Big bad wolf
Disclaimer: Albert
Wesker, Alex Wesker, Chris Redfield e tutti gli altri personaggi
appartengono a Shinji Mikami, alla Capcom e
a chi detiene i diritti sull'opera. Questa storia è stata
scritta per puro diletto personale, pertanto non ha alcun fine
lucrativo. Nessun copyright si ritiene leso. L’intreccio qui
descritto rappresenta invece copyright dell'autrice (Nocturnia) e non
ne è ammessa la citazione altrove, a meno che non sia
autorizzata dalla stessa tramite permesso scritto.
"And what’s he then that says I play the villain?"
- William
Shakespeare -
Big
Bad Wolf
7 Marzo 2009
La luce è troppo forte, le voci troppo vicine.
Il virus è instabile - agitato, inquieto: tenta di
riparare i danni tissutali, ricombina basi, cromosomi, locus genici.
Gli sussurra parole spezzate, senza senso; perso, confuso - il
Progenitore appare una bestia alla deriva, prigioniera dei suoi stessi
deliri.
Qualcuno lo spinge in avanti, lo rovescia sul pavimento.
Metallo ai polsi, intorno al collo: il rumore dell'acciaio che sfrega, una catena
che gli attraversa il costato, inguine, fino alle caviglie.
Trattiene un conato, digrigna i denti; il dolore è freddo
nelle
ossa, sotto la pelle: un'ustione invisibile che lo lascia debole e
sudato sull'impiantito.
"Non andrai più da nessuna parte."
Chris.
Un moto di rabbia gli scuote il petto, ma il Progenitore uggiola e gli
mormora di aspettare,
di stare fermo; che in quelle condizioni gli è impossibile
persino pisciare da solo.
Wesker inspira - dopobarba scadente, l'acido dell'adrenalina - espira;
cerca di regolarizzare il battito, le contrazioni muscolari, il terrore che gli
stritola le tempie.
Qualcuno lo colpisce leggermente sulla guancia, gli solleva una
palpebra.
"Cristo, è messo di merda."
"Lo so."
"Sta morendo?"
Un fruscio; piedi che si spostano alla sua sinistra.
"Ha la pupilla completamente dilatata, non riesco più a
distinguere l'iride."
Chris si abbassa al suo livello, lo sfiora appena - non vuole
infettarsi con il sangue del mostro.
Troppo tardi.
"Io e Sheva gli abbiamo iniettato due dosi di siero; forse l'abbiamo
mandato ben oltre
l'overdose."
Testa di cazzo,
sibila il Progenitore,
idiota inetto deficiente cretino.
Potevi ammazzarmi.
È proprio
quello che voleva, risponde un'altra voce - la sua.
Chris si solleva, pulendosi le dita sui pantaloni.
"Dobbiamo chiamare qualcuno: i piani alti non la prenderanno bene se
muore."
Redfield ha uno sguardo incerto, arrabbiato; non vuole farlo, ma deve, e la cosa non
gli piace per niente.
Il Progenitore si trascina tra i suoi organi e ricostruisce,
instancabile.
8 Marzo 2009
"L'hanno catturato."
"Temo di sì, Master Alex."
"Devo andare a riprenderlo."
Alle sue spalle immagini di un dio caduto, fallito: l'aereo
della Tricell che si schianta
vicino al vulcano, il suo corpo che viene trascinato fuori dagli agenti
del BSAA.
"È pericoloso: il BSAA aveva preparato un protocollo
straordinario di contenimento per i prigionieri del suo calibro."
Alex si muove tra un plico di documenti e l'altro, li sfoglia tutti,
lasciandoli poi in disordine sulla scrivania.
"Ne sono al corrente."
"Non sarà facile."
Alex annuisce, distratta.
"Dovremo falsificare tutto; dal suo certificato di nascita
all'attestato di laurea."
"Non è la prima volta."
"Potrebbe essere l'ultima."
Alex solleva appena lo sguardo, continua nella sua ricerca.
"Non posso lasciarlo là a morire, Stuart."
"Lo so bene, Master Alex: per questo ho già preparato il
necessario."
Alex si ferma, lo fissa.
"Il capo ricercatore assegnato dal governo al caso avrà un
incidente in treno domani alle sette e ventidue della sera, nella
tratta di ritorno da Parigi. Il suo curriculum sarà
approvato
dal DSO e infine dallo studio del presidente e controfirmato. Entro due
giorni sarà Alexandra Turner a dirigere gli studi sulla
prima
B.O.W. compatibile con il Progenitore viva."
Alex inspira con forza, si umetta le labbra.
"Non posso lasciarlo da solo."
"Lo so, Master Alex: ma è del BSAA che stiamo parlando."
Alex abbozza un sorriso, ride
- un suono fuori tempo, arrugginito.
"Una fortuna che il Progenitore mi abbia reso così debole e umana, eh Stuart?"
Sushestvovanie si scioglie in un tramonto rossastro e senza calore.
9 Marzo 2009
"Non ha coscienza di dove si trova."
Chris studia un fantasma che aveva inseguito per undici anni - un uomo
su cui aveva costruito una carriera intera.
"I risultati dei suoi esami mostrano livelli sotto la
norma - glicemia, pressione, ormoni tiroidei - quasi il suo organismo
fosse andato in pausa: una forma di standby biologico, possiamo
chiamarlo."
"Quindi è come... spento?"
Il dottor. Ramonez alza un sopracciglio, sospira.
"Non saprei dirlo con certezza; effettuare il prelievo è
stato... complicato."
Chris lo fissa, attende una spiegazione.
"Il soggetto si è mostrato incostante nelle sue
manifestazioni
emotive; in superficie appariva innocuo, persino addormentato, ma
appena l'abbiamo toccato qualcosa si è agitato sotto la
pelle -
e con qualcosa
intendo proprio dire una massa non identificata - e ha reagito,
terrorizzando l'infermiera."
"Le ha fatto del male?"
"No." ribatte Ramonez, scuotendo la testa "È troppo debole e
legato in quel modo non è riuscito a fare altro che
sbilanciarla
all'indietro."
Chris annuisce, posa lo sguardo su Albert Wesker - al secolo il
soggetto 3A - 7.
Ha il capo incassato tra le spalle, le braccia tese verso l'alto.
Non riesce a vedergli il viso, ma sul petto scorge ancora le ferite di
Sheva sanguinare, piccole fessure rosate che si schiudono a ogni
respiro.
"Non abbiamo i mezzi o le conoscenze per capire cosa gli stia
succedendo; tantomeno per fornire una risposta adeguata alle domande
del governo."
"Domani dovrebbe arrivare il nuovo capo ricercatore." lo rassicura
Chris, continuando a fissare Wesker "Il DSO ce la invia direttamente
dai suoi laboratori."
Ramonez circoletta una parola sulla cartella del tyrant, la chiude con
uno scatto secco.
"Speriamo; ho come l'impressione che la situazione potrebbe sfuggirci
di mano rapidamente."
Chris indurisce lo sguardo, studia Wesker con un'intensità
spaventosa.
Dall'altra parte del vetro qualcosa
striscia sotto la pelle del mostro e attende, affamato.
10 Marzo 2009
Il nuovo capo ricercatore del progetto è una donna -
pallida, distante.
Ha unghie curate, laccate di rosso.
Non ci sono sentimenti nei suoi occhi, artici e privi di alcuna
sfumatura.
Gli porge la lettera del DSO, il suo curriculum controfirmato dal
presidente in persona - al polso un Bulgari, collezione Serpenti
(quadrante in vetro zaffiro nero, cassa in oro rosa e diamanti taglio
brillante.)
"Alexandra Turner."
La donna lo fissa, non muove un muscolo.
"Immagino che il governo abbia il suo tornaconto personale nell'averti
spedito fino a qui."
Le braccia lungo i fianchi, un viso né giovane né
vecchio - senza tempo.
"Perché?"
La donna alza appena un sopracciglio, labbra morbide e piene.
"Perché vuole questo incarico?"
Un filo d'argento attorno al collo, all'anulare sinistro oro bianco e
ossidiana - sposata?,
si annota mentalmente Chris.
"Perché proprio qui,
al BSAA, e con quest'uomo,
Albert Wesker?"
Socchiude la bocca, Alexandra, snuda i denti - un gesto che a Redfield
ricorda quello dei predatori minacciati.
"Simili opportunità accadono una sola volta nella vita." gli
risponde, ed è
fredda la sua voce - priva di sbavature, monocorde.
"Quali opportunità?" ripete Chris, piegando un angolo delle
labbra "Quella di finire i propri giorni in un buco venti piani sotto
terra, oppure quella di essere spappolati contro un muro da un tyrant
di quasi due metri?"
Alexandra alza il mento nella sua direzione, abbozza una risata - un
suono osceno, sbagliato.
"Lei pensi a fare il suo lavoro, agente
Redfield." e lo supera, i fianchi sottili fasciati di
nero, una camicia trasparente sulle spalle "Che io penserò
al mio."
"Che sarebbe, dottoressa?"
Alexandra gli rivolge un'occhiata annoiata, estrae il proprio tesserino
dalla tasca dei pantaloni.
"Curare."
Le doppie porte rinforzate si aprono con un sibilo morbido, leggero;
una blindatura spessa almeno cinquanta centimetri, rivelatori
volumetrici, sismici, magnetici e a barriera - tutto
per imprigionare il villain della storia.
Alexandra si volta, lo ignora - sorride (non a lui.)
"Soggetto 3A - 7." esordisce "Come si sente oggi?"
Albert Wesker è un debole mormorio perduto nel suono
dell'acciaio che si richiude alle sue spalle.
10 Marzo 2009
È un grido che frantuma la coscienza, il silenzio.
È una pelle che possiede il suo odore, il suo sapore.
È un corpo sul quale si era piegato - che aveva
domato ai
suoi bisogni, umidi e osceni
e
grondanti.
Albert solleva lo sguardo, la fissa.
"Dottoressa Alexandra Turner." gli dice, e sorride.
Wesker continua a osservarla, non sbatte nemmeno le palpebre.
Alex gli si avvicina, si ferma a mezzo metro di distanza.
"Protocollo standard di sicurezza." continua, e lui sa che si sta
riferendo al fatto che non può toccarlo, liberarlo.
Non ancora,
gli mormora la sua voce, e hanno una forza lenitiva le sue parole - una
piega morbida che si protende verso il suo virus e guarisce.
"Sono il nuovo capo ricercatore."
Wesker sfrega le ginocchia contro il pavimento, sembra quasi distendersi
verso di lei.
"Conto sulla sua totale collaborazione; per il bene d'entrambi."
Il sorriso di Alex aumenta, taglia
un viso che lui aveva conosciuto privo di maschere e
filtri.
"Un cenno del capo può bastare."
Albert le regala l'unica cosa che potrà salvare entrambi; la
sua disperata
resa.
10 Marzo 2009
Chris non sa cosa dire.
Il nuovo capo ricercatore era entrata in quella cella senza paura, ne
era uscita persino vittoriosa
- non ferita.
Si era presentata
sorridendo; denti bianchissimi e labbra che sanguinavano a
ogni parola.
Wesker l'aveva guardata negli occhi per tutto il tempo e lei non era
mai arretrata davanti a quelle pupille da rettile, sottili come fili
d'inchiostro.
Un serpente incantato
dal suono del flauto magico.
Sotto la sua voce il viso di Wesker si era rilassato, la bestia domata.
Chris la studia impartire ordini, controllare il lavoro di Ramonez e
liquidarlo con un brusco cenno della mano.
Wesker si è rifugiato nuovamente nella sua apatia, ma qualcosa è
cambiato: si è
flesso.
La dottoressa Turner lo raggiunge, si ferma solo quando le blocca il
passaggio.
Alza un sopracciglio, inclina appena il mento nella sua direzione.
"Come ha fatto?"
"A fare cosa?" replica lei, annoiata.
"A calmarlo."
"Non mi sembra un'impresa poi così difficile: da quello che
risulta in questi esami è così imbottito di
sedativi e
siero che gli è quasi impossibile persino pensare."
Chris le concede un'occhiata sospettosa, non accenna a spostarsi.
"Sa benissimo cosa intendo."
Alex solleva appena un angolo della bocca, uno scintillio inquietante e
derisorio.
"Forse gli piaccio,
agente Redfield; in fondo, dietro tutte le vostre belle maschere da
eroi e villain non siete null'altro che una cosa sola."
Chris indurisce lo sguardo, dilata le narici.
"Uomini." e
lo sorpassa, scostandolo a forza dalla porta.
Chris ne segue il profilo fino a quando non svolta l'angolo verso gli
ascensori, posa lo sguardo su Wesker.
Per la prima volta da quando l'ha catturato in Africa Wesker cerca i
suoi occhi e brucia.
Aprile 2009
Diazepam e PG67A/W: questi erano i legacci che mantenevano Albert in
uno stato controllato,
inoffensivo.
Alex tamburella con le dita sul bordo della scrivania, ai suoi piedi
una portadocumenti nera (Hermes, Kelly business in pelle), allineata
contro il muro una valigia rossa e grigia.
"Ehm ehm."
Alex solleva lo sguardo, incontra quello di una delle infermiere
inserita nel suo team.
"Cosa?" le chiede, e aspetta.
"Io..."
Alex incrocia le braccia al petto, sospira.
"Molly."
l'apostrofa poi,
dando una rapida letta al suo cartellino "C'è qualcosa che
vuoi
dirmi prima che iniziamo a lavorare insieme?"
Molly si gratta una tempia, annuisce.
"Ramonez mi aveva affidato il compito di effettuare il prelievo
giornaliero del paziente, ma... ecco, una volta mi ha quasi aggredita e
non me la sento molto di continuare. Preferirei essere riassegnata."
Alex quasi
le scoppia a ridere in faccia, immagina Albert incurvare la schiena, fletterla - pelle e
muscoli lucidi di fatica e rabbia.
"Ci penserò io."
Molly sgrana gli occhi, smette di tormentarsi le pellicine della mano
sinistra.
"Effettuerò io i
prelievi al paziente. Analizzerò io
i dati. Voi limitatevi a raccogliere e archiviare quello che io
vi dirò, null'altro."
Molly annuisce, sulla punta della lingua le parole supponente stronza
e arrogante puttana
danzano.
"Il dottor. Ramonez potrebbe non essere d'accordo."
"Il dottor. Ramonez non saprebbe distinguere un licker da un cerbero,
per quel che mi riguarda."
Alex s'inclina in avanti, intreccia le dita tra di loro.
"E il dottor. Ramonez
non ha un'autorizzazione firmata dal presidente in persona."
Molly abbassa lo sguardo, le nasconde (male) la sua
irritazione.
Alex la ignora, torna a studiare il siero; sotto la pelle il
Progenitore cerca quello di Albert e stringe.
Giugno 2009
I giorni si inseguono lenti, sempre uguali.
Gli ordini del governo sono di scoprire come il Progenitore si combina
al genoma umano, replicare il processo e consegnare poi tutto nelle
mani del DSO: una bella parafrasi per dire anche noi vogliamo costruire il
nostro esercito personale di B.O.W.
Il protocollo del BSAA è quello di contenere il rischio biologico -
così adesso viene chiamato il soggetto 3A - 7.
Molly ha le guance colorate di rosa, una molletta a forma di delfino
tra i capelli; fissa la dottoressa Turner bilanciare il nuovo siero, le
dita pallide, nervose.
Alex non la guarda nemmeno, prosegue nel suo lavoro - instancabile.
"Sa, dovrebbe riposarsi."
Alex la ignora, controlla per la centesima volta la concentrazione di
fattore mutageno.
"Non ha una bella cera."
"È la mia pelle." le risponde, serafica.
Molly ha un accenno di caviglie gonfie, il seno troppo pieno sotto
la camicia bianca.
"Lo dicevo per il suo bene."
Alex chiude la provetta, sigillandola.
"Che mese?" ribatte Alex, osservando il liquido traslucido diventare
rosso.
Molly corruga la fronte, gioca con il bracciale che porta al polso -
una fantasia di fiori e cavallucci marini.
"Non lo sa ancora nessuno: come ha fatto a capirlo?"
Dalla puzza, vorrebbe
risponderle Alex; tutti
voi avete un odore particolare, dolciastro; morto. Ma le donne
incinte ne hanno uno ancora peggiore.
"Esperienza."
"Personale?"
Le labbra di Alex si muovono appena, un fremito che trattiene una
risata offensiva.
"No."
Molly annuisce, riordina gli strumenti del laboratorio.
"Sto entrando nel quarto."
"Congratulazioni."
"Grazie."
Alex si reclina contro lo schienale della poltrona, intreccia le dita
in grembo.
Molly si schiarisce la voce, imbarazzata - intimidita da
quella donna così fredda e distante.
"Non rimarrò qui a lungo: è troppo pericoloso con quello."
Alex tamburella con l'indice sul dorso della mano, aspetta.
"Dicono che possa squartare un uomo a mani nude; una B.O.W. alfa, la
chiamano. La prima generazione."
Un'occhiata obliqua, vuota.
"Non dovevo accettare questo lavoro."
"No." le ribatte Alex, e aspetta che la centrifuga finisca la sua
operazione.
"Non sono adatta."
"Decisamente."
"Lei come fa?"
Alex ruota leggermente l'anello che porta all'anulare, scioglie le
spalle.
"Abitudine. Le B.O.W. non sono poi molto diverse da noi."
"Sono dei mostri, dottoressa."
Alex apre la centrifuga, seleziona un paio di provette.
"Certo; e mangiano bambini a colazione e gattini a cena."
Molly alza un sopracciglio, interdetta.
Il Progenitore di Albert mormora, racconta - un grottesco Picasso di
sangue e ossa.
Alex blandisce i suoi pensieri e
sorride.
Luglio 2009
"Cosa sta succedendo?"
Chris le riserva un profilo stanco, sgualcito dal sonno e dalla fatica.
"Ha le convulsioni."
Alex si volta, digrigna i denti.
"Chi di voi imbecilli
ha aumentato la dose del siero senza dirmi nulla?"
Silenzio.
Redfield cerca tra i suoi uomini, scuote la testa.
"Nessuno di loro."
Alex estrae la tessera magnetica, fissa la luce del pannello di
controllo rimanere rossa.
"Cosa significa?" ringhia, e dall'altra parte del vetro Wesker s'inarca
così violentemente all'indietro da sbattere la testa contro
il
pavimento.
Alex scivola con lo sguardo su tutti loro, si avvicina a Chris - lo
afferra per il bavero della maglia.
"Apri subito quelle porte."
