That
Love is All There is
Terre_del_Nord
Slytherin's Blood
Chains - IV.034
- Morvah (2)
Rodolphus
Lestrange
Zennor, Cornwall - sab. 22 gennaio 1972
Erano quasi le sei del pomeriggio e mi trovavo ancora a Zennor, al
ricevimento dato dai Black per l’ingresso in
società del piccolo Regulus, il genere di occasione mondana
che di solito rifuggivo come la peste; quella sera, però,
non potevo allontanarmi da lì, dovevo recitare la parte del
figlio segnato dal dolore che l’indomani sarebbe andato in
Francia a seppellire il proprio vecchio, mi muovevo perciò
tra gli ospiti fingendo interesse per le chiacchiere di quei tronfi
babbioni, trattenendomi a fatica dal vomitare loro addosso maledizioni,
nauseato da tanta inutile loquacità: li conoscevo, sapevo
quali invidie si celassero dietro quei sorrisetti ostentati, come
fossero sempre pronti a pugnalarti alle spalle.
Come nuovo Lord Lestrange, Milord voleva che ottenessi informazioni e
carpissi le debolezze di quella gente, io naturalmente avrei sfruttato
la situazione anche per un vantaggio personale: eravamo una
delle Casate più antiche e pure ma noi Lestrange avevamo
anche attraversato anni di declino a causa di mio padre, un rabbioso
relitto umano inacidito da tragedie personali e capovolgimenti della
sorte, ed ora, in serate come quella, mi ritrovavo spesso tra Maghi e
Streghe che avevano approfittato delle circostanze per danneggiarci.
Alcuni mi avevano deriso, altri mi avevano guardato con
pietà, nessuno di loro aveva idea di cosa li aspettasse: ero
un Mangiamorte tra i più vicini al Signore Oscuro e per
mettermi a capo del mio Casato avevo già eliminato mio
padre, la fonte della nostra debolezza, a breve, al momento giusto, mi
sarei “divertito”
anche con loro, avrebbero pagato ogni affronto.
Ero talmente preso dai miei sogni di gloria da non accorgermi che
Cygnus mi stava parlando, gli sorrisi assente, mi voltai per prendere
due calici portati dall’Elfo e gliene offrii uno, scolando il
mio con moderazione. Tutti erano abituati a vedermi finire le serate
completamente sbronzo, non quella sera, non mi serviva
l’alcool per caricarmi, quella notte, né era
necessario che i presenti, a cominciare dai Ministeriali, mi credessero
ubriaco per la buona riuscita del piano. Me ne stavo lì, a
rispondere come si conviene, in piedi dietro al divano su cui
troneggiavano Pollux e Arcturus Black, mentre Bellatrix, vicina alla
vecchia Irma, recitava la parte della nipote premurosa, preoccupata per
i recenti malanni della nonnina. Dalla mia posizione controllavo tutti,
il Ministro, quell’impiccione di Crouch, gli uomini della
scorta, il nostro cordiale ospite: ogni volta che avevamo incrociato lo
sguardo, Orion Black era sbiancato, ogni volta che l’avevo
avvicinato, avevo fiutato la sua paura.
Mi ero anche divertito, con lui, un paio di ore prima,
l’avevo stuzzicato, innervosito, attirato nella mia trappola,
infine, mentre quell’idiota cercava di reagire,
l’avevo affatturato, facendogli sputare sangue e
costringendolo a nascondersi; quando si era ripresentato, molto
più tardi, era ancora tremante, pallido come un cadavere.
L’avevo già torturato, alcuni giorni prima, per
costringerlo a consegnarmi i ricordi della sua visita a Hogwarts e la
pergamena che Sherton gli aveva fatto firmare e custodire: avevo
goduto, vedendo la consapevolezza farsi largo nel suo cervello e
trasformarsi in terrore, quello era solo l’inizio della sua
nuova vita da uomo braccato, avrei continuato a giocare al gatto e al
topo con quel patetico guitto, che aveva osato colpirmi e aveva reso
sterile mia moglie, perseguitandolo fino al suo completo tracollo
mentale, uccidendolo “solo”
un pezzetto alla volta.
Inizierò dalla pergamena, Black, hai detto che non ha il
potere di darmi ciò che voglio, ma sarà proprio
con la TUA firma che legherò a me la tua adorata figlioccia,
unica erede della fortuna degli Sherton, sempre che quel coglione di
Rabastan domani
non faccia una delle sue solite cazzate…
Fremetti, ripensando alla ragazzina, al turbamento provato, quando mi
aveva afferrato il braccio a Herrengton ed io avevo avuto quelle strane
visioni (*) : dovevo scoprire
che Incantesimo fosse e apprenderlo, se dava un tale inquietante potere
a una bambina di neanche dodici anni, non osavo immaginare quali
risultati avrei ottenuto io, un Mago adulto ed estremamente abile nelle
Arti Oscure. Probabilmente neanche Milord aveva compreso del tutto i
miei piani, gli avevo fatto intendere che volessi la piccola Sherton
per Rabastan, come risarcimento per le tante mancanze di suo padre nei
confronti della mia famiglia; il Signore Oscuro, a quanto pareva, non
aveva mire su di lei, però sapeva quanto Mirzam adorasse la
sorellina e, nel caso non l’avesse ucciso subito, avrebbe
goduto anche Lui, come me, nel vedere il traditore impazzire di terrore
sapendola nelle grinfie di mio fratello.
Lasciare
Meissa a Rabastan, però, sarebbe un vero spreco: secondo
alcuni “la prima Strega Sherton a rimettere piede a
Serpeverde dopo secoli darà vita a una stirpe di Maghi molto
potenti” … e, guarda caso, una legittima
discendenza Purosangue è l’unica cosa che non ho e
che mi serve.
Sogghignai, ben prima di vedere Bellatrix messa alla porta per
infedeltà e mio fratello rinchiuso al San Mungo tra i pazzi,
Black avrebbe capito cosa ne avrei fatto della sua adorata figlioccia.
Vagai con gli occhi nella sala, fino al cortile al coperto in cui
giocavano i bambini: Black si era impegnato per tenere suo figlio
lontano da me, come se quel ragazzino gracile, sempre attaccato alle
gonne della madre, potesse servirmi a qualcosa. Nonostante i suoi
accorgimenti, inoltre, ero già arrivato a Regulus e presto “zio”
Orion se ne sarebbe accorto. Ridevo già immaginando la
faccia che avrebbe fatto.
L’amore
per i figli è la sola debolezza che mancava a mio
padre… mentre è il tallone d’Achille di
tutti gli altri… Malfoy, Sherton, persino gli imperturbabili
Black…
Già, i dannati Black… si ammantavano di
un’aura di superiorità che si basava sul nulla, io
stesso mi ero lasciato calpestare per anni da Bellatrix attratto non
solo dalla sua bellezza, ma anche dal suo nome e dal suo Sangue, adesso
che ero della “famiglia”,
però, li vedevo per ciò che erano, vecchie
cariatidi ammuffite, colpevoli come molti altri di aver gettato il
mondo magico nel baratro con la loro inettitudine. Cygnus era un
idiota, aveva generato solo femmine di cui una era persino fuggita con
un Sanguesporco; Pollux amava esercitare il suo ruolo di “pater
familias”, ma non era riuscito neanche a far
sposare il suo secondogenito; Alphard era un edonista irresponsabile,
disinteressato alla famiglia e alle questioni serie del Mondo Magico;
Walburga era una megera altezzosa che, per preservare la purezza del
Sangue e l’integrità del patrimonio, aveva
accettato di sposare quello smidollato di suo cugino:
dall’unione erano nati gli unici eredi maschi
dell’antica Casata, due mocciosi gracili, deboli di spirito,
proprio come il padre, tanto che il primogenito era già
finito a Grifondoro.
Per
i Black non esiste vergogna peggiore di un figlio Grifondoro, a parte,
forse… averne due!
Rischiai di soffocare, tentando di trattenere le risate a quel
pensiero. Intravidi Orion impegnato in una discussione con Abraxas,
evitai per un soffio di scontrarmi con un Elfo che distribuiva gli
alcolici ma non riuscii a scansare Bartemious Crouch, capo del
Dipartimento Aurors: l’uomo bofonchiò un “di nulla”
alle mie scuse ma mi squadrò sospettoso, per tutta la
giornata aveva parlato poco, mangiato poco, bevuto poco, si era mosso
circospetto tra gli invitati e ci aveva scrutato tutti di sottecchi,
anche a distanza sentivo le farraginose rotelline del suo cervello che
registravano ogni parola, ogni dettaglio, alla perenne ricerca di
prove. Da quando col suo muso di faina aveva puntato Mirzam, tutti noi “amici”
di Sherton eravamo finiti sulla sua lista nera ma per quanto si
impegnasse, non riusciva a trovare elementi che confermassero i suoi
sospetti, anche perché aveva puntato sul cavallo sbagliato
per arrivare a Milord. Inoltre, l’assenza di progressi
nell’indagine sulla morte di Longbottom,
l’ossessione nel perseguitare una famiglia, gli Sherton,
vittima e non complice del Signore Oscuro, i ripetuti buchi
nell’acqua durante le perquisizioni e i sequestri a Nocturne
Alley, gli erano costati il malcontento di parecchi esponenti del
Ministero, tanto che negli ultimi giorni il Ministro in persona gli
aveva negato l’autorizzazione a procedere contro un paio di
nuovi sospettati. Stando a Rookwood e alle altre fonti che avevamo
infiltrato, Crouch era talmente furioso contro Dumbledore, che si
opponeva a concedergli poteri speciali in quanto Capo Dipartimento
Aurors, da presentare la propria candidatura alla carica di Ministro:
non aveva il sostegno necessario per essere eletto, certo, ma poteva
distrarre su di sé una quantità di voti
sufficienti a far saltare l’elezione di Odgen, il candidato
sostenuto dal vecchio Preside, il suo piano era perciò
offrire il ritiro della propria candidatura in cambio della concessione
dei poteri speciali che gli servivano per indagare su chiunque,
liberamente, una volta che Odgen fosse stato eletto. Quelle trame erano
ridicole, nessuno dei due contendenti, infatti, avrebbe mai ottenuto la
carica, non finché Abraxas Malfoy avesse sostenuto il suo Ministro
“fantoccio”, Archibald Lodge, e
continuato a tessere le sue trame, fatte di ricatti e corruzione.
Ormai aspettavamo tutti, impazienti, la richiesta di aiuto dei
Ministeriali, solo quando gli Aurors presenti alla festa fossero
partiti, infatti, ce ne saremmo potuti andare anche noi. Il Lord aveva
deciso di usare all’inizio solo i Mannari di Greyback e
alcune giovani reclute giunte dall’est, mentre noi, la
cerchia più stretta, dovevamo restare a Black Manor, sotto
gli occhi dei Ministeriali: vederci alla festa, mentre
l’attacco era già stato sferrato, doveva
convincere Crouch della nostra estraneità ai fatti;
conoscendolo come uomo inflessibile, però, io ritenevo che
non sarebbe bastato questo a farlo dubitare, al contrario,
l’avrebbe portato a sottovalutare le forze schierate in campo
e a presentarsi con un numero insufficiente di uomini al mattatoio di
Morvah. Lì, forse, avrebbe trovato anche lui la morte, di
sicuro avrebbe subito ingenti perdite, dimostrando a tutti la propria
incapacità tattica: in entrambi i casi, il temibile
Bartemious Crouch sarebbe uscito annientato da quella brughiera.
