Hit
the
Floor 4
Epilogo
Gojyina
–
Devil, stai lontana da quelle tartine! –
Sibilò Jude, puntandole un mestolo contro. – Qualcuno la controlli,
prima che
mangi tutto. Gideon?
–
Arrivo, arrivo! – Borbottò il giocatore,
scendendo le scale.
– E non
correre! È pericoloso!
– Sì,
mamma! – Lo prese in giro,
baciandolo prima che potesse insultarlo.
– Che
schifo! – Si lamentò Sean, tirando
fuori il naso dal suo libro sui dinosauri.
–
Invece di lamentarti, vai a controllare
le tue sorelle. – Disse il biondo.
– Quali?
–
Tutte! Gli ospiti arriveranno a momenti.
– La
torta è pronta, le tartine anche,
dovrebbe esserci tutto. – Borbottò Jude tra sé, passando lo sguarda dal
tavolo
della cucina al frigorifero e viceversa.
– Ehi,
va tutto bene. Ogni volta che c’è
un compleanno temi di aver dimenticato qualcosa! – Lo prese in giro,
riuscendo
a farlo ridere.
– Hai
ragione. – Ammise, posando la fronte
contro la sua spalla. – Gideon?
– Mmm?
– Ci
sarà anche Ahsha con le bambine. Se
dovesse passare anche Derek…
– Mi
saprò comportare da perfetto padrone
di casa. – Promise. – Non rovinerò il compleanno di Amy.
– Dieci
anni, mi sembra ieri quando usava
quell’orso gigante come letto. – sussurrò Jude incredulo. – Ricordi?
Quei
peluche giganteschi che Michael aveva regalato a lei e alle gemelle.
Erano così
ingombranti!
– E
Matt che ne ha quattordici, allora?
Stanno crescendo così velocemente che non ho il tempo di stare al loro
passo.
– Tra
qualche anno li avrai a tempo pieno.
– Gli ricordò, accarezzandogli i capelli biondi. – Sei ancora troppo in
forma
per lasciare il basket.
– Parli
da marito o da presidente? –
Indagò increspando la fronte.
–
Entrambi! – Sorrise, baciandogli le
labbra. – Vado a controllare le gemelle. Proteggi le tartine, ti prego!
–
Signorsì, signore! – Lo prese in giro,
scuotendo mestamente il capo.
Come al
solito suo marito si preoccupava
troppo. Di tutte le possibilità valutava sempre le peggiori. Cosa
avrebbe mai
potuto andare storto in una festa di compleanno?!
Arrivati
gli ospiti furono servite tartine
per gli adulti e panini per i bambini. Avevano invitato alcuni compagni
di
scuola di Amy, oltre che i figli dei giocatori dei Devils con i quali
aveva più
confidenza.
Sfruttando
la bella stagione, avevano
organizzato la festa in piscina, dove i bambini giocarono sino a quando
non fu
il momento di tagliare la torta.
Matthew
fu costretto a tenere Devil quasi
in braccio, per paura che saltasse su di essa.
I
bambini giocarono ancora un paio di ore
prima che cominciassero ad andare via.
Era
quasi il tramonto quando Jude si mise
a ripulire il giardino ormai vuoto.
– Ehi,
ci penseranno domani i Vega. – Gli
ricordò suo marito.
– Levo
solo il grosso o Devil ce lo
porterà in casa. Dove sono i ragazzi? – Chiese, chiudendo un sacco
pieno di
carta regalo strappata.
– Le
ragazze stanno guardando i regali di
Amy in camera sua e Matt sta ascoltando la musica nello studio.
– E i
gemelli?
– Non
saprei, penso in camera loro.
– Sono
avanzati due vassoi di tartine e
uno di panini, lascerei quelli per cena. Ma non so se ne
abbiano
voglia.
– Vado
a chiede. Torno subito. – Zero
rientrò in casa e salì al piano superiore. – Ehi, ciurma? Per cena
abbiamo
ancora tartine e panini a volontà, va bene? – Domandò posando una
spalla contro
lo stipite della porta della camera di Amy e Kim, dove le quattro
sorelle
stavano sistemando i regali della festeggiata.