"Protocollo standard di sicurezza: non posso, dottoressa."
Alex indurisce lo sguardo, lo scuote, e Redfield si sorprende della
forza che possiede.
"Il soggetto potrebbe morire."
"Non è un problema mio."
"Tutta questa fatica per poi perdere
l'unica fonte pulita e compatibile
tra il genoma umano e il Progenitore? Non credo proprio che i tuoi
superiori ne sarebbero così
contenti."
Chris le circonda i polsi con le dita, strattona - non la sposta di un
centimetro.
"Nemmeno i tuoi, dottoressa."
Wesker si stringe una mano al petto, soffoca un conato - crolla
nuovamente sull'impiantito.
"Morirà."
"Protocollo standard."
Alex gli cerca gli occhi, non arretra.
"Apri la porta."
"No."
"Fallo."
"Ho detto di no."
Wesker sputa sangue, ansima - giù per la gola un gorgoglio
umido, molliccio.
Alex lo spinge contro il muro, percepisce i soldati agitarsi alle sue
spalle.
"Apri."
Chris le pianta un gomito nell'addome, affonda - le
strappa un guaito sorpreso.
"Capitano." li interrompe la nuova recluta "Forse dovremmo darle retta;
il soggetto non sembra in grado di superare la crisi."
Chris lo ignora, colpisce
- Alex para,
gli toglie il piede d'appoggio e cerca di assestargli un pugno al
plesso solare.
Wesker si porta le mani al viso, snuda i denti - le ritrae sporche di
sangue e nero, un corpo che sta cedendo,
un virus incapace di gridare
la sua ultima richiesta.
"Apri questa fottuta porta!" e urla, Alex.
Ha paura,
Alex, perché è in un angolo dal quale non sa se
riuscirà a uscire.
Non posso lasciarlo
morire. Non qui. Non con loro.
Ha paura, e sotto la pelle il Progenitore si lamenta, piange, mostra
tutta la sua debolezza - carne viva e che si sta consumando a ogni
respiro.
Chris si solleva, si passa il dorso della mano sulle labbra.
"No!"
Click.
Alex si volta di scatto, osserva le doppie porte aprirsi - i pistoni
meccanici che si ritraggono nel muro senza fare alcun rumore.
"Chi cazzo è
stato?"
La nuova recluta ha gli occhi spalancati, ancora fissi sulla propria
mano e sul tesserino che stringe tra le dita tremanti.
"Chiudetela subito!"
Chris fa per estrarre l'arma, Alex è più veloce -
risponde, sempre.
Albert.
Scivola sulle ginocchia, lo afferra per le spalle.
Albert.
"3A - 7." lo chiama - grida
"3A - 7!" ripete, e gli artiglia i fianchi, spingendolo verso il basso.
Le catene gli si arrotolano attorno alle cosce, vibrano - ruggiscono.
Chris è subito dietro di lei, la pistola puntata, le gambe
leggermente divaricate.
"Se si alza gli sparo."
"Non lo farà." ribatte Alex, e cerca nella tasca del camice
la siringa "Devo controbilanciare il dosaggio eccessivo."
"Come?"
"Il suo organismo è intossicato; il siero sta bloccando il
fegato, i reni. Senza di quelli andrà in uremia, cirrosi e
poi
arresto cardiaco in pochi minuti."
"Non è un po' troppo veloce?" le domanda la recluta, e Alex
gli riserva un'occhiata fugace.
"La fisiologia dei tyrant non è come la nostra." lo rovescia
di
lato, intreccia le dita nei suoi capelli - tira, cercando di
mantenergli le vie respiratorie libere.
Wesker ha una contrazione improvvisa che lo spinge a chiudersi in se
stesso, una morsa ferrea che le spezza il polso sinistro.
"Merda!" esclama la recluta, avvicinandosi "Dottoressa, le ha appena..."
"Sto bene!" ribatte Alex "E tu smettila di puntarmi addosso quella
pistola! Non andrà da nessuna parte in queste condizioni."
Chris alza un sopracciglio, rilassa appena la postura delle spalle.
"È sopravvissuto a un vulcano, dottoressa; credo che questo
giustifichi ampiamente il mio atteggiamento."
Alex strappa con i denti il tappo della siringa, cerca la carotide.
"Non me ne frega un cazzo." bercia, e affonda l'ago, iniettando una
dose massiccia di diazepam "Toglimi quella pistola dalla nuca."
Redfield abbassa la canna dell'arma, la osserva salvare la vita a un
uomo che ne aveva strappate centinaia nella sua folle corsa
all'onnipotenza.
Estrae una seconda siringa, inocula il contenuto nello stesso punto di
prima.
Wesker emette un solo, lungo, sospiro, si accascia contro Alex - perde
conoscenza.
Silenzio.
"E adesso?" mormora la recluta, un ragazzo di appena
ventitré anni.
Alex gli appoggia l'indice e il medio sul collo, tace.
"È vivo?" chiede sempre la recluta, sul giubbotto militare
un nome breve, senza importanza.
Piers Nivans.
"Sì." risponde quando riesce a trovare il battito
"È vivo."
Chris rinfodera l'arma, la fissa.
Alex vorrebbe solo chinarsi sul corpo esangue di Albert e lì
rimanere.
Luglio 2009
Ha i capelli più lunghi sulla nuca, ai lati del viso.
È dimagrito, e Alex può contargli le costole.
Si siede davanti a lui, intreccia le dita in grembo.
Mi dispiace.
Albert solleva appena lo sguardo - umiliato, ferito, furioso.
Non posso fare altro.
Si allunga verso il suo braccio, gli arrotola attorno al bicipite il
laccio emostatico.
"Dobbiamo solo controllare cosa ha provocato le convulsioni."
Batte due volte con l'indice nell'incavo del gomito, osserva la vena
affiorare in superficie - tesa sotto la pelle, livida.
"Sarò veloce; non sentirai niente."
Estrae l'ago, le fiale - disinfetta la zona.
Albert.
Lo sente abbandonarsi contro le sue mani, rilassarsi al suo tocco - il
Progenitore che si protende
verso di lei, indebolito, fragile.
Alex comincia il prelievo, libera il Progenitore - lo ascolta
intrecciarsi al suo, mormorare verità che le pesavano nel
cuore
da troppo tempo.
Wesker reclina appena la testa all'indietro, le cerca le dita della
mano libera - stringe.
Alex ricambia il suo gesto, s'inclina leggermente in avanti - nasconde
all'occhio del BSAA un sentimento che avevano taciuto
persino a loro
stessi.
Ti porterò
fuori di qui, gli promette, e soffoca un singhiozzo
patetico.
Albert scivola sulla sua pelle come un ricordo di sabbia e sangue.
Luglio 2009
"Che cosa è successo là dentro?"
Alex lo ignora, continua fissare lo schermo del tablet.
"Due settimane fa."
Digita qualcosa sul display, si gratta un lato della mano.
"Dottoressa."
la riprende Chris, e Alex sospira, irritata.
"Cosa intende, agente
Redfield? Per come è articolata la sua frase
non mi è possibile darle una risposta precisa."
Chris incrocia le braccia al petto, assume una posa difensiva.
"Le convulsioni. Il sanguinamento. Quella roba nerastra che ha vomitato
persino dal naso."
"Oh." ribatte Alex, alzando un sopracciglio "Quello."
Torna a studiare il suo tablet, le labbra arcuate in un sorriso ironico.
"Voglio una spiegazione."
"Credo sia oltre le sue possibilità di comprensione, agente
Redfield."
"Mi metta alla prova."
Alex inspira con forza, e per Chris il tutto ha una mimica un po' troppo
melodrammatica.
Riflette, soppesa le sue parole: quelle giuste, e li avrà
lontani dalla verità; quelle sbagliate, e il BSAA
entrerà
in possesso d'informazioni vitali,
che potrebbero dargli un vantaggio
contro di loro.
Alex si passa una mano tra i capelli, si reclina contro lo schienale.
"Un'overdose di siero."
"Fino a lì c'ero arrivato anche io."
"Bene; non vedo cos'altro aggiungere."
Chris sbuffa, sposta una poltrona e ci si siede sopra.
"Dottoressa, non mi prenda per il culo." e Alex libera una risata
asciutta a quell'esclamazione "I particolari. Il perché. Il come
funziona."
"È fuori dalla sua portata."
"Lei mi prende per cretino."
Alex abbozza un sorriso, non fa nulla per nascondere il suo pensiero.
"È ancora umano, almeno?"
Alex aggrotta le sopracciglia, indurisce lo sguardo, la linea della
mandibola.
"Certamente." ribatte - un
po' troppo velocemente "Il soggetto 3A - 7 è
umano quanto me o lei."
"Non si direbbe. Io non vomito roba nerastra quando sto male."
Alex reprime l'istinto di assestargli un manrovescio su quella faccia
da imbecille, espira.
"Il virus gli ha fornito alcuni... potenziamenti,
ma nella sostanza la sua fisiologia è umana."
Chris tamburella con le dita sul bicipite, aspetta.
Alex alza gli occhi al cielo, irrigidisce le spalle.
"Vediamo... cerco di fargliela semplice: il virus Progenitore
è in grado di combinarsi e mutare il DNA di una persona."
Redfield la fissa, annuisce.
"Molte altre cose in natura possono indurre il nostro genoma a mutare,
ma non tutte sono positive - suddette mutazioni dovranno farsi spazio
nella fittissima rete cibernetica cellulare, nonché
nell'ambiente nel quale vive e opera l'organismo vivente in questione
per essere definite evolutive."
Silenzio.
"Il Progenitore è un virus a capacità mutagene;
iniettato
nel soggetto 3A - 7 in età giovanissima e grazie al raro
genoma
che possiede, le sue proprietà si sono esplicate al massimo.
Il
suo DNA ha sopportato e accettato la mutazione, rompendosi e poi
riparandosi sul nuovo schema fornito dal virus."
"Fino a qua ci sono."
"Bene." ribatte Alex, accavallando le gambe.
"E...?"
"E niente, agente Redfield: Albert Wesker è quello che noi
chiamiamo il nuovo punto nella curva evolutiva. Il siero serve solo a
evitare danni ossidativi e rotture a doppio filamento, le
più
pericolose dato che potrebbero poi sfociare in mutazioni puntiformi e
framshift che si accumulano sulle sequenze genomiche, nonché
delle traslocazioni cromosomiche, diventando una sorta di "spazzatura"
del DNA."
"Quindi Wesker è solo un umano potenziato?"
"Tyrant, li chiamiamo." gli concede, scivolando con l'indice lungo il
bordo della tazza vuota.
"Una B.O.W."
"In parole povere, sì."
"Ed è possibile invertire il processo?"
Alex lo guarda con un'espressione sorpresa, a tratti confusa.
"Come?"
"Farlo tornare umano."
Alex sembra valutare la sua richiesta, storna lo sguardo.
"No." ammette poi, scuotendo la testa "Non credo. Il processo stesso
del Progenitore non ci è ancora chiaro; riportarlo allo
status
quo precedente è quasi impossibile."
Chris annuisce un paio di volte, si alza.
"Quindi cosa è stata mandata a fare, dottoressa?"
Alex fissa la notifica di un'email appena giunta sul suo laptop, si
umetta le labbra.
"A studiarlo, agente Redfield. Albert Wesker è l'unico umano
conosciuto che non solo si è dimostrato compatibile con il
Progenitore, ma ne ha anche tratto dei vantaggi, oltre a essere
sopravvissuto all'infezione e a rimanere umano nelle fattezze. La
perfetta arma biologica, se così vogliamo dire."
Chris scivola sul suo profilo ancora qualche istante, le dà
le spalle.
"C'è un modo di ammazzarlo?"
Alex ingoia un grumo di rabbia denso come il piombo, preme le unghie
nel palmo della mano.
"Se c'è, non glielo verrò di certo a dire, agente
Redfield: il soggetto è troppo importante per il governo."
Chris apre la porta, si ferma a metà.
"Forse non avrò bisogno del suo aiuto per scoprirlo, dottoressa."
Redfield esce, lasciandola sola - furiosa.
Il tempo non è mai stato dalla sua parte.
Agosto 2009
Si è rotto l'impianto di condizionamento.
In quel buco
interrato metri e metri sotto terra si è rotto il fottuto impianto
di condizionamento.
Alex sospira, lascia ciondolare le gambe oltre il bordo del letto.
Non ha voluto uno degli appartamenti concessi dal BSAA agli impiegati -
palazzine anonime, beige e marroni, tendoni bianchi e qualche fiore
alle finestre - preferendo restare in uno di quelli interni allo
stabile.
Si passa le mani tra i capelli, alzandosi; l'orologio a parete segna le
sei e un quarto della mattina e l'aria è già fin
troppo
pesante.
Afferra una camicia, il tesserino d'identificazione; tra le sue cellule
il Progenitore di Albert è un mormorio stanco.
Agosto 2009
Si siede davanti a lui, le gambe incrociate l'una sull'altra, una
bottiglia d'acqua tra le mani.
La telecamera del BSAA ruota nella sua direzione, ammicca - un led
rosso che le ricorda di non essere mai
sola.
Si schiarisce la voce, lasciando rotolare la bottiglia tra le cosce.
Il tesserino d'identificazione le si appiccica alla pelle, scivolando
tra i seni umidi.
"Si è rotto l'impianto di raffreddamento." gli dice, e
inspira, scegliendo con cura le parole successive.
Wesker muove appena una spalla, e Alex nota la tensione a cui sono
sottoposti i muscoli - la fatica che esibiscono nel mantenere quella
posizione.
"Avrai caldo."
Albert solleva appena lo sguardo, occhi opachi, spenti.
Alex si morde un labbro, sfregando l'unghia del pollice lungo il tappo
della bottiglia.
"Dovresti idratarti: i tuoi valori di sodio e potassio non sono
ottimali."
Wesker deglutisce, e Alex coglie delle piccole rughe intorno alla bocca
che prima non c'erano.
Si alza, passando una seconda tessera nel pannello di controllo e
autorizzando lo sblocco delle catene.
Cadono a terra con un suono secco, che sembra immenso nel silenzio
della cella.
La schiena di Wesker si sposta in avanti, una mano attutisce la caduta,
l'altra scivola di lato e lo costringe a usare il gomito.
"Dottoressa." la raggiunge dall'intefono la voce di Chris "Non
è prudente liberargli le braccia."
Alex socchiude gli occhi, irrigidisce la mandibola.
"Sarà la mia testa a saltare, nel caso." ribatte lei,
avvicinandosi "Male che vada dovrai ripulire il mio cervello dal muro,
Redfield."
"È da incoscienti."
"Conosco le dosi a cui lo stiamo sottoponendo; così ridotto
non può farmi nulla."
Wesker si massaggia i polsi, libera un sibilo quando sfiora una piaga
ancora sanguinante.
"L'ho visto sopravvivere a un Tyrant e a un incendio, dottoressa; non
è prudente."
Alex lo ignora, chinandosi alla sua altezza.
Albert la fissa, inclina il mento nella sua direzione.
"Tieni." e gli passa la bottiglia "Se muori non ci servi a niente."
Non farlo. Non morire.
Albert la prende, bevendone più della metà.
Il Progenitore parla per loro, e mormora - un contatto continuo che non
li abbandona mai.
Click.
Alex sospira, china appena il capo.
"Redfield."
"Non posso lasciarla sola."
"Non mi farà niente."
"In molti hanno pensato la stessa cosa."
Wesker non lo guarda neppure, studia i lineamenti di Alex - inspira, e
annusa il suo dolore, la sua rabbia.
"In cinque mesi l'avrebbe già fatto."
"Con Excella ci sono voluti sei anni."
Con voi della S.T.A.R.S
solo due, eh, Chris?
Alex gli sfiora appena la linea delle spalle, prendendogli la pelle tra
il pollice e l'indice e tirando
- saggiando ciò su cui un tempo
aveva soffocato orgasmi e parole.
Chris si muove inquieto, dondola.
"Cosa sta facendo?"
"Verifico l'elasticità della pelle: è
disidratato."
"Riceve le sue razioni quotidianamente."
"La fisiologia di una B.O.W. non è uguale alla nostra,
gliel'avevo già detto, agente Redfield."
Chris sbuffa, abbassa il fucile.
"Ne terrò conto."
Alex butta l'occhio sui polsi, arriccia il naso.
"Questa ferita è infetta."
"La curi."
Alex si volta, sedendosi sui talloni.
"Allora sii così gentile, Chris." e stende le
labbra in un
sorriso sgradevole "Fai una corsetta fino al laboratorio e prendimi il
necessario, puoi?"
"Non mi piace il suo tono, dottoressa."
"E a me non piace lei,
agente Redfield." ribatte un po' troppo
velocemente "Ma siamo nella stessa barca, e dobbiamo collaborare."
Chris apre la bocca, sembra quasi volerle risponderle - sceglie poi di
girare i tacchi e uscire dalla cella masticando un insulto.
Alex si volta, gli sorride appena - un gioco intimo e privato, che
riguarda solo loro due.
Albert le cerca gli occhi e annuisce.
Novembre 2009
È la prima volta che la vede davvero.
Priva di trucco e ancora assonnata, Alexandra Turner gli apre la porta
del suo appartamento e si mostra umana - bellissima, e
questo pensiero
lo disturba.
"Cosa è successo?" gli chiede, e Chris nota che ha i piedi
nudi, piccoli - eleganti.
"Il soggetto 3A - 7."
Alex sembra svegliarsi all'improvviso, e raddrizza le spalle, la
schiena.
"Non risponde agli stimoli esterni e la sua saturazione sta
pericolosamente scendendo."
Alex affonda nell'oscurità del corridoio, torna alla porta
pochi
secondi dopo - una vestaglia di seta nera e nient'altro.
Ha i capelli raccolti in un nodo confuso, gli occhi lucidi di fatica -
eppure qualcosa
si muove nel petto di Chris, e la trova tristemente
indifesa con quelle labbra pallide e il profilo stropicciato in
un'espressione preoccupata.
"Da quanto?"
"Piers dice che alle tre stava bene."
Alex controlla l'orologio, lo affianca.
"Mezz'ora." gli ribatte, svoltando verso gli ascensori "Qualcosa nel
siero si è di nuovo squilibrato."
"Lo fa spesso." replica Chris, selezionando il piano.
Alex si passa una mano sul viso, sospira.
"È difficile lavorare su un virus mutageno di quella
portata.
È polimorfo, e camaleontico. Vuole sopravvivere, e noi
glielo
stiamo impedendo."
Chris osserva i numeri scivolare da -3 a -22, fermarsi al
ventitré.