Mentre ghignavo sotto i baffi, mi sentii osservato, Bellatrix sembrava
compiaciuta, lo sguardo soddisfatto di una gatta che sta per saziarsi,
io non le diedi spago, quando la guardavo troppo a lungo nel mio cuore
si creava un baratro, ritornavo a quella mattina,
alla stanza di Mirzam a Londra, alle parole scritte in quelle
lettere… al suo fantasma che si dimenava sul
letto… al sogno del suo collo che si spezzava tra le mie
dita mentre la stupravo a sangue. Sospirai a fondo per cancellare
quelle immagini dalla mia mente, mi ero sentito male, debole, in colpa,
confuso, dopo averlo fatto… ma era stato solo un
momento… dovevo concentrarmi su Morvah, su Greyback che si
divertiva a massacrare i Ministeriali, mentre io ero bloccato
lì. No, non era semplice: il tarlo di mia moglie tra le
braccia di Mirzam Sherton si era già fatto strada nel mio
cervello. Provavo disgusto per me e ancora di più per lei,
benché Bellatrix continuasse a non averne il minimo sentore:
dall’inizio del nostro matrimonio ero stato sempre io a
elemosinare le sue attenzioni, negli ultimi tempi, però,
dopo che non l’avevo “rispettata”,
invece di subire la sua ira e la sua definitiva repulsione, le avevo
acceso un desiderio finora sconosciuto nei miei confronti, che non le
dava tregua e di conseguenza sprofondava me in una sorta di delirio
permanente. Per quanto mi imponessi di sottrarmi, non sempre riuscivo a
mantenere la mia determinazione e spesso finivo col cedere, allora
l’attrazione malata che esercitava ancora su di me mi
devastava corpo e mente, sprofondavo in un mondo allucinato, i giorni
passavano senza che riuscissi a pensare a nient’altro che
lei. Quando infine un minimo di raziocinio riaccendeva la mia coscienza
esausta, ripiombavo nel vortice di disgusto e odio feroce e
ricominciava tutto da capo.
Per calmarmi, mi intromisi tra Cygnus e suo padre, ormai la maggior
parte degli ospiti si era spostata nel cortile destinato ai bambini, ed
io decisi di unirmi a loro per godermi la scena, quando qualcuno avesse
notato la scacchiera di Regulus. Il dono che avevo portato a nome della
“mocciosa” doveva suscitare l’interesse
di Crouch, parte del piano era infatti gettare discredito su Orion
Black e porlo in cattiva luce presso chi stava indagando sulla
sparizione degli Sherton: a tale scopo, Malfoy aveva fatto circolare
una serie di voci su presunte invidie di Black nei confronti di
Sherton, mettendo in dubbio la solidità della loro amicizia.
Mentre tutti commentavano la partita a scacchi tra Regulus e
l’insulso figlio di Bartemious, Orion si avvicinò
al tavolo proprio con Crouch, decisi fosse il momento di far notare a
quel rincoglionito di Arcturus quanto fosse bella la nuova scacchiera
del nipote.
«Orion, dove l’hai
trovata? È un pezzo da collezione: ne ho vista una simile
solo una volta, anni fa, a Herrengton, davanti a una pregiata bottiglia
di Firewhisky del buon vecchio Donovan… »
Cercai di non farmi notare mentre sghignazzavo, Orion già
indispettito, prese la scacchiera e le mani cominciarono a tremargli:
conosceva per forza quella scacchiera, doveva averci giocato da ragazzo
con Alshain e dalla sua espressione smarrita capii di aver fatto
centro. Quando afferrò il Re Nero, poi, sbiancò e
alzò gli occhi terrorizzati su di me, aveva capito subito
chi avesse fatto quel dono a suo figlio, chi si fosse avvicinato al
piccolo Regulus nonostante tutti i suoi patetici tentativi di
proteggerlo.
«Ragazzo, da quando hai questa
scacchiera… e soprattutto, chi te l’ha
data?»
«Era nel pacco regalo di
Meissa, signor Crouch: mi ha mandato quel libro e questa
scatola.»
Non ci fu tempo per me di ridere di Black, né per Crouch di
formulare accuse, neanche Regulus riuscì a dire che il dono
in realtà gliel’avevo consegnato io -mi sarei
difeso dicendo che c’era Narcissa Black con Meissa, quando la
mocciosa mi aveva consegnato il suo regalo per Regulus-,
perché un Patronus argenteo uscì
dall’intrico degli alberi, attraversò il giardino,
volteggiò sopra la testa degli invitati, infine si
fermò dinanzi a Crouch e, parlando con la voce
dell’Auror Potter, annunciò l’attacco
dei Licantropi a Morvah. Orion fece finta di essere un uomo con le
palle, forse per impressionare il figlio, si offrì di
partire con gli Aurors, ma all’accenno di Crouch ai Mannari,
si afflosciò, come il verme che aveva tra le gambe.
Il Capo degli Aurors non perse altro tempo, si Smaterializzò
con i suoi, in quello stesso istante Pollux prese le redini della
situazione, organizzando la partenza degli ospiti, un po’ via
camino, un po’ scortati in giardino per Smaterializzarsi.
Anche se ormai c’erano solo i parenti e pochi amici intimi,
l’ordine era di attendere ancora, per non dare agli eventuali
Aurors rimasti a “proteggerci”
nessun motivo di sospetto, passai quegli ultimi minuti cercando di fare
coraggio a mia suocera, rimasta impressionata dal Patronus. Orion alla
finestra sembrava un’anima in pena, Malfoy, come noi,
aspettava impaziente di filarsela, quando infine Black uscì
in giardino e sparì senza una parola, Abraxas mi
rimandò uno sguardo compiaciuto e levò il calice.
Mi avvicinai alle finestre, uscii sulla terrazza ma non scesi i
gradini, il silenzio era spezzato solo dal vento che muoveva pigro le
cime degli alberi e, da lontano, dal suono della risacca, metri e metri
più in basso; la notte era tersa, le stelle brillavano
gelide attorno a uno spicchio di luna. E di Black non c’era
più traccia.
Rientrai, Abraxas stava brindando a Lucius e Narcissa e alla prossima
unione tra le famiglie Black e Malfoy, ricordai di aver beccato la
coppietta platinata infrattata tra i cespugli a Herrengton, mentre davo
la caccia a Meissa, la sera del matrimonio di Mirzam, e che avevo
sentito improvvisamente farsi stretti i pantaloni, proprio come mi
succedeva anche in quel momento, quando avevo colto il particolare del
pizzo strappato che occhieggiava tra le sottovesti di Narcissa. Irma
dovette notare il mio momentaneo “disagio”
perché mi lanciò un paio di occhiatacce lascive,
poi sorrise a Malfoy e l’invitò a sedersi accanto
a sé; alla finestra, Alphard Black e Demian Rosier parlavano
di Quidditch, d’un tratto Demian, sbronzo, urtò
una colonna e perse l’equilibrio, suscitando
l’ilarità di tutti.
«Leggiadre signore, voi avete
affari importanti da combinare, a quanto sento, per questo, Druella
cara, vorrei farti da cavaliere e occuparmi io di tuo fratello: lo
riaccompagnerò a casa, da sua moglie, sano e salvo, nessuno
vuole che si Materializzi di nuovo nel letto di un Babbano!»
Scoppiai in una delle mie risate senza controllo, per la prima volta
quella sera, e tutti mi seguirono, persino Rosier ci scherzò
sopra, non Malfoy che, come sempre, ci disapprovò con il suo
vuoto sguardo “albino”.
L’Elfo dei Black comparve con i mantelli e Malfoy finalmente
si tolse dalle palle. Mancava ormai meno di mezzora
all’appuntamento che avevamo a Londra con Rookwood.
«Anche Bellatrix ed io ci
ritiriamo, ci aspetta un triste viaggio in Francia, domani...
»
«Rodolphus caro, come siamo
stati indelicati… Non vuoi che ci uniamo a voi?»
«Non è necessario,
Druella, ma siete tutti invitati alla commemorazione che presto si
svolgerà a Trevillick; domani mio padre ritroverà
semplicemente la pace accanto a mia madre… »
«Non fare complimenti, di
qualsiasi cosa tu abbia bisogno.»
«Mi avete già
donato la vostra stella più luminosa, accanto a lei
supererò anche questo… »
«… e con lei farai
ancora più grande la tua famiglia, ragazzo mio: ricordatevi,
nipoti miei, dare nuove generazioni alla famiglia è
l’unico modo per onorare chi non c’è
più… »
Pollux brindò a noi, tutti gli altri lo accompagnarono,
Bellatrix fingendo pudore sorrise e ci stringemmo la mano davanti a
tutti, li salutammo, senza fretta, indossammo i mantelli e uscimmo nel
giardino immerso nel silenzio, concedemmo a quelle mummie impiccione
persino la vista di un bacio sull’ultimo gradino della
scalinata, poi ci inoltrammo tra gli alberi per Smaterializzarci.
***
Bellatrix Lestrange
Zennor, Cornwell - sab. 22 gennaio 1972
“Questa notte ti
prenderò sui cadaveri degli Sherton…”
Ero sicura che i suoi occhi mi avessero promesso questo, quando il mio
Signore mi aveva fissato, a lungo, prima di congedarsi, al termine
dell’incontro con i suoi Mangiamorte a Lestrange Manor. Ero
così felice. Dell’incarico ottenuto, certo, ma
soprattutto perché Lui si era trattenuto a parlare da solo
con me: quando mi aveva raccontato di come si sarebbe vendicato degli
Sherton, avevo sentito che… Lui, il mio Signore conosceva la
mia rabbia ed io per un attimo avevo pensato che quel piano
l’avesse orchestrato per donarmi la vendetta che agognavo.
Avevo sorriso, eccitata per la sua vicinanza, bramosa di sangue e
vendetta. Lui mi aveva guardata in quel suo modo intenso, mi aveva
preso la mano leggero, rapido, bruciante, io non avevo capito
più nulla, avevo chiuso gli occhi senza neanche accorgermene
e quando li avevo riaperti, mi stava sfiorando una guancia con il palmo
gelido della mano: il mio respiro si era spezzato in un singulto, come
se mi stesse prendendo lì, in quel momento.
Sospirai, il cuore mi esplodeva nel petto al solo ricordo di
quell’istante. Per questo, per l’onore che mi aveva
concesso, per quel tocco fugace e carico di promesse, ero riuscita a
tollerare la noia della serata sprecata a casa di zio Orion. Senza i
Suoi sguardi, le Sue confidenze, le Sue promesse, non sarei mai
riuscita a resistere, non mentre gentucola insulsa come Greyback si
stava divertendo a Morvah, al posto mio. Volevo bene a Regulus, mai
sarei mancata alla festa per il suo compleanno e per il suo ingresso in
società, ero sicura che, opportunamente educato e guidato,
al contrario di Sirius, avrebbe riportato all’antico lustro
la nostra famiglia, da troppo tempo in declino; restava il fatto,
però, che quei ricevimenti inutili e pieni di vuote parole
dimostravano solo il degrado del nostro mondo.
