Figlio di Erebor – I’ll follow you until my last breath

di Tigre Rossa
(/viewuser.php?uid=260581)

Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


 

Capitolo 3 – Primi lividi

 

 


 

 

 

 

Un livido è una lezione e ogni lezione ti rende migliore.

-   Trono di spade

 

 

 

 

Bilbo si abbassò appena in tempo per evitare un pugno diretto al suo viso. Si spostò indietro con un salto per non farsi colpire da un calcio circolare, e subito afferrò la gamba tesa e la tirò con tutta la forza che aveva, cercando di fargli perdere l’equilibrio. Ma non bastò; la gamba si liberò quasi all’istante con uno strattone e il piede mirò al suo volto. Lo hobbit parò l’attacco d’istinto incrociando gli avambracci di fronte al viso, si spostò di lato e cercò di tirare un calcio al ginocchio dell’altra gamba. Parve funzionare, perché l’avversario cadde a terra sul ginocchio colpito, ma prima che il ragazzo potesse attaccare di nuovo usò l’altra gamba per eseguire una spazzata improvvisa e farlo cadere a terra. Poi, gli saltò addosso, gli bloccò entrambi i polsi al pavimento con una mano sola e con l’altra iniziò a fargli il solletico al fianco destro.

Bilbo scoppiò a ridere, senza riuscire a fermarsi “Dis, smettila! H-hai vinto, hai v-vinto!” gridò tra una risata e l’altra, mentre la bionda figlia di Thrain continuava imperterrita a solleticarlo, ora con entrambe le mani.

Dis ghignò, vittoriosa “Nessuna pietà per i perdenti ‘ilbo, dovresti saperlo.” esclamò trionfante, mentre le risate dell’amico diventavano sempre più forti.

“D-dis, dai!” balbettò di nuovo, ormai praticamente piegato in due a forza di ridere, ma la ragazzina non voleva saperne di smetterla.

“'ikhuzh, namadith.” ordinò placidamente una voce dall’altra parte della stanza, cogliendo di sorpresa entrambi. “Se continui così, non avrà più fiato per domani.”.

La nana si voltò nella direzione della voce, scivolando giù dal corpo dello hobbit, che mi mise a sedete tentando di frenare le ultime risatine. “Sei il solito guastafeste, nadad.” sbruffò, fingendosi più seccata di quanto in realtà non fosse “Ci stavamo divertendo un po’, tutto qui.”.

Thorin scosse divertito la testa, chiudendosi la porta alle spalle “L’ho visto.” commentò, per poi chiedere in tono appena più serio “Comunque, chi è che vi ha detto che potete allenarvi nella mia stanza quando non ci sono?”.

Dis alzò le spalle “Nessuno.” rispose con molta semplicità “Di solito stiamo da Frerin, ma ha lasciato la sua camera chiusa a chiave e in salotto c’è Adad che si è addormentato su un libro. E poi qui c’è molto più spazio, la tua camera è tre volte più grande della mia, cosa che trovo profondamente ingiusta.”

Il fratello alzò gli occhi al cielo, mentre si toglieva di dosso la tunica sporca da un intero pomeriggio nella forgia “Credo che dovrò iniziare a chiudere a chiave anche io, d’ora in avanti.” disse, raggiungendo un baule e cercando all’interno qualcosa di pulito da indossare “E comunque è perfettamente giusto che la mia camera sia la più grande. Sono il maggiore, ricordi?”.

La bionda sbruffò “Ci pensi tu a ricordarmelo costantemente.” replicò, per poi alzarsi e porgere una mano all’amico per aiutarlo a fare altrettanto “Da quanto eri alla porta, in ogni caso?”.

Il principe trovò una tunica di un azzurro tendente al grigio e la indossò “Da un po’. Eri troppo presa a cercare di evitare le gomitate e le ginocchiate di Bilbo per notarmi.” disse alla sorella, per poi rivolgersi allo hobbit “A proposito, ghelekhmez, akhûnith. Sei migliorato davvero molto.”.

Le guance di Bilbo si colorarono appena di rosso “Âkminrûk zu.” mormorò, preso alla sprovvista da quel complimento gentile.

Dis lo guardò con aria divertita, prima di tirargli una gomitata nelle costole “Ora non montarti la testa, ‘ilbo. Ti ci vorrà ancora molto lavoro per essere abbastanza abile da diventare il mio scudiero.” lo prese in giro, per poi scompigliargli affettuosa i capelli, ormai sempre più ramati che scuri. “E’ diventato bravo il mio allievo, non è vero?” osservò orgogliosa, facendo sorridere un sempre più imbarazzato Bilbo.

 

Da quando la più piccola della famiglia reale aveva iniziato l’addestramento, aveva anche cominciato ad insegnare all’amico tutto quello che imparava giorno dopo giorno.

Ufficialmente la ragione era quella di volere qualcuno con cui allenarsi anche fuori dalle sale, ma in realtà Dis era rimasta profondamente turbata quando Bilbo era stato aggredito e picchiato senza pietà, e non voleva in alcun modo che ciò si ripetesse ancora. Conosceva il disprezzo che molti degli abitanti di Erebor, sopratutto i ragazzi della sua età o anche più grandi, provavano per lo hobbit, ma non avrebbe mai immaginato che potessero arrivare a tanto. Era furiosa con se stessa di non essere stata lì quando era successo e si era ripromessa che non solo avrebbe fatto di tutto per proteggere Bilbo da quel momento in avanti, ma che avrebbe anche fatto in modo che lui potesse tenere testa a tutti coloro che avrebbero provato a fargli ancora del male.

Certo, questo solo dopo aver cercato Goind e la sua banda con Frerin ed avergliela fatta pagare. Era stato parecchio gratificante mantenere la promessa di qualche ora prima e fargli saltare ben tre denti.

Dopo ovviamente i loro genitori avevano avuto da ridire, ma suo padre aveva gestito la situazione con un controllo e una freddezza assolute. Quando il padre di Goind era andato da lui per lamentarsi della violenza dei suoi due figli più giovani, Thrain aveva tirato fuori la treccia tagliata di Bilbo, che Goind stringeva ancora in mano quando Dis l’aveva colpito. “Questa non è violenza, forse? Vostro figlio ha attaccato un bambino, un ragazzo più piccolo di lui che non ha ancora iniziato ad addestrarsi. L’ha attaccato con ferocia, in netta superiorità numerica e sopratutto senza alcun motivo se non un odio incondizionato.” aveva detto, il viso solitamente gentile colmo di silente indignazione “Non so che educazione abbiate dato a vostro figlio, ma nessun nano degno di questo nome può ferire un innocente e farlo passare per una cosa giusta. Il nostro primo valore è l’onore, prima ancora della forza. Senza onore, la forza non vale nulla. E non c’è niente di onorevole in quello che ha fatto. I miei figli hanno sbagliato ad essere così impulsivi, ma hanno agito per un amico e in nome di chi non poteva difendersi, e hanno dimostrato di sapere cosa significa essere dei veri nani di Erebor. È tempo che anche Goind lo impari.”. Erano state parole dure, che avevano cancellato l’arroganza di quel padre dagli occhi bendati e che avevano fatto sorridere Dis, ma nel sentirle si era ripromessa di far sì che Bilbo non potesse più essere considerato ‘uno che non poteva difendersi’.

