Steso nella vasta pianura
deserta, Zaphil lasciò che il suo sguardo si perdesse
nell’immensa volta celeste. Erano giorni che avanzava verso Nord, le spalle a Hevnank’ar e il volto alle tempeste di sabbia che senza
sosta si addensavano da Ovest.
Aveva mangiato abbastanza polvere
e vento da averne in abbondanza per due intere vite e già le sue labbra
presentavano i caratteristici segni della disidratazione.
Ed era solo l’inizio.
Sospirò, resa all’immensità che
si mostrava dinnanzi alle sue iridi arrossate.
Secondo la sua guida, mancavan ancore due settimane di viaggio prima di poter
avvistare Anaphantum, la più caotica e brulicante di
tutte le città di Arryan.
Con le tempeste di sabbia e i
venti a loro seguito, fossi in voi non mi aspetterei di arrivare in orario.
Aveva azzardato un mercante dall’aria arcigna allungandogli una caraffa di olio
bianco, utile da spalmare sotto le ascelle e fra le gambe per evitare le
fastidiose piaghe da viaggio. Zaphil aveva
ringraziato, sperando vivamente nell’infondatezza di quella infausta ipotesi.
Del resto aveva assoldato una
delle migliori guide del posto proprio per quello, per viaggiare rapidamente e
in sicurezza, rimanere intrappolato in questa o quella tempesta non era
esattamente nei suoi piani.
Sfortunatamente -e ovviamente-,
non avevano avuto molta fortuna.
A terzo giorno di viaggio, il suo
Yenavo’r era stato morso da un ragno del deserto.
Nulla di grave, ma per impedire l’infettarsi della zampa era stato necessario
drenare il veleno e trasferire fino a completa guarigione tutto il carico dello
yenavo’r agli altri due, rallentandone così
sensibilmente l’andatura.
Nemmeno due giorni dopo era stato
il turno dello stesso Zaphil: la mano ferita durante
lo scontro con la Gunar Arvasti
si era chissà come infettata -forse il sudore?-
degenerando rapidamente da una leggera febbriciattola a una vera e propria
infezione. Dopo le prime resistente, il Naphil era
stato costretto a seguire i consigli della guida, smontare dallo yenavo’r e attendere nella propria branda che febbre e
deliri cessassero rendendolo nuovamente abile di cavalcare.
Il tutto, ovviamente, non meno di
tre giorni dopo.
Vedendolo tirarsi in piedi ancora
giallo e malconcio, la guida aveva allora giustamente obiettato che non fosse
molto saggio, soprattutto per un uomo della sua età, compiere quel genere di
sforzi, e che forse un paio di giorni ancora sarebbero serviti per completare
la sua guarigione.
Passando dal giallo al verde, Zaphil aveva allora obiettato che badare agli affari propri
era un dono che ogni uomo di grande saggezza avrebbe dovuto possedere onde
trascorrere una vita lunga e felice.
Da quel momento in poi le già
rare conversazioni che l’uomo era riuscito a instaurare con la Guida si erano
ridotte praticamente all’osso. Di notte avanzavano per miglia e miglia in
silenzio; di giorno, dopo aver trovato riparo sotto qualche masso o a ridosso
di una duna, dormivano esausti, l’ululato del vento a compensare le poche
chiacchiere che mancavano di scambiarsi prima di cadere nell’oblio.
In breve Zaphil
si trovò a riscoprire il piacere (o la malcelata dannazione) del silenzio,
un’interessante novità per le sue orecchie abituate al cicaleggio della Torre
del Tempo.
Quanto poteva essere silenzioso
il mondo se paragonato all’inarrestabile blaterale della società? Quanto
roboante l’universo attorno alla Nihaar’ì se
confrontato con l’assoluta pace al di fuori delle mura?
Percepire dopo tanto tempo la
solitudine dei propri pensieri gli diede altresì il tempo di riflettere sugli
stessi e con più calma e attenzione riordinare finalmente l’indistricabile
intrigo riguardante il rapimento della Nihaar’ì e la
sua successiva sparizione.
Qualcosa non funzionava.
Riuscì distintamente a decretare.
O meglio, qualcosa non si
incastrava come, apparentemente, avrebbe dovuto.
Particolari?
Si domandò.
No, qualcosa di più.
Eppure giungere anche solo al
primo capo della matassa pareva cosa assai più ardua del puro e semplice
decretarne l’esistenza.
