weasley che sembrava cavarsela piuttosto bene contro
il mal capitato avversario. Raggiunse il corridoio d’ingresso,
che si era trasformato in un angusto, letale budello.
Harry lanciò su
di sé un Sortilegio Scudo e cominciò a farsi strada tra i duelli
e le Maledizioni, cercando di individuare Ron.
Un corpo venne scagliato
dall’altra parte del corridoio e Harry ebbe la fugace visione di
macchia scarlatta, ma era tutto troppo confuso perché potesse
riconoscere il Weasley colpito.
«Prendete Ginny e Smaterializzatevi!»
Udì
all’improvviso, sopra tutto quel frastuono, la voce del Signor
Weasley e, quando si voltò, vide Fred e George impegnati in una
lotta contro Roockwood. Ginny era alle loro spalle, risoluta e
fermamente intenzionata a dare il proprio contribuito.
Harry sciolse il
Sortilegio, deciso a tornare indietro, quando improvvisamente si
ritrovò la strada sbarrata. La porta della cucina venne
spalancata e da essa ne emerse il profilo aguzzo di Yaxley, che,
salendo le scale a ritroso, continuava a combattere contro Ron e
un’agguerrita Fleur.
Harry stava per unire le
proprie forze alle loro, quando un grido terribile, quasi primitivo,
sembrò lacerare l’aria.
Voldemort piombò in mezzo alla battaglia, tra vecchi amici e antichi nemici.
Avanzò verso
Yaxley, che prese a scagliare Maledizioni contro di lui; alcune
mancarono il bersaglio, mentre altre si abbatterono sul Lord Oscuro, ma
questo non sembrò arrestare la sua corsa furiosa.
«CRUCIO!»
urlò l’ex Mangiamorte «ZILERIUS …
DIFFINDO» l’ultima Maledizione lacerante colpì in
pieno Voldemort, che fu costretto a rallentare.
Yaxley si concesse un ghigno di soddisfazione, convinto di aver atterrato il suo vecchio Signore.
Fu un grave errore.
Voldemort non cadde e l’altro rimase, per un istante, sbigottito.
Un istante di troppo.
«AVADA
KEDAVRA!» ruggì Voldemort e il lampo di luce smeraldina
centrò in pieno Yaxley che, con un’ultima espressione
ottusamente sorpresa, si accasciò a terra, morto.
«CHI ALTRI OSA
ATTACCARMI!» strillò Voldemort, mentre il sangue, quasi
nero, fluiva rapido dalle numerose ferite aperte; anche le vecchie
cicatrici avevano ripreso a sanguinare e metà del suo viso era
ricoperto da una rilucente e viscida maschera cremisi. Ma il mago
oscuro si sentiva più vivo che mai, e i suoi occhi brillavano
sinistri sul suo volto mostruoso e spettrale.
Un altro Mangiamorte si
avventò contro di lui che, rapido, cambiò posizione,
pronto a scagliare un altro Anatema Mortale.
«NO!»
Un altro grido squarciò l’aria, tanto che tutti i duelli si interruppero bruscamente.
La voce, orribilmente familiare, strillò ancora «Mio Signore, aspettate!»
Bellatrix Lestrange,
animata dalla sua insana passione, si lanciò verso di loro,
prostrandosi ai piedi del suo Lord. Il Mangiamorte fece lo stesso,
togliendosi la maschera: era Rodolphus, il marito di Bellatrix.
«Mio signore» cinguettò la donna «Siete vivo, lo sapevo!»
«Smettila
Bella» ringhiò Voldemort, scrollandosi di dosso la
Mangiamorte che si era aggrappata con forza alla sua tunica «
Uccidete i traditori! UCCIDETELI!» strillò, spalancando
gli occhi vermigli.
Harry non perse tempo;
mentre i combattimenti venivano ripresi, riuscì ad agguantare
Ron, trascinandolo verso l’uscita. Hermione, Ginny e Remus li
seguirono e insieme varcano la soglia.