L’idea del Lord di attaccare, mentre gli uomini su cui si
stavano concentrando i sospetti di Crouch erano pressoché
tutti presenti alla festa, era geniale, avevo goduto osservando il suo
straniamento quando aveva ricevuto il Patronus con la notizia
dell’attacco, mentre tutti noi, i suoi principali indiziati,
eravamo lì, dinanzi a lui, a fingerci inorriditi e
sconvolti. Il Marchio di Milord aveva cominciato a bruciare proprio in
quell’istante, mettendomi il fuoco nel sangue, ero quasi
saltata sulla sedia, rossa in viso, eccitata, il cuore impazzito.
Rodolphus si era quasi strozzato nel tentativo di soffocare le risate,
quando aveva sentito il richiamo del Signore Oscuro proprio
lì, in mezzo a tutti quei deficienti, gli avevo stretto la
mano e lui mi aveva guardato, impenetrabile.
Non sapevo cosa mi fosse successo, da quando era diventato rude, avevo
sempre più voglia di lui, non era mai successo in tanti mesi
di matrimonio. Rodolphus se ne accorgeva e mi derideva.
«Guarda
che ho cose più urgenti da fare che scopare te, cosa
credi?»
Me lo diceva senza ironia, brusco, sembrava covare odio nei miei
confronti, un odio che non avevo percepito mai. Non mi dava
più neanche l’assillo per avere un figlio e a
volte mi chiedevo se non avesse già
un’altra… non che m’importasse,
ma… no, era impossibile, era troppo preso da me, doveva solo
aver capito che non sarei mai stata una moglie come le
altre… Rodolphus non era più l’idiota
che avevo conosciuto ai tempi della scuola, forse non lo era stato mai:
in quei mesi, lottando per Milord al suo fianco, avevo capito chi
realmente fosse e mi ero scoperta fiera di lui. Non era amore il mio,
naturalmente, solo Milord meritava il mio amore, ma… sempre
più spesso, di notte, mentre mi toccavo pensando al mio
Signore, io…
… sognavo di averli entrambi nel mio letto… e
dentro di me…
No, non era il momento per quei pensieri, quasi tutti gli Aurors e gli
ospiti se n’erano andati, persino quel pallone gonfiato di
Malfoy si era defilato, con la scusa di portare a casa zio Rosier.
«Anche Bellatrix ed io ci
ritiriamo, ci aspetta un triste viaggio in Francia, domani…
»
Come sentii la formula che Rodolphus ed io avevamo concordato, fui
travolta dal desiderio di saltare sul divano mandando al diavolo tutti
i presenti e inveendo contro il Ministero, invece feci la faccina
contrita delle grandi occasioni, rimasi lì, composta,
fingendo pudicizia e sorridendo al nonno che ci esortava a figliare
come conigli. Non vedevo l’ora che Milord prendesse il potere
anche per mettere fine a quelle sciocche tradizioni, per essere una
Strega libera, senza più i vincoli della famiglia, senza
più l’obbligo di essere una madre né
una Strega rispettabile. Non volevo quella vita, non ero nata per
quella vita, volevo solo essere me stessa, combattere al fianco del mio
Signore ed essere Sua.
Dopo aver salutato tutti, Rodolphus mi prese la mano e, usciti sulla
terrazza, in fondo alla scalinata, mi baciò, un bacio vuoto,
come i tanti che in quei mesi gli avevo rifilato io, ci incamminammo
nel giardino e, appena fuori dalla vista dei parenti, mi
lasciò la mano, dirigendosi rapido, senza una parola, al
punto da cui era possibile Smaterializzarci. Lo guardai, lui non
ricambiò il mio sguardo. Seguendo il piano, raggiungemmo
Trevillick, dove, nella radura che separava il nostro maniero dalla
scogliera, ci attendeva Rookwood, tra i primi ad andarsene
all’arrivo del Patronus: era già stato al covo
nelle Bedruthan Steps e aveva recuperato abiti, capelli, scope e
bacchette, assicurandosi delle condizioni delle tre reclute del
Dipartimento Aurors che Rodolphus aveva sequestrato la notte prima.
Entrammo in casa, prendemmo la Polisucco e ci cambiammo.
«Come diavolo hai fatto a
mettere le mani su quei tre? Io avrei sprecato settimane solo a cercare
di capire quali fossero gli Aurors giusti, tu invece in pochi
giorni… »
«Perché ho puntato
da subito alle reclute, Augustus… gente che vuole
disperatamente mettersi in mostra, che cerca la scorciatoia per una
promozione, che spesso ha problemi economici… è
stato sufficiente frequentare il pub in cui si ritrovano a fine turno
per individuare quelli più fragili e, per attirarli in
trappola, promettere loro informazioni utili alla cattura del
Lord… »
«Dovevi portarli a Morvah,
però, corriamo un bel rischio a lasciarli vivi su quella
spiaggia.»
«Vivi? Ci penserà
la marea a “sistemare” tutto in
un’oretta, il tempo di visitare il Ministero!»
Scendemmo in spiaggia, dove ci Smaterializzammo diretti a Bristol, da
lì, con le vecchie scope rubate agli Aurors e il nostro
nuovo aspetto, raggiungemmo Londra; entrammo al Leaky Cauldron
facendoci vedere da parecchie persone per poi passare finalmente a
Diagon Alley: ridevo tra me pensando che chiunque, osservandoci
schierati per la strada, ci avrebbe scambiato per una vera squadra
impegnata in una ronda, potevamo pure andare dal vecchio Burgin,
fingendo una perquisizione, fargli prendere un colpo dimostrando di
sapere dove cercare e infine rubargli tutti i suoi tesori. Ci avviammo
invece alla sede del Ministero, per l’appuntamento con il
referente delle tre reclute. L’idea di Rodolphus, approvata
da Milord, era solo un corollario del piano principale: approfittare
del caos di quella notte per entrare nel Dipartimento Aurors, fingerci
tre delle reclute che stavano svolgendo il praticantato presidiando
l’archivio del Dipartimento e Imperiare il loro referente
perché ci lasciasse accedere alle informazioni secretate,
dai dati personali degli uomini al servizio di Crouch, alle
informazioni sulle dimore sicure dei principali esponenti del
Wizengamot, sui turni delle scorte e sugli incantesimi protettivi messi
in campo; il tutto senza lasciare tracce del nostro passaggio,
ovviamente, per nessun motivo doveva sorgere il sospetto che
l’archivio fosse stato violato. Infine, insieme alle tre
reclute, scelte tra tante per i debiti contratti, quella notte sarebbe
sparita una cospicua somma di galeoni custodita nel caveau del
Dipartimento, avremmo così sviato le indagini sulla
scomparsa dei tre. Nei giorni successivi, mentre Crouch contava i morti
e il suo Ufficio era nel panico, avremmo iniziato a usare le
informazioni per piombare nelle dimore protette, uccidere e rapire,
creando il caos durante la campagna elettorale per l’elezione
del nuovo Ministro: in pochi giorni, il Ministero sarebbe caduto e
avremmo preso il potere. Appena entrammo “in
servizio”, però, il referente ci
informò che gli ordini erano cambiati, invece di presidiare
l’archivio, ci saremmo dovuti presentare con le altre reclute
presso i nostri istruttori nella sala riunioni del Dipartimento.
«Perché, scusi,
signor Taylor? Che cosa sta succedendo?»
«Crouch ha richiamato tutto il
personale, anche quello non in servizio, per una missione esterna, voi
reclute resterete qui con i vostri istruttori e alcuni veterani a fare
da scorta, nel caso si trattasse di un diversivo. Non so di cosa si
tratti ma pare sia coinvolto anche il Preside... »
«Il Preside di Hogwarts?
Dumbledore sarà anche lui dei nostri, stanotte?»
«Non è sicuro, ma
pare probabile. … Crouch sta radunando tutte le forze in
attesa del rendez-vous con quelle raccolte dal Preside presso Morvah,
nel Cornwell… ora andate…e state in
guardia!»
Nessuno di noi, neanche il Signore Oscuro si aspettava che Dumbledore
fosse coinvolto, né che Crouch fosse messo in guardia per
tempo e riuscisse a elaborare una strategia prima di raggiungere
Morvah. Qualcuno della Confraternita aveva messo da parte gli antichi
screzi e coinvolto il Ministero? E Dumbledore come era venuto a
conoscenza di questa storia? Possibile che quel codardo di Mirzam
avesse chiesto aiuto a Mezzosangue e Traditori del Sangue Puro? E che
Crouch l’avesse ascoltato, invece di arrestarlo? Mi voltai
verso Rodolphus, i suoi occhi erano un fuoco di odio, il Signore Oscuro
doveva essere informato, il suo piano, ancora una volta, era rovinato
da quell’ “amico” che l’aveva
già messo più volte in cattiva luce con Milord.
Neanche io volevo che il suo piano fosse rimandato, anzi,
trovavo la nuova situazione ancora più intrigante: se
fossimo rimasti e fossimo stati scoperti e catturati, saremmo finiti ad
Azkaban, certo, cosa non improbabile, visto che eravamo accerchiati
dagli Aurors, ma… era troppo eccitante l’idea di
quello che, mischiati agli altri, noi tre avremmo potuto fare,
cogliendo di sorpresa quegli stolti, li avremmo colpiti con le
Maledizioni senza Perdono, mentre ancora gli istruttori assegnavano
loro i compiti, avremmo goduto del terrore di quei ragazzini senza
esperienza, della loro confusione e della disperazione quando sarebbero
stati colpiti da chi era al loro fianco, compagni, amici…
persone di cui avevano imparato a fidarsi. Saremmo stati simili a un
branco di lupi affamati che piomba sugli agnelli indifesi.
«[Imperius]…
siediti alla scrivania… e scrivici una nota di permesso per
il caveau… »
Augustus e Rodolphus si guardarono e si allontanarono, capii subito le
loro intenzioni e li seguii.
«Il Signore Oscuro deve sapere
di Dumbledore e noi non possiamo andare dagli altri ancora vestiti da
Aurors… Amico mio, tra noi sei l’unico capace di
restare qui da solo e completare la missione… ma io non ti
chiederò di rischiare Azkaban solo per delle cazzo di
pergamene… »
«Grazie del pensiero, ma non
occorre che ti preoccupi per me, lavoro qui ogni giorno, so cosa fare,
come muovermi… e soprattutto so come prenderli per il
culo… tutti… voi andate, presto!»