Non aveva mai detto tutto questo all’amico, né gli aveva mai rivelato il vero motivo delle loro lunghe ore di allenamento. Ma lui aveva capito lo stesso e le era segretamente grato per quello che faceva per lui. Per mesi e mesi l’aveva ascoltata ed osservata mentre gli spiegava come tirare un buon pugno, come evitare un calcio, come affrontare un avversario più grande di lui e come cadere senza farsi male. Aveva imitato i suoi attacchi e le sue parate e aveva lottato con lei nelle stanze dei suoi fratelli, che li tenevano d’occhio affinché non si facessero male e ogni tanto gli davano qualche consiglio. Pian piano, aveva appreso tutto quello che Dis poteva insegnargli, anche se era stata dura. Non aveva la sua forza, era grande praticamente la metà di lei e così naturalmente aveva iniziato a collezionare lividi su lividi. Ma questo non gli dispiaceva, anzi. Ogni livido era segno che aveva lottato e che, anche se non aveva vinto, era stato abbastanza forte da combattere e resistere. E poi, dopo quello che aveva affrontato con Goind e la sua banda, i lividi violacei e giallognoli che gli coloravano braccia e gambe non gli sembravano poi una grande cosa.

Era terrorizzato da loro, da quando era stato attaccato. Li evitava sempre e comunque, anche se da quel giorno non l’avevano più toccato; sapevano che se avessero fatto del male al cucciolo dei Durin, così ormai lo chiamavano, ‘i marmocchi reali’ non avrebbero esitato a restituire ogni singolo pugno, calcio o colpo. Ma, grazie al piccolo e costante addestramento con Dis, la sua paura irrazionale era pian piano diminuita, anche se non scomparsa. Aveva preso consapevolezza del suo corpo minuto e l’apprendere sempre nuovi modi per difendersi anche contro a qualcuno più grande di lui l’aveva aiutato ad avere più sicurezza e fiducia in sé. Non era certo un guerriero, ma se un giorno di questi gli altri l’avessero di nuovo attaccato, lui avrebbe saputo come vendere cara la pelle. O almeno ci avrebbe provato.

 

“È vero, è diventato molto bravo.” concordò Thorin, annuendo appena “Credo che andrà bene domani.”.

Bilbo deglutì, a disagio. Domani avrebbe compiuto dieci anni e questo, per lui, significava solo una cosa: l’inizio dell’addestramento vero e proprio.

Dis notò la sua tensione e gli avvolse un braccio attorno alle spalle, con fare protettivo e rassicurante “Io non credo, nadad.” disse, sicura “Io so che andrà bene. Lascerai tutti a bocca aperta, ‘ilbo. Ne sono certa.”.

Il piccolo sorrise, un sorriso esitante ma speranzoso, il sorriso di chi teme e desidera con tutto se stesso qualcosa da lungo tempo inseguito nei propri sogni. “Mi basta lasciare te a bocca aperta, Dis.” fu la sua risposta, abbastanza decisa da non sembrare forzata. Doveva avere coraggio, doveva assolutamente avere coraggio e non indietreggiare di fronte a nulla; aveva promesso a se stesso di non permettere più a niente e nessuno di fargli paura. No, lui non poteva avere paura. Soprattutto non ora che la sua vita, la sua vera vita, stava per iniziare.

La ragazza ridacchiò e gli fece la linguaccia “Non puntare troppo in alto, hobbit.” ribatté scherzosa, rifilandogli un’altra dolorosa gomitata “Nulla può stupire me, lo sai fin troppo bene.”.

“Vedremo.” replicò il più piccolo, dandole una spinta scherzosa “Non essere troppo sicura di te, mia signora. Sarà ancora peggior dover ammettere di esserti sbagliata, domani.”.

Dall’altro parte della stanza, il principe dovette soffocare una risata.

 

