Il treno 201718 è in partenza dal binario 12

di Rohchan
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5- Ogni passo è una scelta, ogni passo fa l'impronta, quante cose spegne la prudenza (Ligabue)

 

Per essere folle, lo era stata.

La sera prima aveva infilato nella tasca della sua giacca una lettera, ripiegata così tante volte da aver preso le dimensioni di una carta da gioco.

Aveva cercato di essere diretta, ma senza mettergli paura. In due fogli aveva fatto stare un mondo di sentimenti, ed ora era seduta al bar della stazione, in attesa. Erano quasi due ore che aspettava, e la pioggia che scendeva oltre i vetri della stazione la faceva sentire particolarmente malinconica.

Come se l'universo avesse già deciso ciò che doveva accadere.

 

Sarò qui fino alle undici e un quarto, aveva scritto, seduta al bar della stazione, vicino al binario 1, e aspetterò. Ieri sera ho mentito sul mio orario di partenza, ma non avevo il coraggio di dirti a voce la verità. L'ho fatto perchè...

...

se vorrai venire, io sarò qui ad aspettarti, e sarò pronta ad ascoltare qualunque cosa tu voglia dirmi. In caso contrario, sparirò dalla tua vita e potrai considerare ciò che hai letto in queste righe come i vaneggiamenti di una ragazzina, e farne ciò che vorrai.

In entrambi i casi, grazie.

 

L'orologio della stazione segnava le undici meno cinque, e sul tavolino davanti a lei c'erano una brioche intatta e una tazzina di caffè, di cui aveva bevuto solo un sorso, ormai gelato.

Se fosse andata bene, si era detta, avrebbe avuto una cosa meravigliosa da portare con sé nel nuovo anno; se invece fosse andata male, l'anno era quasi finito, e lei avrebbe chiuso i suoi sentimenti con l'ultima notte, guardandoli scoppiare nel cielo insieme ai fuochi artificiali.

Aveva frugato nella borsa fino a trovare un fazzolettino di carta, e si era soffiata il naso.

 

Undici e cinque. Di lui ancora nessuna traccia. Aveva gli occhi piantati sulle scale che salivano in stazione, il cuore un uccello impazzito nella gabbia delle costole.

 

Undici e otto minuti. Una signora era venuta a chiederle una sedia in prestito, e lei aveva abbozzato un sorriso. La signora le aveva augurato buon anno, e lei aveva risposto allo stesso modo, la bocca così secca che si era sorpresa di essere ancora in grado di articolare dei suoni.

 

Undici e dieci minuti. Un cameriere era arrivato, chiedendole se poteva portare via la tazzina. Lei gli aveva chiesto, per favore, un sacchettino in cui mettere la brioche. Lui aveva sorriso, e dopo appena un momento era tornato con un sacchettino bianco e lei ci aveva messo dentro la brioche, le mani che tremavano di freddo e tensione.

 

Undici e dodici minuti. Si sentiva gli occhi appannati, e non si era stupita quando, sbattendo le palpebre, due grosse lacrime erano cadute sullo schermo del cellulare che teneva in grembo, aspettando...non sapeva nemmeno lei cosa aspettarsi davvero.

 

Undici e quattordici minuti. Il treno partiva alle undici e venti, ed era ora, per lei, di andare al binario. Si era alzata dalla sedia e aveva preso in mano la borsa, che aveva appoggiato per terra lì accanto. Ci aveva messo dentro il sacchettino con la brioche, e tirando su col naso aveva fatto un passo verso lo spazio aperto oltre i tavolini del bar.

 

E allora si era sentita fermare dolcemente da qualcuno che le aveva poggiato una mano sulla spalla.

 





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