Il gruppo apparve dal nulla in una Grimmauld Place stranamente popolosa.
Al debole chiarore
dall’aurora, Harry riconobbe alcune facce: membri del Ministero,
alcuni Auror, un intero esercito di Maghi attendeva davanti al numero
12.
“Siamo
salvi” sospirò Harry tra sé, finché un
Auror, di cui non conosceva il nome, chiese
«Dov’è?»
Il suo tono urgente
suonava quasi minaccioso, ma prima ancora che Harry potesse rispondere,
un’altra domanda fece eco alla prima «Sì Potter,
dicci dov’è»
Avrebbe riconosciuto ovunque quella disturbante vocetta infantile.
Dolores Umbridge e il suo fiocco onnipresente si fecero strada tra i ranghi.
«Dov’è
che cosa?» chiese Harry, riprendendosi dalla brutta sorpresa,
ponendo la stessa domanda che gli era stata fatta dalla quella donna
due anni prima.
«Lui, signor Potter, dove lo nascondi?» rispose dolcemente la Umbridge.
Non ci fu neanche il tempo per riflettere.
La porta del numero 12
venne aperta di nuovo e sulla soglia comparve Voldemort, attorniato dai
suoi fedelissimi: Bellatrix, Rodolphus e, accucciato tra le pieghe del
mantello del suo Lord, Codaliscia.
«Aveva ragione!» esclamò qualcuno.
«Ci ha traditi!» disse un altro.
«É alleato con l’Oscuro!» gli fecero eco in molti.
Urla indignate
serpeggiarono tra la folla e fu allora che Harry scorse, ai margini
della piazza gremita, alcuni volti a lui tristemente noti: Scabior, un
Capo Ghermidore e, animalesco come non mai, Fenrir Greyback.
Ron aprì la bocca
per dire qualcosa, probabilmente per tentare, inutilmente, di dare
spiegazioni ai maghi infuriati, ma proprio allora il resto degli
abitanti del numero 12 si riversò in strada; dei Mangiamorte che
li avevano attaccati non c’era traccia.
«Arrestateli!»
urlò qualcuno e rapidi tutti gli altri puntarono le bacchette
contro Harry e i suoi, pronti a eseguire l’ordine.
«Aspettate!» gridò Ron, ma la sua supplica rimase inascoltata.
E poi accadde.
Voldemort, inferocito,
ma anche ritemprato dalla lotta, attaccò per primo; la risposta
degli Auror non si fece attendere e in pochi secondi la situazione
degenerò.
Harry rotolò
giù dalle scale per evitare una brutta Fattura, ma gli
incantesimi gli piovevano addosso da ogni parte e fu costretto a
difendersi e, talvolta, a contrattaccare.
La piazza, satura di grida, strilli di dolore e lampi di magia di mille colori, divenne un vero e proprio campo di battaglia.
Ben presto, poi, lo
scontro cominciò a esigere il suo tributo di sangue. I primi
morti caddero, ma nessuno sembrò prestar loro molta attenzione:
il fulcro di tutta l’azione era Voldemort, che roteava la
bacchetta in aria, scagliando Anatemi, Imperdonabili e ogni genere di
incantesimo oscuro. Bellatrix, letale quanto folle, era nel suo
elemento: accanto al suo Lord, completamente ubriaca della sua
presenza, scagliava Maledizioni a ripetizione, per nulla preoccupata
dai bagliori sinistri che le strisciavano vicino.
Alcuni Babbani,
terrorizzati, ancora in pigiama e camicia da notte, erano usciti dalle
case lì intorno, riversandosi in strada, ritrovandosi quindi
intrappolati in quell’inferno di fuoco e lampi; anche le sirene
della polizia Babbana risuonarono in lontananza e poco dopo le volanti
fecero irruzione in una Grimmauld Place devastata.