"Quello che Wesker ha fatto a se stesso e agli altri è
osceno."
Alex lo supera, una sottoveste orlata di pizzo che le scopre le lunghe
gambe a ogni passo.
Afferra il camice dalla poltrona del suo studio, se lo allaccia a
metà - s'infila nelle tasche un paio di siringhe, conta
picchiettando sulle labbra quello che le manca.
"Entro." gli dice, e si dirige verso la cella di Wesker - accede al
pannello di controllo senza più alcuna traccia di sonno sul
viso
tirato.
Chris la osserva chinarsi davanti al tyrant, sollevargli una palpebra.
Wesker reagisce ciondolando la testa in avanti, le labbra socchiuse -
un respiro ruvido, che sfrega.
"Ha la febbre."
"Pensavo che le B.O.W. non si ammalassero."
"Infatti." ribatte Alex, cercando qualcosa nella busta al suo fianco
"Ma il siero sta ostacolando la normale replicazione proteica del
virus; la reazione naturale a tutto ciò è alzare
la
temperatura corporea per combatterlo."
"Il virus?"
"Il siero." lo corregge Alex, e gli inietta una dose massiccia di
paracetamolo "È lui l'intruso, non il Progenitore."
Alex gli tocca le guance, la fronte; Chris si concentra
sull'espressione vacua di Wesker, viene distratto dalla curva dei
fianchi della dottoressa.
"Devo cambiare la dose; diminuirla."
"Non se ne parla."
Alex è abituata ormai ai dinieghi di Redfield, per cui si
limita a stringersi nelle spalle, ignorandolo.
"Ha più di quaranta, Redfield. Andrà incontro a
disidratazione e l'ipotalamo smetterà di funzionare. Presto
gli
enzimi cellulari ne saranno danneggiati e i neuroni insieme a loro. Non
posso fare altrimenti."
Chris si gratta il mento, la osserva cercargli la carotide, iniettare
il composto antagonista del siero.
Wesker viene scosso da un tremito che irrigidisce le catene, crolla in
avanti - viene sostenuto dalle mani di Alex.
"Dobbiamo sdraiarlo."
"Non posso liberarlo."
Alex lo tiene per le spalle, le dita ben aperte sulla camicia madida -
all'anulare sinistro uno scintillio d'ossidiana e oro.
"Resterò io con lui."
"È troppo pericoloso."
"Ancora questo gioco, Redfield?"
lo deride lei, e c'è una nota ironica nella sua voce - non
malevola.
Chris scuote la testa, irremovibile.
"Bene." ribatte Alex, e passa la sua seconda tessera d'autorizzazione
nel pannello "Vorrà dire che ci faremo entrambi una notte in
bianco."
Gli anelli in acciaio e carbonio si aprono con un clack secco,
asciutto; la catena che lega Wesker dal collo alle caviglie si scioglie
ai suoi piedi, diventa un serpente di metallo inerte.
Albert crolla,
debole come Chris non l'ha mai visto.
"È ridotto male." dice, e non riesce a mordersi la lingua in
tempo.
Alex lo rovescia sulla schiena, gli prende le pulsazioni - controlla il
respiro, la saturazione ossigeno.
"Ce la farà?"
"Da quando questo le è mai interessato?" lo apostrofa Alex,
e
Chris studia il modo in cui le sue mani scorrono sul corpo di Wesker -
leggere, quasi avessero paura di romperlo.
"Certe storie esistono solo nei libri, dottoressa."
Alex gli rivolge uno sguardo obliquo, sistema un cuscino sotto la testa
di Wesker.
"Non so di cosa stia parlando, agente
Redfield."
Chris incrocia le braccia al petto, alza il mento.
"Un mostro rimane tale, dottoressa;
non cambia pelle, nemmeno quando la rosa è del tutto
sfiorita."
Alex arcua appena un angolo delle labbra, appoggia un impacco
ghiacciato ai lati del collo di Albert.
"La Bella e la Bestia, Redfield?"
"Il cartone animato preferito di Claire."
"E io sarei la Bella?"
"Non ce la vedo con un paio di corna in testa e una pelliccia marrone
addosso; non credo le donerebbero."
Alex sorride e ascolta la Bestia che porta nel cuore ruggire.
Dicembre 2009/Gennaio 2010
Il suo corpo è stanco, la sua mente straziata.
Il virus è un grumo delirante di follie e parole - ti sta
fregando. Vuole ucciderti. Vuole vederti mortomortomorto, essere lei
l'Eletta, la dea del nuovo mondo.
Alex è davanti a lui, un profilo sottile e morbido che gli
passa
le dita tra i capelli - li accorcia sulla nuca, ai lati del viso.
"È Capodanno." gli dice, e il suo respiro brucia sulla
pelle, lungo le vertebre.
"Non credo che qui sotto sentiremo molti fuochi artificio."
Mormora, Alex - un sussurro che solo le sue orecchie riescono a
sentire, il BSAA una segugio instancabile e tenace.
Lo sfiora lungo la linea delle spalle, tra le scapole - sotto i
polpastrelli cotone e muscoli annodati, contratti.
"Io..." inizia, e si ferma.
Ti lascerà
qui a morire; lo sta già facendo.
Tutta quella merda che
ti sta iniettando? Stronzate.
Vuole solo vederti
crepare come il cane che ti ha sempre considerato.
Albert riesce a percepire il battito del suo cuore (frenetico), l'odore
della sua paura (acido), quello del suo desiderio (troppo.)
Oh, certo.
Perché sta aspettando solo te, uhm?
Non hai visto come la
guarda Redfield?
Non hai notato come lei lo guarda?
Chi disprezza compra -
te lo diceva sempre William.
Il virus gli regala immagini sgradevoli, che non distingue
più dalla realtà - Alex, piegata a un uomo
diverso.
Alex, che geme
il suo nome - che schiude
le cosce a un profilo ruvido e
umano, un accenno di barba sulle guance e occhi caldi, non suoi.
Albert s'irrigidisce sotto le sue mani, snuda i denti.
Alexi si china in avanti (non ha paura) lo guarda - lo cerca.
"Albert."
Ed è un filo sottile, sperduto nel vento.
Occhi trasparenti, che lo riportano indietro (per quanto?)
Wesker si riflette nello specchio che Alex tiene tra le dita, incontra
un viso affilato, tirato sugli zigomi - scavato.
Solleva la testa di scatto, la guarda.
Ti lascerà
morire. Lo sta già facendo.
Il sorriso spezzato di Alex è tutto ciò a cui si
aggrappa mentre il virus stringe e
distrugge.
Febbraio 2010
"Perché l'Uroboros?"
Indossa una camicia bianca, Wesker, pantaloni neri.
Ciondola i polsi tra le ginocchia socchiuse, lo fissa negli occhi senza
davvero guardarlo.
"Perché la Tricell?"
Silenzio.
"Perché volevi distruggere il mondo?"
Chris lo studia con attenzione, tamburella con l'indice sulla
superficie lucida del tavolo.
Wesker si sposta appena sulla sedia, continua a fissarlo con lo stesso
sguardo vitreo di un serpente morto.
"È passato quasi un anno da quando ti ho catturato, e non
parli da allora."
Si umetta le labbra - sottili,
tagli sul volto di un uomo che aveva fatto di se stesso
un'arma e un mostro.
"Wesker."
Altro silenzio.
Chris si stropiccia le palpebre, sospira.
"Bene, facciamo così: io ti espongo la mia teoria, poi
vediamo cosa succede, uhm?"
Wesker sfrega un piede nudo sul pavimento, lo ignora.
"Della Tricell ti servivano i mezzi, il denaro: i laboratori. Ed
Excella."
Chris si reclina contro lo schienale, alza gli occhi verso il soffitto.
"Lo capisco. Era una bellissima donna - ragazza, sarebbe
meglio dire.
Giovane, ambiziosa e avida. Senza scrupoli. Sotto certi punti di vista
una te al femminile. E manipolabile."
Wesker non distoglie lo sguardo, non muove neppure un muscolo.
"Ma non l'hai mai voluta davvero al tuo fianco."
Chris cerca i suoi occhi, affronta l'inferno che vi è
nascosto dentro.
"Il Progetto Uroboros, tutta quella stronzata sul giudizio universale
e la selezione della
razza."
Wesker solleva appena un sopracciglio, la pupilla che si restringe -
diventa una fessura nerissima e che vibra.
"Abbiamo scoperto un DNA sconosciuto nei tuoi laboratori privati.
Qualcosa di cui neppure Excella era a conoscenza. Non troviamo alcuna
corrispondenza in nessun database conosciuto, ma sappiamo che
è
femminile. Che assomiglia al tuo. Avete persino degli alleli modificati
dal virus in comune."
Wesker lo ascolta, tace -
ancora.
"Era su di lei che
stavi testando l'Uroboros. Era per
lei che lo stavi facendo."
Wesker trae un solo, lungo, respiro - granitico.
Chris sorride senza allegria, storna lo sguardo.
"La fame nel mondo, le malattie, la guerra: tutte cazzate."
Percorre il bordo della scrivania con le dita, si ferma.
"Lo stavi facendo per te.
Per la persona che possiede quel DNA."
Chris rialza gli occhi, incrocia quelli di Wesker.
"Perché?"
ripete, e Wesker socchiude la bocca - la richiude.
Chris si protende in avanti, l'osserva ingoiare un grumo di parole e insulti - un
nervo che si tende appena sotto la mandibola.
Wesker si appoggia nuovamente alla sedia e tace.
Marzo 2010
Inizia tutto con un caffè.
Alex lo fissa come se potesse esplodere da un momento all'altro,
socchiude gli occhi - sospettosa.
Lo solleva, leggendo il biglietto che vi è attaccato sopra.
Caffè nero,
senza zucchero - italiano, da quello che mi hanno assicurato.
Chris.
Alex lo tiene tra le mani fino a quando non brucia - impronte
dolorose che le ricordano di
chi sta parlando.
Va verso il lavandino, svuota la tazza con un colpo secco del polso.
È la prima volta in vita sua che la vergogna le si arrotola
attorno al cuore e stringe.
Aprile 2010
"Non dovresti avvicinarti così al prigioniero."
Alex regola il fuoco del microscopio, sospira.
"Cosa intendi."
"Te ne stai infatuando."
Alex libera una risata secca, che assomiglia a un guaito oltraggiato.
"Non sai quello che stai dicendo."
"Forse; ma so quello che vedo."
Alex studia le cellule di Albert reagire bene al nuovo siero, una
brodaglia che sta personalmente
diluendo fino a potergli restituire il
pieno controllo del Progenitore.
"Il modo in cui ti approcci lui, in cui lo tocchi. La cura che
hai di non fargli male, la premure costanti, quasi ossessive."
"Albert Wesker è un caso più unico che raro: in
quanto
ricercatrice e virologa è ovvio che sia
interessata a lui."
Chris scuote la testa, sulle spalle un borsone in tela verde.
"No, dottoressa; è di più."
Alex lo fissa, intreccia le dita sulle cosce.
"Lei non vuole
che il prigioniero stia male. Lei si preoccupa per lui,
ma mi permetta di dirle una cosa: nulla
di tutto questo è
ricambiato."
Alex tace, alza un sopracciglio.
"Albert Wesker è un figlio di puttana che bada solo a se
stesso:
Excella Gionne ne è la prova. Forse corrisponderà
le sue
lusinghe per un po', se fosse in libertà sono certo che
metterebbe in atto una di quelle sue belle messinscene in cui era tanto
bravo, ma poi la lascerà indietro. Le prenderà tutto,
come un parassita, e la ucciderà. Forse fisicamente, forse
no:
dipende dall'uso che vuole farne di lei, dottoressa."
Alex lo guarda, impassibile.
"È quello che ha fatto con lei, Redfield?"
Chris abbozza un sorriso a metà, inclina appena la schiena
in avanti.
"Ed è quello che farà a lei, Alexandra."
È la prima volta che la chiama per nome.
Maggio 2010
Un anno e due mesi.
Il Progenitore conta per lui i giorni, le ore.
Vetro e vetro,
la sua cella è una stanza a cielo aperto -
cristo, non
può nemmeno pisciare senza essere osservato dal
BSAA.
Da lui.
Alex gli misura la pressione, ascolta il suo cuore - stanco, combusto.
Portami fuori di qui,
mormora il virus, e Albert le cerca gli occhi, il viso.
Vorrei,
risponde lei, ma devo
ancora trovare il modo.
Alex gli strofina il sito d'iniezione, indugia più del
necessario - tra le cosce il suo odore è stordente, violento.
Wesker arriccia appena le labbra sui denti, inspira - si
protende in avanti, tra i suoi capelli.
Alex preme,
sfrega le gambe tra di loro - il Progenitore che gronda,
bagna entrambi di un desiderio indecente e soffocato troppo a lungo.
Le dita di Albert si allungano verso il collo di Alex, si fermano.
Azzurro e rosso,
sangue e
ghiaccio - una neve sporca di sangue e voglia.
Il Progenitore è un rullio senza quiete.
Giugno 2010
"Cos'è quello?" gli chiede, abbassandosi gli occhiali sulla
punta del naso.
"Thailandese." replica Chris, sedendosi "Ho pensato potesse piacerle."
"E cosa gliel'ha fatto pensare, Redfield?"
Chris si scrolla nelle spalle, comincia a fare spazio sulla sua
scrivania per i contenitori del cibo.
Alex l'osserva, arriccia il naso.
"Non le ho detto che poteva sedersi."
"Uhm."
"Agente Redfield."
"Mi chiami Chris, dottoressa. È più di un anno
che lavoriamo insieme, mi pare il minimo."
Le appoggia davanti un curry thai con patate e pollo, estrae per
sé un'insalata di maiale piccante.
Alex solleva le dita, le lascia sospese a mezz'aria.
"Coraggio." la incita Chris, porgendole forchetta e coltello
"È
buono. Ed è anche il piatto più raffinato che ho
trovato
sul menù d'asporto."
Alex aggrotta le sopracciglia, si umetta le labbra pallide - prive
ormai di trucco.
"Raffinato?"
"Be', sì." si giustifica Chris, scuotendo la forchetta verso
di lei "Non contiene cipolla."
"E questo fa di lui un piatto raffinato?"
Chris annuisce, incerto.
Alex sospira, infila i rebbi della forchetta nel pollo - ne assaggia un
pezzo.
Chris la osserva masticare, studia
la sua espressione - il modo in cui
schiaccia il cibo contro il palato, l'eleganza con cui si tampona un
angolo della bocca.
"Com'è?" le chiede, e Redfield non sa perché ci
tenga
così tanto a fare bella figura davanti a questa donna -
distante, fredda.
Diversa.
Alex deglutisce, fissa il piatto.
"Non male." ammette poi, prendendone un altro pezzo "Passabile."
Chris sorride e comincia a mangiare.
Luglio 2010
Non sa come sia successo.
Forse non lo vuole
nemmeno sapere.
Sta ridendo. A una battuta di Redfield. Quel Redfield.
Non è
possibile.
Si zittisce all'improvviso e Chris nota quel cambiamento - gli occhi
persi, confusi.
"Tutto bene?"
Alex annuisce, gli concede un'occhiata in tralice.
È così
diverso Chris - così
umano.
Ha occhi sinceri, che quando ride si stringono ai lati, aprendo tutta
una ragnatela di piccole rughe.
Ha un viso asimmetrico, ruvido; dita corte, dalle unghie masticate.
I capelli non gli stanno mai in ordine e ha le spalle troppo larghe -
muscoli che si flettono
sotto la pelle abbronzata, costruiti per
resistere agli assalti delle B.O.W. come lei.
È inopportuno e spesso sguaiato - fuori posto e fuori tono.
È schietto fino a essere maleducato, un uomo di cuore e di
pancia.
È tutto quello che Albert non è mai stato e
questo
pensiero le fa venire voglia di vomitare - di sfregarsi il punto
in cui
l'ha toccata, poco sopra la scapola, e continuare fino a quando non
vede la pelle cadere nel lavandino e lì rimanere.
Alex inspira, blocca
il Progenitore - gli impedisce di comunicare con quello di Albert.
Non può. Non
adesso.
Wesker ascolta un silenzio che
grida.
Agosto 2010
Glielo chiede una notte che stanno mangiando una pizza ricoperta di
olive e prosciutto - a illuminare la stanza solo i monitor dei computer
e la lampada di Alex.
"Sei sposata?"
Alex finisce di masticare, deglutisce - percepisce qualcosa
sciogliersi nel petto e caderle tra i piedi, plof.
Chris indica con il mento la sua mano sinistra e Alex ne segue il
movimento - comprende.
"Oh." dice solo "Sì. Cioè, lo ero."
"Non è citato nei tuoi documenti."
"Non ho voluto che lo fosse."
Chris annuisce un paio di volte, fissa lo spigolo della scrivania.
"Brutta storia?"
Alex si pulisce le dita dal pomodoro, percepisce il cuore sbattere contro le
ossa, tra le costole.
"No." ribatte, e deve esserci
qualcosa nel suo sguardo, perché
Chris le rivolge un'occhiata imbarazzata - a tratti persino
compassionevole.
"Non volevo intromettermi nei tuoi affari personali."
Una smorfia; labbra rosse che si piegano verso il basso.
"Nessun problema."
Chris beve un sorso di coca-cola, la studia con la coda dell'occhio.
Alex tormenta una crosta avanzata, ne apre il bordo con una
meticolosità quasi irritante.
"Uomo violento?"
Alex abbozza una risata, continua a sbriciolare la fetta di pizza
rimasta.
"Non più di me."
"Rapporto difficile."
"Molto."
"Ti ha fatto del male?"
Alex inspira, chiude gli occhi - sotto la pelle un freddo che il
Progenitore chiama vergogna
e tradimento.
"Ne ho fatto molto anche io a lui."
Chris alza un sopracciglio, si schiarisce la voce.
"Hai fatto bene a lasciarlo."
"Chi ti dice che l'abbia fatto?" lo prende in contropiede Alex, e butta
la pizza avanzata nel cestino, portandosi una ciocca di capelli dietro
l'orecchio.
"Lo farai: sei una donna intelligente, Alex. Meriti sicuramente di
meglio."
Il dolore è un rostro che le uncina il cuore e dilania.
Settembre 2010
"Usciamo."
Alex socchiude la bocca, aggrotta le sopracciglia.
"Come?" replica, e la penna giace inerte tra le sue dita, sospesa a
pochi centimetri da tutto ciò che resta di suo fratello.
Chris si stringe nelle spalle, abbozza un sorriso.
