Just a Gigolò

di Vera_D_Winters
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 Il mercenario dai capelli rossi prese il denaro senza alcuna esitazione e lo mise nella tasca nascosta sotto il mantello, muovendosi per uscire da quella casa. La donna però gli buttò le braccia al collo nel tentativo di rubargli un bacio, che lui tuttavia le negò.
Il tempo per cui lei aveva pagato era terminato, e da lui non poteva avere più nulla.
Queste erano le regole.
Ichiji si dedicava a quelle nobili sole e prive di gioie dietro un lauto compenso, ed in quel lasso di tempo compiva la sua recita di gentiluomo, o di dominatore, o di amante passionale, quale che fosse il desiderio della cliente di turno, ma una volta portato a termine il lavoro, lui toglieva la maschera e tornava ad essere il solito mercenario freddo, calcolatore e spietato.
Che il sesso e le barbariche uccisioni cui prendeva parte per lui non avessero alcuna differenza, la diceva lunga su quanto fosse stato accurato il lavoro di suo padre nel silenziare le sue emozioni prima ancora della sua nascita.
Anzi, forse Ichiji provava più eccitazione nel combattere che nell'amplesso. Ed anche questo la diceva lunga sul grave stadio di sociopatia che lo affliggeva.
Ad ogni modo lasciò la casa della nobile dietro le sue noiose proteste, e tornò sulla nave su cui i suoi fratelli lo attendevano.
Niji sapeva di quel suo lavoro extra, Yonji lo sospettava, Reiju forse fingeva di non vedere.
Reiju... 
Una volta sulla nave le sfilò davanti, conscio di avere ancora addosso il profumo troppo dolce e fastidioso della donna che aveva scaldato il suo giovane corpo, quasi a sfidarla, ma lei come sempre, chiuse tutto dietro un blando sorriso.
«Bentornato, Ichiji.»   
Lo accolse semplicemente prima di passare oltre, diretta verso il fratello dai capelli verdi.
Ebbene che altro si sarebbe potuto aspettare?
Gelosia?
Si.
«No.»   
Quella sillaba la pronunciò con odio, mentre cercava con le parole di sovrastare i propri pensieri.
Ichiji viveva la sua vita come una grande ed unica partita a scacchi dove le pedine non erano altro che le sue stesse azioni e i suoi stessi pensieri, imbrigliati, calcolati fino al millesimo, ponderati  in ogni più piccola sfaccettatura. Lui era lo stratega di se stesso, un uomo mosso da pura logica e razionalità.
Non conosceva l'istinto, non conosceva l'emozione.
O almeno così avrebbe dovuto essere, e così era fino a quando però non si trattava di Reiju. Allora lì qualcosa in lui scattava inesorabilmente.
Ma non si era messo a fare il gigolò per lei... assolutamente no. Erano solo soldi. Solo ed esclusivamente soldi.
O almeno era questo che si ripeteva, fin quasi a farsi venire la nausea.

 

Reiju lo vide scendere dalla nave quella notte, e una punta di dubbio l'assalì.
Possibile che avesse una cliente a quell'ora? O che vi fosse una missione notturna di cui non le era stato detto niente?
No... stava andando da qualche altra parte. Ma dove?
Istintivamente lo seguì.
Ultimamente Ichiji aveva qualcosa che non andava e lei... lei voleva bene ai suoi fratelli, benchè nella sua famiglia quella parola non andasse pronunciata mai. Ma cosa poteva farci se lei era stata modificata solo nel corpo e non nel cuore?
Fingeva di essere come gli altri tre, ma era molto più simile a Sanji di quanto avrebbe ammesso mai.
Ad ogni modo in quel momento, il problema era Ichiji.
Lo seguì silenziosamente, attenta a non farsi scoprire mai, e alla fine lo vide raggiungere un luogo piuttosto malfamato, una taverna dove i pirati si fermavano spesso a fare i balordi e gli ubriaconi.
La donna dai capelli rosa lì dava troppo nell'occhio, perciò balzando sul tetto di una casa vicina, continuò a spiare il fratello da quella posizione.
Inizialmente credette che fosse andato lì in cerca di rogne, di una rissa per passare il tempo e calmare i suoi impulsi più violenti, ma non appena vide il rosso al piano superiore, seguito a ruota da una donna alquanto discinta, Reiju comprese che le sue intuizioni erano state totalmente errate.