«Ginny, sta
giù!» urlò Hermione e Harry si voltò di
scatto, in tempo per vedere la sua migliore amica salvare la sua
ragazza da una potente Fattura Lacerante.
«Devi andare via, Harry!» era Remus, che gli si affiancò, continuando a combattere.
«Mi hai sentito?» chiese il Licantropo.
«Non posso – IMPEDIMENTA! – lasciarvi qui!» ribatté Harry.
«Sì che
puoi, non– EXPULSO! – non preoccuparti per noi» disse
l’altro, appoggiandogli una mano sulla spalla e stringendola per
un istante, prima di rigettarsi nella mischia.
Il colpo di pistola di un agente Babbano gli sibilò accanto all'orecchio; la polizia stava sparando alla cieca, cercando di riportare l'ordine, confusa da quello scontro combattuto con armi che non conosceva.
«HARRY
POTTER!» una voce ruggì il suo nome; Harry si
guardò intorno più volte, finché non
individuò la persona che lo aveva chiamato.
Torreggiante su una
distesa di cadaveri, almeno una mezza dozzina, c’era Lord
Voldemort; brandiva ancora la bacchetta, ma l’assalto di tutti
quei maghi era troppo forte da respingere, persino per l’Oscuro.
Stava indietreggiando e sanguinava copiosamente.
«Portami via da
qui e ti aiuterò!» gridò di nuovo Voldemort, prima
di scagliare una tremenda Maledizione contro un Auror, che si
accasciò a terra urlando, il corpo che velocemente si ricopriva
di piaghe, che altrettanto rapidamente si gonfiavano e si infettavano.
«Mi hai sentito, Harry Potter?!»
Harry rifletté rapidamente, quindi prese una decisione.
«SCAPPATE!
SMATERIALIZZATEVI!» urlò, con quanta voce aveva in gola,
sperando che fosse sufficiente a sovrastare il frastuono dei
combattimenti.
Remus si voltò a
guardarlo, scoccandogli uno sguardo d’intesa; Harry non perse
tempo e si diresse verso Voldemort, dall’altro lato della piazza.
«CONJUNCTIVITIS!»
La fattura lambì
i capelli di Harry prima di continuare la sua corsa e colpire un
Ghermidore, accecandolo; Hermione gli fu subito accanto «Che vuoi
fare?» gli chiese.
Harry non rispose e continuò a correre, evitando le Maledizioni che si riversavano su di loro incessantemente.
«Harry, no!» gridò la ragazza quando capì i suoi propositi «Non puoi farlo!»
«Hai un’idea
migliore?» le chiese, spazientito, quindi, senza attendere
risposta, raggiunse Voldemort; era in condizioni pietose ed era chiaro
perché avesse chiesto l’aiuto di Harry, anziché
approfittare della confusione e fuggire: non era in grado di
Materializzarsi, non da solo almeno.
Voldemort ghignò quando lo vide arrivare, quindi atterrò due maghi contemporaneamente.
«Vogliamo andare?» chiese.
Harry esitò; che diamine stava facendo?
«Non abbiamo tutto
il giorno, Potter» strillò Voldemort, indicando gli Auror
che, poco lontano, si stavano rapidamente riorganizzando per un nuovo
attacco.
«Conosci un luogo
sicuro?» replicò Harry, ormai mosso dal terrore più
che dalla ragione. Hermione si teneva a distanza, anche lei spaventata,
ma non al punto da guardare al Lord Oscuro come l’ultima speranza.
«Riddle Manor» sibilò Voldemort, artigliando il braccio di Harry.
Harry, quasi senza
volontà, afferrò Hermione e si preparò per la
Materializzazione Congiunta, quando udì un grido tremendo e vide
Bellatrix, colpita da almeno una mezza dozzina di potenti incantesimi,
contorcersi e urlare, ma non di dolore, quanto di rabbia, cieca e
furiosa, inumana.