Ricevuto
il loro consenso, aspettò la
risposta dei ragazzi.
Dalla
sua stanza Matthew urlò di sì, prima
di tornare ai suoi libri di matematica.
Quando
i gemelli rimasero in silenzio,
bussò alla porta della loro camera, insolitamente chiusa, e attese.
– Ehi,
piccoli ninja, state bene?
– Vai
via! – La voce rabbiosa di Sky lo
fece trasalire.
– Cosa
succede? – Chiese, aprendo la
porta.
Sean
era seduto alla scrivania e sembrava
in profondo imbarazzo. Il fratello era rannicchiato in un angolo della
stanza,
tra la finestra e l’armadio.
Da
alcuni anni il letto a forma di
macchina era stato sostituito con uno a castello. Nonostante lo spazio
in casa,
i due volevano ancora dormire in camera insieme.
–
Daddy, non penso sia un buon momento. –
Borbottò Sean.
– Dimmi
cos’ha tuo fratello e me ne andrò.
Non siamo abituati a urlarci contro.
Sky lo
guardò con gli occhi azzurri pieni
d’odio. – Dovresti dirci qualcosa tu,
invece!
– Non
ho idea di cosa tu stia parlando. –
Zero incrociò le braccia al petto, iniziando seriamente a irritarsi.
Kimberly,
decise di andare a chiamare
Jude, prima che la situazione degenerasse. Stavano urlando così forte
che
persino Matt li sentì, nonostante la porta chiusa.
–
L’altro giorno eravamo da zia Lionel e,
parlando del compleanno di Amy, le ho chiesto perché tua sorella non
sia mai
stata invitata alle nostre feste. Persino gli ex giocatori dei Devils
vengono
qui, ma lei non ci ha mai messo piede. – Sky si alzò in piedi,
fronteggiando il
padre. – Zia si è subito messa sulla difensiva e mi ha risposto dicendo
che non
lo sapeva. Era ovvio che mentisse, dato che Papa le racconta sempre
tutto!
Jude
entrò trafelato. – Che succede?
Sky gli
mostrò un foglio. – Ho cercato
nella cassaforte dello studio e ho trovato questo.
L’uomo
impallidì, riconoscendo l’atto di
nascita dei gemelli. – Sky…
–
Perché non ce lo hai detto? – Urlò, con
gli occhi lucidi. – Sei stato con la sorella di Daddy! Cos’era? Una
madre
surrogata? Un modo perverso per avere dei figli vostri? Cosa?
– No,
no! – Jude si passò una mano tra i
capelli. – Tesoro, non siete miei!
–
C-Cosa?! – Balbettò il ragazzino. – Ma
il documento…!
– Laura
ha scritto il mio nome per
facilitarci l’affidamento. – Spiegò, sedendosi di fronte a lui.
– Non
capisco.
– Ti
abbiamo raccontato di come, da
piccoli, Daddy e Laura siano stati separati. Molti anni dopo, lei ci ha
contattato. Era ancora all’università e, dopo una relazione con uno
studente
straniero, aveva scoperto di essere incinta di due gemelli. Non poteva
crescervi ma, non volendo che foste separati anche voi, ci
ha chiesto di adottarvi. Ha scritto il mio nome sul certificato di
paternità
per semplificare l’aspetto burocratico. Chiedere l’affidamento di
quelli che
risultavano, per legge, figli miei, era più semplice di una adozione.
– Ma…
perché lei non è mai venuta a
trovarci? Non ci ha voluti come figli, però come nipoti… non so…
– Mia
sorella era giovane e spaventata, –
Spiegò Zero, sedendosi accanto la marito. – Voleva solo il meglio per
voi, per
questo ci ha chiamati. Nel corso degli anni ha chiesto di voi e degli
altri
membri della famiglia.
– Ma
non è mai venuta a trovarci di
persona. Si è limitata a salutarci tramite Skype o al telefono. – Gli
fece
notare Sky.
Jude
annuì. – Credo lo abbia fatto per me.
– In
che senso? – Suo figlio era sempre
più confuso.
– Forse
pensava che potessi avvertire la
sua presenza come una minaccia. Dopotutto, per legge, lei potrebbe
venirvi a
riprendere in qualsiasi momento.