Perché un capo effettivamente
c’era; e bello grosso anche. Ma dove?
Fu così che, forte della muta
riottosità conversativa del suo compagno di viaggio, in quei giorni Zaphil prese l’abitudine di ripercorrere lentamente e con
metodica minuzia i giorni della scomparsa di Asiya.
I preparativi per la cerimonia.
L’arrivo a Hevnan k’ar. La
partenza dalla Torre del Tempo. L’ultima sentenza del Giudizio della Veggente.
Le chiacchiere delle Volpi.
E in mezzo a tutto ciò il ricordo
dello sguardo della Hayeli’vo a far capolino di
quando in quando. Un memento ricorrente e per qualche ragione destabilizzante
quasi quanto le parole dell’Anhayt pochi giorni dopo.
Da come l’avete guardata mentre Sery ve la portava via da sotto il naso, mi sarei aspettato
che l’avreste rincorsa senza esitazione.
Senza esitazione? Si era
accigliato allora, scoprendo solo inconsciamente quanto il rapimento (duplice)
di quella ragazza lo avesse lasciato indifferente e al contempo turbato.
Fu in quel suo ennesimo meditare
che percepì qualcosa stringergli il braccio. Scostò subito lo sguardo dalla
volta celeste ritrovandosi allora a fissare la sua guida poco distante e
apparentemente sdraiata come lui nel proprio giaciglio.
L’uomo non disse nulla, ma da
come piegò il capo, fu chiaro che egli stesse tentando di attirare la sua
attenzione.
Immediatamente all’erta, Zaphil tese le orecchie.
C’era qualcuno. Percepì subito. Un
respiro lontano.
Quanto lontano? Valutò con un
rapido presentimento d’azione. Abbastanza. Rispose il suo corpo mentre la mano
sinistra scivolava all’impugnatura del coltello al suo fianco.
Un nuovo stringersi della presa
sul suo braccio e la guida scivolò nell’ombra al suo fianco, un furtivo
rotolare fuori dalle coperte a indicare quanto ben spesi fossero stati i soldi
destinati ai suoi servigi.
Nuovamente vi fu il silenzio. Poi
un improvviso tramestio ovattato. E infine un gemito sordo.
Con un balzo il Naphil scattò allora fuori dal giaciglio per correre verso
la fonte del suono. Estrasse il pugnale rigirandoselo da una mano all’altra e
infine con la rapidità di un’ombra calò proprio in mezzo a quelli che scoprì
essere due uomini in colluttazione.
Ne ghermì uno, scalciò lontano
l’altro. E senza esitazione puntò la lama alla gola di quello che fra tutti
aveva l’odore meno conosciuto.
O meglio.
Esitò.
Non proprio conosciuto.
“Mi sembrava di aver detto di
essere un uomo di parola” la voce di Zaphil fu poco
meno che un sospiro da dietro le numerose stoffe calate sul volto.
“E avete dimostrato di esserlo”
fece l’altro con un filo di voce, la stretta dell’uomo a impedirgli
evidentemente di parlare correttamente
“Avevo anche detto che vi avrei
liberato a patto di condurmi all’interno del Tempio dei Tintori” continuò con
il medesimo tono il Naphil.
“E così avete fatto” rispose
nuovamente il secondo con uno sbuffo contratto.
“E dunque perché mi state ancora
seguendo?” sbottò Zaphil.
Se avesse potuto, di certo l’Anhayt avrebbe riso. Sfortunatamente la stretta del suo assalitore
era tale che gli riuscì solo di esibire una mezza tossetta
roca.
“Ho pensato che potesse servirvi
un compagno di viaggio”
“Ne ho già uno” ringhiò Zaphil senza dar segno di abbandonare la presa.
Il compagno di viaggio in
questione si risollevò allora dalle sabbie per avvicinarsi guardingo alla
coppia.
“Conoscete quest’uomo?” esordì
rivolgendosi al Naphil. Quest’ultimo strinse appena
le labbra come nell’atto di assaporare qualcosa di assai aspro o estremamente
amaro. E infine mollò la presa.
“Si, lo conosco” non abbandonò
comunque la stretta sul pugnale “Ammetto tuttavia di essere stupito quanto voi
di trovarlo qui” nuova smorfia affilata.
“La sorpresa è reciproca, caro Zaphil” sogghignò l’altro con un sorriso che non pareva
affatto un sorriso. Zaphil rispose allo stesso modo,
lasciando che finalmente l’Anhayt si rimettesse in
piedi spazzolandosi le vesti coperte di sabbia.