"Usciamo." ripete, e incrocia le braccia al petto "Ormai è
da un
anno e mezzo che lavoriamo insieme e non credo d'averti mai visto
prenderti una pausa."
Alex assume un'espressione perplessa, contrae appena il mignolo.
"Ieri mattina sono andata..."
Chris liquida le sue parole con un gesto vago della mano, si avvicina.
"Esaminare Wesker non conta."
Alex continua a fissarlo, immobile; ha i capelli raccolti in una
treccia sfatta, il camice stropicciato - gli occhiali leggermente
spostati sulla punta del naso.
"Ma è quello per cui sono stata assunta."
"Ma non è la tua vita."
Alex deglutisce, ingoia la verità - e fa male.
"Una vera cena. Niente thailandese scandente, o pizza d'asporto."
Alex gli riserva un'occhiata confusa, arretra leggermente sulla sedia.
"Oh." esclama Chris "Oh,
no. No, no, non in quel senso."
Redfield si umetta le labbra, libera una risata imbarazzata.
"Tra colleghi. Tra partner."
Crack.
La penna tra le dita di Alex si spezza
- frammenti d'argento e vernice blu di Prussia.
Chris la osserva raccoglierla dal pavimento, stringerla poi nel pugno
chiuso e concedergli uno sguardo in tralice - diffidente.
Non sa cosa sia successo a quella donna in passato; non ne conosce i
segreti, il peso che porta nel cuore.
Ha sempre gli occhi stanchi, Alexandra Turner, quasi qualcosa la
tormentasse la notte.
È pallida, e bella,
secondo i canoni maschili; un profilo sottile e di bianco vestito.
Chris la trova elegante;
così diversa dalle donne con cui si è sempre
trovato a lavorare.
C'è una forza che
preme sotto la pelle di Alexandra, una
corrente gelida che i primi tempi l'aveva respinto, dilaniato al solo
sfiorarla - una scossa tellurica e impossibile da ignorare.
Lo fissa come se l'avesse offesa.
Lo guarda come se si stesse prendendo gioco di lei.
Lo studia come
farebbe con uno dei suoi sieri - ma
non come fa con Wesker, nota.
"Se ti ho offesa..."
"No." lo ferma Alex, alzando una mano verso di lui.
Sospira, piega appena un angolo della bocca.
"No, non mi hai offesa, Christopher."
"Chris." la corregge.
Alex annuisce un paio di volte, gli cerca gli occhi - iridi
trasparenti, artiche.
"Va bene." lo sorprende poi "Penso di potermi permettere qualche ora
lontana dal laboratorio."
Chris sorride, ed è il ritratto perfetto del bravo ragazzo
americano: capelli spettinati, occhi luminosi, spalle larghe e tutto il
coraggio dei martiri nel cuore.
"Magnifico." ribatte, controllando l'ora "La steak house all'angolo
dovrebbe essere ancora aperta."
Il Progenitore mastica e grida.
Settembre 2010
Diciotto mesi e sei giorni; da tanto giace in catene.
Diciotto mesi e due giorni; da tanto Alex è veleno e sangue -
mani che lo toccano solo per fargli male e aprire nuove ferite.
Diciotto mesi e un giorno; tanto c'è voluto
perché il
Progenitore gli raccontasse la più terribile delle
storie.
"Il soggetto 3A - 7 è instabile, signore; come dobbiamo
procedere?"
Wesker strattona, gli
anelli metallici che si tendono sotto la sua forza - che cedono, quasi.
"Il calmante messo a punto dalla dottoressa Turner; usatelo."
È in ginocchio, Albert - un dio caduto.
È piegato sulle sue stesse gambe quando un soldato del BSAA
entra (non hanno
più paura di lui) e gli spara una siringa
dritta nel collo.
È rovesciato tra le sue miserie e i suoi deliri sperduti -
un virus incapace di combattere, sconfitto.
"Settanta battiti al minuto, pulsazioni nella norma; il soggetto sta
reagendo come aveva detto la dottoressa, signore."
Il Progenitore tenta un ultimo scatto in avanti, ruggisce - ringhia e graffia e morde ossa ormai
vecchie e stanche.
Il calcio del fucile lo colpisce in piena faccia, aprendogli un taglio
sulla tempia e uno trasversale sullo zigomo.
"A cuccia, cane."
lo chiama il soldato, e affonda lo stivale nel suo
addome "Non vorrei dovertene ficcare un'altra su per il culo e
raccontare poi di come sei morto sbavando."
Wesker inspira, apre la bocca - giù per la gola bile e
sangue.
Contrae la schiena, si solleva di scatto - riesce a far perdere
l'equilibrio alla guardia.
"Tu." bercia il soldato, un ragazzino di appena ventiquattro anni "Tu, figlio di
puttana." e non vede la catena arrivare, Andy.
È debole, Wesker; sfibrato dal siero, fiaccato
dall'anestetico,
controllato dalla prigionia - eppure riesce ad arrotolargli la catena
destra attorno al collo e a
stringere, fino a quando Andy non diventa
blu in volto e annaspa e si piscia lungo la coscia e...
Buio.
Settembre 2010
Un posto nuovo; diverso.
Poster colorati alle pareti, tavogliette di carta a forma di Cadillac
d'epoca.
Un bambino urla che vuole altro gelato, a terra residui di gusci
d'arachide e nachos.
"Forse non è il tuo tipo di ristorante."
Alex storna lo sguardo da un gruppo di ragazzi che stanno facendo a
gara a chi riesce a mangiare più patatine senza vomitare,
picchietta con le unghie sul tavolo.
"No." ammette, e arriccia il naso quando il bambino di prima riprende a
gridare.
"Mi dispiace."
"Per cosa?"
"Per averti portato fin qui."
"Ho detto io di sì." lo corregge lei, aprendo il
menù -
plastica e immagini pacchiane che sicuramente non rispecchieranno la
qualità delle pietanze.
Chris si schiarisce la voce, osserva Alex - i pantaloni neri eleganti,
un Cartier Panthére in oro rosa e diamanti al polso.
"Sei decisamente
fuori posto." ripete, e Alex
ride - un suono strano, inusuale e stonato.
"E da cosa lo capisci, Chris?"
Redfield sbatte le palpebre una, due volte; lascia che quel
déjà-vu gli scorra via dalla pelle come pioggia
estiva.
"Dalla tua prossemica." dice, e alza la mano per fermare una cameriera.
Nancy trotterella -
letteralmente - verso di loro, gli sorride, ignora Alex.
"Salve." li accoglie, estraendo una matita dal grembiule "Siete pronti
per ordinare?"
Chris annuisce, guarda Alex.
"Sì." conferma lei, chiudendo il menù "Un Chicago
fillet,
al sangue. Verdure a parte, non condite. Acqua naturale, grazie."
Nancy annuisce, solleva lo sguardo su Chris.
"Un Soprano burger, patatine. E una birra media, chiara."
"Perfetto!" e sorride ancora, Nancy "Torno tra poco con i vostri
piatti."
Alex osserva la cameriera andare verso la cucina, i capelli un po'
crespi, quella bellezza semplice e insipida che sfiorirà
dopo
pochi anni da casalinga media americana.
"La carne è buona, però."
"Non lo metto in dubbio."
"Anche i dolci non sono male."
Alex sospira, inclina appena il mento nella sua direzione.
"Non devi scusarti, Chris."
"Probabilmente sei abituata a posti più... raffinati. Meno
comuni. Chef stellati, oppure tovaglie in lino e bottiglie di vino da
mille dollari a collo. Ristoranti come il Daniel, oppure Le Bernardin."
Appoggia i gomiti sul tavolo, Chris, un tovagliolo stropicciato tra le
dita nervose.
"Persino a Raccoon c'era un ristorante del genere; il Gattopardo. (1)
Roba
italiana, di lusso. Una volta ho anche provato a portarci una ragazza,
ma non sono mai riuscito a prenotare - o a permettermelo, se
è
per questo."
Alex nasconde un'espressione fugace dietro un sorriso appena accennato,
ricorda - gronda sangue
a ogni memoria.
"Qui va più che bene, Chris." lo rassicura lei, e osserva il
bambino che voleva il gelato uscire dalla steak house con i propri
genitori "Una bistecca mediocre non ha mai ucciso nessuno."
Il passato non le concede alcuna pietà.
Settembre 2010
"Ha ucciso una guardia."
Chris digrigna i denti, gli occhi fissi sul corpo di Andy - su
ciò che ne resta.
"L'anestetico non ha funzionato."
Occhi scuri, giovani; la testa di Andy giace in un angolo della cella,
riversa in un groviglio di filamenti rossastri e intestini.
"Non subito, almeno."
Alex è immobile al suo fianco, paralizzata.
"Ve l'avevo detto." mormora, e c'è un'inflessione gelida nella sua
voce - crudele.
"Dai cinque ai dieci minuti; chi di voi imbecilli non ha
rispettato il
protocollo?" e sibila, Alex, un serpente ferito e minacciato.
Daves inclina il mento nella sua direzione, si sistema il fucile sulla
spalla.
"Andy voleva solo fare la cosa giusta."
E ingoia la propria risposta, Alex.
Assorbe tutto quel nero e lascia che diventi una vescica gonfia d'odio
e rabbia, perché
è nella loro natura, perché Andy
era stato un cretino,
un inutile patetico ridicolo
sacco di carne e
merda.
"Il siero dovrebbe indebolirlo." la interrompe Chris, le spalle rigide,
i muscoli del collo tesi.
"Lo riduce solo a un uomo normale." ribatte Alex, e a Redfield non
sfugge la nota irritata nella sua voce.
"Strangolare qualcuno non è poi così difficile."
"E lo smembramento?" s'intromette Daves, il pollice e l'indice che
arrotolano una cartina da tabacco.
"Albert Wesker è infetto con una stringa pura di Progenitore
da
più di dodici anni; il suo genoma è cambiato in
maniera
irreversibile. Alcune cose possono solo essere mitigate, non
cancellate, agente Daves."
Chris annuisce bruscamente, regala alla sua rabbia le motivazioni
sbagliate.
"Non è colpa tua, Alex." la rassicura, e le sfiora appena un
polso "Hai fatto quello che dovevi. Il mostro è dall'altra
parte
del vetro, non qui."
Gli occhi di Albert la cercano e bruciano
come la peggiore delle condanne.
Settembre 2010
Ha occhi ovunque, il BSAA: è una delle prime cose che hanno
imparato recitando questa assurda farsa.
Ha orecchie in ogni angolo, ascolta - sempre - registra e
non dimentica.
Alex si china alla sua altezza, una siringa nella mano destra e un
contenitore in quella sinistra.
Appoggia la bottiglietta di disinfettante tra le ginocchia, gli solleva
la manica della camicia, arrotolandogliela fin sopra il gomito.
"Devo fare un prelievo."
Parla sempre, Alex; non lo lascia mai solo con il proprio silenzio.
"Ci metterò poco."
Chris l'ha scambiata per una contorta e umana forma
d'empatia; gli
altri per l'ennesima stranezza di quella dottoressa che il governo gli
aveva fatto mandare giù a forza.
Wesker tace, la ignora.
Alex gli preme un batuffolo di cotone nell'incavo del gomito, gli
accarezza leggermente la pelle spaccata dai continui prelievi - l'unico
contatto che possono concedersi.
Si morde un labbro,
preme - tra le sue dita un sangue che racconta e urla.
Vorrebbe toccarlo, Alex.
Vorrebbe medicargli il taglio irregolare che gli apre la tempia, quello
più netto allo zigomo.
Vorrebbe rassicurarlo; dirgli che andrà tutto bene, che sta
studiando un modo per farlo uscire da lì, che c'è
quasi
arrivata e mancano solo gli ultimi particolari - che quel
Neil Fisher
si è presentato proprio come l'occasione perfetta e che dopo
potranno...
"Posso sentirlo." mormora Albert, ed è ruvida la sua voce - spenta.
Alex continua il suo prelievo, non mostra alcuna emozione - non deve.
"Posso sentirlo." ripete, ed è appena un sussurro - una
crepa che le spacca il cuore a ogni sillaba.
Wesker s'inclina in avanti, Alex inspira
- sfila l'ago e chiude l'ultima fiala.
"Hai il suo odore
addosso."
Cerca una garza sterile, lo scotch medico.
"Cibo scadente e vergogna."
Tampona le poche gocce di sangue che gli scivolano lungo l'avambraccio,
copre il foro pulito.
"Redfield."
Cigolano le catene, brillano
crudeli sotto quella luce impietosa e biancastra.
Wesker si siede sui talloni, arretra.
La fissa.
Alex apre la bocca, spinge il Progenitore in avanti - chiude la
verità in tre parole, impronunciabili,
impossibili.
Il virus di Albert tace, esausto.
Distrutto dal siero,
consumato dalla sua stessa menzogna.
Nei suoi occhi un vuoto così profondo da ucciderla a ogni
respiro.
Ottobre 2010
"Voglio che venga trasferito."
Alex scuote la testa, snuda i denti.
"No."
"Con effetto immediato."
"Assolutamente
no."
DeChant alza entrambe le sopracciglia, picchietta con l'indice sulla
scrivania di Alex.
"Ha ucciso un operativo mentre era sotto la vostra giurisdizione; io
dico che non siete in grado di controllarlo."
"Il soggetto 3A - 7 è unico; un errore del genere era
plausibile,
ma non auspicabile."
"Una cella del DSO sarebbe più sicura."
"Ne dubito."
"La sua opinione non è lucida, dottoressa Turner."
Alex è una maschera senza colore, bianca lungo gli zigomi,
rossa sulle labbra.
"Cosa glielo fa pensare?"
"La sua avidità."
Alex arriccia appena un angolo della bocca, dondola la penna tra le
dita - una Mont Blanc in oro e finitura in rutenio.
"Il soggetto non uscirà da questo edificio fino a quando non
lo
dirò io
- e con questo ritengo chiusa questa conversazione."
DeChant dilata le narici, si porta una mano al collo - allenta il nodo
della sua orribile
cravatta marrone.
"Spero che la prossima volta sia la sua di testa a
rotolare su quel
pavimento, dottoressa."
Il Progenitore si arrotola tra i suoi pensieri e minaccia.
Novembre 2010
Qualcosa si è
rotto.
Chris non saprebbe bene dire cosa,
ma è come il mondo si
fosse
spostato dal suo asse e fosse poi stato riparato male - con i pezzi
al
posto sbagliato.
Dopo la morte di Andy il fragile equilibrio che aveva creato con la
dottoressa Turner era letteralmente
andato a puttane - dimenticato.
L'aveva vista inginocchiarsi davanti a Wesker come una vestale
impaurita - gli occhi sgranati, le mani sospese sopra le cosce.
L'aveva osservata compiere i suoi soliti esami di routine in silenzio,
le spalle rigide, il volto tirato.
Chris sposta lo sguardo su Wesker - i muscoli tesi sotto la camicia
bianca, la pupilla ridotta a nulla più di una fessura
nerastra.
"Sembra infuriato." lo interrompe Piers, e Chris annuisce appena.
"Non capisco il perché."
"Lo teniamo prigioniero: mi pare un motivo più che
sufficiente."
replica Piers, scaldandosi le mani attorno a una tazza di cioccolata.
"No." mormora Chris, analizzando la prossemica del tyrant "Lo sarebbe
stato fin dall'inizio. E non è sempre così. Solo
quando
la dottoressa entra nella sua cella."
Piers soffia sulla cioccolata per raffreddarla, studia Chris con la
coda dell'occhio.
"Pensavo gli piacesse."
Chris tace, incrocia le braccia al petto.
"Forse si è solo alzato con il piede sbagliato; d'altronde
è più di un anno che conduciamo esperimenti su di
lui.
Non farebbe piacere a nessuno."
Alex è al suo fianco, e gli sta raccontando qualcosa - un
mormorio sommesso e quieto.
Chris nota le braccia di Wesker tendersi,
la mandibola contrarsi.
Arcua la
schiena, sembra quasi volerne evitare il tocco.
Scivola con lo sguardo su Alex - un viso impassibile, troppo.
Piers beve un sorso di cioccolata, schiocca la lingua contro il palato.
"Se fossero una coppia direi che hanno litigato." dice poi Nivans,
flettendo le dita di una mano "E anche di brutto."
Chris sposta lo sguardo su Piers, alza un sopracciglio.
Sotto la pelle di entrambi il virus è un grumo di parole
senza suono.
Dicembre 2010/Gennaio 2011
Bianca tra i capelli, sulle spalle; Alex ascolta il quieto crepitio
della neve, si perde nel suo silenzio.
Chris l'affianca, e la percepisce irrigidirsi - un libro al petto e una
camicia troppo sottile per quella notte di fine anno.
Le porge il suo giubbotto militare, la osserva rifiutarlo con un gesto
sconsolato della mano.
"È troppo freddo, dottoressa."
Alex tormenta la costa del libro con l'indice (Caravaggio; il pittore
maledetto) fissa le luci di New York e il suo cielo senza stelle.
"A volte può diventare claustrofobico là sotto."
Un taxi taglia la strada a una BMW nera, evitano l'impatto per pochi
centimetri.
"Prendere una boccata d'aria fresca è stata una buona idea."
È pallida, Alex, distante; una statua d'oro e marmo -
bellissima,
come un Bernini senza tempo.
Chris scivola con lo sguardo sul suo profilo, cattura l'immagine del
suo pollice che ruota compulsivamente la fede all'anulare sinistro -
pelle arrossata, ferita.
"Cosa è successo?"
"Nulla."
Chris indurisce lo sguardo, le prende il polso sinistro tra le dita
guantate - indica.
"Tuo marito."
Alex inspira, si sottrae al suo tocco.
"Non sai di cosa stai parlando."
"È tornato."
"No."
"Allora perché non dai pace a quell'anello?"
Alex chiude gli occhi, si flette in avanti.
"Non sai di cosa stai parlando." gli ripete, e ascolta la gente urlare
per strada, esprimere una felicità di cui lei non conosceva
nemmeno il sapore.
"Stronzate."
Alex riapre gli occhi, percepisce il Progenitore uncinarle la carne e
tirare.
"Ti ha fatto del male."
"No." ribatte, testarda.
"Conosco la violenza, Alex."
Silenzio.
"Conosco il suo volto, le sue parole. Ciò che può
diventare e ciò che nasconde."
"Tu non sai niente di me." mormora, e Chris le stringe una spalla -
caldo,
rassicurante.
"Posso sempre imparare."
Alex libera una risata asciutta,
rotta.
"Tu vuoi conoscermi, Redfield?" e lo guarda, occhi trasparenti e voraci
"Vuoi capirmi?"