 

~~~~΅΅~~~~

 

 

Quando Bilbo si svegliò il giorno dopo, suo madre era già alzata da ore, a preparare una delle sue superbe colazioni di buon compleanno. Belladonna era bravissima a cucinare, l’unica cosa da hobbit che le piacesse fare, e suo figlio adorava mangiare, l’unica cosa che hobbit e nani avevano in comune. Così, fin dai suoi primissimi compleanni, lei si alzava di buon’ora e preparava una colazione speciale con tutte le cose preferite dal figlio; biscotti al cioccolato, crostate di mele, torte alle fragole, dolcetti al limone. Era tutto sempre buonissimo e il piccolo adorava quella tradizione, eppure quella mattina, nonostante la fame e il profumino invitante di tutte quelle delizie, si sedette a tavola e rimase a fissare il piatto senza toccare nulla.

La donna sospirò e gli scompigliò con dolcezza i capelli “Lo so che sei nervoso tesoro, ma devi mangiare un po’. Ti servono tutte le energie possibili, oggi.”.

Il bambino annuì, sapendo che aveva ragione, e si sforzò di mandare giù una manciata di biscotti ed un po’ di latte, per poi rannicchiarsi sulla sedia e rifiutarsi di mangiare altro. Bella tentò di distrarlo un po’ e farlo ridere, nonostante capisse la sua tensione e sapesse quanto quella giornata fosse importante per lui. Quello di oggi era il primo vero passo per entrare a far parte del popolo dei nani. Sapeva quanto lui ci tenesse a sentirsi come tutti gli altri bambini della Montagna e ad essere accettato come uno di loro. Quel pensiero l’aveva come ossessionato fin da quando Goind e la sua banda l’avevano attaccato, trasformando un semplice per quanto forte desiderio in una vera e propria fissazione. Sapeva che a lungo tempo tutto ciò non sarebbe stato sano, ma sperava che con l’inizio degli allenamenti avrebbe iniziato ad ambientarsi meglio ed a legare con i ragazzi nani, e così quell’obbiettivo disperato sarebbe divenuto sempre meno oppressivo. Sperava che imparasse a sentirsi a casa anche lì, in un posto che non gli apparteneva e forse non gli sarebbe mai appartenuto del tutto.

Quando giunse l’ora, lo hobbit si alzò, si sistemò al meglio la maglia scura e i pantaloni comodi che sua mamma aveva cucito proprio per quella giornata, si infilò gli stivaletti e si intrecciò i capelli in modo che una piccola treccia gli scendesse lungo il lato sinistro del viso e gli sfiorasse appena la mandibola. Poi sua madre lo abbracciò forte forte, tentando di rassicurarlo “Andrà tutto per il meglio, vedrai.” sussurrò “Stai tranquillo, comportati come se ci fosse solamente Dis lì con te e vedrai che la paura passerà.”.

Il ragazzino annuì, staccandosi piano dal suo abbraccio “Non preoccuparti, amad. Starò bene. Farò in modo che ogni cosa vada bene.” disse, sorridendole e tentando di sembrare il più calmo e fiducioso possibile.

Belladonna rispose al suo sorriso. “Lo so.” rispose, accarezzandogli dolcemente la guancia “Sei il mio piccolo guerriero coraggioso, e sono veramente orgogliosa di te.”.

Bilbo la abbracciò ancora un volta, un po’ commosso, senza preoccuparsi di stropicciarsi gli abiti o disordinarsi ancora i capelli. Poi, dopo un ultimo sorriso, corse alla porta e l’aprì, pronto per affrontare il suo primo giorno d’allenamento.

Proprio lì davanti, ad aspettarlo, stavano Dis, seduta per terra a gambe incrociate, e Frerin, che per passare il tempo giocherellava con una delle sue asce da lancio.

Lo hobbit si fermò, preso alla sprovvista. “Dis! Fre! Cosa ci fate qui?” chiese, sorpreso.

Il principe si voltò verso di lui, infilandosi l’ascia nella cintura, sorrise e spalancò le braccia, gridando un entusiasta “Sorpresa! Siamo venuti a prenderti!”.

Anche la biondina si girò verso di lui e, vedendo la sua espressione genuinamente stupita, si alzò con un salto, lo raggiunse e gli passò un braccio attorno al collo, stringendolo tanto da togliergli quasi il respiro “Non credevi veramente che ti avemmo lasciato entrare nelle sale per la prima volta da solo?” chiese in tono petulante “Allora sei decisamente più stupido di quanto sembri.”.

“Ehi!” esclamò, rifilandole una gomitata leggera nelle costole ma non riuscendo a trattenere un grande e sollevato sorriso “Io non sono stupido.”.

“Sì che lo sei, se pensavi che ti avrei abbandonato proprio ora.”  ribatté lei, allentando appena la presa “Dai, andiamo o faremo tardi.”.

Il piccolo annuì, mentre Frerin gli poggiava una mano sulla spalla e la sorella scioglieva la stretta per poi iniziare a guidarlo attraverso i lunghi corridoi.

Camminarono per un po’, visto che le stanze di Belladonna erano parecchio distanti dalle sale, e il principe approfittò del percorso per dargli alcuni consigli. “Per prima cosa ci sarà un’ora di riscaldamento come tutti i giorni, ti basterà seguire Dis e fare quello che farà lei e tutto andrà più che bene. Poi, Dwalin assegnerà i vari compiti alle fasce di addestramento.” spiegò per l’ennesima volta “Cerca di mantenere la calma in qualsiasi situazione e di pensare. Non perdere la testa e non agitarti. Sei piccolo, quindi difficile da colpire, e sei molto veloce. Evita tutti i colpi che puoi e quando devi colpire fallo in fretta e con ginocchiate e gomitate, che sono il tuo punto forte. Non stare mai fermo. Non . . . ”.

“Fallo respirare, Fre.” si intromise Dis, lanciandogli un’occhiata ammonitrice “Sei più in ansia tu che lui. ‘ilbo se la caverà benissimo.”.

Il più grande si affrettò a sorridere ed annuire “Certo, lo so. Quello che parla è solo l’ossessivo fratello maggiore che è in me e si preoccupa di tutto.”.

“Fratello maggiore? Tu sei quello di mezzo.” lo corresse la sorellina, scuotendo la testa “E preferiamo entrambi la versione di te spensierata e senza ansie infondate. C’è già Thorin a fare la parte del fin troppo protettivo fratello ossessivo.”.

Bilbo si lasciò sfuggire una risata soffocata a quella frase, che contagiò entrambi i nani, e ridacchiando come tre stupidi entrarono dalle porte delle sale.

Le sale d’addestramento erano gigantesche, le più grandi di tutta Erebor. Erano tre, tutte di dimensioni diverse. La principale era la più piccola, dove venivano addestrati i giovani nani fino al momento della loro prima uscita con il gruppo di ricognizione. La seconda, a cui si arrivava da un piccolo corridoio al lato destro della prima, era divisa in tante piccole sale predisposte per gli allenamenti individuali e di coppia dei nani fino ai cinquant’anni. La terza sala, collegata da un enorme portone al lato sinistro della principale, era la più grande, e lì veniva riunito ed addestrato l’esercito. La prima e l’ultima venivano usate prevalentemente la mattina, mentre le seconda aveva libero accesso a qualsiasi ora del giorno e della notte, sempre però sotto sorveglianza di guardie specifiche. Solamente ai soldati, agli addestratori e ai giovani nani veniva permesso di entrare; nessun altro, nemmeno il re in persona poteva entrare nelle sale. Era il posto dei guerrieri e di chi aspirava a diventarlo, di nessun altro tranne loro.

Nel vedere per la prima volta il luogo dove si sarebbe allenato tutti i giorni per i prossimi anni lo hobbit rimase a bocca aperta, i grandi occhi blu spalancati dallo stupore. Il soffitto era altissimo e scuro come l’onice, mentre il pavimento era liscio come una perla. Grandi fiaccole, poste veramente in alto, illuminavano la sala, e sotto di esse, ad avvolgerla come in un grande abbraccio, erano incisi a lettere d’oro i nomi di tutti i più grandi eroi del popolo dei nani, a cominciare da Durin il Senzamorte. Erano tantissimi, ma c’era ancora molto spazio che attendeva nuove generazioni di guerrieri da ricordare per sempre nella roccia. Lì dove la parete incontrava il pavimento erano sistemate, in un ordine solo all’apparenza confusionario, armi e strumenti d’allenamento di tutti i tipi. Asce, spade, lance, pugnali, balestre, ma anche una ricca collezione di tirapugni; c’era di tutto, in quel posto. Qualsiasi arma un guerriero avesse mai sognato era lì, pronta per essere usata.

Bilbo restò immobile ad osservare incantato la sala per un tempo probabilmente fin troppo lungo, perché Dis scosse la testa, a metà strada tra il divertito e il rassegnato, e con due dita gli sollevò il mento “Chiudi la bocca, o sembrerai ancora più stupido di quello che già sei.”.

Il ragazzino strinse in fretta la mascella, risvegliandosi dal suo rapimento, mentre le orecchie a punta gli si coloravano appena di rosso.

Fre ridacchiò e gli diede una pacca sulla spalla “Niente male, eh?” affermò orgoglioso, guardando la sala con affetto “Non preoccuparti, fanno tutti così la prima volta.”.

La principessa storse il naso “Io non ho fatto così, a dire il vero.”.

Il fratello sorrise ancora di più e le scompigliò i capelli “Solo perché tu hai il cuore di pietra, Di-Di.”.