Respinse i suoi
avversari e strisciò verso di loro. Era ferita, ma lo sguardo
fiero e folle era lo stesso; Harry si ritrovò a pensare a quella
notte, al Ministero, quando aveva cercato di torturare Bellatrix, senza
però riuscirci.
«Mio Signore, portatemi con voi!» disse la donna, rivolgendosi con occhi adoranti al suo Signore, il suo Maestro.
Voldemort ricambiò il suo sguardo con una smorfia di assoluto disprezzo.
«Andiamo!» disse alla fine, stringendo ancora di più la presa sul braccio di Harry.
«No, mio Signore,
non lasciatemi!» supplicò Bellatrix, la voce rotta dalla
disperazione: il suo Lord la stava abbandonando.
«Mi dispiace, Bella» dichiarò Voldemort, ma non c’era nessuna traccia di rammarico in lui.
Harry non perse altro
tempo e, proprio nell’istante in cui una decina di lampi verdi
colpivano una sconvolta Bellatrix, si Smaterializzò.
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Buio e la famigliare, quanto sgradevole sensazione di essere infilati a forza in un tubo di gomma troppo stretto.
Per la terza volta in quell’eterna giornata, Harry si Materializzò a Riddle Manor.
«Ci siamo tutti?» chiese, dopo aver ripreso fiato.
«Piton non
è ancora tornato» rispose Ginny, lasciando quindi
intendere che il signor Weasley non era ancora stato rintracciato; era
l’unico Membro dell’Ordine a mancare all’appello e,
man mano che le ore passavano, gli animi si facevano sempre più
cupi.
Fleur lo
ringraziò stancamente per averla portata lì, quindi si
affrettò dietro la signora Weasley che le indicò la
stanza in cui era stato sistemato Bill; era sua, la chioma rossa che
Harry aveva intravisto nel corridoio di Grimmauld Place. Era stato
colpito dalla Maledizione di Dolohov, che consisteva in una sorta di
sferzata, come una frusta di fuoco che colpiva l’avversario,
ferendolo gravemente. Bill si era già ripreso del tutto, ma
Piton gli aveva ordinato di stare a riposo e la signora Weasley aveva
concordato, irremovibile.
Harry si sedette accanto a Ginny e le passò un braccio intorno alle spalle.
«Andrà tutto bene» le disse.
Ginny gli sorrise con
gli occhi, quegli occhi grandi, color nocciola che tanto amava.
Appoggiò la testa sul suo petto e Harry le diede un bacio in
fronte, sentendosi completamente inutile.
Si era già
trovato in quella situazione, intruso nel dolore della famiglia; quella
volta si era risolto tutto per il meglio.
Ma adesso era tutto
diverso: Grimmauld Place era perduta, così come Sirius, Silente,
Malocchio; e poi la guerra, Voldemort, senza contare che ora
l’intera comunità magica sembrava odiare lui e il resto
dell’Ordine.
Harry si guardò
attorno; il grande salotto di Villa Riddle era infestato dalle
ragnatele e ogni cosa, dai mobili, ai quadri, ai candelabri era
ricoperto da uno spesso strato di polvere, nera e dura. Doveva essere
stata una dimora elegante e maestosa, ma i lunghi decenni di abbandono
non la rendevano molto diversa da Grimmauld Place o dalla Stamberga
Strillante.
I vetri alle finestre
erano stati riparati, ma qua e là si rinvenivano ancora le
tracce degli atti vandalici: la parete destra era annerita dal fumo e
sul soffitto si aprivano delle crepe, attorno alle quali si erano
formate larghe chiazze di umidità.
Un basso tavolino, senza
una gamba, giaceva rovesciato su un fianco e tutt’intorno erano
sparsi dei cocci di porcellana, alcuni grossi, altri più
piccoli, quasi polverizzati.