– Pensi
che lo farebbe? – Domandò Zero,
increspando la fronte.
– No,
perché sa meglio di chiunque altro
che i genitori sono coloro che crescono i figli, non chi li fa
fisicamente. Tua
madre vi ha abbandonati nella prima casa famiglia che ha trovato, senza
mai più
farsi né sentire né vedere. Laura invece ha voluto sincerarsi che i
bambini
fossero cresciuti da due persone affidabili e amorevoli. – Sorrise ai
suoi
figli. – Spero che io e Daddy vi abbiamo fatto sentire amati.
Sky
tirò su col naso prima di annuire. –
Mi dispiace di avere gridato, prima. – Bofonchiò, abbracciando i
genitori.
– Mi
dispiace non avertene parlato prima,
– sussurrò Jude, – volevamo aspettare ancora qualche anno.
– Non
importa, adesso so la verità. Zia
Laura per me resta solo una lontana parente. Non è cambiato nulla,
solo… – il
ragazzino si strinse nelle spalle, –… non lo so. Pensavo fosse schifoso
che tu
avessi avuto una storia prima con lei e poi col fratello.
Non
visto dal figlio, Jude diede un
pizzicotto sul braccio del marito, che sobbalzò gemendo.
– Stai
male, Daddy?
– Sta
benone! – Si affrettò a rispondere
il moro. – Ma non può restare seduto sul pavimenti, ha una certa età
ormai!
– Ehi!
– Sbottò il giocatore.
– Bene!
Adesso è tutto chiarito Sky?
– Sì,
mi dispiace di aver pensato male. –
Mormorò imbarazzato.
– Te lo
dico da sempre, – sbuffò il
gemello, seduto alla scrivania, – tutto questo casino solo perché sei
quello
meno ragionevole!
Jude e
Zero lasciarono i gemelli intenti a
lanciarsi i cuscini addosso e scesero in cucina per sistemare gli
avanzi della
festa.
– Non
gli avrei detto di me e Jelena. Solo
il ricordo mi dà il voltastomaco! – Si difese il biondo.
–
Meglio non rischiare. – Sospirò posando
la testa contro il frigorifero. – Mi dispiace che l’abbiano scoperto in
quel
modo.
– C’è
stato un fraintendimento e ora è
tutto chiarito.
– Sì,
ma…
– Non
puoi prevedere il futuro, Jude. Ma
abbiamo cresciuto dei ragazzi molto intelligenti. –
Gli baciò la punta del naso. – Il Team Zude può affrontare qualsiasi
difficoltà.
Venne
il tempo in cui Logan e Devil li
lasciarono, andando via proprio come erano arrivati: insieme.
Una
mattina Logan andò a dormire sotto al
patio e, nel pomeriggio, fu raggiunto da Devil che gli si accucciò di
fronte.
Fu
l’immobilità prolungata di quest’ultima
a mettere Jude in allarme.
Matthew
rimase chiuso in camera per due
giorni. I gemelli si rintanarono nei rispettivi letti senza voler
uscire, Amy e
Kim piansero per ore tra le braccia di Zero, anche lui molto provato
per la
perdita.
Bera e
Taty si aggrapparono a Jude, mentre
i tre cani si accucciarono sul lato del divano più vicino al camino, il
posto
preferito di Logan per sonnecchiare in casa.
Jude li
fece cremare insieme e sotterrò
l’urna in giardino, tra il muro e il cancello poco distante dal punto
in cui li
avevano trovati anni prima.
Quando
Matt finalmente uscì dalla sua
camera, trovò le sorelle sedute sul divano con Zero, che commentavano
le
vecchie foto di famiglia, ridendo delle espressioni buffe dei loro cani.
Entrato
in cucina strinse con forza i
pugni e tornò in sala rosso in viso.
– Dove
sono le loro ciotole?
– Cosa?
– Domandò l’uomo, non capendo di
cosa stesse parlando.
– Le
ciotole di Logan e di Devil! Dove
cazzo sono?
– Ehi!
Capisco il tuo dolore, ma modera il
linguaggio!