Ci dividemmo, Augustus rafforzò ancora l’Imperius
sul referente per entrare con lui nell’archivio, Rodolphus ed
io, con la nota di autorizzazione, scendemmo nel caveau per prendere il
gruzzolo di galeoni: Schiantare la guardia fu l’unica
soddisfazione che riuscii a prendermi durante quella visita al
Ministero. Uscimmo in piena Diagon Alley, Rodolphus sussurrò
“al covo” e ci ritrovammo alle Bedruthan Steps, al
nascondiglio in cui si trovavano tramortite le tre reclute, eliminammo
i due ostaggi di cui avevamo assunto l’identità, e
lasciammo Imperiato il terzo, così che Rookwood potesse
mantenerne le sembianze fino al termine della missione, più
tardi la marea si sarebbe occupata di lui. Ci Smaterializzammo di nuovo
e stavolta raggiungemmo, finalmente, le antiche pietre non lontano da
Morvah: con mio disappunto, i Ministeriali non si erano ancora
radunati, così non dovemmo combattere né
sottoporci a Incantesimi di Disillusione, corremmo invece, corremmo
soltanto, nella brughiera congelata nella fredda notte di gennaio, in
silenzio, il cuore in gola, simili a lupi che attraversano la pianura
in cerca di prede. E non ci fermammo mai, neanche a riprendere fiato,
fin quando non superammo l’incanto di Disillusione del Lord
che impediva ai Babbani di vedere cosa stesse accadendo:
l’oscurità diventò rossa di fiamme,
l’aria carica di fumo e tanfo di carne e sangue.
***
Alshain Sherton (capitolo di aprile, versione
corretta)
Malfoy Manor, Wiltshire - sab. 22 gennaio 1972
«Aguamenti… »
Tirai
una secchiata d’acqua gelida all’uomo ai piedi del
caminetto, si contorceva per il dolore, incapace di respirare, i gesti
convulsi, gli occhi spalancati di terrore, alla vana ricerca della mia
presenza, celato nell’oscurità.
Continuò a tossire e dimenarsi, mentre tornava lentamente in
sé.
«Ti prego… non… »
Strinsi
il pugno sull’attizzatoio, cercando di reprimere la rabbia:
non immaginavo che Rosier fosse in combutta con Malfoy. “La prima regola
è sopravvivere, la seconda vendicarsi”,
pertanto, prima, dovevo carpirgli le informazioni che mi servivano, non
potevo permettermi errori. Mi voltai, il flaccido corpo di Malfoy era
sospeso inerte a mezz’aria vicino alla porta, il capo piegato
sul petto, il fetore liquido che gli colava dai pantaloni: brusco, lo
portai a galleggiare sopra il camino, poi mollai la presa di colpo,
cadde con un tonfo accanto a Rosier, che iniziò a urlare,
terrorizzato.
«Salazar… no… no… ti
prego… »
Dovevo
far tornare in sé anche l’odiato cugino ma non
subito, non avevo forze sufficienti per tenerli a bada entrambi. Uscii
dalla penombra e mi acquattai silenzioso sopra Demian, stringeva i
denti per il dolore, ancora percorso dai brividi della Cruciatus. Gli
presi il mento con una mano, nell’altra stringevo
l’attizzatoio, Rosier chiuse gli occhi, atterrito, mente lo
brandivo su di lui, la bocca sbavava e tremava in una nenia, forse
rimetteva l’anima ai suoi antenati. Gli avrei volentieri
sbattuto la testa sul pavimento o conficcato l’attizzatoio in
gola, disgustato al pensiero di quante volte, fin dalla nostra
adolescenza, l’avevo aiutato a togliersi dai casini e ora lo
ritrovavo lì, invischiato in quella faccenda, complice di
Malfoy. Gli sputai addosso, insultandolo in gaelico. Lo sollevai di
qualche centimetro da terra, per il bavero, e gli diedi uno schiaffo
tanto violento da girargli la faccia dall’altra parte.
«Hai scelto proprio un momento del cazzo per fare amicizia
con Malfoy, Rosier!»
Mi
alzai tirandomelo dietro e lo sbattei contro il muro.
«Ti prego... Non… non colpirmi
più… io non... c’entro…
niente… »
Vidi
l’occhiata atterrita con cui inquadrò Malfoy, io
stringevo le mani sul suo collo, Rosier cercava invano di aprirmi le
dita. Iniziò anche a calciare piano, respirava con
difficoltà mentre mi fissava supplice, gli ghignai addosso
col muso deformato dalle ferite e dai colpi subiti durante la prigionia.
«Ti prego… Sono qui… per...
aiutarti… te lo giuro… Sherton… mi
fa… i… male… »
«Non sai quanto mi dispiaccia!»
«Io… io… ho informazioni…
una cosa… per te… in tasca… »
«Certo, un bel richiamo per portare qui i vostri cari amici
mascherati, lo so… »
«Io… io non... sono uno… di
loro… mai stato… te lo... giuro… sono
qui... per te… »
Gli
risi in faccia e strinsi ancora, mentre la tonalità
rossastra della sua pelle virava al viola.
«Rab... astan… ha un... piano… a
scuola… contro… Rigel… ti
prego… »
Come
registrai il nome di mio figlio allentai lentamente la presa, Rosier
scivolò in ginocchio, boccheggiante, le mani tremanti sul
collo livido, il corpo che sussultava tra singhiozzi e colpi di tosse.
La furia era tutta lì, ancora, ma adesso, memore di quanto
avevano già osato fare ai miei figli la notte del matrimonio
di Mirzam, il terrore la stava superando. Lo presi per le spalle e lo
tirai su, al muro.
«Che cosa hai detto? Che cosa c’entra Rigel? Credi
di salvarti nominandolo?»
Brandii
l’attizzatoio sopra la mia testa, feroce, Demian chiuse gli
occhi e si fece ancora più piccolo. Sbattei il pugno contro
il muro all’altezza della sua tempia, Rosier
sussultò e riprese a mugolare.
«Evan ha sentito… vogliono avvelenarlo…
Ho pensato… Malfoy può intervenire…
conosce bene Slughorn… volevo solo che fossi felice del mio
aiuto… al tuo ritorno…
nient’altro… »
Lo
lasciai andare, le mani alla testa, cercando di fare ordine nei miei
pensieri, preso tra il terrore che i Lestrange attaccassero di nuovo
mio figlio e il sospetto e al tempo stesso la speranza che quello di
Rosier fosse solo un trucco per pararsi il culo. Dovevo uscire da
lì, raggiungere Hogwarts… ma dovevo anche farmi
dire da Malfoy dove fossero davvero Deidra e i bambini. Non avevo
più tempo.
«Se fosse vero, perché non hai detto queste cose a
Malfoy a BlackManor e non siete già a Hogwarts a parlare con
Dumbledore o con Slughorn?»
«Perché… sei sparito da
giorni… ed io sospettavo che… fossi
qui… in mano a Malfoy… »
«Così per cercare di approfittare della
situazione, hai perso tempo prezioso e messo a rischio la vita di mio
figlio… che grandissima merda! E ora vuoi farti ancora gioco
di me… »
«No… sono qui… per dartelo, il
tempo… sono qui… solo per... darti... questa...
»
Aveva
preso qualcosa, tremando, dalla tasca, mi fissava e si guardava la
mano; circospetto, la guardai anch’io e restai allibito
quando la dischiuse: al centro del suo palmo c’era una
Giratempo dorata.
«Salazar, ho testimoniato per te… e tu avevi
davvero sottratto delle Giratempo al Ministero!»
«Tu e Black, siete stati i soli a intercedere per me! Potevo
morirci… ad Azkaban! Per questo sono qui…
»
Scoppiò
in lacrime, sembrava sincero ma io non potevo più fidarmi.
Presi la Giratempo sotto gli occhi speranzosi e spaventati di Rosier,
me la girai tra le dita: si diceva che fossero difficili da governare
senza creare distorsioni nel tempo, che gli Indicibili le utilizzassero
solo per piccoli aggiustamenti privi di conseguenze, ma nella
Confraternita avevamo altre idee, pensavamo che si potessero usare per
mutare fatti anche lontani, che il primo a tornare indietro con una
Giratempo rubata a una Völva, fosse stato proprio Salazar
Slytherin, in questo modo, costretto all’esilio da Hogwarts
dagli altri Fondatori, aveva raccontato al se stesso più
giovane gli eventi futuri, affinché realizzasse la Camera
dei Segreti, con cui porre un freno alla deriva a cui gli altri
Fondatori avrebbero condannato la Scuola.
«Possiamo... aggiustare le cose... tutte le cose... con
questa… »
«Esatto… tutte le cose… soprattutto i
danni che voi due avete fatto ai miei piani… »
Mi
voltai, Malfoy si era trascinato in piedi, scarmigliato e sconvolto,
alle mie spalle e ora brandiva la bacchetta, privo quasi di fiato. Feci
appena in tempo a pensare a un incantesimo, quando fui colpito dal suo.
[Imperius…]
***
Bellatrix Lestrange
Morvah, Cornwell - sab. 22 gennaio 1972
Avevo
atteso a lungo quella notte, la notte in cui mi sarei vendicata
dell’umiliazione subita da Mirzam, finalmente avrei avuto
l’occasione di colpire lui e non solo la pallida eco che
avevo trovato in suo padre. Sarebbe finito tutto, mi sarei liberata dal
dolore e dalla vergogna, Sherton non poteva più sfuggirmi,
avevamo in mano delle esche troppo preziose per lui. Quando Malfoy
aveva confessato che Alshain e i figli non erano morti, come tutti
credevamo, ero stata colta dal furore, poi avevo capito che era meglio
così, non potevamo lasciare che la pianta degli Sherton,
ferita e nascosta, continuasse a vivere, dovevamo farla uscire allo
scoperto per annientarla. Definitivamente. Avevo pregustato ogni
singolo dettaglio del piano, attirare Mirzam mostrando una Traccia del
Nord, in uno dei pochi luoghi al mondo capace di annullare il potere
offensivo dei Maghi della Confraternita. L’avevamo
già verificato: in quella grotta il suo
“potente” padre era stato in grado di curarsi, ma
non di reagire.
«Fai attenzione, potrebbero
esserci degli Aurors nascosti tra le rocce… »
«Non pensi che a
quest’ora i nostri dovrebbero averli eliminati
tutti?»
«Qualcosa non mi
torna… Crouch è partito più di
mezz’ora fa e, per qualche motivo a me ignoto,
benché gli Aurors si stessero lamentando di essere stati
attaccati dai Mannari, invece di precipitarsi qui, si è
fermato a Londra a parlare con Dumbledore… tu vedi
Ministeriali morti a terra? Io no… A loro volta, gli ultimi
dei nostri sono partiti quasi mezz’ora fa… dove
cazzo sono anche loro? La foresteria brucia, vero, ma dove sono altri
segni di lotta? Non ci sono neanche i morti, a terra…
»
Avanzai verso Rodolphus, l’antica foresteria era ridotta a un
cumulo di tizzoni anneriti e fumanti, ma girando verso il retro, molto
vicino al rudere, notai degli uomini davanti a una catasta che
bruciava, emanava un tanfo nauseabondo, doveva trattarsi dei resti
degli uomini di Greyback, non era la prima volta che sentivo quel
fetore ferino… degli uomini del Ministero, invece, non
c’era traccia.