La pietra dura del
pavimento poi, era foderata di polvere, la cui uniformità era
stata intaccata dalle impronte dei loro piedi. Tuttavia, neanche prima
del loro arrivo, quella era stata una coltre perfetta: c’erano
tre punti ben distinti, ancora visibili ora, dove la polvere sembrava
non riuscire a insinuarsi. Tre ombre scure, grandi ciascuna come la
sagoma di uomo, si allargavano sull’impiantito e Harry era
abbastanza sicuro che si trattasse delle tracce degli Anatemi Mortali
scagliati dal sedicenne Voldemort. Non lo turbava restare lì,
comunque, anche se non aveva potuto fare a meno di chiedersi se anche a
Godric’s Hollow, nella casa dei Potter, ammesso che esistesse
ancora, ci fossero i contorni delle Maledizioni che avevano ucciso i
suoi genitori.
Un debole crack lo fece
sobbalzare. Anche gli altri si riscossero dal torpore nervoso in cui
erano caduti e Ginny si rizzò a sedere, evidentemente inquieta.
Piton entrò nella stanza, solo.
«Papà?» chiese Ron a mezza voce, chiaramente spaventato dalla risposta.
La Signora Weasley era ricomparsa sulla soglia, seguita da Bill, leggermente pallido, e da Fleur, che lo aiutava a sorreggersi.
Un rumore di passi li fece trattenere il respiro, ma l’alta figura che sopraggiunse non era Arthur Weasley.
Kingsley Shacklebolt, dopo un lungo, teso silenzio, rispose «Non ce l’ha fatta, mi dispiace»
Harry sentì il cuore perdere uno o due battiti.
Ginny, sempre accanto a
lui, rimase zitta e impassibile, come se non avesse udito una parola;
un secondo dopo, era tra le braccia di Harry, in lacrime.
Ron era in piedi davanti
a una delle grandi finestre a bovindo, lo sguardo vuoto e perso;
Hermione era dietro di lui, con le mani tese in avanti, incapaci di
raggiungere il ragazzo.
Fred e George, piangevano l’uno sulla spalla dell’altro.
La signora Weasley invece, era stata portata nella stanza di Bill, ovviamente devastata dalla tremenda notizia.
«Vieni,
Potter» si sentì chiamare Harry dopo qualche minuto; Piton
era a pochi passi da lui e stava facendo segno a Hermione di seguirlo.
«Ho bisogno che
qualcuno rimanga lucido adesso» esordì l’ex Maestro
di Pozioni, chiudendosi la porta alle spalle.
Si trovavano nella
biblioteca della villa e il fuoco magico evocato da Kingsley gettava
ombre spettrali sugli scaffali polverosi, stipati di grossi volumi di
letteratura Babbana.
Hermione aprì la bocca per protestare, ma Piton la zittì con un sguardo cupo e severo.
«La perdita di
Arthur è un duro colpo» disse Kingsley, con voce profonda
e tranquillizzante, nonostante il tono urgente «Ma dobbiamo agire
adesso se non vogliamo che accada di nuovo»
«Di che si tratta?» chiese Harry, cercando di ignorare il magone che gli opprimeva il petto.
«Il Ministro
Babbano» rispose «Credo sia vittima di qualche Sortilegio,
forse un Cofundus molto potente, o la Maledizione Imperius»
dichiarò.
Harry e Hermione si
scambiarono uno sguardo perplesso, mentre le possibili implicazioni del
fatto cominciavano a farsi strada nelle loro menti.
«Quando Severus mi
ha avvertito di quello che è successo a Grimmauld Place, sono
corso dal Primo Ministro» continuò Kingsley «La
notizia era arrivata anche alle autorità Babbane, anche se
ovviamente non erano in grado di darsi una spiegazione. Il Primo
Ministro era infuriato, si contavano quattro vittime tra i Babbani,
senza considerare i morti e i feriti tra i maghi. Ha cominciato a dire
alcune cose molto strane, borbottava tra sé, era nervoso e
aggressivo. Mi ha cacciato via, dicendo che non ne voleva più
sapere di Signori Oscuri e che presto la verità sarebbe venuta a
galla.