“Non chiamarmi così!” ringhiò la piccola, strappandogli a forza la mano dalla sua testa. Si voltò verso Bilbo alla ricerca di supporto, ma lui non li stava nemmeno ascoltando. La sua attenzione era presa tutta dai ragazzi.

La sala era piena di nani di diverse età, divisi in vari gruppetti. Alcuni erano appoggiati in un angolo a chiacchierare e a fare scommesse sull’allenamento di quella mattinata, su chi si sarebbe rotto il naso per primo e chi sarebbe stato portato da Oin senza sensi. Alcuni dei più piccoli si rincorrevano e giocavano tra di loro, chiamandosi e gridando a gran voce. Un gruppo di nane si specchiava negli scudi per assicurarsi che le loro trecce fossero perfette. Un’altra mezza dozzina era seduta per terra e giocava a dadi in modo molto accesso, senza risparmiare imprecazione. Ma la maggior parte di loro, soprattutto i più grandi, si stavano già allenando. Alcuni facevano la lotta, istigati dai propri amici, altri ancora provavano qualche tiro con l’ascia da lancio, altri ripassavano i colpi con la spada spiegati il giorno prima. E lì, proprio in mezzo a loro, con una serie di pugnali nelle mani, stava Goind, circondato da tutta la sua banda, mentre cercava di lanciarne il più possibile. Ma il suo sguardo non era fisso sul bersaglio, bensì sul giovane hobbit, ed ardeva come le fiamme di un drago infuriato.

Dis strinse con forza un pugno, ma si obbligò a mantenere la calma e chiamare piano l’amico per nome “Bilbo.”.

Lui non riusciva a distogliere lo sguardo dal nano, e la bionda gli si dovette parare di fronte. Stava impercettibilmente tremando, ma i suoi occhi erano scuri e fermi, illeggibili.

“Bilbo, guardami.” comandò, con forza ma al contempo con dolcezza, e alla fine il piccolo riuscì a sollevare il viso tanto da incontrare il suo sguardo.

“Lui non può farti nulla, ora. E se ha il cervello grande anche solo come quello di uno scarafaggio, non ci proverà nemmeno. Tutto quello che può fare in questo momento è metterti paura. Ed è quello che sta già cercando di fare e continuerà a fare sempre.” mormorò a bassa voce in modo che nessuno oltre a lui potesse sentirla, nemmeno Frerin “Ma tu non devi permetterglielo. Non devi permettere a nessuno di farti paura, mai.”.

Lo hobbit rimase immobile per un lungo momento, i suoi occhi color del mare fissi in quelli profondi dell’amica, ma poi, lentamente, rispose con voce soffocata e sicura “Non ho paura. Io non ho mai paura.”.

Dis annuì e sollevò il pugno. Il ragazzo fece altrettanto, colpendole il pugno con il proprio, per poi stringerle la mano in una stretta ferrea.

“Insieme.” mormorò piano, sentendosi più sicuro che mai.

“Insieme.” ripeté la principessa, mentre un piccolo sorriso rassicurante le illuminava il viso.

Sciolsero la presa dopo qualche secondo, così in fretta che nessuno tranne Frerin si era reso conto di quello che era successo.

 Il ragazzo allora, notando la ritrovata serenità, si schiarì la voce e disse piano “Devo andare dagli altri ora. Ti affido il nostro hobbit, namadith. Bilbo, se si comporta male dalle una ginocchiata e vedrai che righerà dritto.”.

La bionda gli rifilò un’occhiataccia “Non ce ne sarà bisogno.” replicò, per poi passare il braccio attorno alle spalle del ragazzino “Ci penso io a lui.”.

Bilbo sorrise appena “Non preoccuparti Fre, in caso so dove colpire.” rispose, rifilando all’amica una leggera gomitata tra le costole che non la smosse di nemmeno un millimetro.

Il principe dai capelli dorati gli fece l’occhiolino.“Fate i bravi, tutti e due.” si raccomandò scherzosamente, prima di dirigersi verso l’angolo dove erano sistemate tutte le lance e un nano dagli occhi stanchi e i capelli arruffati stava sbadigliando.

I due lo seguirono con lo sguardo, poi la ragazza sfilò il braccio e fece all’altro un cenno con la testa “Vieni, andiamo verso il gruppo con cui mi alleno. Qualcuno di simpatico c’è, in mezzo a tutta quella marmaglia, anche se non si direbbe.”.

Lo hobbit annuì e la seguì, camminando al suo fianco e guardandosi di nuovo attorno. L’amica lo guidò per circa mezza sala, fino a raggiungere un gruppo di ragazzini con più o meno la sua età che chiacchieravano allegramente e giocava con dei ciottoli rotondi. Si avvicinò a loro, ma nessuno sembrò prestarle molta attenzione, anzi, la maggior parte di loro la ignorò completamente, mentre pochi altri le lanciarono solo un rapido sguardo.

Bilbo sapeva che Dis non aveva molti rapporti con gli altri giovani della Montagna, se si escludevano i suoi fratelli e lui. Non riusciva veramente a capire come mai, ma nemmeno lei sembrava godere di molta stima tra i ragazzi, nonostante fosse la principessa di Erebor. Forse perché era così insolitamente focosa e selvaggia, anche per un nano, e la sua forza suscitava un po’ di invidia non solo tra i suoi coetanei ma anche tra i ragazzi più grandi. E poi c’era il suo essere così diversa dalle nane della sua età, il suo ostinarsi a vestirsi sempre come un ragazzo e rifiutarsi di comportarsi come le altre. Era vero che agli occhi degli altri popoli nani e nane erano praticamente indistinguibili, ma tra loro le differenze erano abbastanza marcate. Anche la ragazze si allenavano, ovviamente, potevano scegliere della loro vita ed erano autonome ed indipendenti, ma comunque la maggior parte di loro, anche essendo delle grandi guerriere, facendo lavori maschili, servendo nell’esercito o portando una lunghissima barba, erano molto più dolci, eleganti, quasi naturalmente raffinate. Sembravano tante piccole pietre preziose, tutte colorate e luccicanti, mentre i nani erano rocce solide e appuntite. Dis, invece, sembrava mithril allo stato grezzo, ancora da lavorare ma già splendido. Era bella, nonostante non se ne curasse affatto, e con quel suo viso sottile, gli zigomi alti, gli occhi chiari e i capelli biondi spiccava tra tutte le altre. Avrebbe potuto essere benissimo scambiata per una bambina elfica un po’ troppo piccola, e qualsiasi cosa facesse o indossasse aveva sempre un’aria regale, di cui nemmeno si rendeva conto. E questo scatenava l’invidia delle sue coetanee. Ma, dall’altra parte, era tremendamente forte ed orgogliosa, combattiva e fiera, e cercava qualsiasi occasione per dimostrarlo o combinare guai. Era ancora piccola, ma prometteva di diventare tra le migliori guerriere di Erebor, e questo forse la rendeva odiosa ai ragazzi. In più era la figlia del Principe Ereditario, e ciò bastava a causare l’invidia di chiunque. E poi, c’era il fatto che fosse sempre in compagnia sua, dello hobbit, dell’estraneo, del non nano . . .

Dis, ignara dei suoi pensieri, fece un segno di saluto ad un nanetto più o meno della sua età, che quando la vide le rivolse un sorriso enorme e la raggiunse quasi trotterellando. Era alto più o meno come lei, aveva un viso buffo e due lunghe e arruffate trecce di capelli scuri che gli arrivavano a metà petto.

“Ciao, principessa.” la salutò, ma il suo tono non era né sarcastico né offensivo, ma piuttosto affettuoso, e la ragazza si limitò ad alzare gli occhi al cielo, come se fosse abituata a quel saluto ma non le desse davvero fastidio, ed a borbottare un ‘ciao’ a mezza voce.

Poi, il nano si rivolse a lui con un altro sorriso, cogliendolo completamente di sorpresa  “Ciao. Sei nuovo, vero?”.

Lo hobbit sbatté le palpebre, confuso, ma poi si affettò a borbottare “Sì. Inizio ad allenarmi oggi.”.

“Figo.”commentò il nano, sorridendo ancora di più, per poi chinare appena la testa e presentarsi, imitando allegramente i modi degli adulti “Io sono Bofur, figlio di Bomfur.”.

“B-Bilbo, figlio di Belladonna.” rispose il più piccolo, dondolandosi un po’ imbarazzato sui talloni.

Bofur annuì “Sì, so chi sei. Lo scassinatore di dolci, eh? Tu e la principessa siete famosi, in famiglia.” spiegò, indicando anche Dis con il mento, che trattenne a stento un sorrisetto soddisfatto “Mio padre vi ricopre sempre delle più colorite imprecazioni. E rimprovera sempre il mio fratellone Bombur perché non riesce mai a fermarvi.”.

Bilbo, a metà strada tra l’imbarazzato e il divertito, si passò una mano tra i capelli ricci e borbottò “Dovrebbe prendere i nostri furti come un complimento. I suoi manichetti sono così buoni che si fa di tutto per procurarseli.”.

Bofur scoppiò a ridere “Sei simpatico.” osservò quasi con soddisfazione, mentre si tirava una delle sue trecce storte “Era ora che arrivasse qualcun’altro di decente, qui. Ti avviso, a parte me e la principessa qua presente, ci sono solo una mezza dozzina di individui non noiosi.”.

Dis rise e concordò “Per una volta hai detto una cosa giusta.”. Bofur si finse indignato, portandosi le mani al petto e facendo una faccia ferita, per poi scoppiare di nuovo a ridere mentre la bionda alzava per la seconda volta gli occhi al cielo.

Bilbo non riuscì a trattenere una risatina timida, e finalmente la stretta che gli toglieva il fiato si allentò appena, lasciandolo respirare.

Forse non sarebbe stato così difficile come temeva, alla fine.

 