«Li stanno bruciando, guarda,
sono i tizi di Durmstrang, laggiù… li stanno
bruciando tutti…»
«Puliti questi
ragazzini… in mezzo alla battaglia si mettono a
rassettare… »
«Forse hanno paura dei Mannari
e ne bruciano i corpi… mentre gli Aurors… magari
li hanno gettati dalla scogliera… ne ho visti un
paio… »
«Un paio sono troppo
pochi… e non puoi essere certa, al buio, che quei corpi che
si intravvedono tra gli scogli siano proprio degli
Aurors… Salazar… che pivelli
incompetenti… disfarsi dei corpi facendo tutto questo
casino, come volgari babbani, invece di… »
Mi allontanai, non sapevo cosa gli stesse prendendo, di solito
combattere con Rodolphus era eccitante e divertente, non
l’avevo mai visto così polemico e scontroso,
immaginai che stesse pensando anche lui a Mirzam, Rodolphus non era un
tipo sentimentale, ma per anni aveva considerato quel
coglione una specie di fratello, e ora… non lo dava a vedere
certo, ma doveva essere rimasto sconvolto dalle azioni di
Mirzam… ben più gravi del gesto di un codardo,
come forse aveva pensato all’inizio… ed io, quel
senso di vuoto, incredulità e dolore che poco alla volta si
trasforma in odio viscerale, io lo conoscevo bene… eccome se
lo conoscevo… quello di Meda, la mia vera sorella, verso di
me e verso la nostra famiglia, verso tutti noi, era stato un tradimento
sconvolgente oltre che imperdonabile.
All’improvviso, quando ormai stavo per incupirmi a mia volta,
scoppiai a ridere e corsi verso le rocce, lasciando Rodolphus sulla
spianata, accorto, pronto a riconoscere gli indizi di
un’imboscata, avevo percepito infatti l’ombra di un
uomo ancora vivo, che cercava di nascondersi, ferito e privo di forze,
fiutavo il suo sangue e sentivo un’eccitazione profonda, la
stessa che mi travolgeva ogni volta che andavamo in missione. Appena
individuai con precisione l’origine del respiro, ridotto
ormai a un rantolo, e intravidi con la coda dell’occhio
un’ombra che si ritirava a nascondersi ancora di
più, la mia mano guizzò, rapida, la bacchetta si
mosse nell’aria e tutto in me, la mia voce, la mia Magia, il
mio odio, tutto insieme esplose nell’Avada prima, nella
risata selvaggia subito dopo. La morte era una liberazione per
quell’uomo, avrebbe merito una tortura lenta e dolorosa prima
di soccombere, ma io non riuscivo più a contenermi, e dopo
aver pensato a Meda, dovevo per forza uccidere qualcuno.
«Smettila di dare la caccia ai
ratti, gli altri sono già sulla spiaggia, tra gli scogli,
guarda… »
Allora
lui è qui… Mirzam è già
qui… e il Signore Oscuro finalmente…
Lo raggiunsi sullo strapiombo, il cuore in gola, gli occhi attenti,
febbrili, a cercare di individuare il mio nemico, ma dal basso si
levava un chiarore rossastro, che all’improvviso si diffuse e
salì tra gli scogli, accecandoci quasi: i nostri compagni
stavano accendendo tutti insieme un gran numero di fiaccole, al punto
che la scogliera sembrava in fiamme, erano decine e decine, disposti
lungo i fianchi della scogliera, sulla spiaggia e sul bordo della
spianata, persino a qualche centinaia di metri da noi,
dall’altra parte rispetto ai ruderi della foresteria, ora che
si erano accesi i fuochi li vedevo bene, i bracieri a terra e le
fiaccole strette in mano. Noi eravamo gli ultimi sopraggiunti ad
accogliere i Ministeriali e gli uomini della Confraternita: ai
Licantropi di Greyback e ai giovani dell’est, che si erano
appostati a Morvah fin dal mattino, si erano già uniti tutti
quelli che avevano lasciato la festa poco dopo la partenza di Crouch,
ed altri che a Zennor non erano stati neanche invitati.
«Qualsiasi cosa stiano
facendo, anche se ha deciso di giustiziare gli Sherton davanti a
tutti… dobbiamo scendere, raggiungere Milord e avvertirlo
dei piani di Crouch… »
I Mangiamorte sulla spiaggia formavano un ampio arco dietro il mio
Signore, che si era spostato molto più avanti rispetto a
tutti gli altri, all’estremità di una sottile
lingua di scogli che si allungava sul mare, e da lì agitava
la bacchetta, impegnato con qualcosa che non riuscivo a vedere bene,
una specie di figuretta pallida che emergeva appena tra i flutti,
arrampicata su uno sperone di roccia.
«Sbaglio o
c’è un vecchio Matusalemme che sta duellando con
il Lord, in acqua?»
La delusione mi colse, per un attimo avevo immaginato che quel codardo
di Mirzam non avesse avuto il coraggio di presentarsi col proprio
aspetto, ma bastava poco a capire che quello era proprio un vecchio e
stava facendo qualcosa al di fuori delle capacità
dell’idiota, con le onde del mare; all’inizio non
capivo, con il buio e la distanza non si vedeva, poi compresi: con la
Magia, aveva innalzato un muro d’acqua alto diversi metri e
lo stava indirizzando contro la spiaggia, l’onda anomala
prese velocità e si abbatté furiosa sugli scogli,
arrivando a lambire l’ingresso della grotta alcuni metri
più in alto. Il Lord non parve scomporsi, rimase immobile su
quella specie di passerella protesa tra i flutti, ghermita, in ogni
direzione, dal mare ribollente. All’inizio seguii con
apprensione la massa d’acqua che si avventava sul mio
Signore, per prenderlo e trascinarlo nelle profondità
dell’oceano, ma quando giunse ai suoi calzari e si
disintegrò, come non fosse mai esistita, io esplosi di
gioia, incapace di trattenere l’entusiasmo. Rodolphus non
disse nulla, né per festeggiare la dimostrazione di forza di
Milord, né per riprendere i miei eccessi, cercava solo di
capire come scendere alla spiaggia senza la Smaterializzazione e come
posizionare delle trappole per gli uomini della Confraternita e di
Crouch.
Il Lord si voltò verso i nostri compagni, la sua voce
echeggiò fino a noi e, nonostante la distanza e il rumore
del mare, lo sentii deridere la Magia del Nord: il vecchio, infatti,
era ancora immobile sul suo scoglio, il capo chino, le braccia inerti
lungo il corpo, se quello era il famigerato Fear, di cui tanto avevamo
sentito parlare fin dall’infanzia, era davvero una delusione,
il miserabile emblema delle bugie di quei pezzenti della Confraternita.
Il Lord raccolse a sua volta la massa di acqua, la fece avvolgere su se
stessa, con un secco movimento della bacchetta la scagliò
violenta contro il vecchio mentre lo pungolava con una serie di
Cruciatus, sotto gli applausi divertiti dei nostri compagni, eccitati
dal suo racconto di come avesse dato i corpi di Alshain Sherton e dei
suoi figli alla furia del mare lì, nel punto esatto in cui
si trovava, dopo che il signore di Herrengton si era umiliato per
reclamare pietà e confessato tutti i suoi segreti, quale
fosse la missione di suo figlio Mirzam e dove fosse Habarcat. Sapevo
che il Lord stava mentendo, ma quel cenno a Mirzam mi fece vibrare il
cuore.
«Dobbiamo scendere tra gli
scogli o tentare di Smaterializzarci laggiù.»
«Aspetta… voglio
vedere Milord all’opera, fin in fondo... asp…
»
«Come minimo quel bastardo di
Sherton ha mandato un vecchio a fargli da scudo, mentre lui si
intrufola nella grotta… immagino tu voglia che riesca nel
suo piano…»
Rodolphus mi lasciò lì, si
Smaterializzò con un’alzata di spalle,
disinteressato a me. Non capivo che volesse dire con quelle parole,
stava scherzando, perché non poteva neanche lontanamente
credere che io… L’onda arrivò a lambire
i piedi del vecchio, sollevandosi lenta, mentre Fear, immobile, stretto
nelle spire del Signore Oscuro, restava muto, non reagiva alle parole
del Lord, che gli ordinava di piegarsi in cambio della vita,
né allo strazio delle ripetute Cruciatus. Milord decise
infine di non perdere altro tempo, l’onda travolse il
vecchio, superando di vari metri il pinnacolo sul quale Fear si ergeva,
e si dissolse nell’oceano, trascinandolo con sé
negli abissi e lasciando il vuoto là dove, con un ultimo
luccichio delle vesti, il vecchio Mago Oscuro delle Terre del Nord
aveva trovato la morte.
I miei compagni si spostarono verso il Signore Oscuro, nella confusione
dei festeggiamenti non riuscii a vedere se tra di loro ci fosse anche
Rodolphus, tutta la scogliera era un tumulto di voci e risa, mentre il
Lord li rassicurava che quella sarebbe stata la fine di chiunque avesse
continuato a negare il suo potere, la sua natura, il suo retaggio.
Stava ancora parlando di se stesso come di Erede di Salazar, ed io mi
stavo preparando a scendere con la Smaterializzazione, quando il
giubilo e i rumori della tempesta furono sopraffatti da un respiro
sinistro che sgorgava dalla terra stessa, ridusse al silenzio tutti
quanti, persino il mare; distratta e incapace di muovermi, guardai
verso i miei piedi, sembrava che quel sibilo nascesse lì,
sotto terra; mentre tentavo di capire, dagli speroni di roccia, su cui
tante fiaccole e bracieri erano ancora accese e gli uomini si ergevano,
si sollevarono alte colonne di polvere.
Sentii prima i singoli ciottoli poi interi parti di scogliera scivolare
via da sotto i piedi, nel tempo che impiegai a voltarmi
un’intera lastra sotto di me rovinò
giù, le grida mi morirono in gola vedendo il mare e gli
scogli appuntiti venirmi contro mentre, dall’alto, sassi
più o meno grandi cadendo mi colpivano. Nella caduta, scorsi
altri massi, attorno a me, staccarsi e scivolare gli uni sugli altri,
accartocciandosi su se stessi o distruggendosi, come tessere di un
domino, fino a formare dei nuovi pinnacoli instabili; io stessa alla
fine smisi di scivolare giù, ma mentre cercavo di sollevarmi
e tentare di Smaterializzarmi, di nuovo sentii la terra muoversi sotto
di me, facendomi piombare metri e metri più in basso tra le
pietre: stavolta non riuscii neanche a bisbigliare di nuovo, in tempo,
degli incantesimi per proteggermi e rischiai di essere sommersa e
travolta da altri massi che rotolavano dietro di me. Tutta la scogliera
sembrava percorsa da una serie di brividi, come se sotto la superficie
si celasse un gigantesco mostro che si stava risvegliando, le rocce
precipitavano sulla spiaggia o direttamente in acqua, trascinando con
sé uomini e bracieri. Uno di questi cadde poco lontano, non
mi prese in pieno ma l’olio bollente, scorrendo verso di me,
impregnò le mie vesti e ustionò la carne delle
mie gambe: le mie urla di dolore furono inghiottite nel boato della
frana. Tutto attorno c’erano solo le grida di aiuto e di
dolore dei miei compagni travolti dalla frana, mi chiesi dove fossero
Rodolphus e il mio Signore, sentivo dolore ovunque, di ossa rotte e di
carne bruciata. La terra continuava a muoversi sotto di me,
all’improvviso tutte le fiaccole che illuminavano la
scogliera si spensero ed io caddi ancora, rovinando sugli scogli a pelo
dell’acqua, temetti di morire, quando sentii tra le labbra il
sapore di salsedine, ma non riuscivo più a urlare, non
riuscivo più a sentire. Ero ormai sul punto di perdere i
sensi e la speranza di sopravvivere, quando qualcosa mi
sollevò e portò via.