“Vedervi accompagnato a una Guida
quando già ne possedevate una assai più esperta mi ha davvero sbalordito” pausa
carica d’intesa “Sapete che state seguendo il percorso più lungo per Anaphantum?” prima che la guida incriminata avesse il tempo
di replicare, Zaphil pose una mano sul suo petto.
“Lasciateci” digrignò.
Quando furono finalmente soli, Zaphil si rivolse nuovamente all’Anhayt
ora immobile con una mano al fianco.
“Spiacente di non avervi avvisato
del mio arrivo. Lo sforzo di inseguirvi è stato tale da non permettermi altro
genere di approccio se non questo” fece l’uomo del deserto.
“Farsi sgozzare per sbaglio lo
chiamereste approccio?” si accigliò Zaphil.
L’altro fece spallucce.
“Ero sicuro che al mercato vi
avrebbero fregato circa la Guida super competente”
“Eravate sicuro che qualcuno
avrebbe tentato di fregare un Naphil?” Zaphil pareva seriamente perplesso.
“Sono vivo. Direi che come prova
di fregatura è più che sufficiente”
“Ditemi perché siete qui” tagliò
corto il più anziano “L’ultima volta che ci siamo visti avete detto che sareste
andato a cercare la vostra Sireli da qualche parte a
Nord. E invece vi ritrovo sulla mia pista intento a seguire me - che in tutta
franchezza non le assomiglio nemmeno lontanamente-” assottigliò le labbra “A
vedervi non sembrate molto confuso, ma a conti fatti dovreste esserlo”
Difficile capire le reazioni
dell’altro. Ciò che Zaphil percepì fu comunque una
risatina beffarda seguita da una scrollata di spalle.
“Quando ci siamo lasciati il mio
intento era davvero andare a Nord alla ricerca di Sery,
trovarla e insieme tornarcene a vivere da qualche parte nel deserto fingendo
che nulla sia accaduto” si schiarì la voce “Poi però ho pensato che in questo
momento Sery si trova in compagnia della vostra Hayeli’vo”
Zaphil
non potè evitarsi una smorfia “Asiya
non possiede i Doni della Nihaar’ì”
“Questo lo abbiamo capito molto bene”
replicò con una nota amara l’Anhayt “Ma chiunque
abbia un minimo di conoscenza del Culto della Nihaar’ì
sa che il posto della Hayeli’vo è al fianco della
Veggente. Se conosco Sery metà di quello che penso,
in questo momento starà portando Asiya al sicuro da
qualche parte in attesa che le acque si calmino”
“ E
questo cosa dovrebbe avere a che fare con il seguire me in questo momento?”
Nuova scrollata di spalle, nuova
smorfia divertita “Quando le cose si saranno calmate l’Hayeli’vo
avrà finalmente la possibilità di tornarsene da voi, dal Naphil
che più di tutti ha il compito di proteggerla e vegliare sulla sua vita.” Zaphil soprassedé con un sospiro contratto la nota polemica
nella voce dell’altro.
“...Ed è dunque stando con il Naphil in questione che avrò la maggiore possibilità di
incrociare la mia amata”
Semplice, no?
Per un attimo Zaphil
si limitò a fissare il proprio interlocutore con un misto di indecisione e
incredulità assieme.
No. Affatto.
Quante obiezioni avrebbero potuto
esserci al discorso dell’uomo? Certamente abbastanza per negargli qualunque
tipo di affiancamento in quella spedizione. Nessuna di queste però riusciva a
prevaricare il fatto che fino a quel momento -pur sotto ricatto - Virel era stato a suo modo un compagno leale. E che il suo
senso di giustizia e fedeltà andavano ben oltre quello della maggioranza delle
persone di Arryan.
“Hai la minima idea del perché io
stia andando ad Anaphantum?” chiese Zaphil senza mascherare una nota amara. All’altro non
sfuggì il passaggio dal “voi” al “tu”. Sorrise.
“C’ero anch’io al Tempio dei
Tintori...”
“Non ho detto questo” si stizzì
il Naphil
“...e ricordo bene di aver
sentito la Gunar Arvasti
dire che è per merito delle Volpi che io e Sery ci
siamo ritrovati a recitare il ruolo di pedine in questa assurda faccenda di
Palazzo. Sarà un piacere per me ringraziarle di persona per il servizio reso”