~~~~΅΅~~~~

 

Thorin sapeva che sarebbe stato facile trovare Dwalin, una volta entrato nelle Sale. Ma non credeva che sarebbe stato lui a trovarlo, e soprattutto non a quella velocità. Aveva appena attraversato l’ingresso quando si sentì colpire sul braccio da un pugno improvviso e doloroso, e voltandosi di scatto si ritrovò davanti un nano alto e dall’aria dura che lo guardava con una scintilla di stupore negli occhi scuri.

“Thorin, che sorpresa!” ringhiò tra i denti Dwalin, ghignando ed incrociando le braccia muscolose, già colme di tatuaggi “Cosa ci fai qui? Non dirmi che hai ripensato alla faccenda dell’apprendistato.”.

Il principe si limitò a scuotere la testa, molto semplicemente. Sapeva di doversi aspettare quell’accoglienza, dopotutto. Non gli era mai andato giù il fatto che avesse rinunciato a fare l’apprendistato lì nelle Sale. I nani addetti all’addestramento dei piccoli erano dodici, sei adulti e sei apprendisti, uno per ciascun istruttore fisso. Dwalin gli aveva proposto più volte di essere il suo, ma si era sempre rifiutato, spiegando che avrebbe passato tutta la vita a dare ordini e non voleva iniziare a farlo così giovane. Almeno per quel breve periodo voleva essere come un nano qualsiasi, impegnato in un lavoro manuale che gli facesse davvero sentire la fatica e la pesantezza di un apprendistato. Per questo aveva scelto di lavorare nelle fucine private della sua famiglia, dove suo nonno e suo padre si rifugiavano quando volevano distrarsi dalle intricate vie della politica a prendere a martellate i problemi, piuttosto che cercare di scioglierli.

“No.”

Il cugino sbruffò, come infastidito dalla sua risposta. “Avrei dovuto immaginarlo.” borbottò, per poi aggiungere con un sorriso complice “Allora, come mai se qui? L’ultima volta che sei venuto agli addestramenti mattutini dei piccoli era per tenere d’occhio quella peste di tua sorella. Sono stati tre mesi lunghissimi.”. Finse di rabbrividire al solo ricordo, asciugandosi del sudore inesistente dalla fronte.

Il corvino si strinse nelle spalle, per nulla divertito. Era un anno che lo faceva martire per quella storia, accusandolo di essere il fratello maggiore più protettivo del mondo. E se a dirlo era il fratellino di Balin, era tutto dire “Volevo assicurarmi che non si facesse male.”.

L’altro nano ghignò, scuotendo appena la testa “Io mi preoccupo più per i poverini che devono allenarsi con lei. È una furia di nana, quella.” ribatté, per poi farsi appena più serio e tirarsi la lunga barba blu, risultato della loro ultima scommessa, persa a favore del più giovane. “ Oggi c’è il suo amichetto, a proposito. Primo giorno, per lui.” mormorò, lanciando uno sguardo nella direzione del gruppo dei più piccoli, dove lo hobbit e la principessa spiccavano come due pietre colorate in una distesa di carbone.

Thorin annuì appena, senza però seguire il suo sguardo “Lo so.”.

Dwalin spostò di nuovo l’attenzione su di lui “Sei qui per questo?” domandò, studiandolo con occhi improvvisamente vigili.

“In parte.” concesse, sostenendo il suo sguardo.

Il più grande inclinò appena la testa “E l’altra parte?” insistette, non del tutto convinto dalla sua risposta.

“Voglio vedere come reagisce Dis nell’averlo con sé durante le ore di allenamento.” replicò semplicemente, perché era vero, e forse era davvero quello ad averlo spinto a scendere quella mattina, anche se non ne era del tutto certo “Lo sai quanto è protettiva con lui.”.

Il nano non riuscì a trattenere uno sbruffo divertito. “Ha parlato mamma nana.” lo prese in giro, tirandogli un altro pugno sul braccio, nello stesso esatto punto del primo “Se fosse per te, Frerin e la piccola non uscirebbero mai dalle loro stanze.”

Thorin si limitò ad alzare gli occhi al cielo “Sì, e l’intera Erebor mi ringrazierebbe per questo.” ribadì, strappando un ghigno al cugino.

“Anche questo è vero.” concesse, per poi sfregarsi le mani e dire “Allora, resti con me mentre do’ il via alle danze?”.