Ichiji di solito era quello che veniva pagato per fare sesso, ma non appena si era accorto che Reiju lo stava seguendo, l'insana voglia di scuoterla e farle male aveva preso possesso di lui, e alla fine aveva optato per andare in quello squallido bordello.
La donna che gli era stata venduta per la notte era anche graziosa se la si guardava bene, ed anche lui come i suoi fratelli subiva il fascino delle belle donne, sebbene fosse più controllato, e tuttavia non era sufficiente.
E dato che quella sera era lui a pagare, decise di prendersi il sesso come piaceva a lui, ovvero un amplesso fatto di sottomissione e lividi.
Dopotutto se doveva sconvolgere colei che ancora lo stava guardando, doveva dare il peggio di sè. O il meglio. Dipendeva un po' dai punti di vista.
Per questo senza curarsi di quanto gelido potesse essere il suo sguardo cremisi e di quanto timore avesse in quel momento la prostituta, si mise semplicemente a sfogare la sua frustrazione più nera, pensando però che la donna che stava per possedere avesse corti capelli rosa, labbra carnose e insolenti e occhi azzurri come il cielo d'estate.


Reiju se ne voleva andare. Davvero.
I suoi piedi però la portarono a scendere fino al balcone del bordello, così da poter osservare più da vicino la scena che si svolgeva nella stanza in penombra, semi nascosta dalle tende sporche che fingevano di dare privacy ai clienti di quel luogo di depravazione.
La pallida schiena nuda del fratello riluceva ancora più nivea sotto i raggi della luna calante, e le lacrime sul viso della donna spiccavano lucide e nitide.
E nonostante stesse piangendo non sembrava non godere del trattamento che Ichiji le stava infliggendo.
Anche se era bendata da un lembo di raso nero e la sua bocca era stretta e silenziata da un laccio dello stesso colore, il modo in cui dimenava i fianchi rotondi ed andava in contro ai movimenti del fratello, dicevano palesemente che ne voleva ancora.
Era davvero così bravo?
Tutta la pratica fatta con quelle donne da quattro soldi cui si concedeva per denaro aveva dato i suoi frutti?
Non erano domande che lei si sarebbe dovuta fare, eppure come ipnotizzata lei non distoglieva lo sguardo, ed anzi avida si era sporta in avanti, osservando la spina dorsale del rosso flessa in avanti, i fianchi che pompavano avanti e indietro mentre con le braccia muscolose teneva immobile la donna. I calzoni erano abbassati lasciando intravedere anche la parte più bassa del suo corpo, anche se non si era spogliato del tutto.
E le scapole...le scapole si inarcavano ad ogni spinta, la schiena si tendeva, i muscoli si gonfiavano e si rilassavano ad un ritmo sempre più veloce e implacabile.
Il respiro della donna si fece accelerato assieme a quello di colei che stava sotto i dettami del rosso.
Allora Reiju si portò una mano alle labbra, incredula, spaesata, atterrita.
Si stava chiedendo quante altre donne avessero subito quelle stesse attenzioni, quanti altri corpi lui aveva saputo mandare all'apice del piacere carnale, quante erano state sottomesse e quante avevano sottomesso lui.
Si stava chiedendo se lui avesse provato qualcosa in quei momenti, o se era stata solo la sua biologia a farla da padrona.
Se quei succhiotti che cercava di nascondere gli avessero dato fastidio, o se li avesse cercati. Se anche lui avesse lasciato qualche marchio sulle sue clienti, o se quei rapporti erano dovuti rimanere segreti.
E mentre lei improvvisamente si tormentava con tutte quelle domande a cui probabilmente non avrebbe mai avuto risposta, la donna, la prostituta, smise di dimenarsi, visibilmente soddisfatta dal trattamento ricevuto. Ichiji invece le regalò un'ulteriore ultima spinta, e solo in quel momento la sorella si rese conto che lui era girato esattamente verso di lei.
I loro sguardi si allacciarono e lei sentì la propria pelle andare a fuoco.
Le labbra di Ichiji erano lucide degli umori saggiati dal corpo della donna, i suoi occhi erano stranamente accesi di una luce primordiale, e la sua bocca aveva appena pronunciato il suo nome.
Lo aveva letto perfettamente.
Senza pensarci la ragazza finalmente trovò la forza di schiodarsi da quel balcone e corse via, cercando di dimenticarsi immediatamente della visione del fratello in quel preciso istante. L'istante in cui il suo volto era stato trasfigurato dall'intenso piacere di un corpo che finalmente trova la quiete dopo l'eccitazione massima.
Corse via da quella visione, corse via da ogni cosa, cercando di uscire persino dalla propria pelle ancora formicolante.
Aveva sbagliato Reiju.
Aveva sbagliato a seguirlo, aveva sbagliato a guardare... aveva sbagliato a desiderare.





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