Chris annuisce, scivola lungo il suo braccio, blandisce.
Alex assottiglia la linea delle labbra, china il capo - si aggrappa al
Progenitore e alla sua forza per non sgretolarsi davanti al nemico.
Chris intreccia le dita nei suoi capelli e la stringe a sé
come si farebbe con una bambina sola e spaventata.
Febbraio 2011
È un odore nauseabondo.
È il lezzo di una sconfitta oscena, una ferita
suppurante e
slabbrata.
Albert può quasi
sentirne colare il sapore sotto la lingua,
tra i denti.
Gli riempie le narici, le invade con un tanfo che gli annoda le viscere
e lo stomaco.
Le cerca gli occhi, colpisce.
Alex mantiene la posizione, finisce il suo controllo giornaliero.
Il Progenitore di Albert si solleva - più forte,
più
libero dopo che il siero è stato modificato
da Alex.
Stringe, soffoca, squarcia.
Il Progenitore di Alex si piega
sotto il suo, libera un lamento
patetico - ma lei no, oh
no.
Alex assorbe
tutto quel dolore e lo fa suo, non cede - non oggi.
Gli sfiora una tempia con la punta delle dita, riceve in cambio uno
schiaffo silenzioso - che la sposta all'indietro.
Lo fissa - non supplica, la
regina, perché non ha colpe da
farsi perdonare.
Le promette che le farà male; che la ucciderà.
Le promette giorni d'agonia e sofferenza, la morte solo blando un
sollievo.
Promette,
Wesker, e brucia dietro quelle parole - lacerato da una
solitudine che è diventata dubbio e infine disperazione.
Alex lascia che la serpe si arrotoli attorno alla sua gola e morda.
Marzo 2011
"Master Alex."
Una linea protetta; una voce che non sente da troppo tempo.
"Stuart."
"Il signor. Fisher ha ottenuto quel mandato di trasferimento. DeChant
ne è stato molto contento."
Alex annuisce, il viso illuminato solo dalla debole luminescenza del
laptop.
"L'otto maggio il BSAA riceverà una richiesta ufficiale del
DSO
controfirmata dal presidente per trasferire il soggetto 3A - 7 nei suoi
laboratori governativi."
Scrive qualcosa sul bordo della cartella di Albert, disegna un punto
interrogativo.
"Il nove maggio il BSAA approverà il trasferimento,
assegnerà una scorta al convoglio che si sposterà
verso
Washington il giorno dopo."
Inchiostro nero, parole rosse; il destino è appena stato
vergato da mani sottili e diafane.
"Il primo SUV sarà quello che ospiterà il
soggetto 3A - 7
e la sua scorta sia militare che medica; nonché il mediatore
di
tutta questa faccenda, ovvero Neil Fisher."
Alex si gratta un lato del polso, sposta il pesante bracciale in oro
giallo e corallo.
"Il secondo veicolo vedrà a bordo la prima squadra deputata
alla vostra difesa, capitanata da Chris Redfield."
"Infine un terzo veicolo, la squadra delta."
Alex solleva lo sguardo, cerca quello di Stuart.
"I nostri uomini sono pronti, Master Alex; si troveranno proprio
dall'altra parte della radura. Costeggerete una strada che ai lati
presenta zone boschive: giunti nel punto prestabilito lanceranno due
PG-7VR che uccideranno sul posto Neil e il resto della squadra."
Silenzio.
"Ma non voi."
Alex inclina il mento nella sua direzione, ciglia pallide e che
ombreggiano occhi stanchi.
"Sono preoccupato per la vostra salute, Master Alex."
"Non devi." gli dice, ed è sfibrata la sua voce - esausta.
Stuart raddrizza le spalle, si sistema il bavero della giacca grigia.
"Non posso farne a meno, Master Alex; tutti qui aspettano il suo
ritorno."
Alex ride, un suono spezzato - stonato.
"Certo; come la strega cattiva delle favole."
Stuart abbozza un sorriso, piccole rughe attorno alla bocca, sulla
fronte.
"Sono davvero preoccupato
per lei, Master Alex." ripete, e Alex lo vede
spostarsi in avanti sulla sedia "Suo fratello come sta?"
Alex storna lo sguardo, sospira.
"A presto, Stuart." dice, e conclude la conversazione, chiudendo anche
il laptop.
La rabbia di Albert non le concede alcuna tregua.
Aprile 2011
Neil ha promesso al governo Albert Wesker.
Responsabile di TerraSave, volto fasullo di una speranza che non
è mai esistita - Neil ha venduto al DSO tutto ciò
che
restava di una storia e di un uomo.
Sorride ad Alex, le stringe la mano.
È una donna notevole
la capo ricercatrice del progetto:
capelli
biondi, occhi artici, Alexandra Turner vibra di quella
bellezza
elegante e riservata - algida.
"Potrà ovviamente continuare il suo lavoro sul soggetto, se
vuole."
"Mi piacerebbe molto."
Neil annuisce, le porge un bicchiere di vino rosso.
"Il DSO sa essere più generoso del BSAA; non se ne
pentirà, dottoressa."
Alex ne beve un sorso, ammicca.
"Oh, lo so, Neil.
Lo so."
Fisher amplia il sorriso, si ripromette di chiederle di uscire quando
tutta la faccenda sarà conclusa.
L'ultima immagine che avrà di Alexandra Turner saranno le
sue braccia che si protendono verso Albert Wesker e stringono.
Maggio 2011
Stiamo per andarcene,
gli mormora, e il Progenitore tace -
furioso.
È tutto pronto,
gli promette, e Albert la ignora - fianchi
spigolosi e dai quali spunta una benda umida di sangue, là,
dove
ha dovuto effettuargli una biopsia ossea.
Gli sistema la camicia sulle spalle, ignora il grumo di dolore e parole
abortite che le preme in gola.
Tra dieci giorni sarai
di nuovo libero, gli assicura, e Wesker scuote
appena la testa - sul petto un taglio non ancora del tutto rimarginato,
una linea rosata che era stata costretta
a fargli per misurare il tempo
di rigenerazione dei tessuti superficiali.
E poi di quelli
più profondi, dei muscoli, degli organi, del
cuore stesso.
Albert la guarda a malapena, scarta verso sinistra.
Alex libera una sola, vuota, lacrima.
Maggio 2011
Gli ha detto che stanno per andarsene; che la fuga è vicina.
Il Progenitore vorrebbe
crederle, Albert no.
Flette leggermente le braccia, cerca di alleviare la pressione
esercitata dalla trazione delle catene.
Bianco e grigio, ecco gli unici colori che aveva visto negli ultimi due
anni.
Dopobarba scadente e lui
- ecco gli unici odori che era riuscito a
distinguere su Alex negli ultimi mesi.
La pompa pneumatica della porta si apre con un suono a sbuffo, accoglie
un soldato del BSAA e la sua cena.
Il Progenitore si scopre improvvisamente
disinteressato a ogni cosa che
non sia la sua rabbia.
9 Maggio 2011
"Lo trasferiscono."
"Lo so."
"E non mi hai detto nulla."
Alex butta un plico di fascicoli dentro uno scatolone, sospira.
"Non ne ero ancora certa."
"E tu vai con lui."
"Sempre." gli ribatte, e Chris vi sente un peso in quelle
parole - una
tragica ineluttabilità.
"Perché?"
Alex accenna un sorriso, si volta.
"È la prima cosa che mi hai detto quando mi hai incontrata."
Chris incrocia le braccia al petto (chiusura) mantiene le distanze
(protezione.)
"E adesso te la ripeto: perché?"
"Non posso fare altrimenti, Chris."
"C'è sempre un'altra strada."
"È il mio lavoro."
"Non sei obbligata."
"Forse; ma è quello che
voglio fare."
Chris si passa una mano tra i capelli, li spettina ancora di
più.
Alex inclina il capo verso destra, lo fissa.
"Pizza o messicano?" le chiede all'improvviso, e Alex alza un
sopracciglio, interdetta.
"Partiamo domani, no?" le spiega Redfield, appoggiandosi allo stipite
della porta "Per la nostra ultima cena vuoi il messicano o una pizza?"
Alex soffoca una risata, scuote la testa.
Meno di ventiquattro ore dopo di quell'innocenza non resteranno che
cenere e rimorsi.
10 Maggio 2011
"Tra meno di un'ora ti trasferiamo."
Giubbotto in kevlar, una cintura di granate alla vita - Chris Redfield
è pronto a una guerra che lo accompagna da sempre.
"Te ne vai al DSO, lontano da qui."
Il respiro di Wesker è quieto, impalpabile.
"Il governo non vede l'ora d'iniziare una nuova procedura sperimentale;
Alex non la prenderà bene."
La schiena di Wesker si
flette - sotto la pelle una scossa improvvisa,
trattenuta.
"Crede di poter essere ancora lei a capo del progetto, ma è
più probabile che sia Simmons a prenderne le redini."
Chris si avvicina, e Wesker riesce a distinguerne i pesanti stivali da
combattimento, i pantaloni militari chiusi alla caviglia.
"Morirai."
Silenzio.
"E non sarà una morte veloce."
Wesker socchiude gli occhi, gli regala uno sguardo rossastro e spento -
opaco.
Non c'è cattiveria sul viso di Chris, rabbia; solo una
devastante
sicurezza.
"Non riesco a capirlo."
Wesker è immobile, un volto sgualcito dalla prigionia -
altrimenti immutato.
"Non riesco a capire cosa
attiri gli altri verso di te."
Chris si siede sui talloni, lo studia.
"È la retorica del villain? Il potere? La ricchezza?"
Wesker inspira, e l'odore di Alex lo colpisce in pieno stomaco.
Chris alza un sopracciglio, inclina il viso verso destra.
"Forse il fatto che sai venderti; che indossi sempre una bella
maschera, ogni volta diversa."
Si umetta le labbra, tra le dita guanti in cuoio marrone.
"Per Excella eri un dio, per Jill un esempio da imitare."
Le catene sfregano contro l'impiantito, inquiete.
"Per noi della S.T.A.R.S una sicurezza, per me una guida; qualcuno su
cui avrei potuto sempre contare."
Non sorride, non ride neppure Wesker: lo ascolta, rattrappito su se
stesso e nella sua follia.
"Ma per Alex?"
Chris nota i polsi di Wesker
tendersi al nome della dottoressa, un
muscolo nel collo irrigidirsi.
Tende le dita verso di lui, lo
tocca - gli sfiora la spalla, nulla di
più.
Wesker solleva di scatto il mento, snuda i denti - bruciano i suoi
occhi, ed eccola allora
lì la bestia, il mostro che aveva
combattuto per undici,
lunghi, anni.
Chris abbozza un sorriso nervoso,
stringe.
"Forse ha sempre avuto ragione lei."
L'iride di Wesker gronda,
tutto il suo corpo si tende in avanti - una
minaccia inutile, spenta.
"Non sei un dio, neppure la nuova tappa evolutiva della razza umana."
Chris si rialza, pulendosi la mano destra sulla coscia.
"Solo un uomo
tragicamente solo."
I pensieri di Wesker si spengono, soffocati dal Progenitore; tra le sue
fauci le parole di Chris Alex sono tutto
ciò resta.
10 Maggio 2011
Tutto è pronto; tutto è in ordine.
I due conducenti del primo blindato sono già al loro posto,
Neil un profilo sfocato sul fondo del SUV.
"Se hai bisogno..." le dice Chris, allungandole una piccola radio "...
non esitare a chiamarci. Noi - io
- sarò proprio dietro di
te."
Alex annuisce, scorge con la coda dell'occhio lo staff medico salire a
bordo (solo lei e Ramonez sono stati autorizzati) quello militare
seguirlo, nel mezzo lui
- tutto.
Chris le sorride, stringendole una spalla - il fucile a tracolla, un
casco slacciato sotto al mento.
Albert le passa vicino - troppo, non abbastanza -
incespica
nei
suoi stessi piedi quando Daves lo spinge in avanti - il Progenitore una
bestia ormai libera,
grandiosa nel suo osceno potere trattenuto.
"Stai tranquillo." lo rassicura, sfiorandogli il gomito.
"Andrà tutto bene, Chris." gli promette, e lo saluta con un
cenno della mano - lo fissa fino a quando non scompare dentro il
secondo blindato, Piers già al volante.
Si volta, salendo sul retro del veicolo e chiudendosi gli sportelli
alle spalle.
Gli occhi di Albert le raccontano una storia da cui Chris Redfield non
uscirà vivo.
10 maggio 2011
Due ore e tre minuti.
Alex controlla l'orologio, posa lo sguardo su Albert.
Neil parla con Ramonez, Daves li ascolta.
Tra poco,
gli dice, e Albert tace.
Nella sua tasca la radio è pesante come il suo cuore.
10 Maggio 2010
Albert alza appena il mento verso l'alto, inspira.
Daves lo fissa confuso, distorce i lineamenti in una smorfia di
disgusto.
"Cosa stai facendo?" lo apostrofa "Mica sei un dannato cane."
Alex lascia ciondolare le mani tra le gambe socchiuse, deglutisce -
contrae i muscoli, si prepara.
"Ehi." continua Daves, colpendolo leggermente con il calcio del fucile
sul petto "Piantala:
mi sembri il mio dobermann quando fiuta un
coniglio."
Ramonez sta dicendo qualcosa a Neil circa la cottura del pesce spada,
Fisher replica parlando di un ristorante siciliano molto famoso a New
York.
"Smettila." sbotta Daves, scuotendo Wesker "Dacci un taglio, o giuro
che..."
Il primo razzo sfonda la fiancata destra del blindato, la testa di Neil
che si sgrana come un frutto marcio - gli occhi che esplodono dalle
orbite, la bocca che si spalanca e perde forma, denti che diventano
proiettili biancastri e combusti.
Ramonez viene investito dalla prima onda d'urto e le costole gli si
incassano verso l'interno, aprendosi poi intorno alle vertebre come un
paio di grottesche ali.
Il veicolo sbanda verso sinistra, Daves grida qualcosa - si aggrappa
alla spalla di Wesker senza accorgersene.
Albert è veloce - una bestia in caccia, un predatore tenuto
in gabbia troppo a lungo.
Si solleva di scatto, rompendo le catene che lo trattenevano - affonda
entrambe le braccia dentro Daves e
apre, lo riduce a una poltiglia
molliccia e rossastra.
Alex l'osserva saggiare con la punta delle lingua un filo di sangue che
gli cola lungo il mento, ed è allora che il secondo razzo
colpisce -
divide in due il SUV, proiettando i sedili anteriori in
avanti e facendoli rimbalzare più volte lungo la strada.
Alex si chiude in se stessa, segue il movimento del retro del veicolo,
lo asseconda - percepisce Albert fare lo stesso.
Si fermano, e tutto brucia
- metallo divelto sotto il palmo delle mani,
cenere tra i capelli, lungo il viso - adesso, le urla il
Progenitore.
Alex solleva lo sguardo, tossisce - trova lui, le grida di
Chris.
Albert le afferra il polso e comincia a correre.
10 Maggio 2011
Chris lo vede accadere - non può fare nulla per evitarlo.
Il blindato esplode,
si rovescia lungo la strada una, due,
trequattrocinqueseisette
volte.
Cade nel fossato limitrofo, brucia
- si accartoccia in se stesso.
Uno dei guidatori sfonda il parabrezza e striscia sull'asfalto per una
decina di metri, la sua faccia una poltiglia di sangue e
cavità
senza forma.
Il secondo riesce a trascinarsi fuori dal veicolo - le gambe ancora
incastrate sotto il cruscotto e dietro di lui una scia d'intestini e
parti mollicce.
Il SUV di Chris si ferma con una sterzata secca, quasi si rovescia
anche lui.
Clang.
Le porte laterali si spalancano di colpo, nell'aria cenere e gomma
bruciata.
Albert Wesker è un demonio di cui persino la Morte rifiuta
l'anima.
10 Maggio 2011
"Wesker!"
Alex si volta, tossisce - il volto rigato di sangue, i capelli un grumo
di fili dorati.
"Figlio di puttana!"
Chris grida - comincia a correre.
Albert flette i muscoli delle cosce, le afferra il polso - strattona, e
quasi glielo rompe di nuovo.
"Vai." gli dice Alex, e inspira - percepisce i polmoni raggrinzirsi tra
le costole "Sono subito dietro di te."
Albert le cerca gli occhi, Chris
avanza - Alex guarda entrambi, la
distanza che li separa.
Nelle vene la rabbia di Albert è fuoco.
10 Maggio 2011
"Ha preso la dottoressa!"
Lo urla, Chris, e ingoia vetro spezzato e metallo combusto.
"Fermatelo; adesso!"
Wesker emette un verso di gola -
furioso.
Alex spalanca gli occhi, spinge Albert in avanti - incontra una
resistenza inaspettata.
"Dobbiamo andare." gli dice, e continua a tossire "I miei uomini ci
aspettano sul bordo del crinale."
E c'è qualcosa che non
funziona in Albert; un particolare
fuori posto, un sentimento che non dovrebbe esserci.
"Albert." mormora - supplica
"Dobbiamo..."
Wesker rafforza la presa attorno al suo polso e comincia a correre.
10 Maggio 2011
No, non lo farà.
Non questa volta.
Non gli permetterà di distruggere altre vite, nuove
speranze.
Non più.
"Dovevo ammazzarlo in quel vulcano due anni fa." mastica, e guadagna
terreno Chris - salta un tronco caduto, il fucile imbracciato.
"Dovevo porre fine a tutto questo in Africa, quando ne ho avuto
l'opportunità."
Piers gli è subito dietro, inclina il mento verso la radio.
"Il soggetto 3A - 7 è in fuga, ripeto: il soggetto 3A -7
è in fuga. Ha un ostaggio con sé, la dottoressa
Turner.
Sparate per uccidere. Ripeto: sparate per uccidere."
Chris è una bestia in caccia, un mastino che ha individuato
la
sua preda; muscoli fibrosi che si flettono sotto la maglia del BSAA,
una coscienza che grida
- chiede vendetta giustizia.
Davanti a loro si apre una boscaglia fitta e priva di luce, Wesker un
profilo nerastro che non
inciampa, non cade
- la dottoressa una curva
che cerca di stare al suo passo, ansante.
"Non succederà come con Jill."
Piers regala al suo capitano un'occhiata interrogativa e alza l'arma.
10 Maggio 2011
Cosa stai facendo?
Glielo chiede il Progenitore, lo grida Alex.
Albert la ignora, le incide la carne tenera del polso con le dita.