Attirato
dalle loro voci, Jude uscì dallo
studio per raggiungerli.
– Che
succede?
– Sei
stato tu, vero? – Ringhiò il figlio maggiore
che, a sedici anni compiuti, era alto quasi quanto Zero. – Hai preso le
ciotole
e le hai buttate via perché tanto ci sono altri tre cani, no? È quello
che hai
fatto con noi, no? Ti sei preso in casa sette randagi e se uno di noi
crepa,
tanto ne hai altri sei…
–
Matthew Robert Kinkade! – Tutti si
zittirono sentendo. Era la prima volta che sentivano Jude alzare la
voce e si
spaventarono. Persino suo marito increspò la fronte, preoccupato. – So
quanto
tu stia soffrendo, Logan è stato il tuo primo, vero, amico, ma non ti
permettere mai più di pensare che voi siate degli animali domestici,
per me e
per tuo padre. Hai capito? Hai capito? – Ripeté con tono severo.
Matt
tirò su col naso e annuì, mentre si
passava una mano sugli occhi di nuovo umidi.
Intenerito,
Jude si affrettò ad
abbracciarlo.
– Papa…
– Lo so
che ti dispiace. – Sussurrò,
stringendolo a sé. – Mancano tanto anche a me. Ma questo dolore non è
paragonabile alla felicità e all’affetto che loro ci hanno dato in
tutti questi
anni.
– Logan era il mio migliore amico. – Sussurrò, contro la sua
spalla.
–
Andiamo a sederci con gli altri. – Gli
propose, raggiungendo il divano. – Ricordare i momenti migliori è di
aiuto. –
Prese un album di fotografie e passarono insieme le successive tre ore
a
raccontarsi aneddoti. Attirati dalle loro risate, anche Sean e Sky li
raggiunsero, sedendosi sul pavimento accanto ai tre cani.
Ordinarono
la pizza e continuarono a
ridere e ricordare sino a quando non fu l’ora di andare a dormire.
– Mi
sento un po’ meglio. – Ammise Kim. –
Il peso che avevo sul petto è sempre lì, ma è meno soffocante.
– Lo
stesso vale per me, piccola
guerriera, – le sorrise Zero, – adesso andate a letto. Si sta facendo
tardi.
Entrato
in camera sentì il suono della
doccia del loro bagno privato. Aspettò quasi mezz’ora, poi decise di
bussare
alla porta. Non ricevendo risposta, entrò e sentì il suo cuore
stringersi alla
vista di suo marito, seduto sul pavimento tra la doccia e il mobile del
lavandino. La testa nascosta tra le ginocchia, stava finalmente
piangendo anche
lui per la perdita dei loro adorati cani.
Zero
chiuse la manopola della doccia e si
affrettò ad abbracciarlo.
– Va
tutto bene, – lo rassicurò,
massaggiandogli la schiena, – sei sempre il solito. Prima pensi a noi e
poi a
te stesso. – Gli baciò la cima della testa.
Era
stato intelligente a usare lo scroscio
dell’acqua per coprire il suono del suo pianto, ma il biondo lo aveva
scoperto
comunque.
–
Daddy? Hai visto la…? – Sky si zittì non
appena li vide e andò via senza finire la sua domanda.
Zero
aiutò suo marito ad alzarsi e
infilarsi sotto le coperte. Non si stupì quando, alcuni minuti dopo, i
suoi
figli entrarono nel lettone con loro.
Era la
prima volta che si trovavano loro
al centro, protetti dai loro ragazzi.
–
Abbiamo fatto bene a comprare un letto king
size. – Commentò Zero, facendo sorridere il marito.
–
Guarda che non ci stiamo più, Daddy! –
Bofonchiò Sean, schiacciato dal peso del gemello.
– Non è
colpa mia se siete alti come
giraffe! Cosa vi avremo dato da mangiare, non lo so.
– Loro
crescono e noi invecchiamo, è
normale. – Sorrise Jude, che già si sentiva meglio, avvolto nel calore
della
sua famiglia.
– Tsk!
Forse tu invecchi! Io miglioro,
come fa il vino. – Borbottò Zero, avvicinando i loro visi. – Però, lo
ammetto,
con gli occhiali sei molto, molto sexy!
