Ringrazio anche soli chi legge.
Batmermaid
Clark camminava in riva al mare, il
vento gli sferzava il
viso e l’odore di salsedine gli pungeva le narici, si
passò la mano tra i
capelli mori facendo ondeggiare una ciocca di capelli. I piedi gli
affondavano
nella sabbia umida della battigia, sentiva il sole bruciargli la pelle
e il
sudore scivolava lungo il suo petto muscoloso, lasciato in parte
scoperto dai
muscoli.
Alzò il capo e sorrise,
guardando dei gabbiani intenti a
volare in circolo sopra di lui, i loro versi coprivano in parte lo
sciabordio
delle onde.
“Non venivo in questa
spiaggia da quando ero bambino e papà
era ancora vivo” sussurrò.
Sentì qualcosa
solleticargli il piede e sorrise, vedendo che
un granchio vi aveva camminato di sopra dimenando le zampette e si era
allontanato.
“Grazie di non avermi
pizzicato” ringraziò gentilmente.
< Quanti ricordi >
pensò.
Il bambino
rideva,
intento a inseguire il suo cane, si era messo la tovaglia dei genitori
sulle
spalle come mantello e questa ondeggiava mossa dal vento.
Clark
riuscì a
raggiungere il suo migliore amico, lo abbracciò e
affondò il viso nella
pelliccia dell’animale.
Il cane lo
ribaltò
facendolo finire a terra e gli leccò il viso, inumidendolo
di saliva.
Kent rise
più forte,
proteggendosi il viso con le braccia e si rialzò in piedi.
Sgranò gli occhi
vedendo una bottiglia trascinata a riva dalla corrente, la luce del
sole faceva
brillare il vetro. La raggiunse e la prese tra le braccia, sentendola
umida al
tocco e notò che al suo interno c’era un pezzo di
carta arrotolata. Aprì la
bottiglia, facendo leva con le manine dalle dita sottili fino a
staccarne la
parte superiore, e ne trasse fuori il messaggio, lo srotolò
ed iniziò a
leggerlo.
“A
chiunque stia
leggendo questo porgo il mio saluto. Vengo dal mare e al mare
rimarrò sempre.
Questo destino mi era sempre sembrato meraviglioso, qui tutti mi
vogliono bene
e il mio regno d’oro è sempre stato splendente.
Ora non
è più così.
L’oscurità ha preso possesso di questi luoghi, una
strana malvagità sta
corrompendo le anime di Gothamsea.
I
miei genitori, i sovrani, sono stati uccisi e il mio tutore sembra non
voglia
fare niente per risolvere la situazione.
Chissà
se mio cugino,
il re di Atlantide, mi aiuterà. In caso contrario, giuro che
diventerò forte e
quando sarò grande combatterò.
Fino a quel
momento,
ripongo qui i desideri che non potrò mai realizzare:
“voglio innamorarmi””
lesse a bassa voce.
Clark allargò le braccia e
inspirò l’aria rumorosamente,
gonfiando i pettorali scolpiti.
< Anche io voglio innamorarmi
> pensò.
Udì una risata gelida e
dei colpi di pistola, rabbrividì e
serrò un pugno.
“Qualcuno ha bisogno di
aiuto” disse. Si mise a correre e
spiccò il volo, atterrò su degli scogli vicini al
punto da cui provenivano gli
spari. Sgranò gli occhi vedendo un tritone intento a
rotolare sulla sabbia.
Il sirenetto disarmò uno
degli aggressori con un colpo di
coda, saltò e lo fece svenire con una testata. Gli
atterrò di sopra, girò su se
stesso e schivò un pugno proveniente dall’altro
aggressore. Lo fece
indietreggiare con dei colpi di cosa al petto, lo fece cadere a terra
con uno
schiaffo al viso dato con le pinne. Con un pugno ben assestato gli fece
perdere
i sensi.
“Wow”
sussurrò Clark.
Il sirenetto impallidì e
sgranò gli occhi, voltandosi verso
di lui, serrò la mascella squadrata.
Kent lo guardò serrare i
pugni.
“Tranquillo. Sono un
alieno, non mi sconvolgo con così poco”
lo rassicurò con tono gentile.
“Allora potresti portarmi
dall’altra parte della baia,
adesso?” ringhiò lo sconosciuto.
“Certo” disse
Clark. Chiuse gli occhi e, sorridendo, lo
prese tra le braccia. Spiccò il volo e raggiunse
l’altra parte della baia,
adagiandolo su uno scoglio.
Osservò il petto muscoloso
di Bruce e arrossì, la parte
finale della coda aveva la forma di glutei ben definiti.
Avvertì una fitta al
basso ventre e mosse la mano davanti al viso, facendosi aria e
deglutì
rumorosamente.
Bruce incrociò le braccia
al petto, socchiuse un occhio e
aprì un altro.
“Hai dei poteri simili ai
miei cugini” disse.
Clark incrociò le gambe e
si mise a volare davanti all’altro,
appoggiando i gomiti sulle ginocchia.
“Voglio usarli per salvare
il mondo, ma tu non avevi bisogno
d’aiuto” disse.
< È davvero
bellissimo… sembra la materializzazione della
persona che volevo incontrare da anni > pensò.
“Certo di tenere gente come
quella lontana dal mio mondo e
dal mare. Stavano inquinando l’acqua di questa zona con
rifiuti tossici” disse
gelido.
“Sono un giornalista come
copertura. Potrei farlo sapere con
il mio giornale” propose Clark.
L’acqua del mare colpiva lo
scoglio, dando vita a della
schiuma candida. Il vento sferzava la roccia e le alghe, facendole
ondeggiare.
Una di esse finì su una stella marina aranciata.
Bruce dimenò la coda blu
scuro, della stessa tonalità dei
suoi occhi, facendo ondeggiare le pinne azzurre. Il vento gli faceva
ondeggiare
i capelli mori.
< Ha un’aria
così rassicurante. Non so perché, ma stargli
accanto mi fa sentire al sicuro > pensò.
“Allora ti farò
avere tutte le informazioni che ti servono
e, se avete anche voi delle segrete, ti chiederei di rinchiuderci quei
tipi”
ordinò Wayne.
“Non preoccuparti, appena
avrò le prove, li porterò in
prigione” giurò il kriptoniano.
“Tornerai?”
chiese Bruce, abbassando lo sguardo.
< Chiunque altro lo avrei
già sbranato. Ci siamo appena
conosciuti, eppure mi sembra di conoscerlo da sempre >
rifletté.
“Vorrei. Però,
dimmi una cosa, voi tritoni mangiare gli
esseri umani?” domandò Clark, sporgendosi in
avanti.
Bruce ghignò, mostrando i
denti aguzzi.
“Hai un aspetto
delizioso” lo punzecchiò.
“Allora la prossima volta
assaggiami” lo stuzzicò Clark. Si
allontanò in volo.
“Contaci”
bisbigliò Bruce e balzò, inabissandosi.
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