La trascina dietro di sé, ignora la sua fatica - il
Progenitore che guaisce,
emette un lamento debole, sfibrato.
Albert!
La rabbia è l'unico sentimento che Wesker le concede.
10 Maggio 2011
Le pale rotanti di un elicottero.
Chris conosce bene quel rumore, e non promette mai nulla di buono.
Un Apache da combattimento si delinea all'orizzonte, straccia il cielo
- fende i loro respiri.
"Capitano." lo chiama Piers, e Redfield digrigna i denti - spinge le
ginocchia più
in alto, accelera.
"Fallo." gli ordina, e Nivans prende la mira.
"Non mancarlo." gli intima, e si allinea il mirino laser al petto di
Wesker.
"Uccidi quel
figlio di puttana." comanda, e Piers rallenta - inspira
-
avvicina il dito al grilletto - espira.
Spara.
Alexandra Turner cade nella polvere di una rosa di sangue e piombo.
10 Maggio 2011
Il proiettile le frantuma la clavicola sinistra, apre la succlavia -
provoca un'emorragia che la ucciderà in pochi minuti.
Alex rovina al suolo, atterra su mani ferite e incerte.
Albert le lascia andare il polso di colpo - non si ferma, non
la guarda
nemmeno.
L'elicottero è una bestia nera e grigia che dista ormai
pochi
metri, le pale che
distruggono il silenzio - un rombo che cancella ogni
altro pensiero.
Alex si rialza, non riesce a raggiungerlo - comprende.
No.
Wesker è quasi al limite del crinale, le dà le
spalle - la sta abbandonando.
No.
Ed è allora che la verità viene gridata -
esplode, e
non lascia altro che fallimenti e rimpianti.
Si rovescia tra i loro ricordi, tra
tutto ciò che
è stato
- tra un pugno di sentimenti abortiti e altri lasciati marcire,
ingannati.
"Albert!" lo urla, Alex.
Lo supplica.
Il Progenitore vibra
- emette un verso acuto, disperato.
Piers prende di nuovo la mira e spara.
10 Maggio 2011
Ha già sentito quelle parole.
Sotto un cielo privo di
stelle; da una donna svenduta, tradita.
Ha già visto quell'espressione, quella tragica smorfia
che
le spegne gli occhi, il cuore.
Era morta
così, Excella; con il suo nome sulle labbra e un
sogno che l'aveva distrutta senza pietà.
E ne è sicuro,
Chris; succederà anche ad Alex.
Morirà
vomitando un sentimento che non era mai neppure
esistito.
Gli bruciano le guance (vergogna, rabbia) i polmoni (fatica, metallo
fuso.)
Piers allinea il calcio del fucile alla spalla, aspetta solo un suo
ordine.
Chris lo guarda, annuisce.
Davanti a lui Alexandra Turner è l'ennesima vittima di un
mostro che non conosce pace.
10 Maggio 2011
Un sibilo; una pallottola perforante che Alex sente arrivare - la vede.
Incrocia gli occhi di Chris
delusi
quelli di Piers
determinati
chiude i suoi.
La Morte la tocca senza davvero coglierla.
10 Maggio 2011
Non era così che dovevano andare le cose.
Non era così che si era immaginato la fine della storia.
Non era questo
il copione, non erano quelle
le battute del villain -
del mostro venuto a strappare la libertà a tutti loro.
Wesker spinge di lato Alex, l'afferra per la vita e la sposta - evita
il colpo per entrambi.
È quasi un passo di danza; un duetto composto da note
invisibili e solitarie.
Wesker ruota su se stesso, spinge in avanti Alex - la sostiene,
permettendole di arrivare fino al portellone dell'elicottero e
aggrapparsi alla mano di uno dei mercenari.
Chris scatta - nel petto un grumo che lo soffoca.
Alex è una piega sgualcita che tende le dita verso Wesker -
lo invita.
Redfield libera un grido inarticolato, ruggisce tutta la sua
frustrazione, la sua amarezza.
"Non puoi farlo!" e non sa a chi sia diretta quella frase - se al
villain o alla comparsa che improvvisamente ne è diventata
complice.
E capisce, Chris.
Alexandra Turner non è mai stata un semplice pedone, ma la
regina di tutta quella farsa.
Alexandra Turner non è mai stata vittima, o preda - neppure
carnefice.
"Uomo violento?"
"Non più di
me."
Wesker ha un piede oltre il crinale quando si volta - lo fissa.
"Rapporto difficile?"
"Molto."
Assottiglia la pupilla, snuda i denti - gronda un odio che lo colpisce
con una forza stordente.
"Ti ha fatto del male?"
"Ne ho fatto molto anche
io a lui."
Un mercenario spara un colpo tra gli stivali di Piers, lo rallenta -
Chris si ferma, gli restituisce uno sguardo furioso, disgustato.
"Hai fatto bene a
lasciarlo."
"Chi ti dice che l'abbia
fatto?"
"Lo farai: sei una donna
intelligente, Alex. Meriti sicuramente di
meglio."
"Albert!" lo chiama.
Ancora - sempre.
Alexandra Turner è una ferita che brucia del veleno di tutte
le scelte sbagliate.
10 Maggio 2011
Piers è lo spettatore silenzioso di una morte invisibile.
L'elicottero si allontana, un rullio furioso nel cielo - una bestia di
metallo il cui profilo si perde tra i nembi rossastri del tramonto.
Alle sue spalle le sirene del BSAA, davanti a lui un uomo svenduto -
tradito, ancora.
Chris Redfield cammina come un soldato ferito, ha lo stesso sguardo di
chi ha perso tutto, ma porca
puttana, porterà avanti la
guerra
anche da solo.
Il fucile giace al suolo, inerte - scarico.
Piers lo raccoglie, apre la bocca - non sa cosa dire.
"Capitano."
Redfield s'irrigidisce di colpo, evita il suo sguardo.
"Alexandra Turner non era chi diceva di essere." mormora, ed
è pietra la sua voce - fredda, morta.
"Fai avviare il protocollo di sicurezza, chiudere il suo studio: ogni
oggetto al suo interno appartiene adesso al BSAA."
Piers annuisce, si umetta le labbra.
"Quando rientriamo voglio tutto sulla mia scrivania; nulla deve essere
tralasciato, nemmeno una cosa all'apparenza innocua, sono stato chiaro?"
"Sì, capitano."
Chris raddrizza il mento, osserva gli altri agenti del BSAA uscire
dalla boscaglia e dirigersi verso di lui.
Un corvo plana sulla pozza di sangue lasciata da Alex e li fissa.
10 Maggio 2011
Il Progenitore si protende, cerca.
Scivola sopra il suo suo, blandisce - chiede.
È debole Alex, un virus instabile - un genoma fallito, una
sequenza sbagliata.
Reprime un gemito, si piega in avanti - le dita strette attorno alla
spalla frantumata, gli occhi chiusi.
"È stata fortunata." ribatte il medico a bordo "Qualche
centimetro più in basso e avrebbe centrato il cuore."
Alex tace, preme
- si trascina tra le sue cellule, rovista nei suoi
pensieri.
Wesker è un profilo distante, lontano: le spalle rigide, la
mandibola serrata.
Il medico finisce di fasciarle la ferita, le scosta i capelli dal
collo.
"Il Progenitore sta riparando bene i tessuti; nell'arco di un'ora non
dovrebbe vedersi più nulla."
Alex annuisce bruscamente, lo congeda con un gesto veloce della mano.
"Albert." lo chiama, ed è la sua voce a invocarlo.
Wesker le rivolge uno sguardo obliquo, crudele.
Alex apre la bocca, si allunga verso le sue mani - cerca
d'intrecciare le proprie dita alle sue.
Il Progenitore di Albert si sveglia all'improvviso, arrotolandosi
attorno al suo - spreme,
e lo costringe a ritirarsi, spezzato.
Alex ingoia un grido di dolore e
sorpresa - arretra.
Wesker avanza e non le concede alcuno spazio.
10 Maggio 2011
Sushestvovanie non è cambiata.
Rocce nerastre e appuntite, un mare che le infrange -
irrequieto,
furioso.
Albert la precede, scende dall'elicottero senza degnarla d'uno sguardo
- sorpassa Stuart e la sua espressione preoccupata.
"Master Alex."
E zoppica, Alex; stringe la spalla ferita tra dita sporche di sangue e
terra, libera respiri brevi e sottili.
"Sto bene." gli dice, e osserva Albert fermarsi nel mezzo della pista
d'atterraggio - il Progenitore una bestia malata, fiaccata, confusa.
Stuart alza un sopracciglio, scettico.
"Vai da lui." aggiunge, e nella mano sinistra stringe qualcosa "Esegui
un prelievo, emocromo completo. Ricerca degli anticorpi. Controllo
della proteina del virus e del suo genoma."
Stuart le riserva un'occhiata dubbiosa, si attarda al suo fianco.
"È lei quella
ferita, Master Alex." replica, inclinando il
mento nella sua direzione "Non il dottor. Wesker."
Alex chiude gli occhi, li riapre - trattiene un gemito di dolore.
"Vai." insiste, scuotendo la testa "Devo fare prima una cosa."
Stuart inspira, annuisce - raggiunge Wesker e gli sfiora il gomito,
invitandolo a seguirlo.
Alle sue spalle il vento scuote la terra, il mare - spinge marosi
biancastri e grigi a lambire la costa fin quasi inghiottirla del tutto.
Alex estrae la radio dalla tasca, la fissa.
Preme il pulsante PTT, apre la bocca - la richiude.
Sotto le unghie lo sporco di Washington, nel cuore un peso insolito -
anomalo.
Sfrega il pollice lungo il bordo della radio, china il capo - snuda i
denti in una smorfia a metà tra la risata e il ringhio.
Sbatte le palpebre una, due volte; preme nuovamente il pulsante,
ascolta il vuoto ronzio di sottofondo
"Dovevo." è tutto quello che dice, e consegna a una linea
muta ciò che resta di Alexandra Turner.
Mi dispiace.
Comincia a piovere su Sushestvovanie, e Alex ne percepisce il sapore
sulla pelle, sotto la lingua.
Delusione. Amarezza. Sconfitta.
"Master Alex." la chiama Stuart, e Alex solleva il viso - lo trova
davanti a sé, un ombrello a ripararla dalla tempesta in
arrivo e
un sorriso a mezza bocca.
"Venga." mormora, e posa lo sguardo sulla radio militare che stringe
fino a far sbiancare le nocche "La pioggia sta aumentando."
"Io sarò
proprio dietro di te."
Alex respira -
sembra svuotarsi all'improvviso.
Incassa le spalle, si piega sulle ginocchia - impallidisce sulle
guance, lungo il collo.
"Tieni." esordisce, e gli porge la radio "Tienila tu. Fanne quello che
vuoi. Nascondila. Buttala. Usala."
Stuart l'afferra senza alcuna incertezza, riponendola nella tasca
interna della giacca in un gesto solenne - che non ha bisogno di
spiegazioni.
"A me non servirà più."
Alex abbraccia il proprio destino in silenzio.
Giugno 2011
Una donna nata due anni prima, senza passato.
Alexandra Turner era stata un'illusione ben congeniata, un curriculum
di tutto rispetto e un'infiltrazione nei database del BSAA massiccia,
che non aveva lasciato nulla al caso.
Chris si passa una mano tra i capelli, scivola con lo sguardo su tutti
i documenti che sono riusciti a trovare; certificato di nascita (falso)
previdenza sociale (falso) credenziali (false) attestato di laurea
(falso) cartella sanitaria (falsa.)
Alexandra Turner lo fissa da una foto in cui abbozza un sorriso, i
capelli biondi raccolti di lato - labbra pallide, occhi vuoti.
Chris tamburella con la penna sulla scrivania, inspira - si stropiccia
le palpebre.
"Dovrebbe riposarsi un po', capitano."
Piers gli porge una tazza di caffè, si siede nell'unica
sedia libera.
"Non posso."
"Tutti li stanno cercando, capitano: qualcosa troveremo."
Chris digrigna i denti, reprime l'istinto di sbattere un pugno su
quelle carte che dicono troppo,
raccontano nulla.
"Stiamo parlando di Albert Wesker, Piers: il tempo è una
variabile fondamentale."
Piers beve un sorso d'acqua, sospira.
"Un fantasma." continua poi Chris, scorrendo con la punta delle dita
sul bordo di un foglio "Alexandra Turner non è altro che un
fantasma."
"Non credo negli spiriti, capitano; questa donna deve avere un
passato,
una storia."
Chris solleva appena lo sguardo, dubbioso.
"Quale?" replica, e arcua le spalle in avanti, stanco.
"Una madre, un padre. Una famiglia, un parente, Forse un fratello,
oppure una sorella. Un marito, perché no; nessuno nasce da
solo,
capitano."
Chris fissa il vapore che si alza dal caffè caldo, ripete
mentalmente le parole di Nivans - viene attanagliato da una terribile
certezza.
"Un marito."
Piers alza un sopracciglio, accartoccia la bottiglietta vuota.
"Era sposata?"
Redfield scuote la testa, stringe le dita fino a far sbiancare le
nocche.
"Forse; non ne sono certo."
"Possiamo cominciare da quello." si rallegra Piers, alzandosi "Comincio
subito con le ricerche."
Chris tace, storna lo sguardo - lo posa su tutto ciò che
resta di una fiducia tradita, un futuro svenduto.
Alexandra Turner è un profilo d'oro e neve che lo soffoca a
ogni memoria.
Luglio 2011
"Il virus è stabile." le conferma Stuart, spostandosi gli
occhiali con la punta dell'indice "Il siero non è
più in
circolo e il genoma di suo fratello appare di nuovo integro."
Alex annuisce, studia sullo schermo del laptop il raffinato lavoro
svolto dalla proteina Smc1b.
"Il Progenitore è perfettamente funzionante."
"Lo so."
"Per il suo organismo quei due anni non sono mai accaduti."
"Ma non per lui." ribatte Alex, e davanti a lei i filamenti dei
cromosomi di Albert si sciolgono, diventano nulla, tornano poi
al tutto
- un virus che ripara ogni
danno, riempie ogni crepa.
Stuart piega le labbra in una linea sottile, si avvicina.
"Dovrebbe parlargli."
"Non vuole."
"Lo faccia comunque."
Alex appoggia il mento sul palmo di una mano, mantiene lo sguardo fisso
sul computer.
"Non credo sia il caso."
Stuart stropiccia leggermente i bordi del foglio che ha tra le mani, si
morde un labbro.
"Quando lo farete sarà peggio, Master Alex."
Alex lo ignora, un muscolo che si tende sotto la pelle pallida della
guancia.
"Lo è già." mormora, e Stuart capisce che non gli
dirà altro - non oggi.
Due piani più sotto Albert Wesker è un silenzio
che alimenta un sentimento osceno.
Agosto 2011
Alexandra Turner. Alexandra Fayer. Alexandra Wesker.
Nomi diversi, dietro la maschera sempre la stessa donna.
Chris fissa il suo volto da una vecchia foto dell'Umbrella, il logo
bianco e rosso che ne descrive l'angolo.
Ha i capelli raccolti in uno chignon alto, una penna nel taschino del
camice.
Al suo fianco William Birkin, più giovane - una cravatta
slacciata, le dita tese nell'atto di prendere qualcosa alla sua destra.
Mi ha sempre mentito.
Alexandra Fayer stringe un fascicolo sotto il braccio sinistro,
è flessa sopra
la schiena di un uomo che riconosce - che un
tempo aveva chiamato capitano.
Lo conosceva da prima.
Storna lo sguardo, lo posa sul viso ancora infantile di una bambina di
appena cinque anni.
Un progetto. Un
esperimento. Nulla più che un'infanzia
svuotata
e poi ricomposta a immagine e somiglianza di un vecchio putrescente e
malato.
Alexandra Wesker ha occhi artici, un livido sul ginocchio sinistro.
Indossa un vestito bianco a balze, scarpe nere - una treccia
biondissima che le scende lungo la spalla.
Non è felice, Alexandra Wesker.
Non è una bambina serena, o allegra.
Sotto la foto un timbro - #12
- tra le sue mani un orsacchiotto con un
fiocco azzurro.
Alexandra Wesker potrebbe
anche fare tenerezza se non fosse per quello
che le brucia negli
occhi - una rabbia che vuole spegnere il mondo.
Chris passa all'immagine successiva, non esita - non come la prima
volta che l'aveva vista.
Si conoscevano da sempre.
Un bambino; otto anni, forse nove.
Ha perso gran parte della fisionomia infantile e già
s'intravedono gli zigomi spigolosi, la piega crudele degli occhi.
Il sole gli scivola tra i capelli, illuminandoli d'oro - una corona
caduta.
Albert Wesker lo disprezza da una foto simile a quella di Alex -
impostata - sotto di lui un altro numero - #13.
Il Progetto Wesker
Children.
Chris ne aveva sentito parlare; prima nell'ultimo rifugio di Spencer,
poi come voce di corridoio.
La razza eletta, i prescelti:
un gruppo di ragazzini rubati alle loro
famiglie e poi selezionati tramite il Progenitore - vivi o muori:
poco
altro era richiesto.
Redfield inspira con forza, rovescia l'ultima foto trovata da Piers -
annerita e dimenticata sul fondo di un buco sperduto giù in
Africa.
William Birkin, sua moglie: un braccio attorno alle spalle di Annette,
il pollice alzato verso l'obiettivo.
La madre di Sherry - un sorriso imbarazzato, occhi malinconici,
preoccupati.
Loro.
Albert Wesker ha occhi nudi, freddi; abbozza un sorriso a
metà,
permette ad Alex di appoggiarsi
contro il suo fianco, dita vicine, che
a malapena si toccano.
Che raccontano
più di mille altri gesti.
Alexandra Fayer ha un colorito più sano - più
vivo.
Non sorride, ma appare felice
- qualcosa che Chris riesce a percepire
sotto la lingua, nel petto.
Ed è una
puntura dolorosa che gli strappa sempre una
smorfia.
Chris raccoglie tutte le prove a carico della dottoressa Alexandra
Turner, le infila meticolosamente in un fascicolo beige e nero.
Prende una penna - normale, masticata sul cappuccio: una bic nera, in
plastica
Non una Mont Blanc
Meisterstuck, pennino in platino, rifiniture dorate.
ci scrive sopra un solo nome.
Alexandra.
L'unico, invero, che abbia una qualche importanza.
Agosto 2011
Sushestvovanie è tiepida sulla sua pelle, un'isola in cui
l'estate è solo una nota a pié di pagina.
"Dovremmo parlare." esordisce, ed è stanca Alex.