«E al
nostro Ministero le cose non vanno certo meglio» continuò
dopo una pausa «Questo mago, che si fa chiamare Damon, ha aizzato
la comunità magica contro di te, Harry, e contro l’Ordine.
Ci credono dei traditori e sinceramente non so per quanto tempo
riuscirò a mantenere la mia posizione. Per ora non sospettano
nulla, ma dovevate vederli, erano tutti impazziti, la morte di Arthur
è stata accolta con gioia, come una vittoria» concluse,
scuotendo il capo.
«Che facciamo
allora?» chiese Harry. Gli eventi di quella giornata si erano
susseguiti con una velocità impressionante e Harry sentiva il
bisogno di agire, di prendere il controllo, o almeno di provare a farlo.
Dopo quattro ore di discussioni, congetture e pianificazioni, giunsero a una decisione.
«Allora è deciso» riassunse Harry «Domani andremo a Londra e fermeremo il Ministro Babbano»
Hermione, Piton, Kingsley, Remus e Bill, che si erano uniti
a loro, annuirono gravemente, ma ormai risoluti.
«Credo sia meglio
andare a riposare, domani sarà una giornata impegnativa»
dichiarò Kingsley e gli altri accettarono di buon grado la
proposta.
“Se falliamo
domani” pensò Harry, dopo essere salito al piano di sopra ed essersi infilato in un letto roso dai
tarli “Tutto sarà perduto”
E con questa inquietante osservazione, sprofondò nel sonno.
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«Ancora in piedi Severus?» sibilò Voldemort.
Severus ignorò il
commento. Non era il momento di stare al gioco del Signore Oscuro,
né di provocarlo più del necessario.
«Perché hai detto a Potter di venire qui?» esordì senza mezzi termini.
«Perché continuate a tenermi prigioniero in casa mia?» ribatté l’Oscuro.
«Non ci fidiamo di
te, mi pare ovvio» rispose «Tu avevi un piano»
riprese, senza dare modo al suo vecchio Signore di replicare
«Pensavi che sarebbe successo qualcosa, qualcosa che invece non
è accaduto» concluse.
Voldemort rimase impassibile alla sua affermazione.
“Dannazione”
pensò Severus “Non sono mai stato bravo in queste cose,
dov’è Silente quando serve?” si chiese,
rispondendosi che il ritratto del Preside doveva ormai essere andato
distrutto. “Questa non ci voleva, non ci voleva davvero”.
«Ho imposto io
stesso gli incantesimi su questa dimora» disse Voldemort
all’improvviso «Tu sai come funzionano i miei Scudi, non
è vero?»
Severus rifletté un momento, quindi annuì.
Solo poche persone
potevano accedere alla villa; il Signore Oscuro, naturalmente, i
possessori del Marchio Nero e i prigionieri condotti lì dai
Mangiamorte. Chiunque avesse cercato di introdursi di nascosto o avesse
tentato di Materializzarsi direttamente dentro le mura sarebbe stato
completamente disintegrato, ricordò.
Voldemort era stato
portato lì con la Materializzazione congiunta di Potter, quindi
era evidente che il Lord Oscuro si aspettasse che gli Scudi svolgessero
il loro compito, eliminando i due ragazzi per lui. Ma non era successo
e, a giudicare dall’atteggiamento di Voldemort, neanche lui
sapeva il perché.
Severus e Potter avevano
poi fatto la spola, portando lì tutti i sopravvissuti della
battaglia, che quindi erano entrati senza problemi.
Rimasero entrambi in
silenzio, per un lungo, teso momento, quindi Severus decise di
raggiungere gli altri: dovevano sostituire gli scudi, o al risveglio
avrebbero potuto trovare una sgradita sorpresa.