–
Daddy! – Tuonarono i figli in coro, le
voci piene di disgusto.
Jude
nascose il viso sul petto di Zero per
attutire il suono della sua risata.
Il
tempo passò senza far loro altro male.
Un
pomeriggio di primavera, Kimberly tornò
a casa di pessimo umore.
– È
tutta colpa tua! – Disse a Zero,
seduto sul divano con Bera.
–
Probabile. Che è successo? – Le chiese,
posando il libro di storia della figlia.
– Deve
essere andato male l’appuntamento.
– Sussurrò la più piccola.
–
Appuntamento? Che appuntamento?!
Kim
roteò gli occhi. – Non era un
appuntamento! Ero fuori con Alyssa e Katy e abbiamo incrociato Ricky!
– Chi è
Ricky?! Perché nessuna di voi mi
risponde? – Indagò l’uomo. – Merito un po’ di considerazione, cambiavo
i vostri
pannolini!
– Che
schifo! – Le due arricciarono il
naso, mentre Taty scendeva le scale in accappatoio.
– Non
mentire. Ci cambiava Papa, – disse
andando in cucina, – perché ti veniva da vomitare.
– Non è
vero! È che giocavo e le mie mani
valevano milioni! Vi hanno raccontato male la storia! Ma non è questo
il punto!
Chi è Ricky e perché sarebbe colpa mia?!
Kim
sbuffò mentre si lanciava a peso morto
sulla poltrona più vicina. – Perché non troverò mai nessuno che mi
guardi come
tu guardi Papa, o lui guarda te, ecco perché! Morirò vecchia e sola!
– Con i
gatti! – Urlò sua sorella, con la
testa nel frigo. – Hai dimenticato i gatti.
Thor
sollevò il muso dalle ginocchia di
Bera e sbuffò infastidito.
– Vanno
bene anche dei cani. – Sussurrò,
abbracciandolo.
– Non
so di cosa stiate parlando. – Ammise
l’uomo, sempre più confuso.
Amy
uscì dallo studio con due libri in
mano.
– Che
succede?
– Il
non appuntamento di tua sorella è
andato male e sta incolpando me! – Brontolò l’ex giocatore.
– Ahia.
Niente scintilla, eh? – Capì,
sedendosi sul bracciolo accanto a lei.
– No.
Era così carino! – Si rammaricò,
abbracciando un cuscino.
Zero
guardò le due ragazze, ricordando
quando correvano per casa con le loro bambole.
Kimberly
sarebbe andata al college
quell’autunno e Amy si sarebbe diplomata entro un paio di anni.
Il
tempo stava scorrendo troppo
velocemente per i suoi gusti.
Allungò
un braccio e strinse a sé Bera,
lei e Taty avrebbero iniziato il liceo dopo l’estate.
–
Almeno ho ancora voi. – Bofonchiò,
baciandole la testa.
– Matt
ha chiamato, – disse Taty, bevendo
il suo succo di frutta, – ha detto che passerà
le vacanze con noi.
Zero
accolse la notizia con un largo
sorriso. – Papa ne sarà davvero felice.
Matthew
studiava informatica al MIT, il Massachusetts
Institute of Technology. Vista la distanza considerevole tra Cambridge
e Los
Angeles, il ragazzo riusciva a tornare a casa solo a Natale e in estate.
Stesso
discorso valeva per i gemelli che
studiavano a New York: Sean architettura e Sky legge.
Non
sapeva quale università avesse scelto
Kimberly, era stata molto reticente ed evasiva quando avevano
affrontato
l’argomento.
– Anche
Sean e Sky ci saranno. – Disse Amy
– Sarà divertente stare tutti insieme prima che… – Kim le diede una
gomitata su
un fianco. – Cioè, dopo. Dopo gli esami. Prima che riprendano i corsi.
–
Balbettò, passandosi una mano tra i capelli biondi. – Vado a fare la
doccia. –
Annunciò correndo su per le scale.
Zero
sollevò un sopracciglio. – C’è
qualcosa che dovrei sapere?
– No,
figurati! – Rise Kim, balzando in
piedi. – Vado a lavarmi i capelli. – Disse, prima di scappare via.