 

~~~~΅΅~~~~

 

 

“Ma il signor Dwalin è impazzito, oggi?” ansimò Bofur, tentando di tirarsi indietro una delle sue trecce sbilenche e allo stesso tempo non inciampare nei propri piedi stanchi.

Era passata quasi un’ora dall’inizio dell’addestramento. Avevano fatto qualche esercizio leggero di riscaldamento, flessioni e via dicendo, secondo la solita routine. Ma poi Dwalin, capo delle Sale e giovanissimo responsabile generale dell’addestramento dei ragazzi, aveva scelto di cambiare ancora una volta il solito programma, costringendoli a correre per tutta la lunghezza delle Sale per quella che era probabilmente un’ora.

“Non credo che abbia mai avuto un cervello funzionante, se è per questo.” ribatté Dis, sbruffando appena. Abituata com’era a correre in giro per la Montagna, stava sopportando meglio del compagno l’esercizio, anche se iniziava ad avere un lieve fiatone.

“Perché, non è qualcosa che fate solitamente?” domandò Bilbo, guardando sorpreso i due nani. Era quello che stava sopportando meglio la corsa, e probabilmente avrebbe potuto mantenere anche un ritmo maggiore, ma non aveva alcuna intenzione di staccarsi dagli altri.

“No, non fa parte dei nostri soliti esercizi. Noi nani non siamo fatti per le lunghe distanze. Per quello esistono i pony.” spiegò l’amico, asciugandosi con il dorso della mano il sudore dalla fronte. “E non starmi così vicino, mi fa senso vederti fresco come una rosa dopo questa ammazzata.” borbottò, tentando di fare uno smorfia scherzosa nonostante fosse troppo stanco per riuscirci.

“Risparmia il fiato, piuttosto che dire cavolate.” lo riproverò la bionda, anche se condivideva ampiamente la prima parte del suo discorso.

“Ma se non ne ho più, di fiato!” gemette Bofur.

Prima che Dis potesse aggiungere altro, si sentì la voce tonante di Dwalin gridare “Basta così!”.

Tutti i nani si fermarono di colpo e praticamente insieme, chi esclamano qualche benedizione, chi rifilando all’addestratore una serie di epiteti tutt’altro che lusinghieri. Bofur si limitò ad accasciarsi a terra a mo’ di morto, pancia sul pavimento e braccia e gambe spalancate, tra le risatine di Bilbo e sotto lo sguardo comprensivo di Dis.

Quando Dwalin gridò ancora “Tutti al centro!”, un gemito generale si levò dal gruppo, ma ognuno obbedì praticamente all’istante. Il povero Bofur ebbe bisogno dell’aiuto di entrambi i suoi compagni per alzarsi, ma alla fine anche loro si aggiunsero al grande cerchio che si stava formando attorno all’istruttore.

Bilbo si guardò attorno, un po’ intimorito, e con sua grande sorpresa notò, in un angolo remoto della sala, Thorin, con le braccia incrociate e lo sguardo serio. Sussultò appena e subito tirò Dis per il gomito, indicandole poi il fratello con il mento “Cosa ci fa Thorin qui?”.

La ragazza ci mise un po’ più di lui ad individuarlo, ma quando ci riuscì i suoi occhi si illuminarono di gioia “Sapevo che sarebbe venuto.” sussurrò, quasi vittoriosa.

“Ma cosa ci fa qui?”

“Non è ovvio?” chiese, sorpresa dall’insistenza dell’amico “E’venuto a vedere te.”.

Il piccolo spalancò gli occhi, incredulo, ma non poté dire nulla perché una voce tuonante lo riportò bruscamente alla realtà.

“Bene. Ora, oggi inizia ad allenarsi il giovane Baggins, dico bene? Dove sei, ragazzo?” ruggì Dwlin, le mani sui fianchi e un cipiglio leggero sul volto serio, mentre cercava con lo sguardo il nuovo minuscolo allievo.

Lo gobbi deglutì, ma si fece coraggio e si spinse in avanti, mentre Dis lo seguiva, un paio di passi dietro di lui, come un’ombra silenziosa “Qui!”.

Gli occhi dell’intera sala si concentrarono su di lui, e dovette fare un grande sforzo di volontà per continuare ad andare avanti e, come gli aveva spiegato Frerin, mettersi di fronte a Dwalin, in modo che potesse studiarlo bene.

Il nano si tirò appena la barba, studiandolo attentamente con quegli occhi acuti, così diversi da quelli del fratello. “Mhm. . . ti farò combattere con uno dei gruppi dei più piccoli.” decretò alla fine dopo un momento di silenzio che al bambino parve durare secoli “Credo che la fascia dai nove ai quindici mesi d’addestramento vada bene. Gli altri possono iniziare.”.

Il cerchio si spezzò con un lieve mormorio, mentre ogni gruppo, formato sulla base dei mesi ed anni d’allenamento di ogni singolo allievo, veniva raggiunto da un istruttore e un apprendista diverso. Rimasero attorno a Dwalin solo una ventina di bambini, a cui si aggiunse Frerin, il suo attuale apprendista.

Bilbo si costrinse a restare calmo e respirare, stringendo con forza i pugni, mentre attorno a sé il gruppetto borbottava eccitato, chiedendosi chi sarebbe stato a spaccargli la faccia, quel giorno.

Perché sì, era quella l’iniziazione di ogni giovane nano nelle Sale.

Il primo giorno, veniva scelto un altro allievo per confrontarsi con il nuovo arrivato, che alla fine dello scontro veniva assegnato ad una fascia d’addestramento, a seconda della propria abilità e del proprio livello di partenza. Di solito quest’ultimo non era mai completamente nullo, considerando che i piccoli nani facevano a botte da prima ancora di imparare a camminare, ma comunque raramente era sufficiente ad uscire indenni da quello scontro. Poteva sembrare un’iniziazione un po’ dura, ma per i nani non esisteva un modo dolce per fare le cose. Tu hai scelto di essere un guerriero? Allora devi essere consapevole a cosa stai andando incontro. Fine.

Dwalin batté le mani, richiamando l’attenzione di tutti. “Allora, qualcuno si offre volontario?” chiese, come da rito.

La mano di Dis si alzò prima ancora che avesse finito la frase. Il nano sbruffò, come infastidito da quel gesto.

“Non ci provare nemmeno, principessina.” borbottò un po’ rudemente, incrociando le braccia.

“Perché no?” ribatté a tono la piccola, continuando a tenere la mano alzata in alto “Se voglio combattere, lasciami combattere.”

“Per prima cosa cuciti la bocca quando ti rivolgi a me, o piuttosto che allenarti passerai la prossima settimana a pulire il casino che faranno gli altri.” la minacciò il maestro, lanciandole un’occhiata ammonitrice “E poi, se ti lasciassi combattere contro il tuo amichetto ci andresti piano apposta per favorirlo. Non credere che non lo sappia.”.

Un lieve borbottio scosse il gruppetto, che prese a commentare quell’affermazione, ma Dis si limitò ad abbassare la mano ed a fare un piccolo, gelido sorriso. “Non ha alcun bisogno che io lo favorisca. ” affermò con fierezza, e i suoi occhi penetranti cercarono quelli dell’amico per comunicargli il suo dispiacere. Avrebbe voluto essere lei la sua avversaria; non sarebbe stato diverso da uno dei loro mille altri allenamenti, e Bilbo avrebbe temuto di meno quel momento che tanto lo terrorizzava, nonostante non volesse ammetterlo.

Io ci ho provato’.

Lo hobbit annuì appena, tentando di sembrare il più tranquillo possibile.

Lo so.’.

Dwalin aspettò per qualche altro momento nuovi volontari, ma nessuno alzo la mano. “Bene, nessuno? Come siamo timidi oggi . . . d’accordo, allora uno a caso.” ringhiò, aggrottando a fronte alla ricerca dell’avversario giusto per quella nuova recluta.

Ad un certo punto i suoi occhi si accesero ed esclamò, in maniera così improvvisa da far sobbalzare il povero Bilbo  “Treccine, vieni tu.”.

Il bambino seguì lo sguardo del nano, cercando di capire chi fosse il ragazzo con quel buffo soprannome. Solo quando vide Dis impallidire e tutti gli altri fissare il nanetto che stava accanto a lei capì.

Si trattava di Bofur.

Il piccolo nano sembrava spaesato ancora più dell’amico; i suoi occhi correvano da Dis a lui per poi saettare verso Dwalin, mentre le sue mani improvvisamente sudate tiravano quasi con ansia la sue trecce storte.

“Ehm...” balbettò, senza sapere cosa fare. Era evidente che non aveva alcuna voglia di combattere contro il compagno, nonostante si fossero appena conosciuti; non era giusto, per nessuno dei due. E poi, solamente agli arroganti e agli affamati di lotta piaceva combattere in quella sorta di iniziazione; nessun’altro vedeva una qualche forma di onore o forza nel picchiare un bambino non addestrato.

“Beh, cosa stai aspettando?” lo richiamò l’istruttore, che non sembrava affatto essersi reso conto del suo disagio.

Bofur, sapendo di non poter disubbidire a quell’ordine ma sentendosi terribilmente in colpa per ciò, cercò con lo sguardo lo hobbit. Allora lui gli fece un piccolo sorriso di incoraggiamento e muovendo appena le labbra sussurrò un sincero “Tranquillo, va bene.”.

Con un respiro profondo, il nano si portò al centro del cerchio, fermandosi a una mezza dozzina di passi dall’altro. Dwalin si spostò, lasciando ai due ragazzi più terreno possibile e posizionandosi in modo da poter vedere bene lo scontro.