«Severus,»
lo richiamò Voldemort «Non potete sconfiggerli senza di
me» affermò, quindi scomparve tra le ombre della sua cella
sotterranea.
Severus si allontanò in fretta, con la spiacevole sensazione di essere seguito da quegli occhi vermigli.
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«Mio
Signore, sono fuggiti» lo informò Roockwood, inchinandosi
«Travers, Yaxley e Selwyn sono morti»
Octavio assottigliò gli occhi, furioso.
Il numero 12 di
Grimmauld Place era stato ridotto a una rovina fumante; scale franate,
muri sventrati, mobili e suppellettili distrutti. Tre dei suoi uomini
erano stati uccisi e tutto per niente.
«Mio Signore, abbiamo un prigioniero» disse Rowle, trascinando un uomo ai suoi piedi.
Arthur Weasley, legato con funi invisibili, gli lanciò un’occhiata di sfida.
«Arthur,» esordì Octavio «Il tuo prezioso Potter ti ha dimenticato qui?» lo sbeffeggiò.
«Traditore» ringhiò Weasley.
Octavio ignorò il commento «Dove sono andati?»
«Non lo so»
rispose l’uomo «E anche se lo sapessi non lo te verrei di
certo a dire» aggiunse, con sorprendente risolutezza.
«Naturalmente» commentò Octavio con leggerezza.
«Che ne facciamo di lui, mio Signore?» chiese Rowle.
«Torturiamolo» propose Roockwood, rabbioso.
«No» decise Octavio «Sarebbe uno spreco di tempo e di energie, non parlerà mai»
I due ex Mangiamorte si guardarono l’un l’altro, perplessi, ma non contestarono.
«Sei un
brav’uomo, Arthur» riprese Octavio, quindi, voltando
già le spalle al prigioniero, sentenziò
«Uccidetelo»
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Narcissa Malfoy percorreva a piccoli, nervosi passi il piccolo salotto.
Avevano trovato rifugio
a casa di Peter Minus dopo l’aggressione a Villa Malfoy; Rabastan
era stato ucciso quasi subito, mentre Lucius e Macnair erano rimasti
indietro, nel tentativo di rallentare i loro ex compagni e consentendo
così a lei e a Draco di fuggire.
Rodolphus li aveva
raggiunti qualche ora dopo, comunicando loro che Macnair era morto e
Lucius fatto prigioniero. Narcissa sperava che il peggio non fosse
accaduto.
Decise di tornare nella
stanza dove suo figlio stava dormendo. Aveva dovuto somministrargli una
potente pozione di Sonno Senza Sogni, per alleviare il tremendo dolore
al braccio sinistro, dove il Marchio Nero aveva preso a bruciare e a
pulsare improvviso:
«Hai controllato a Riddle Manor?» chiese Rodolphus per
quella che Narcissa credeva fosse la cinquantesima volta.
«Sì,
sì ci sono andato subito, ma non c’era nessuno»
rispose Minus, tremante «È morto, sono morti tutti e
due» aggiunse nervoso.
«No!» esclamò Rodolphus «Sei cieco? Lo vedi il Marchio è vivido, non è morto!»
«Va bene»
concesse l’altro «Ma non ha senso cercarlo se non sappiamo
nulla di quello che è successo»
«Codardo» ringhiò Rodolphus.
Per un po’ nessuno
parlò, finché Minus non ululò terrorizzato
«Il Marchio» piagnucolò, artigliandosi il braccio.
«Lo so, idiota, lo sento anch’io» ringhiò Rodolphus.
«Anche io» disse Draco, guardando sua madre spaventato.
«Che facciamo?» mugolò Peter.
«Andiamo» rispose Lestrange, deciso.
«Ma potrebbe essere una trappola» intervenne Narcissa «Non sappiamo che cosa-»
«Il Signore Oscuro
ci sta chiamando, ha bisogno di noi» la interruppe Rodolphus,
ormai pienamente risoluto «Vieni Draco»
«Mamma …»
«No, Rodolphus, è troppo giovane» tentò Narcissa.