– State
per andare a lavarvi anche voi
due? – Indagò, guardando le gemelle.
Taty
scrollò le spalle. – Già fatto e non
so davvero di cosa stessero parlando.
–
Nemmeno io. – Disse Bera, riaprendo il
libro di storia.
Quando,
dopo la diretta televisiva, Zero
ritornò a casa, trovò suo marito steso sul divano concentrato a
respirare
dentro a un sacchetto di carta.
– Taty
prendi i sali, Papa sta avendo una
crisi! – Urlò Bera, seduta sul pavimento accanto al lui.
– Che
livello è? “Ciclo mestruale” o “Primo
appuntamento”? – Chiese la gemella dal piano superiore.
– “Concepimento”.
–
Cavolo! Sto arrivando!
– Cosa
gli avete fatto? – Si allarmò Zero
andando dal marito, senza neanche togliersi la giacca.
– Ti
avevo detto che l’avrebbe presa male.
– Sibilò Amy, dando una gomitata a Kim.
– Mi
dispiace. – Pigolò, guardando i due
padri.
– No,
no! – Protestò Jude. – Va tutto
bene. È solo che non me lo aspettavo.
Zero si
guardò attorno, confuso. – Non
tifano per i Lakers, non si drogano, non stanno per sposarsi… mi dite
che
succede?!
–
Kimberly andrà a studiare a Oxford. –
Annunciò il marito, con un velo di tristezza nella voce.
– In
Mississippi?!
– Nel
Regno Unito.
– Ah. –
I due di guardarono un lungo
istante prima di abbracciarsi. – Ricordi?
Jude
annuì. – Certo, stupido. Non importa
le scelte che faranno, noi li sosterremo sempre. – Gli sorrise,
affondando gli
occhi nei suoi.
– Ecco,
è quello sguardo! – Disse Amy. –
Nessuno ci guarderà mai così.
Jude
scosse la testa e andò ad abbracciare
Kimberly. – Sono fiero di te! Sono certo che ti troverai benissimo! Per
qualsiasi cosa, noi ci saremo sempre!
–
Grazie, Papa. Ho già avvertito nonno e
dice che ha tantissimi amici e collaboratori lì, pronti a darmi una
mano se
dovesse succedermi qualcosa. Non preoccuparti, ho le spalle coperte!
– Ne
ero certo. – Le sorrise Zero,
abbracciandola a sua volta. – Direi che puoi buttare quel sacchetto di
carta! –
Disse al marito.
– Non
lo farei fossi in te. – Borbottò Taty,
ricevendo un’occhiataccia da parte della gemella.
– Credo
che i sali serviranno comunque. –
Sussurrò Bera, con la bocca coperta da una mano.
– Cosa?
Che cosa? – Cominciò a balbettare
Jude.
– Amber
Lillian Kinkade, hai intenzione di
fargli venire un infarto? – Sbottò Zero, aiutando il marito a sedersi
sul
divano.
– Non
lo dobbiamo dire noi! E se non lo
vuole dire, non lo dirà. – Spiegò Taty, convinta di essere stata molto
chiara.
– Di
chi state parlando? – Chiese l’ex
giocatore.
– Oh,
aspetta! – Esclamò Jude, mettendosi
seduto. – Matt e… quella cosa?
Le
gemelle annuirono.
– Cosa?
Cosa?! – Sbuffò Zero,
preoccupandosi quando suo marito gli passò il sacchetto di carta.
– Credo
servirà più a te che a me.
– Come
lo sai, Papa? – Domandò Kim,
sedendosi accanto a lui.
–
Ahsha. Voi, invece?
–
Alyssa.
– Lo
immaginavo.
– Jude?
– Ah,
sì! Ecco… – si passò una mano tra i
capelli castani,
appena imbiancati sulle tempie. – Matthew e Amanda stanno insieme.
–
Amanda, quella Amanda? Amanda la figlia
di Derek? Sul serio?! – Cominciò a respirare dal sacchetto di carta. –
Non
basta l’essere stato una spina nel fianco da quando ho messo piede a
Los
Angeles? Anche come consuocero, adesso? Sul serio?!