***
Orion Black (capitolo di aprile, versione
corretta)
Morvah, Cornwell - sab. 22 gennaio 1972
[...]
Tutte le fiaccole che illuminavano la scogliera si spensero
all’improvviso. Persino il fuoco azzurro generato dal
fulmine. Poi la spiaggia fu un susseguirsi di scoppi e luci, di flash e
voci concitate. I lampi rossi degli Schiantesimi fendevano
l’aria in tutte le direzioni, nuvole di polvere e sabbia
turbinavano accanto e intorno a noi. Sentii la mano della ragazza
stringersi inaspettata sul mio avambraccio, per costringermi a
seguirla. Si voltò, per la prima volta da quando
c’eravamo incontrati, c’era un sorriso pieno sulle
sue labbra, un sorriso radioso, che arrivava a farle brillare gli occhi.
«Forza, Black… sono
giunti a darci man forte!»
La seguii, il mio cuore accelerava e il sudore gelido mi scendeva lungo
la schiena e mi appannava di sale lo sguardo; la contrattura allo
stomaco era tale da costringermi a respiri rapidi e furtivi come i miei
movimenti: non si trattava della mia codardia, quella mi avrebbe fatto
fuggire, era l'istinto di sopravvivenza che s’impossessava di
me, l'adrenalina che per tutta la discesa fino alla grotta si era
accumulata nel mio corpo per prepararmi all'atto finale, come era
accaduto sulla torre di Herrengton.
Scivolammo tra le pieghe delle rocce che ci facevano scudo, la ragazza
si voltò di nuovo a intimarmi con lo sguardo di seguirla,
erano davvero giunti gli uomini della Confraternita, non era solo una
sua vana speranza, lo capivo dagli ordini secchi impartiti in gaelico,
che sentivo alle nostre spalle: dovevamo fare in fretta, anche se
fossero stati più numerosi, non avrebbero resistito a lungo.
«Andiamo Black, il Signore
Oscuro è là fuori, nulla di quanto ci aspetta
dentro la grotta è oltre le nostre possibilità...
»
«Lo credi davvero? Hai mai
incontrato un Mangiamorte, ragazzina? Io sì. Se vuoi vivere,
non sottovalutare mai gli uomini del Signore Oscuro, ce ne sono di
temibili quasi quanto lui... »
La superai, la bacchetta sguainata, scivolando rapido nelle ombre, mi
guardai attorno, alle nostre spalle infuriava la battaglia, dinanzi a
me le fauci della grotta si aprivano sul nulla fatto di tenebre e
silenzio.
«Non allontanarti mai troppo
da me, Black, se li troviamo e vediamo che sono in grado di reagire,
diamo la bacchetta ad Alshain o a sua moglie, così ci
aiuteranno a combattere fino al momento in cui saremo tutti e
potrò attivare la Passaporta!»
«Quale Passaporta? Fear non ha
parlato di Passaporte... non mi ha detto tutto del suo piano?»
«Fear non voleva usarla, ma io
mi fido di Warrington, e come vedi avevo ragione, è arrivato
in tempo per aiutarci... »
«Scusami ma non
capisco… »
«Warrington ha preso un
attizzatoio a casa Sherton, Mirzam gli aveva detto che era una delle
Passaporte fatte da Alshain, collegate a un nascondiglio segreto che
solo tu e lui conoscete... »
«Sì... è
vero, le ha collocate in casa, ma... »
«Ma?»
«Nel tempo in cui sono stati a
Essex Street, i Mangiamorte potrebbero aver capito che sono Passaporte,
c’era Emerson con loro… potrebbero averle alterate
a loro vantaggio... credo sia questo il timore di Fear, quindi sono
d’accordo con lui, non useremo quell'attizzatoio!»
Vidi i suoi occhi farsi cupi, si morse il labbro, sapeva che avevo
ragione e questo la indispettiva più di dover rapidamente
inventarsi un nuovo modo per fuggire da lì.
«Non abbiamo altra scelta,
tutte le altre ipotesi non sono praticabili, Black!»
«Muoviamoci, dai, non ho
intenzione di ridiscutere di nuovo tutto il piano di Fear,
ragazzina!»
«Attento Black, io non sono
una ragazzina!»
«Non ho altro modo di
chiamarti, visto che non so il tuo nome, e abbiamo già perso
troppo tempo a parlare del piano... ci Smaterializzeremo da
qui, a quanto pare, almeno fuori della grotta, non sono attivi
Incantesimi AntiSmaterializzazione; se, come è presumibile,
appena arriveremo agli Sherton, si attiveranno tali incantesimi,
useremo il Mantello di Invisibilità che ci ha dato Fear...
»
«Lo sai che è poco
più di un giocattolo! Non esistono veri Mantelli
dell’Invisibilità! Ci beccheranno
subito!»
«In pieno giorno avresti
ragione... ma nel caos che ci sarà, nel buio, con un
po’ di cautela riusciremo a nasconderci di nuovo tra le
rocce!»
«Con dei bambini piccoli,
spaventati e urlanti? Ci credo proprio!»
«Se hai tanto paura,
ragazzina, puoi prenderlo e usarlo tu,
l’attizzatoio!»
Possibile che fosse lei ora ad avere paura? Era diventata strana, mi
sembrava, da quando erano arrivati gli uomini della Confraternita.
Ripensai all’ardore con cui si era rivolta a Fear parlando di
Warrington, e ora aveva perso la calma quando avevo messo in
discussione un’idea, sempre di Warrington.
E se... Salazar… povera lei se fosse vero... Warrington
è sposato, slytherin e purosangue… d’altra parte cavoli
suoi, di Fear e di Warrington… cazzi miei non sono di sicuro!
«Per far star buoni i mocciosi
basta un Incantesimo del silenzio: non penserai che sia arrivato fin
qui senza un piano mio… ragazzina?»
«Il mio nome
è… Jade…»
«Non importa… Anche
se fosse vero… e non lo è… ti
chiamerei ragazzina, solo per farti incazzare!»
Stavolta fui io a prenderla per un braccio e a trascinarla per metri
con me nell'oscurità della grotta.
«Sai qual è il vero
problema del tuo attizzatoio? Ci porterebbe nel Wiltshire e se, come
immagino, i nostri amici sono feriti, il viaggio sarebbe troppo lungo e
quel posto troppo isolato, appena arrivati dovremmo sottoporli a un
nuovo viaggio fino a Londra o a Inverness... inoltre là
c’è la casa di un uomo di cui non mi
fido… perciò… ci Materializzeremo a
casa mia, a Zennor... è a breve distanza da qui... fidati di
me, dammi la mano e seguimi, quando sarà il
momento… »
«E come pensi di salvarti da
chi potrebbe inseguirci?»
«Ho imposto un Incantesimo del
Sangue, oggi, a Black Manor, solo per proteggere mio figlio... nessuno
che non sia io o uno dei miei figli può entrare senza il mio
permesso questa notte... non riusciranno mai a seguirci a Zennor...
neanche se ci si attaccassero addosso!»
«Sempre se riusciremo a
fuggire da qui, certo... comunque... è commovente vedere
quanto ti fidi persino della tua altisonante famiglia! A quanto pare
neanche di tua moglie!»
«Non ti fideresti di nessuno,
ragazzina, se avessi visto quello che ho visto io…
»
«Non sarà peggio di
quello che ho visto io, con i miei occhi, nella mia vita…
Black... »
Entrai, senza curarmi dei suoi sottintesi, non era quello il momento...
e non volevo neanche pensare alla battaglia che si combatteva alle
nostre spalle, speravo soltanto che i Maghi del Nord resistessero a
lungo, dandoci il tempo di completare la missione.
All’improvviso, davanti a noi, in lontananza, vidi il
rosseggiare di un focolare, baluginava leggero e incerto tra le pieghe
della roccia. Compresi solo allora il potere di quel luogo e quanto
Fear fosse stato intelligente a colpire il nemico con una frana sulla
collina: la Magia del luogo era tale che nessun Mago del Nord poteva
avere vantaggi all’interno della grotta, quindi la frana
causata da Fear usando la Magia del Nord, era stata subita solo da chi
era all’esterno e non da chi era all’interno, dove
tutto era rimasto in ordine.
«Guarda!»
Seguii l'indice della ragazza, c'era qualcosa di scuro a terra, una
macchia che poteva essere solo sangue. Ovunque era silenzio, l'aria era
ferma, umida e soffocante, calda come respiro di drago.
«Non toccare, Black...
sarà di sicuro un Incantesimo di Protezione!»
La ragazza si affrettò prima che tentassi io, estrasse il
pugnale che aveva alla cintola, esattamente dove lo nascondeva Alshain,
si ferì il palmo e tracciò delle Rune tutto
intorno alla macchia.
«Perché l'hai
fatto? Il mio sangue... »
«Era più adatto del
mio? Tu non sapresti neanche quali Rune tracciare!»
«So più cose del
Nord di quante tu possa immaginare!»
«Ma non sai quelle
più importanti, Black... muoviti con cautela, quel porco di
Emerson ha avuto molto tempo per spifferare tutti i nostri segreti a
della gente indegna!»
Annuii cupo, ripensando a quanto, a suo tempo, si era arrabbiato con
noi Fear quando, da giovani, Alshain aveva insistito e fatto il diavolo
e peggio con lui, per convincerlo a insegnarmi qualcosa della Magia del
Nord. Ed io, quell'estate, da perfetto coglione, invece di pensare a
imparare quello che mi veniva insegnato, ero partito con Alshain e Fear
diretto a Skye, con la sola prospettiva di stare ben lontano dalla mia
famiglia e essere libero di farmi quante più ragazze
potessi, prima di immolarmi sull'altare di Walburga.
«Ascolta... »
Fino a quel momento era stato attivo un incantesimo che ci isolava dai
suoni della grotta come una sorta di para orecchi, all'improvviso,
tracciate le Rune, avevo smesso di udire i suoni della battaglia per
sentire qualcosa di flebile, che giungeva dal ventre stesso della
grotta: flebili gemiti, la voce attutita di una donna, forse
sofferente, il pianto di un bambino, soffocato in qualche modo. Era
come se fossimo passati all'interno di una calotta invisibile.
«Sono loro... è
Deidra!»
Scattai e rapida la ragazza mi arpionò all'avambraccio
costringendomi ad appiattirmi di nuovo contro la parete di roccia. Un
passo oltre la mia precedente posizione, nell'istante esatto in sui
l'avrei raggiunto, se nn fossi stato trattenuto, si mosse qualcosa dal
soffitto e uno sbuffo sulfureo si librò nell'aria: rapidi la
ragazza ed io portammo la manica al volto per proteggerci naso e bocca.