Di lui. Di lei. Di loro.
Wesker la ignora, continua a fissare le rocce sulle quali s'infrangono
le onde.
Alex si porta la mano sinistra al petto, la chiude a pugno.
"Non ne siamo mai stati capaci." ammette "E va bene così,
suppongo."
Silenzio.
"Non è colpa mia, Albert."
Un movimento; dita che si contraggono sulla ringhiera della terrazza.
"Non lo è mai
stata." ripete, e china il capo.
"Posso far preparare le tue cose da Stuart in poche ore: vai dove vuoi.
Prenditi la tua vendetta, la tua rivincita. Su di me, su Chris, sul
mondo intero. Io..." e inspira, incapace di proseguire.
Ne fissa le spalle - rigide - la linea affusolata dei fianchi, quella
muscolosa della schiena.
Alex si toglie la banda in oro bianco e ossidiana che porta all'anulare
sinistro, l'abbandona sul tavolino vicino.
I suoi passi sono l'unico rumore che la segue.
Settembre 2011
Aveva avuto sotto la sua spada il villain della storia, l'eroe.
L'aveva finalmente sconfitto, e avrebbe potuto aprirgli la gola in un
solo gesto.
Era giunto un pedone a fermarlo, e gli aveva parlato di onore e
giustizia.
Si era fidato, l'eroe, perché nulla poteva più
fermarlo; neppure una menzogna.
Era stato imprigionato, il mostro: un monito e un atto di
pietà.
Era stato accudito dal pedone, il mostro, salvo poi scoprire d'essere
stati ingannati: che sotto la pelle si celava una regina spietata, una
creatura venuta a tramutare il mostro nel re che avrebbe sempre dovuto
essere.
L'eroe era caduto, trascinato per la sua stessa gloria - tradito.
Il mostro era scappato, e con lui la regina bianca di una scacchiera
ormai in frantumi.
"Quindi dichiariamo il caso chiuso?"
Chris stringe tra le mani il fascicolo della dottoressa Turner, sotto
di esso quello di Albert Wesker.
"Sì." replica Redfield, e li porge entrambi a Piers "La
dottoressa Turner non è mai esistita; si è sempre
trattato di Alexandra Wesker, sorella di progetto del noto
bioterrorista Albert Wesker. Su entrambi pende ora un mandato di
cattura internazionale. Passalo pure al DSO e agli uffici del
presidente."
Nivans annuisce, tentenna.
Chris alza un sopracciglio verso di lui, lo invita con lo sguardo.
"Niente." mormora poi il giovane tiratore scelto "Niente d'importante,
capitano." e gli dà le spalle, uscendo dalla stanza.
Chris fissa la poltrona vuota e ricorda quella volta che Alex
la
dottoressa Turner
Alex
Wesker vi aveva mangiato sopra una fetta di
pizza e riso con lui a una stupida battuta.
Agosto 2011
Una stanza vuota, un letto in perfetto ordine.
Alex fissa quello spazio immenso e deglutisce - ingoia una delusione
che ha il sapore del sangue.
"Ha lasciato l'isola due ore fa." le dice Stuart, e c'è
tristezza nella sua voce - una piega affranta che assomiglia
pericolosamente
alla pietà.
"Per dove?"
"Non lo so."
Alex annuisce, incapace di muoversi.
"Master Alex, io..."
"No." lo ferma Alex, e alza una mano nella sua direzione "Non lo dire."
Lo renderai solo più vero.
Stuart si morde un labbro, sposta il peso da un piede all'altro.
Alex tace e ascolta il proprio cuore spegnersi battito dopo battito.
Settembre 2011
Chris si sente osservato.
Si guarda intorno con circospezione, estrae le chiavi della macchina
dalla tasca.
L'aria intorno all'edificio del BSAA è immobile, stagnante:
umida di un'estate che non ne vuole sapere di cedere il passo
all'autunno.
Apre la portiera, studia gli angoli ciechi con la coda dell'occhio -
toglie la sicura alla pistola.
Qualcosa si muove: qualcosa
si agita tra le foglie.
Chris alza la pistola, punta - flette le gambe, irrigidisce la schiena.
Tump.
Un procione gli scivola tra i piedi, corre via con un pezzo di panino
tra i denti.
Chris l'osserva confondersi tra le ombre della sera, le zampe
grassottelle che s'infilano in un altro cespuglio.
Redfield libera un respiro che non si era accorto di trattenere,
abbassa l'arma.
L'oscurità gli ha permesso di vivere un giorno in
più.
Settembre 2011
Studia l'eroe, il villain.
L'osserva prepararsi per rientrare a casa, il suo sacro dovere
compiuto.
Lo fissa agitarsi quando un procione gli corre tra le gambe, scivolare
con lo sguardo nella sua direzione.
Il mostro della storia aspetta - tace,
assorbito dal silenzio di una
notte senza stelle.
L'eroe si allontana, dimentica di scrivere la fine di quella storia
iniziata anni prima.
Il villain brucia e
diventa poi la cenere di una vendetta che ormai non
cambierà più nulla.
Ottobre 2011
Lo fissa in silenzio, le labbra pallide - il volto stanco.
Non lo invita a entrare, nemmeno lo ferma dal farlo.
Sotto la lingua il Progenitore è un pigolio debole, esausto.
Al suo ultimo giro di
clessidra.
Alex incrocia le braccia al petto, si preme le dita sulla fronte.
Pantaloni neri, una camicia bianca: Albert non le è mai
apparso più bello - più umano.
Un Vacheron Constantin Tourbillon al polso, occhi che studiano ogni
dettaglio del loft - che vivisezionano lei, loro.
Alex si stringe ulteriormente nella vestaglia di seta che si
è buttata sulle spalle, trattiene un brivido di freddo.
Ha i piedi nudi, e concentra tutta la sua attenzione sulle unghie corte
e laccate di rosso - nota una piccola sbeccatura in quella del medio.
Non vuole parlargli
Non dopo quello che le
ha fatto.
e si passa una mano tra i capelli spettinati, inquieta.
Albert si volta, si avvicina - accorcia la distanza che li separa.
Alex non arretra, alza il mento nella sua direzione - lo sfida.
Le cerca gli occhi, libera il Progenitore Albert, e quello di Alex cede
sotto il suo peso - se ne lascia avvolgere, e per una
volta non
fa
male.
È caldo, e allevia - lenisce
un dolore che non le ha mai
concesso alcuna pietà.
Alex respira, e le sembra di farlo per la prima volta.
Wesker si abbassa su di lei,
blandisce - mormora sulla sua bocca.
Il Progenitore si desta dall'apatia in cui era caduto e ruggisce.
Novembre 2011
È stato assegnato a una nuova missione: tra una settimana
partirà per il Brasile.
Passa in rassegna il suo equipaggiamento, regala a Piers un'occhiata
sfuggente.
Nivans si schiarisce la voce, attira la sua attenzione - scuote poi la
testa.
Chris storna lo sguardo, conta le granate esplosive - controlla il
giubbotto in kevlar.
Albert Wesker è latitante da ormai sei mesi e due settimane.
Ottobre 2011
Intreccia le dita nei suoi capelli,
tira - la sua bocca nella piega
morbida del collo, lungo la clavicola.
Seta e
voglia, Alex si piega sotto le sue mani, diventa un profilo teso
contro il suo petto, nell'oscurità della stanza.
Una linea bianca e pallida - che brucia;
le labbra di Alex lo cercano
in un bacio umido e scomposto
Le stesse che avevano ordinato di ridurlo in catene - una precauzione
comprensibile.
dita sottili che risalgono la linea pulsante della carotide, quella
spigolosa dei fianchi.
Albert la solleva di peso, preme
- soffoca il suo gemito sorpreso con
un morso che reclama.
La schiaccia contro il muro adiacente, si spinge tra le sue cosce fino
a quando non la sente cedere
- un ansito che si spegne contro il palmo
della sua mano.
Alex gli circonda il collo con un braccio, asseconda i suoi movimenti -
lo segue,
sotto la pelle il Progenitore si dispiega,
mostra una
vulnerabilità che potrebbe uccidere entrambi.
Albert affonda
- il viso nascosto tra i suoi capelli, un respiro
tiepido vicino all'orecchio.
Ed è viva,
Alex: un corpo che brucia
sotto la sua lingua, un
seno piccolo, che Albert studia fiorire tra le sue dita.
È viva, e mormora il suo nome - viene per lui, con lui.
Le stringe il collo, spinge
- e Alex è così
oscenamente
bagnata, una creatura plasmata
dal suo dolore, da una sofferenza che
hanno chiamato amore.
Gli incide la schiena con le unghie, snuda i denti - Alex taglia,
scalfisce.
E ricorda, Albert: le parole mormorate a mezza bocca, le notti passate
a parlare di lui
- di come indebolirlo,
di come fiaccarlo.
Ricorda quel filo rosso che l'aveva strozzato ogni giorno di
più, il suo
odore - quello dell'eroe - che le si era
appiccicato
sulla pelle, e che lui era stato costretto a respirare ogni volta che
gli si avvicinava.
Ricorda il sorriso soddisfatto di Chris, la strana confidenza che gli
aveva morso le ossa - brutta
puttana bugiarda.
E ricorda se stesso, Albert.
La sua miseria, la sua sconfitta.
La sua orribile
debolezza, la sua umanità.
I suoi desideri, serpenti che si arrotolavano a basso ventre e
avvelenavano - e lei,
lontana.
Ieratica.
Alex viene,
grida - gli strappa la pelle, la coscienza.
Wesker le afferra la nuca, la incita a continuare - crolla con lei sul
pavimento e si perde in un orgasmo doloroso,
una punizione e una
liberazione.
Le gambe di Alex mollemente allacciate attorno ai suoi fianchi, lei
sulla bocca - languida, morbida.
Wesker inspira il suo odore e finalmente
vi riconosce anche il proprio.
Dicembre 2011
Jill è un fantasma nella propria pelle.
Flette le dita ad artiglio, schiude le labbra in un sorriso grottesco -
insano.
"Ehi."
E inizia sempre nello stesso modo, Chris.
Ehi. Come stai? Lo vuoi
un caffè? Una ciambella? Ah,
già
che ci sei; potresti smetterla di masticarti le dita fino a farle
sanguinare, per favore?
Una parola - un intercalare familiare, con il quale l'aveva accolta fin
dal primo giorno.
Un ricordo del passato, un monito al futuro: un vocabolo con il quale
aveva apostrofato anche un'altra donna - quella sbagliata.
Ehi, Alex; come stanno
andando le ricerche? Hai trovato un modo per
renderlo innocuo? Un siero che distrugga il suo mostruoso
genoma e lo
riporti umano o, perché no, lo uccida?
Jill ciondola in avanti, lo ignora.
Spezzata, disarticolata:
Albert Wesker aveva preso la sua partner e
l'aveva resa la parodia di se stessa.
Le aveva strappato i muscoli, le ossa, riassemblando poi il tutto nel
modo sbagliato - posandola su una mensola come più gli
piaceva.
Edonista del dolore, seduttore della Morte, Albert Wesker sorrideva
dagli occhi di Jill e gli ricordava i suoi mille fallimenti - tutte le
vite che non era riuscito a salvare.
Compresa la sua.
Jill mormora qualcosa, si passa le mani tra i capelli - fili biancastri
e privi di forza.
Si screpola la pelle attorno alle sue palpebre, scaglie pallide e
sottili, che cadono a ogni battito di ciglia.
Chris le accarezza una spalla, la osserva chiudersi in se stessa -
persa nei suoi incubi, tra le sue illusioni.
Sul petto ciò che resta del P30 è solo una
ragnatela bluastra che sanguina a ogni respiro.
Novembre 2011
"Non mi resta molto tempo."
Wesker respira contro la sua spalla, vi nasconde il viso.
"Il mio DNA si sta decomponendo, Albert."
È nuda, Alex; una curva umida che si adatta perfettamente al
suo fianco.
"Il Progenitore non riesce più a ripararlo."
Wesker tace, le blandisce la schiena con la punta delle dita.
"Ho trovato un ospite
adatto; un involucro che potrebbe fare al caso
mio."
Ha occhi vuoti, Alex; lontani, assenti.
"È una bambina. Dieci anni, non di più."
Labbra tiepide, che la cercano lungo la linea pulsante della carotide.
"Natalia Korda."
Alex sospira, strofina il volto contro il suo petto.
"Sarà qui tra due giorni: poi potrò dare inizio
al processo di trasferimento."
Libera un ansito soffocato, Alex, e chiude gli occhi - trattiene
lacrime pesanti come la sua tristezza.
"Io..."
Albert intreccia le dita nei suoi capelli, l'accoglie tra le sue cosce
- stringe,
e l'ascolta gemere il suo nome, la loro storia.
Alex lo morde nell'incavo del collo, chiude le dita a pugno, snuda i
denti - scuote la testa e
inspira e
poi espira e
lo maledice e
lo
supplica e...
Il suo pianto è tutto ciò che resta del cuore
d'entrambi.
Gennaio 2012
"Edonia." ripete Chris, e osserva le riprese satellitari della regione.
"Ci hanno segnalato alcune attività sospette." lo aggiorna
Piers, e scivola ripetutamente con le dita sullo schermo del tablet,
aggrottando le sopracciglia.
"Armi biologiche?"
"Forse."
"B.O.W.?"
"Non ancora; ma c'è chi parla di un siero miracoloso che
dovrebbe arrivare tra qualche mese ai mercenari della Vita Nuova."
Chris sposta il cursore sulla destra, studia un gruppo di edifici
sbriciolati, un cielo pesante come il piombo.
"Che sarebbero?"
"È come si fa chiamare l'esercito per la liberazione
dell'Edonia: un gruppo di sovversivi che si oppone al governo."
Chris annuisce, posa lo sguardo sul loro simbolo - un ragno nero in
campo rosso.
"La guerra civile ha avuto inizio nel 2010, con le elezioni a la
vittoria del partito democratico; a quanto pare vi sono delle sacche
d'integralisti che approfittano della debolezza del nuovo Primo
Ministro."
"Un paese in guerra." ne evince Chris, davanti a lui un grumo di neve e
cemento grigiastro.
Piers emette un verso esasperato, lancia il tablet sulla scrivania.
"Stupido affare...
sì, esatto." ribatte, sedendosi "Qualcosa
si
sta muovendo, e anche il DSO è stato avvisato: Derek Simmons
in
persona se ne è interessato."
Redfield gli rivolge un'occhiata in tralice, scorre una sequenza di
nomi e luoghi con cui dovrà entrare in confidenza.
"Il capo della Sicurezza Nazionale?"
"Proprio lui."
Piers si fruga nelle tasche della giacca, estra una rotella di
liquirizia rossa.
Chris storna lo sguardo, lo torna a posare sullo schermo del laptop -
si massaggia una spalla.
"Quando?"
"Per adesso dobbiamo solo monitorare; vedremo nei prossimi mesi come
evolve la situazione."
Chris allunga la mano verso di lui e Piers gli porge un'altra
liquirizia - nera, questa volta.
L'Edonia sarà solo l'ennesima terra piena di fantasmi e
rimpianti.
Dicembre 2011
"Farà male?" gli chiede, e c'è un'inflessione
fragile
nella sua voce, giovane.
Spaventata.
"No." la rassicura, e scivola lungo le sue spalle, verso la piega
morbida del collo.
Alex abbozza un sorriso, inclina appena il mento verso destra.
"Non pensavo sarebbero andate così le cose."
Wesker intreccia le dita nei suoi capelli, li solleva, lasciandoli poi
ricadere di lato.
"Mi sono sempre immaginata da sola, con una pistola. Un colpo alla
testa. Facile. Veloce. Immediato."
Wesker respira contro la sua pelle, i pollici che massaggiano
leggermente la curva tesa della nuca.
Alex chiude gli occhi, china il capo.
"Ci sarai, Albert?"
Quando
morirò.
Quando non
sarò altro che un pensiero, un ricordo.
Quando mi
sveglierò nel corpo di una bambina di appena dieci
anni.
Wesker blandisce lo spazio nudo tra le scapole, ammira la sua
bellezza
(Hobeika, seta bianca e pizzo rebrodè) un'eleganza a cui non
rinuncia fino alla fine.
Le cerca la mano sinistra, le dita - l'anulare,
infilandovi qualcosa di
pesante e freddo.
Alex apre gli occhi, socchiude la bocca - davanti a lei una fascia in
oro bianco e ossidiana.
"L'hai sempre avuto tu."
Albert annuisce, percorre la linea morbida dei fianchi, risale.
Alex fissa l'anello, sorride.
"Tornerò." gli promette, e lo sente mormorare tra i suoi
capelli - la mano destra alla tempia, quella sinistra al mento.
"Lo so."
"Albert, io..."
La costringe a voltarsi, a cedere
sotto le sue labbra - a soffocare
anche la sua di
risposta.
La bacia fino a quando non è languida tra le sue braccia,
sotto le sue unghie.
La bacia finché non è altro che che un grumo di
parole
confuse, muscoli arrendevoli, labbra tumide - bagnate dal suo nome, dal
suo
loro desiderio.
Crack.
Ha occhi sereni, Alex, quando muore.
Si spengono dentro i suoi, e sfumano poi in un azzurro vitreo,
lattiginoso.
Albert la sostiene mentre cade
- un corpo vuoto, condannato.
I sistemi di sicurezza della Torre entrano in funzione e seppelliscono
Natalia nel suo personale inferno - una tomba precoce e dalla quale non
uscirà mai
più.
Albert fissa il profilo senza vita di Alex, la solleva, depositandola
poi sul letto vicino.
Natalia scende - muore -
Alex trascende - vive.
Così deve essere - questo il suo destino, la loro storia.
Si siede al suo fianco, stropicciando le lenzuola candide.
Intreccia una mano alla sua - là,
dove un anello serpente
bianco e nero riposa.
La sua lunga veglia è appena iniziata.
****
I'll take the wrong path,
I think I'll go a little
off track.
And now there's no way
back,
you took all the apples
that I had.
But I heart you and I
wanna be your girl.
I heart you and I know
you'll rock my world.
La regina è caduta; giace ora sotto pietra bianca e cenere
rossa.
La veglia in silenzio il re, e ha preso possesso dell'isola da lei una
volta governata.
Sushestvovanie è percossa da un vento freddo, asettico;
marosi
che infrangono la quiete della costa e la monotonia delle sue nere
rocce.
Wesker fissa una stele bianca e oro - Uno il Tutto -
sotto un corpo che
il Progenitore ha ormai abbandonato - muto.