– Era
per questo che non te lo volevo
dire. – Sospirò, aiutandolo a sdraiarsi. – Poi sarei io il
melodrammatico!
– Ma…
Derek Roman, Jude? Derek Roman?!
–
Almeno con Ahsha e le ragazze vai
d’accordo, no? Meglio che delle sconosciute. – Provò a rincuorarlo. –
Cosa
posso fare per farti star meglio, Gideon?
Suo
marito sorrise malizioso. – Dopo tutti
questi anni, me lo chiedi ancora?
–
Daddy! – Tuonarono le figlie, scappando
via con vari livelli di disgusto dipinti sul viso.
– Ehi!
Pensate che vi abbia trovate sotto
a un cavolo? – Sbottò, suscitando l’ilarità di Jude, che cominciò a
ridacchiare
contro la sua spalla.
Zero lo
abbracciò, facendosi serio. –
Londra è lontana.
– Lo
so. È molto difficile essere un
genitore, vero? Per fortuna ho te!
–
Certo, stupido! Non ti libererai di me
tanto facilmente.
– Meno
male!
Zero
salutò le figlie e chiuse la
videochiamata con un sorriso sulle labbra.
Kimberly
e Amethyst, stavano studiando entrambe
a Oxford. Saperle insieme aveva tranquillizzato un po’ tutti, anche se
la loro
mancanza si sentiva.
Da
quando le gemelle si erano trasferite a
New York per frequentare la scuola di arte e design, la casa era
diventata un
po’ troppo silenziosa. Per fortuna aveva sempre Jude e i loro tre cani.
Thor e
Hulk erano diventati molto protettivi nei confronti dei padroni di
casa, forse
temevano che potessero andare via come i ragazzi. Groot aveva preso
l’abitudine
di dormire in camera dei gemelli, dei tre era quello che sentiva
maggiormente
la loro mancanza, dato che era sempre stato con loro.
La
porta si aprì e accolse suo marito con
un ampio sorriso.
– Chi
ha chiamato? – Domandò Jude,
intuendo il motivo della sua gioia.
– Le
inglesi.
Jude
allentò la cravatta e tolse la
giacca, lasciandola sul divano prima di sedersi accanto a lui. – Sono
felice
che stiano bene.
– Ehi,
sei tornato presto. – Notò,
guardando l’orologio.
– S-Sì,
giusto. – Suo marito gli sorrise,
imbarazzato.
– Sai
che non resisto a quell’espressione.
– Sogghignò malizioso, sulle sue labbra. – La cosa positiva di avere la
casa
tutta per noi è poterlo fare ovunque.
–
Avessimo la resistenza dei vecchi tempi.
– Rise Jude, cingendogli le spalle.
– Parla
per te! Io sono ancora
giovanissimo!
– Vero.
– Sussurrò sulle sue labbra.
– Ehi,
stupido? Non distrarmi e rispondi
alla domanda.
Sospirò,
posando la fronte sulla sua
spalla. – Voglio lasciare il mio posto a Miguel, perciò gli sto
insegnando le
basi del mestiere. Oggi ho deciso di fargli affrontare un pomeriggio di
lavoro
da solo.
– Ne
sei sicuro, Jude?
– Sì. I
Devils erano un progetto di Oscar,
io volevo farne parte per i motivi sbagliati. Penso di lasciare da
quando ti
sei ritirato, ma ho dovuto aspettare che Miguel fosse pronto.
– Cosa
farai adesso, oltre a molestarmi
sul divano? – Indagò incuriosito. – Non sei mai stato il tipo da stare
con le
mani in mano.
– Beh,
qualcuno sta diventando uno showman
piuttosto richiesto. Avrà bisogno di un agente, non credi? – Sussurrò
mordendosi il labbro inferiore.
Zero
sorrise con una luce maliziosa negli
occhi azzurri. – Sul serio, Jude?
–
Perché no? Come ai vecchi tempi!
– Team
Zude più unito che mai! – Annunciò
Zero, prima di unire le loro labbra in un bacio appassionato.
Aveva
intenzione di regalare materiale per
le fanfiction e le fanart delle loro fans ancora per molti, molti anni!
Fine
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