«È un Mangiamorte, deve venire anche lui» ribatté lui.
«Ho già
perso Lucius, non posso mettere in pericolo anche mio figlio»
disse lei, alzandosi in piedi e frapponendosi tra il figlio e il
cognato.
«Molto bene»
concesse Rodolphus alla fine «Ma il Signore Oscuro ne sarà
informato. Muoviti Codaliscia!» aggiunse con un ringhio.
Minus, titubante, si affiancò al compagno nel centro del salotto; quindi, con un debole crack, entrambi scomparvero.
Narcissa aveva dato la Pozione a Draco che, lentamente, era scivolato nell’oblio.
Ora dormiva sereno e non sembrava molto diverso da un qualunque altro ragazzo della sua età.
Narcissa
accarezzò il viso di suo figlio, così simile a quello di
Lucius, pregando che tutto si risolvesse per il meglio.
“Noi gli siamo rimasti fedeli” si disse “Che questo possa servire a qualcosa”
Dalla piccola finestra
filtrava la debole luce della Luna; Narcissa si alzò e
scostò le semplici tende grigie, guardando di fuori. La notte
era muta e tranquilla, l’esatto opposto del suo cuore, che
gridava inquieto di paura e di disperazione.
Tornò accanto al figlio e prese la sua mano tra le proprie.
Per Narcissa
iniziò la lunga attesa, ma quando i primi raggi del sole
squarciarono la tenebra vellutata della notte, nessuno aveva ancora
fatto ritorno.
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* * *
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«Riproviamo,
forse questa volta sarò più fortunato» disse
Octavio, serafico, abbassando la bacchetta e interrompendo
l’incantesimo «Dove sono tua moglie e il tuo
moccioso?»
«Vai a farti fottere» ringhiò Lucius, sputando un grumo di sangue.
«Più tardi» ribatté Octavio, con voce misurata, prima di lanciare una nuova Cruciatus sul biondo.
Malfoy prese a contorcersi sul pavimento, ma tenne la bocca sigillata, senza lasciarsi sfuggire neanche un gemito.
“Ha del coraggio” concesse a sé stesso “E un orgoglio, del tutto inutili”
Gabrielle era rannicchiata nell’angolo opposto e osservava la tortura in atto.
«Se no ti decidi a
parlare» disse Octavio, ponendo fine alla Maledizione «Non
c’è ragione per cui dovrei tenerti in vita, lo sai non
è vero?»
«Allora
uccidimi» lo sfidò Lucius, sputando ancora sangue insieme
a un dente spezzato «Che aspetti, è quello che vuoi,
no?» ghignò, con voce rasposa.
«Non ancora, non
oggi» ripose Octavio «Ho tutto il tempo che voglio»
aggiunse, inginocchiandosi davanti al suo prigioniero e afferrandogli
il mento tra le dita. Occhi grigi contro occhi marroni, disperata
determinazione contro fredda spietatezza.
«Domani
verrà dichiarata guerra al nostro mondo» annunciò
«Dimmi dove si trova la tua famiglia o loro saranno i primi a
morire per la causa» minacciò.
Malfoy lo ricambiò con uno sguardo di puro disprezzo e disgusto.
“Molto bene, se ti
piace giocare” si disse, prima di gridare, richiamando a
sé tutto il proprio potere «CRUCIO!»
Questa volta, Malfoy urlò.
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Angolo Autrice
Salve a tutti quanti!
Eccomi di nuovo qui con un altro capitolo, che spero tanto vi sia piaciuto (o non dispiaciuto, quanto meno!)
Grazie come sempre a tutti coloro che seguono la storia, sia ai lettori
silenziosi sia a chi riesce a trovare il tempo e la voglia di lasciarmi
un commento; davvero GRAZIE di cuore.
A presto con un nuovo aggiornamento,
_Jo
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