“Niente morsi, colpi negli occhi o alla gola, calci nelle parti basse o scorrettezze simili. Per il resto, tutto è concesso.” disse, elencando le regole del combattimento “Perde chi cade per primo a terra o chi si arrende. Ma sia chiaro, non c’è nulla di disonorevole nel cadere od arrendersi.”.

Bilbo non lo ascoltava nemmeno, teso com’era e tutto concentrato a decifrare quello che gli stava cercando di sillabare Bofur dall’altra parte “Andrò piano, promesso.”.

“Bene, potete iniziare!” esclamò l’istruttore, battendo le mani come per dare inizio all’incontro e richiamando così l’attenzione del ragazzo, che sussultò e si mise d’istinto in posizione di difesa.

Bofur sollevò i pugni per mettersi in posizione d’attacco e i due iniziarono a muoversi pian piano in cerchio, come due felini  in attesa del momento giusto per colpire.

Bilbo però non stava guardando il suo avversario; i suoi occhi erano un po’ più in là, alla ricerca di Dis e Frerin. Li trovò vicini, con i visi tesi e concentrati, ed appena incontrò lo sguardo di Dis, che sembrava aspettarlo, seppe cosa fare.

In un movimento fulmineo, spezzò il cerchio e si buttò in avanti, proprio addosso a Bofur, la guardia alzata per prevenire un possibile calcio al viso. Ma il nano era troppo spaesato da quel gesto improvviso per attaccare, e così lo hobbit approfittò della sua difesa troppo alta per tirargli un pugno nello stomaco. Non era chissà quanto forte, ma spezzò il respiro dell’altro, che per un momento rimase tramortito. Ma fu solo un momento, perché subito dopo fece per restituirgli il colpo. Bilbo però si era già spostato, portandosi alla sua destra e rispondendo con una gomitata ben piazzata appena sotto la cassa toracica. Il compagno si girò, prendendolo forte al braccio con un pugno circolare. Il più piccolo si abbassò in tempo per evitare che un secondo pugno lo colpisse in pieno viso, e approfittando di quel momento di distrazione gli fece una spazzata, facendolo cadere a terra con un rumoroso botto.

Lo hobbit rimase fermo ed ansimante per un brevissimo momento, nel silenzio generale, mentre Bofur lo fissava dal pavimento con grandi occhi stupiti e spalancati. Poi, sentendosi mortalmente in colpa, si inginocchiò accanto a lui e lo aiutò a mettersi seduto, sussurrando nervosamente “Scusami, scusami, scusami. Ti ho fatto male?”.

Un enorme sorriso comparve sul viso sorpreso del nano, che esclamò con voce entusiasta “Sì, ma che importa? Sei stato grande!”. I suoi occhi brillavano di allegria, e non sembrava affatto offeso di essere stato battuto da un novellino, nemmeno di razza nanica tra l’altro “Non credevo che gli hobbit fossero delle mini macchine da guerra!”.

Bilbo sentì le orecchie diventargli rosse dalla sorpresa e si affrettò a porgergli una mano per farlo alzare. Quando entrambi furono in piedi però, quell’infantile entusiasmo scomparve, lasciando posto allo stupore puro e semplice.

L’intera Sala era immobile, come se avesse seguito di nascosto l’intero breve combattimento e si fosse bloccata nel momento esatto in cui Bofur era caduto, troppo sbalordita per credere a quello che era appena successo. Uno hobbit che sconfiggeva un nano? Non era possibile. Non poteva essere possibile.

Sentendosi ancora di più a disagio, il piccolo cercò Dis, che gli fece un enorme sorriso, sollevando  entrambi i pollici come per dire ‘tutto ok, non sta crollando il mondo, anzi’. Accanto a lei Frerin, che tentava senza riuscirci di nascondere la sua espressione vittoriosa dietro una mano, gli fece segno di voltarsi verso Dwalin.

L’istruttore aveva un’espressione indecifrabile, come se mai in vita sua si fosse trovato davanti a qualcosa del genere “Tu, melekûnh.” fece, riferendosi al più giovane, per poi aggiungere dopo una breve pausa di silenzio “Nel gruppo dai nove ai quindici mesi d’addestramento.”.

Bilbo trattenne il fiato, senza riuscire a credere a quelle parole, e con lui buona parte della Sala.

Il gruppo dai nove ai quindici mesi d’allenamento? Lo considerava davvero allo stesso livello da chi si allenava già da un anno e più, al livello non solo di Bofur, ma anche di Dis? Lui, uno hobbit, poteva davvero competere con nani molto più grandi ed esperti di lui?

“Cosa?” esclamarono quasi all’unisono più voci “Ma non è giusto!”.

“Non può farlo.” protestò infuriato un nano dai lunghi capelli rossi, probabilmente al quindicesimo mese d’allenamento “E’ appena uno scricciolo e non ha nemmeno la metà dei nostri anni. E come se non bastasse, non è nemmeno un nano, ma uno stupido hobbit!”.

Il piccolo sentì il proprio viso andare in fiamme a quelle parole crudeli, e dovette abbassare il viso a terra, incapace di sopportare l’idea che potessero leggere l’umiliazione riflessa nei suoi occhi.

Una voce inaspettata, ferma ma severa, si fece strada tra le varie proteste, riportando un vibrante  ma gelido silenzio “Posso farlo e lo farò.” Dwalin fece un passo in avanti, fissando con intensità tutti coloro che avevano osato protestare, come se volesse incenerirli con lo sguardo. “È vero, è più piccolo e non è nemmeno un nano, eppure combatte meglio di molti di voi senza aver fatto nessun addestramento.”.

Bilbo alzò timidamente lo sguardo, sorpreso che proprio l’istruttore in persona lo stesse difendendo, e rimase ancora di più senza parole nel sentirlo continuare “Non ha bisogno di partire da zero, ha già una base. In più sa come sfruttare il suo essere piccolo e veloce, cosa che dimostra intelligenza. E purtroppo non posso dire lo stesso della maggior parte di voi.”.

Il nano si voltò verso di lui e gli fece segno di tornare nel cerchio, affermando con voce ferma “Ripeto, nel gruppo dai nove ai quindici mesi d’addestramento. E tu . . .” si girò ancora una volta di scatto, fulminando con quegli occhi spaventosi il nano dai capelli rossi “Contraddicimi di nuovo o insulta ancora una volta uno qualsiasi dei tuoi compagni, e giuro che non entrerai mai più in questa Sala. Sono stato abbastanza chiaro?”.

Il nano strinse i pugni, chiaramente arrabbiato per quella minaccia, ma si limitò a borbottare tra i denti un rabbioso “Sì, signor Dwalin.”.

L’istruttore annuì, soddisfatto “Bene. Ora Frerin vi spiegherà il lavoro di oggi.” aggiunse cambiando argomento “Quando torno, voglio vedervi tutti all’opera senza chiacchiere o lamentele. Siamo d’accordo?”.

I ragazzi annuirono e allora Dwalin lasciò il proprio posto a Frerin, che stava usando tutto l’autocontrollo in suo possesso per non saltellare per la felicità e dovette limitarsi a scompigliare i capelli a Bilbo mentre gli passava accanto.

Solo in quel momento lo hobbit, ancora incredulo, si riscosse e seguì Bofur, ancora più entusiasta di lui, verso gli altri ragazzi, che continuavano a scrutarlo con aria truce. Tutti tranne Dis, ovviamente.

La principessa gli saltò letteralmente addosso, stringendolo così forte da soffocarlo “Sei stato bravissimo, ‘ilbo!” esclamò vittoriosa, mentre gli occhi chiari le brillavano di orgoglio “Lo sapevo che avresti lasciato tutti a bocca aperta, lo sapevo!”

“Solo bravissimo? È stato fenomenale, e il mio culo ammaccato può testimoniarlo!” si intromise Bofur, ridendo e portandosi una mano sul sedere, per poi gemere “Ouch!”.

Bilbo avrebbe voluto scoppiare a ridere o dire qualcosa, ma tutto quello che riuscì a fare fu mugolare uno stentato “D-Dì, non r-riesco a r-respirare . . .”

L’amica lo mollò di scatto, ma solo per avvolgergli un braccio attorno alle spalle con fare possessivo e ribattere “Come siamo delicatucci qui . . .”

“Ordine, prego.” esclamò ad alta voce Frerin, tentando di recuperare un po’ di attenzione, senza riuscire però a nascondere un piccolo sorriso “Allora, oggi . . .”.

Dis si avvicinò all’orecchio dell’amico e gli sussurrò  piano, in modo che nessuno potesse sentirla “Indovina chi non riusciva a toglierti gli occhi di dosso mentre combattevi?”.

“Tu?”

“Ovvio, ma chi altro?” insistette ancora, con un sorrisetto monello.

“Fre?”

“Sì, e anche Thorin se è per questo. Ma non solo. Dai, usa un po’ di fantasia.”

“Non ne ho, di fantasia.” replicò, senza riuscire a capire dove volesse arrivare “Allora, chi?”.

“Goind.” rispose vittoriosa, gli occhi più luminosi che mai “E’ impallidito di colpo quando hai buttato a terra Bofur. Dubito che si avvicinerà più a te, dopo questo.”

“Davvero?” Bilbo non riusciva a credere alle sue parole.

“Aye.” gli tirò un pugno su braccio “Hai dimostrato che è sempre un errore sottovalutare uno hobbit di Erebor.”

Lo hobbit arrossì, troppo sorpreso e felice per parlare.

Uno hobbit di Erebor. . .

 

 