Attendemmo che la strana polvere si depositasse del tutto, poi la
giovane ci passò il dito e l'annusò.
«Datura polverizzata, non
è così?»
«Come lo sai?
L’avevi già visto fare?»
«Da ragazzino… un
mio… amico… mi ha quasi mandato in arresto
cardiaco con uno scherzetto simile nei sotterranei di
Serpeverde… per fortuna è sempre stato un
pozionista del cavolo oltre a un coglione!»
Feci finta di nulla e proseguii con cautela, ma tra me e me sapevo che
quella era una trappola firmata Malfoy, ideata sicuramente solo per me:
i sospetti che nutrivo su di lui non facevano che ricevere conferme.
«Guarda qui pare che si
salga... »
«Sarà la salita che
porta al santuario sopra di noi... »
«Da che parte pensi di andare,
Black? Continuiamo verso il suono che abbiamo udito, o
saliamo?»
La fissai: il suono proveniva dal basso ma nel seguirlo avevamo
già incontrato una trappola messa per ucciderci, questo
poteva significare che eravamo sulla strada giusta, d’altra
parte, se quella era la trama di piano di Malfoy, molto probabilmente
ci saremmo ritrovati nel gioco perverso del gatto col topo, per poi
riscoprirci, ammesso ne fossimo usciti sani e salvi, completamente
ingannati, confusi e soprattutto nella direzione sbagliata.
«Qui c’è
lo zampino di Malfoy… Svelta, ragazzina, vieni con
me… saliamo… »
«Aspetta, non voglio scoprire
troppo tardi di aver commesso un errore! Se gli Sherton fossero
laggiù, potrebbero essere addirittura in acqua, al freddo,
ridotti allo stremo… Dobbiamo dividerci, Black, controllare
entrambe le direzioni… chi li troverà per primo,
avvertirà l'altro!»
«Dividerci di fronte ai
Mangiamorte sarebbe un suicidio: fidati, conosco i trucchi di
Malfoy!»
«È Malfoy che
conosce te, Black, è lui che anticipa le tue mosse! Non sei
forse qui perché ti ha appena fregato? E ora…
quale trionfo sarebbe, per il tuo peggior rivale, renderti responsabile
della morte dei tuoi più cari amici? No, io scendo, tu vai
pure se preferisci, ma non farti beccare, perché, da sola,
difficilmente mi avanzerà tempo per tentare di salvare anche
te!»
Ero incredulo, dopo avermi provocato e insultato tutto il tempo, la
mocciosa ora sembrava preoccupata per me. O cercava solo di scuotermi
perché temeva per Alshain? Per il suo
“presunto” padre? La storiella che la legava a
Sherton era inverosimile ma, su Malfoy, purtroppo aveva ragione: il
bastardo mi conosceva così bene da riuscire a manovrarmi
come un burattino. A quel punto, forse, quella Strega, uscita dal
cilindro magico di Fear, era l’unica carta da giocare per
scombinargli i piani.
Feci un respiro fondo, guardai ancora il cunicolo che saliva al
santuario, sperai che la mocciosa avesse intuito il vero gioco di
Abraxas e la superai, lasciandomi inghiottire dal braccio della
galleria che scendeva lieve, un antro umido e in penombra, dalla cui
profondità saliva il ruggito gelido del mare.
Mi voltai verso la mia compagna, una sola volta, non vidi né
ghigni irridenti né sguardi sollevati, nessuna emozione per
la mia decisione di proseguire al suo fianco verso il fondo della
grotta. Aveva ragione lei, naturalmente, a essere così
vigile e concentrata, a non curarsi di uno stupido sconosciuto come me
che sarebbe uscito dalla sua vita rapidamente e senza lasciar segno,
così come c’era entrato: il chiarore che ci aveva
attirati fin lì, infatti, si allontanava a ogni nostro passo
e, dopo appena una decina di metri, scomparve del tutto, lasciandoci
nell’oscurità più profonda. Poco dopo,
i bisbigli, che ci avevano convinto della presenza di Deidra e dei
bambini, si persero nel buio rischiarato appena dal lucore flebile
della mia bacchetta: a spezzare il silenzio spettrale restava solo la
cacofonia terrificante prodotta dal mare e dal vento infuriati.
Convinto di essere finiti dritti nella trappola di Malfoy, raccoglievo
a fatica il mio scarso coraggio per continuare ad avanzare, cauto e
ansioso, la bacchetta stretta tra le dita tremanti, la gola secca, la
mente che si affannava a ricordare i più potenti incantesimi
di difesa che conoscevo, l’inquietudine che mi scivolava
lungo la schiena in un lento brivido umido.
Non c'è più neanche lo spazio sufficiente a
muoversi appaiati: quale posto migliore, per un Mangiamorte, per
sferrare un attacco mortale?
Quando la ragazza mi spinse contro la parete di roccia, per puro
miracolo riuscii a trattenere un grido di terrore, teso e spaventato
com’ero, sicuro di aver ignorato l’indizio della
presenza di un nemico pronto a uccidermi. Non accadde nulla, invece:
lei mi superò, allungando il passo, la falcata leggera e
decisa di un gatto, sibilandomi di muovermi e di smettere di tremare,
io respirai a fondo e proseguii, incerto, le gambe ridotte a burro
fuso, pregando tra me e me di tornare presto a un minimo di
lucidità. Non era impresa facile: la galleria, che si
restringeva, impercettibilmente, sempre di più,
iniziò a incurvarsi e per un po’ scese, poi
risalì, poi scese ancora, ma, pur entrati da un ingresso
posto a pochi metri di altezza rispetto alla spiaggia, sembrava non
arrivare mai in fondo; il rumore del mare non sembrava più
di fronte a noi, ma proveniva da più direzioni
contemporaneamente, persino dalle nostre spalle; infine, più
volte, a convincermi che ci fossimo smarriti in un labirinto intriso di
Magia Oscura, creato per farci perdere non solo tempo ma anche il
senno, riconobbi sulla parete incrostazioni di muschi già
viste in precedenza, vicino all’ingresso. Quando, alla mia
destra, si aprì una galleria simile a quella che saliva al
santuario, mi bloccai, smarrito, la ragazza si voltò, le
sussurrai “Malfoy”, la voce rotta, lei fece un
cenno di assenso, poi si avvicinò e mi disse di accucciarmi
a terra.
«È solo un trucco,
Black: le incrostazioni sulle pareti si ripetono ma osserva la base,
dove un tempo c’erano i gradini oggi consumati, lì
la fattura non funziona: i punti di attacco all’inizio erano
fatti di resti di blocchi di marmo squadrati, ora sono solo sassi
informi, incrostati di sedimenti.»
«Salazar…
è vero… com’è
possibile?»
«Forse chi costruì
il sentiero intrise anche quei semplici sassi di Magia del Nord e non
lo tramandò a nessuno? Così Emerson non poteva
esserne a conoscenza, non ha potuto avvertire i suoi compari e la
fattura non ne ha tenuto conto? Non lo so… Ora
proverò di nuovo a contrastarla, finora non ce
l’ho fatta. Tu fai attenzione: se riuscirò a
spezzare l’incantesimo e c’è qualcuno ad
attenderci nell’oscurità, saprà dove
siamo.»
La Strega si concentrò, la bacchetta serrata tra le dita, si
voltò a tracciare delle Rune nell’aria,
provò due, tre volte, prima di riuscire; allora mi
sembrò di superare, ancora una volta, una parete
trasparente, al di là della quale i suoni erano
più nitidi e distinti, l’aria era soffocante per
il tanfo di salsedine e alghe marce, e il mare… Il respiro
gelido del mare ci aggredì feroce, con tutta la sua forza,
in un vorticoso risucchio d’aria: con orrore vidi che il
cunicolo in cui ci eravamo infilati s’interrompeva di colpo,
a picco sul mare ribollente e su scogli appuntiti spazzati dalle onde.
Ci trovavamo ad appena una manciata di passi dal baratro: se fossi
stato solo, se al mio fianco non ci fosse stata la Strega istruita alla
Magia Antica da Fear e capace di spezzare quella fattura con le Rune,
Malfoy avrebbe vinto, sarei caduto nel vuoto, morendo solo e
dimenticato da tutti tra quelle zanne di pietra.
«Merlino
santissimo… mi hai salvato… »
«Già…
purtroppo, a volte, sono costretta anch’io a commettere degli
errori… »
Non compresi se fosse seria o volesse dar prova dell’umorismo
caustico di Fear, la ragazza mi diede le spalle, impegnata a cercare
tracce degli Sherton. Da parte mia, per assicurarmi che non ci fossero
nemici nell’ombra, lanciai e feci rimbalzare lontano dalla
nostra posizione delle luci fluttuanti: mi aspettavo di vedere una
raffica di Stupeficium fendere l’aria per riversarsi su di
noi, ma non accadde niente. Il baluginio della mia bacchetta non
riuscì a penetrare l’oscurità molto a
fondo e in alto non c’erano stelle, conclusi che fossimo sul
fianco interno della scogliera, in una grotta marina piuttosto ampia,
generata da frane o dall’erosione di mare e vento. Mi
avvicinai di nuovo alla Strega, era di sicuro delusa e preoccupata,
dopo aver perso tutto quel tempo dietro ai fantasmi creati da Malfoy,
stava a me farle capire che non aveva colpa, a consolarla, ma quando
provai a parlare, lei m’intimò di tacere.
«A meno che non sia il
capolavoro finale del tuo amico Malfoy… sotto il frastuono
del mare io sento singhiozzare un bambino, tu lo senti? Sono
qui… vicini… da qualche parte… ma
dove?»
Pensai che la delusione la facesse sragionare, finché lo
sentii anch’io: vicino, soffocato, sovrastato dal fracasso
del mare, c’era davvero il pianto di un bambino. Ci
appiattimmo a terra, mi affacciai più che potei sul baratro,
pronunciai Lumos e percorsi con lo sguardo, palmo a palmo, ogni singola
roccia e scoglio sotto di noi. Alla fine, a meno di tre metri, tra gli
speroni di roccia quasi a pelo d'acqua, scorsi una rientranza. E, con
un tuffo al cuore, un piede umano mezzo sepolto tra alghe e pietre.
Salazar santissimo, fa che non sia… Merlino…
prima la voce di Deidra si sentiva e ora…
La ragazza, al mio fianco, si alzò e rapida aprì
la sacchetta alla cintola, dove la portava anche Alshain, ne estrasse
una robusta corda e iniziò a srotolarne le cime per
annodarsene una al fianco, mentre io ancora tremavo e pregavo,
osservando quel piede tra le rocce.
«Non fasciarti la testa prima
del tempo, Black, dobbiamo calarci giù… dai,
svelto... alzati e tieni la corda, sii più forte che puoi,
perché peserò più del doppio quando
dovrai tirarmi su.»
«No, tu non scenderai da
sola… ci saranno sicuramente dei Mangiamorte
laggiù… »
Prima che iniziasse a obiettare, le sciolsi la corda dai fianchi,
appoggiai una delle cime alla parete dove la roccia sembrava
più solida e compatta, con la bacchetta le imposi una
Trasfigurazione che la trasformò in una catena di ferro
incastrata a fondo nella pietra. Con fatica, feci scivolare
l’altra cima nel baratro, senza far rumore, lentamente,
estrassi la bacchetta e mi imposi un incantesimo alle mani.