"Manca anche a me." lo apostrofa Stuart, e posa un lilium ai suoi
piedi.
"Ormai ci siamo quasi, dottor. Wesker."
Il cielo si gonfia,
tumefatto - una vescica livida che promette neve da
un momento all'altro.
"Pochi giorni e sapremo."
Contro il suo petto l'anello di Alex gli brucia la pelle e il cuore.
Luglio 2012
Ogni tanto ci pensa ancora.
Era in fila al supermercato quando aveva intravisto una donna bionda e
pallida, i fianchi sottili, gli occhi freddi.
Al suo fianco vi era un bambino di almeno due anni, un uomo sbagliato -
non lui.
L'aveva vista comprare dei cracker integrali, borbottare qualcosa circa
la farina di ceci.
Ed era stato trasportato a più di un anno indietro, Chris; a
quando Alex aveva espressamente richiesto panna artigianale montata a
mano, che se doveva
farsi alzare il colesterolo tanto valeva farlo per
bene, non con quello schifo in barattolo.
E lui l'aveva presa in giro, dicendo che era una fighetta del cazzo.
E lei si era mostrata
esageratamente oltraggiata, una mano sul cuore e
l'altra alla bocca.
La donna si volta, gli riserva un'occhiata interrogativa - sospettosa.
Chris si chiede, per un fugace momento, dove si trovi adesso Alexandra
e il suo rovinoso sentimento.
Big, bad, naughty rock
star,
your claws are shining
bright in the dark.
Lifting up my little red
skirt,
I know you'll leave me
here in the dirt.
But I heart you, and I
wanna be your girl.
I heart you, so come back
and rock my world.
Una Biancaneve intrappolata nel corpo di una bambina.
Un'infanzia rubata, violata;
l'ennesima vita strappata consegnata al
suo destino.
Wesker fissa la teca in vetro riemergere dall'abisso in cui era
sprofondata sei mesi prima, Stuart al suo fianco.
Tace, il suo servo fedele, e aspetta.
Un leggero vapore si solleva dalle chiusure della bara, click, le
serrature ruotano in automatico, rivelano
- mettono a nudo.
Wesker si avvicina - un passo, due - Stuart si porta una mano chiusa a
pugno sotto il mento.
Natalia spalanca gli occhi e
respira.
Agosto 2012
"Quindi partiamo."
Chris annuisce, si rigira la bottiglia di Sprite tra le dita.
"Hanno confermato l'attività di alcune B.O.W. nei territori
boschivi dell'Edonia; il team delta andrà in avanscoperta il
prossimo mese, noi li seguiremo poco dopo."
Piers appoggia i piedi sul muretto del cortile del BSAA, allunga il
viso verso il sole.
"Uhm. Ho sentito dire che è un paese freddo."
"Molto." ribatte Chris, e osserva Nivans con la coda dell'occhio.
La copia di un se stesso
morto quattordici anni prima.
"Vorrà dire che mi prenderò una sciarpa in
più."
Chris sorride e giura a se stesso che proteggerà
quell'innocenza fino alla fine.
I told you not to go into
the woods,
I told you that he wasn't
any good.
I told you not to go into
the woods,
I told you that he wasn't
any good.
Natalia sposta le gambe oltre il bordo del lettino, scivola con lo
sguardo sul laboratorio, lungo le sue pareti in acciaio e vetro - lo
posa infine su di lui.
Stuart si mastica l'estremità dell'unghia del pollice,
attende - fiducioso,
incrollabile.
Wesker rimane immobile, aspetta - cerca.
È come la ricordava, Natalia; una bambina di appena dieci
anni: capelli castani, occhi grandi e scuri.
Lo studia con un'intensità brutale, per nulla
spaventata
dalle
sue pupille verticali, dal sangue che si agita intorno a esse.
Scende dal lettino da sola, flette le ginocchia un paio di volte, le
spalle.
Stuart si schiarisce la voce, nervoso.
Natalia alza una mano verso il proprio viso, muove le dita - abbozza un
sorriso.
Il Progenitore rovista sotto la sua pelle ed esplode.
Dicembre 2012
L'Edonia è un buco sfibrato in cui la guerra ha masticato
vite e colori.
Scricchiola la neve sotto i suoi pesanti stivali da combattimento,
intorno a loro miserie umane ed edifici fatiscenti.
"Un bel posticino." lo interrompe dai suoi pensieri Piers, ed
è
subito al suo fianco, un chewing gum alla fragola in bocca e il fucile
già imbracciato.
Chris tace, si guarda intorno - valuta la situazione.
"Cosa dobbiamo cercare, capitano?"
Finn gli sorride, e qualcosa
lo punge al centro del petto -
là, dove un vecchio e stanco cuore batte
ancora.
Capitano.
È un attimo; un istante rubato al presente.
Un déjà-vu che lo riporta in quella villa -
capitano,
quali sono gli ordini? - in quella città - capitano, lo
vuole un
caffè? - a quell'uomo - capitano capitano
capitano.
Chris si volta, stringe le labbra screpolate in una linea sottile.
"Seguiamo la pista della donna con la sciarpa rossa: vediamo dove ci
conduce."
Finn annuisce, torna dal resto della squadra per spiegare loro le
ultime direttive.
Piers gli appoggia una mano sulla spalla, fiducioso.
Jake Muller Wesker si rivelerà
essere solo l'ennesimo
fantasma dal quale non potrà scappare.
I hear you calling me
over city streets,
through the trees, mess
with me, then you'll leave.
Big bad wolf come on and
eat me up, up, up.
Il Progenitore ruggisce,
si erge sopra Natalia e si mostra in tutta la
sua tetra e piena bellezza.
Cerca quello di Albert, vi s'intreccia con una forza imprevista - pura.
Non c'è malattia nel corpo di Natalia, errore.
Un genoma perfetto,
cellule che vibrano in assoluto sincrono; tutto in
Natalia parla di una creatura nata per essere conquistatrice e regina.
Stuart stringe le mani tra di loro, tormenta il cinturino dell'orologio
che porta al polso.
Wesker si china alla sua altezza, studia il viso di una bambina
innocente.
Inclina il mento verso destra, inspira - argan e sangue.
Gli occhi di Natalia bruciano - si
sciolgono, tingendosi di rosso e
rosso.
"Alex." la chiama, e Natalia amplia il
sorriso - gli getta le braccia
al collo in un gesto tipicamente
infantile.
"Albert."
Stuart libera un ansito spezzato - sollevato.
Wesker intreccia le dita nei suoi capelli e chiude gli occhi contro la
sua spalla.
****
"Mi piacerebbe un posto caldo; Grecia, oppure Spagna. Anche l'Italia
non sarebbe male."
Natalia Alex ciondola le gambe oltre il
bordo del tavolo, un paio di
jeans rovinati sulle ginocchia e una liquirizia ripiena alla fragola
tra le mani.
Stuart le posa vicino un bicchiere d'acqua e limone, le sorride - e lei
risponde, disarmante come solo una bambina di dieci sa essere.
"Che ne dici?" gli domanda, e sotto quella voce infantile
già s'intravede una nota più dura, conosciuta.
Albert le regala un'occhiata in tralice, tamburella con le dita sul
mouse.
"Firenze. Oppure Venezia. Atene. Madrid. Ibiza." e ride
sull'ultimo
nome, libera.
Viva.
"Sono tutti posti bellissimi, Master Alex." l'asseconda Stuart,
raccogliendo un foglio dal pavimento "Quando i nuovi documenti saranno
pronti nulla potrà impedirvelo."
Natalia Alex fruga nel sacchetto che tiene
al fianco, porge una
caramella ripiena ad Albert.
"Tieni." gli dice "È alla ciliegia."
"Ti cascheranno tutti i denti se continui così."
Natalia Alex si stringe nella spalle, la
rimette dentro la busta.
"Non credo proprio." gli risponde, petulante "Non con il Progenitore a
questo livello d'integrazione."
Wesker alza un sopracciglio, interdetto.
Natalia Alex lo ignora, gli sorride - un
gesto naturale, spontaneo.
Ha dieci anni, Natalia Alex.
Ha dieci anni, ma quando il Progenitore ruggisce si tingono
di rosso i
suoi occhi - ferite che sanguinano e gli raccontano di un'anima antica,
uguale alla sua.
Ha dieci anni - crescerà
e il virus modellerà il
suo corpo sulla memoria di una donna morta.
"Il suo caffè, dottor. Wesker." lo apostrofa Stuart, e
Albert
interrompe il contatto visivo - prende la tazza tra le dita e lascia
che gli scaldi le mani, il respiro.
Natalia Alex prende un'altra caramella,
esulta perché ha
trovato
quella ripiena di cioccolato - si allunga verso la tastiera del laptop
e sceglie il suo nuovo
nome, la sua loro nuova vita.
La regina è tornata, il re non è più
solo: ai loro piedi una ruota del destino finalmente spezzata.
****
5 Settembre 2017
È una bella giornata; di quelle che ti fanno venir voglia di
restare fuori tutto il giorno, magari seduto su una panchina di Central
Park, oppure nel terrazzo di casa tua, a respirare un autunno ancora
timido.
Chris si passa una mano tra i capelli, alza il viso verso il sole.
Arias e la sua rabbia sono una ferita recente, un incubo da cui New
York era stata risparmiata - per
adesso.
Scioglie i muscoli delle spalle, si rilassa sotto il tepore pomeridiano
- inspira, e l'odore del glicine gli sfiora le narici, il cuore.
Tump.
Si volta, e alza un sopracciglio.
"Posso?"
Chris fissa una ragazzina di appena sedici anni, un gelato alla
nocciola e panna tra le mani.
Annuisce, interdetto - preso in contropiede.
Sono vicini a un piccolo stagno, e a parte il venditore di gelati e
quello di panini non c'è molta gente intorno a loro - una
coppia
di anziani alla sua sinistra e poco più in là un
uomo al
cellulare.
La ragazza inclina la spalla, lascia scivolare la borsa al suo fianco
(Hermes, Maxibox Cavas 30) - ferma con un dito la panna che va
sciogliendosi e se la porta alle labbra.
Chris torna a chiudere gli occhi, reclinandosi contro lo schienale.
Click.
Apre un occhio, osserva la ragazza scrivere qualcosa sulla sua agenda -
pelle nera, pagine avorio - tamburellare con la penna sulla coscia
(Mont Blanc, pennino in oro rosso, lacca bianca.)
Il gelato è quasi finito - cristo, è stata veloce
- e rimane solo la coppetta vuota e un cucchiaino azzurro.
"È bello qui." gli dice, e Chris si chiede se questo sia il
tentativo più strano d'approccio a cui abbia mai assistito.
"Sì." replica poi, squadrandola "Non male."
La ragazza abbozza un sorriso, e il suo viso assume una piega adulta,
seria.
"Ho vissuto in posti peggiori." continua, e qualcosa si agita
in Chris
- un senso di familiare che gli accorcia il respiro.
La studia, e si concentra sugli zigomi alti, i capelli biondi lasciati
sciolti sulle spalle - una camicia blu che copre un corpo snello,
morbido.
La ragazza inclina il mento verso di lui, amplia il sorriso - gli
mostra occhi che non hanno colore, sfumati in un azzurro artico.
Gli offre la mano, al polso un bracciale in oro giallo e turchese.
"Natalia." si presenta "Sei famoso ormai, Christopher Redfield."
Chris corruga la fronte, ricambia la stretta.
"Non... non capisco di cosa tu stia parlando."
"L'attentato di New York. Il bioterrorista Glenn Arias. Era su tutti i
giornali."
Ah.
"Oh, quello."
ribatte, grattandosi la nuca "È il mio lavoro."
"Lo so."
"Niente di speciale."
Natalia annuisce, dondola un piede nudo nell'aria.
"Deve essere spaventoso combattere quelle cose."
"Lo è."
"E ne vale la pena?"
"Vuoi per caso provare un colloquio per il BSAA? Sei un po' troppo
giovane per essere ammessa."
Natalia ride,
ed è un suono strano - stonato, ruvido: che
mal si adatta alla sua voce.
"Oh no, non ci penso neanche." e si sfrega un braccio, scacciando un
moscerino.
Una ragazza passa loro davanti correndo, l'iPod nelle orecchie e un
paio di Nike verdi ai piedi.
Natalia si umetta le labbra, posa lo sguardo sull'interno della borsa e
Chris riesce a scorgere il telefono che s'illumina a ogni squillo - sul
display una sola lettera.
A.
"Uhm; non è mai stato un uomo paziente." esordisce, e preme
il
pulsante di rifiuto, scrivendo poi qualcosa nei messaggi e inviandolo.
"Tuo padre?"
Natalia si volta, sgrana gli occhi in un'espressione quasi comica.
"In un certo senso; più come un fratello maggiore."
Chris ascolta uno stormo di uccelli alzarsi in volo, il cielo che va
scurendosi - che cede il passo al tramonto.
"Be', è stato un piacere conoscerti, Chris Redfield." gli
ripete, recuperando la borsa "Continua a salvare il mondo; in fondo,
chi altro può farlo oltre te?"
"Molti." ribatte Chris, ma sotto sotto è contento di quel
complimento, e lo accetta come tale "Ognuno ha un ruolo in questa
battaglia."
Natalia sembra riflettere sulle sue parole, scioglierle sotto la lingua
e valutarle - annuisce poi, soddisfatta.
"Oh, credo proprio che tu abbia ragione."
Piega un angolo della bocca all'insù, si volta,
incamminandosi verso l'uscita del parco.
Chris la osserva allontanarsi, scivola con le mani lungo le aste della
panchina e...
Cosa?
Impallidisce, percepisce le dita intorpidirsi, gelarsi sulle punte.
Non è
possibile.
È una radio vecchia, un modello obsoleto, che il BSAA non
usa più dal 2013.
Nera, piccola e squadrata, Chris la fissa con le viscere strette in un
nodo che lo soffoca a ogni respiro - nota una bruciatura
lungo il
fianco, come se fosse stata vittima di un incendio.
E lo è stata,
infatti.
La ruota con la punta dell'indice, sfiora una crepa che le attraversa
il pulsante d'attivazione - lo preme.
Silenzio. Rumore
statico. Una scusa tardiva. Parole morte per una donna
morta.
Ed è allora che i pezzi vanno al loro posto; che capisce
cosa non funzionava in quella ragazza.
È allora che vede - ricorda.
Una borsa di Hermes, un gelato nella mano sinistra - panna e nocciola
tra le dita socchiuse, a blandire un anello in oro e ossidiana.
No.
Chris si alza si scatto, corre verso l'uscita di Central Park - si
ferma, la radio in tasca e gli occhi che saltano da un passante
all'altro, frenetici.
Non è possibile.
Un cane abbia in lontananza, il padrone lo richiama con un urlo secco,
asciutto.
Chris deglutisce, inspira con forza.
Continua a guardarsi intorno, ma non riesce a trovarla - ed
è
così che probabilmente vuole, brutto idiota - e prende il
cellulare dai jeans e comincia a digitare il numero del BSAA e pensa a
quello che deve dire - come - e...
Click.
La radio che ha in tasca si accende all'improvviso, tace.
Chris se la porta all'orecchio, mormora un solo nome - una sola
verità.
"Alexandra?"
La radio si spegne dopo pochi secondi, e la confusione della
città torna a sovrastarlo.
Un bambino grida che vuole gli smarties sul gelato, un taxi inchioda di
colpo e lancia una bestemmia contro il pedone che gli ha attraversato
la strada senza guardare.
In tutto questo rumore il cuore di Chris è l'unica cosa che
abbia trovato pace.
There are violets in your
eyes,
there are guns that blaze
around you,
there are roses in
between my thighs and fire that surrounds you.
It's no wonder every man
in town had neither fought nor found you.
Central Park è un puntolino verde e arancione dalla terrazza
del loro appartamento, una mondo lontano, distante.
Alex si sfila le scarpe, le allinea vicino all'ingresso - piedi nudi,
leggeri.
La notte si è guadagnata il suo posto nel cielo e la
città brucia
- colori stordenti, luci che non si spengono
mai.
Lo affianca in silenzio, inspira - nell'aria un leggero odore di
sandalo e lavanda.
Si appoggia con i gomiti alla ringhiera, lo sfiora appena - abbastanza
perché Albert le regali un'occhiata interrogativa.
"Non vuoi sapere come è andata?"
Il Progenitore è un quieto rullio di sottofondo, un mormorio
costante e che non conserva più alcuna rabbia - una ferita
lacerata dalla verità, pulita.
"Lo so già." replica, e si volta - occhi che s'illuminano di
un
rosso pacato, leggermente più scuro attorno alla pupilla.
Alex ascolta le sue mani percorrerle la curva acerba del fianco,
risalire lungo le costole - arrivare alla nuca e stringere,
inclinandola verso il suo viso.
Ha sedici anni Natalia Alex, ma quando
Wesker le cerca la bocca
è una storia molto più vecchia quella che
raccontano i
suoi gesti, le sue parole.
Ha sedici anni, e sotto le sue dita geme sempre lo stesso
nome, si
consegna con la stessa
umida disperazione.
Alex sorride nell'incavo del suo collo, percepisce qualcosa schiudersi
nel petto e pungerla sotto le palpebre.
Il Progenitore solleva appena il suo mostruoso capo,
dondola - le
ricorda un gatto assonnato e distratto.
Albert morde
- le strappa una guaito sorpreso.
La risata che libera contro la sua pelle è un suono
che il Progenitore Wesker
accoglie senza paura.
"Run and kill,
destroy the will,
a hero doesn't exist.
Smoking gun,
well, I'm the one.
A bullet hole
in your fist."
- Rob Zombie -
Note
dell'autrice: Albert Wesker e Alex Wesker non sono fratello e sorella.
Non hanno nessun legame di sangue e non sono stati cresciuti nella
stessa famiglia come tali (ne hanno avute due ben diverse e distinte)
per cui non ritengo che questa storia richieda l'avvertimento incest.
Appartengono allo stesso progetto scientifico di selezione genetica
(Project W.) e per questo si definiscono "fratello" e "sorella" e
possiedono lo stesso cognome (in onore del creatore del progetto), ma
nei fatti non lo sono e non hanno mai avuto l'occasione di comportarsi
come tali.
Secondo la legge italiana non sono
né discendenti né ascendenti, e neppure affini in linea
retta, per cui il reato d'incesto non sussiste.
I paragrafi finali sono intervallati dalla canzone "Honeymoon" di Lana del Rey e "Big Bad Wolf", della stessa cantante.
(1) Il Gattopardo è un riferimento alla one-shot "The heart is a Devil."
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