~~~~΅΅~~~~

 

 

Dwalin si sedette accanto a Thorin, scrocchiando il collo con una smorfia “Sapevo che il giorno in cui entrambi i flagelli di Erebor sarebbero entrati nelle mie Sale avrebbe segnato l’inizio della fine della mia sanità mentale.” sbruffò, scuotendo appena la testa.

Il principe si strinse nelle spalle “Te l’avevo detto.”.

“Sei avvisato, sopprimerò tua sorella se andrà avanti così.” lo minacciò, a metà strada tra lo scherzoso e il serio. Poi, i suoi occhi si fece pensierosi e tornarono sul piccolo hobbit, che tentava a fatica di non soffocare tra le braccia della principessa.

“È bravo. Lo è davvero.” commentò, come se li stesso non riuscisse a crederci “Come ha imparato a combattere così?”.

Thorin sospirò, tirandosi indietro un ciuffo ribelle di capelli “Diciamo che è stato costretto.” rispose, non sentendosela di raccontare veramente dell’attacco che quel piccolo aveva dovuto affrontare appena un anno prima “Ha imparato sulla sua pelle cosa significa essere diverso, tra chi la diversità non l’accetta, e in che modo difendersi a causa di essa.”.

Dwalin socchiuse gli occhi, come se stesse cercando di scorgere qualcosa di nascosto allo sguardo del mondo, ma non al suo. “Sarà, ma io vedo del mithril grezzo in lui.” Mormorò tra i denti, quasi stesse riflettendo tra sé e sé “E credo che sarà proprio quella diversità a renderlo un grande guerriero.”

“Tu dici?”

Il nano più grande annuì, sicuro di sé “Mi sono mai sbagliato su un allievo?” chiese retoricamente “Avevo detto che saresti stato il migliore spadaccino della Montagna, no?”

“Questo è ancora tutto da vedere.” ribatté d’istinto Thorin, ma senza pensarci davvero, troppo preso ad osservare con una nuova intensità quel piccolo hobbit che ai suoi occhi appariva allo stesso tempo terribilmente fragile e spaventosamente forte.

Del mithril grezzo . . .

 

 

 

 

 

La tana dell’autrice

 

Hallo!

Ok, sì, lo so, sono sparita di nuovo . . . ma cosa posso dirvi? Tra l’università e casini vari, non so più nemmeno da quanto tempo non scrivevo. E lo ammetto, ne ho sentito la mancanza davvero, davvero tanto. Diciamo che ho ricominciato un po’ per esasperazione, perché questa quotidianità mi sta letteralmente uccidendo, sia perché avevo veramente bisogno di ritagliarmi anche poche ore per me e respirare a modo mio. Avevo bisogno di tornare un po’ a casa, in questo luogo che amo tanto e conosco più di me stessa.

 

Allora, torniamo al capitolo, che è la cosa più importante . . .  Mi sono divertita tantissimo a scriverlo, perché finalmente Bilbo inizia a crescere ed a diventare colui che è destinato ad essere, ed ho potuto introdurre anche un paio di personaggi che amo troppo e che in questa storia assumeranno sempre più importanza man mano che andiamo avanti con i capitoli.

Senza dubbio la cosa che ho amato di più è stata descrivere i combattimenti corpo a corpo; è una cosa che non facevo da un po’, ma devo ammettere che mi è mancata terribilmente. Ho praticato arti marziali per tre anni, per cui ho cercato di usare tutte le mie competenze in materia –senza trasformarli in piccoli ninja cazzuti, eh-. E, lo ammetto, mi sono divertita tantissimo.

Non so quanto spesso potrò aggiornare –motivo: sessione invernale e probabile esaurimento nervoso-. Ma, anche se non potrò farmi viva, vi prometto di continuare a lavorare e a sfornare piccole cosine il più spesso possibile.

A presto -spero-

T.r.

 

P.s.: Ah, Dwalin ha la barba blu perché nel libro Tolkien lo descrive con la barba blu e mi sembrava una cosa troppo simpatica da non inserirla, anche se solo momentaneamente. E poi, da ragazzo lo immagino come il tipico ragazzo casinaro e duro, quindi un aspetto un po’ insolito ci sta troppo, almeno nella mia testa. E lo ammetto, l’idea di farlo blu mi faceva scasciare dalle risate.

 

 

 

 

Pillole di Khuzdul

 

'ikhuzh : Basta

Namadith : Sorellina

Nadad:  Fratello

Adad  : Padre

Ghelekhmez : Ben fatto

Akhûnith :Piccolino

Âkminrûk zu : Grazie

Amad : Madre

Melekûnh : Hobbit

 

 





Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3728058