«Scendi dopo di me, tieni il
mantello di Fear a portata di mano: laggiù ci aspettano gli
uomini del Lord, è meglio che scoprano che ci sei anche tu
il più tardi possibile, non abbiamo molte carte da giocare,
a parte la sorpresa… ora, bacchetta in pugno, Muffliato e
Aderendo dovrebbero bastare… »
Lanciai di nuovo delle luci fluttuanti, e mi calai giù,
stringendo gli occhi per evitare gli schizzi salati e non vedere gli
scogli pronti a ghermirmi alle spalle: quei pochi metri potevano
trasformarsi in km se mi fossi fatto prendere dal panico. Quando sentii
la superficie scivolosa degli scogli sotto ai piedi capii che ero
arrivato, sollevai il capo e feci cenno alla ragazza perché
cominciasse a sua volta la discesa, lei annuì decisa, io,
sempre lentamente, mi tenni alla corda fino a toccare un punto poco
lontano dal piede semisepolto, in cui la roccia fosse abbastanza
asciutta da fornirmi un appoggio sicuro. Ora lo sentivo bene, il pianto
del bambino. Forse a causa dell’incantesimo di Fear, che
aveva fatto strage degli uomini del Lord all’esterno della
grotta, diversi massi erano franati anche dal fianco interno, tanto che
la rientranza, che doveva celare il nascondiglio degli Sherton, era in
parte ostruito: la persona era stata travolta dalle pietre,
lì, forse mentre stava cercando di fuggire. La Strega mi
raggiunse e subito sparì nel mantello, io mi acquattai e mi
mossi rapido favorito dall'oscurità, con brevi colpi di
bacchetta sollevai e spostai il materiale che ostruiva il passaggio e
seppelliva l’uomo, dovevo entrare, certo, ma dovevo anche
scoprirne l’identità: dalle vesti non ricavai
indizi utili ma quando, liberati gambe e fianchi, vidi la pelle coperta
di tatuaggi, i lividi e le ferite vecchi di qualche giorno, il terrore
e il dolore tornarono a impossessarsi di me. Iniziai a scavare a mani
nude, disperatamente, fino a scarnificarmi le dita. La Strega
cercò di bloccarmi, io mi divincolai, rabbioso.
«Lasciami immediatamente, devo
sapere… »
«Chiunque fosse, non puoi fare
nulla per quest’uomo, ha tutta la parte superiore schiacciata
tra i massi, è morto, quel bambino invece, ha bisogno di
noi, manca l’aria qui e il mare si sta alzando!»
Mi guardai attorno, allucinato, solo allora mi accorsi che
l’acqua mi arrivava già quasi alle caviglie,
annuii sconvolto, fuori di me dalla rabbia e dalla disperazione,
penetrai nella fenditura, angusta, quasi impraticabile, persino ora che
era stata liberata dalla frana, avanzai piegato in due per lo spazio
esiguo che avevo di fronte, lentamente, certo che a breve avrei subito
un assalto. Davanti a me, invece, c'era solo buio, spezzato a tratti da
un pallido chiarore, azzurrino, tremolante, quasi esaurito,
ciò che restava di una Fiamma Fredda, un incantesimo di
Deidra, forse, messo in atto per dare conforto ai bambini. A terra,
vicino all’ingresso, c’erano i corpi di altri due
uomini, giovani, dai tratti simili a quello che avevo visto cadere
dalla scogliera, forse due Mangiamorte travolti dai massi. Continuai ad
avanzare, cauto.
«Deidra…
Wezen… »
Il nascondiglio si sviluppava in pendenza e si stava rapidamente
riempiendo d’acqua, dopo alcuni metri riconobbi la sagoma di
Deidra, avanzai, mettendola bene a fuoco, si stagliava contro la parete
di fondo, appoggiata di schiena alla roccia, l'acqua di mare che le
arrivava alle ginocchia. Sembrava acquattata, forse perché
il soffitto era troppo basso, forse tramortita per la mancanza
d’aria o per qualche ferita, davanti a lei la Fiamma Fredda
illuminava tremante uno spazio ristretto, Adhara era singhiozzante,
Wezen profondamente addormentato, entrambi accucciati, come bambole, su
una specie di ripiano all’altezza del capo di Deidra: la
madre, sentendo le forze venir meno, aveva cercato di tenerli lontani
dall’acqua. Con sollievo, vidi che non c’erano
nascondigli in cui potevano celarsi altri carcerieri.
«Deidra…
Deidra… Sei ferita? Svegliati… »
Non rispose, avvicinandomi notai il sangue rappreso intorno a una
ferita alla testa, il suo profondo torpore, una catena di ferro la
teneva legata alla roccia per i piedi. Quando compresi quale fine quei
criminali avevano ideato per la famiglia di Alshain sentii la rabbia
accecarmi e la repressi con difficoltà. Chino su di lei,
cercai di farla reagire usando i sali che portavo sempre con me, appena
mi accorsi che iniziava a riprendere i sensi mi abbassai a liberarla
dai ceppi che la imprigionavano.
«Alshain Sherton
dov’è?»
Quando sentì la voce nell’oscurità
Deidra, confusa e spaventata, cominciò a tremare, io mi
sollevai, vidi i suoi occhi dilatati di paura, puntati alle mie spalle,
mi voltai, con noi c’era solo la giovane Strega, si era
appena tolta il mantello di Fear: vedendola con le sembianze di Sile,
Deidra fu sopraffatta. Mi ricordai di aver bevuto anch’io
della Polisucco e compresi la sua paura.
«Salazar no…
vattene… no… è una
trappola… ti prego… vattene…
»
«Calmati… io sono
Orion… e lei non è Sile… Mirzam non
è qui… ti prego… alzati…
»
«No… no…
è una trappola… no… »
Non capivo, lei piangeva sempre di più, incapace di
spiegarsi, decisi di non perdere altro tempo, finii di liberarla dalla
roccia, mi raddrizzai, la presi per i fianchi e tentai di sollevarla.
Deidra si oppose.
«Vattene! Siamo una trappola
per te, Black… »
«Alshain Sherton
dov’è?»
Deidra pianse, la giovane si avvicinò, levò la
bacchetta e la colpì con uno Stupeficium.
«Cosa… Cosa
cazzo… Sei impazzita? Che cazzo stai facendo?»
«Volevi che continuasse a
ostacolarci? Non è in sé e non sa dirci nulla di
Alshain… »
«Alshain è
laggiù… morto sotto quelle rocce… ecco
dov’è! »
«Non credo proprio…
la Polisucco ha finito il suo effetto, le Rune e i lividi su quel corpo
sono spariti, quell’uomo non era Alshain ma qualcuno messo
qui perché lo pensassimo…
Dov’è Sherton? Per ingannare chi hanno messo un
impostore? Per Mirzam? O per te? Non lo so, e non abbiamo tempo per
scoprirlo qui presto sarà pieno d’acqua e noi
moriremo, perciò andiamocene: occupati di lei, io prendo i
bambini!»
Annuii, preoccupato. Uscimmo attraverso la feritoia, io avanti, Deidra
tra le mie braccia, la ragazza nascosta nel mantello, dietro di me, con
i bambini il cui sonno era stato appesantito dalla Magia. Non
c’era nessuno, nell’oscurità, pronto ad
aggredirci, se c’era ancora qualcuno, probabilmente,
spaventato dalle frane, aveva deciso di aspettare che risalissimo e
uscissimo dalla grotta. Mi avvicinai di nuovo al corpo
dell’uomo, le Rune erano davvero sparite. Erano spariti anche
i segni, le cicatrici che Donovan aveva causato a suo figlio quando
l’aveva fustigato.
No, questo non è il corpo di Alshain…
Quali erano i piani di Malfoy e Milord su Alshain Sherton? Era forse
morto? Era per questo che avevano deciso di disfarsi anche della sua
famiglia? Perché allora l’inganno, il falso
Alshain? A chi serviva quella messinscena? Ad attirare Mirzam? Ad
ingannare me? A che pro? O Alshain era invece vivo, prigioniero,
indomabile nonostante le minacce, necessario ai piani del Signore
Oscuro che per questo avevo deciso di sostituirlo momentaneamente con
un impostore? La famiglia eliminata perché tanto non serviva
più? Ma allora perché l’impostore era
intrappolato qui con Deidra e i bambini? E cosa otteneva Malfoy facendo
questo tipo di gioco?
Già, il gioco… il gioco di chi? Del Lord o di
Malfoy? E stavamo ancora giocando, era previsto che riuscissimo a
salvare gli Sherton? O la frana e l’intervento di Fear
avevano mandato a monte tutti i loro piani?
Dovevo portare in salvo Deidra e i bambini e una volta fatto,
adoperarmi per ritrovare o capire cosa ne fosse di Alshain, quella
notte stessa, prima che le tracce si volatilizzassero. Mi chiesi se non
dovessi cercare un’altra strada per uscire di lì,
per non cadere direttamente nelle fauci di un branco di lupi come
Lestrnage e i suoi compari.
«A che cosa pensi
Black?»
La ragazza si stava legando alla catena per risalire sul ripiano e
riprendere la galleria, io mi guardavo attorno, chiedendomi se nn
dovessimo tentare di raggiungere la spiaggia attraverso gli scogli.
«Mi chiedo dove sia il vero
Alshain… magari proseguendo attraverso gli
scogli… se ci fosse un'altra insenatura… se lui
fosse lì… »
«Sarebbe la strada migliore
per morire, Black: non si vede nulla, la marea si sta alzando e non
grazie alla luna, ma alla Magia Nera… muoviti, dobbiamo
andarcene… qui non c’è nessun altro
ancora in vita… »
Colpì con la bacchetta la catena e quella
cominciò a scorrere sollevandola in alto con i due bambini
addormentati. Rimessasi in piedi, fece scendere di nuovo la catena e io
me la feci passare addosso, quindi abbracciai Deidra, ancora svenuta,
per sollevarla insieme a me: l'acqua ci arrivava alle ginocchia, il
corpo dell’impostore era ormai stato completamente sommerso,
io mi guardai attorno, nel buio, pregai che Alshain non fosse
lì, tramortito, da qualche parte, bisognoso del mio aiuto.
Quindi, con il volto bagnato di salsedine, lasciai che la Magia ci
sollevasse, portandoci via da quel luogo carico di morte.
*continua*
NdA:
Ciao a tutti, dopo diversi mesi rieccomi qui, come
avevo scritto sul gruppo, ho ripreso il vecchio capitolo (che pertanto
è stato cancellato) apportando le correzioni e aggiungendo i
pov che mancavano l'ultima volta, così intanto avete
qualcosa da leggere mentre io lavoro al finale. Nelle prossime
settimane appena avrò tempo dovrei dare un'aggiustata alla
successione dei pov negli ultimi capitoli, quindi se trovate delle
stranezze in giro, sono io che sto facendo correzioni. Per ora vi
saluto. Bacioni e a presto.
Valeria
Scheda
Immagine di
Patilda,
Deviantart
|