Le Olimpiadi delle Mura

di Ellery
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Le Olimpiadi delle Mura

La fanfiction partecipa al COWT indetto da Lande di Fandom.
Missione 2, prompt: Gara.
Parole: 3015



Historia fissò la platea, dall’alto del suo trono di marmo. Schioccò le dita e subito un servitore accorse con un’ enorme foglia di fico, che prese a sventolarle davanti alla faccia. Quell’estate era davvero troppo torbida. La peggiore degli ultimi vent’anni, da quanto aveva letto sui quotidiani. Per di più, era estremamente tediosa: non c’era niente da fare, letteralmente! Faceva troppo caldo per qualunque cosa. La siccità aveva arso i campi e ridotto la produttività del bestiame;  le esplorazioni oltre le mura erano sospese, così come la caccia ai criminali nella città sotterranea. La guarnigione passava più tempo a bere all’ombra del Wall Maria che a controllare i perimetri.

Aveva quindi fatto riunire i tre corpi  militari nel cortile del palazzo, desiderosa di condividere una splendida idea per animare i pomeriggi afosi. Si alzò, sollevando le mani per richiamare l’attenzione:

«Fedeli schiavi!» esordì, mentre il consigliere reale si affrettava a sussurrarle:
«”Sudditi”, vostra maestà.»

«Ah, giusto.» la giovane si schiarì la voce «Fedeli sudditi! Sono turbata. Il caldo e la siccità stanno opprimendo i nostri villaggi, prosciugando i corsi d’acqua, inaridendo i suoli e bruciando le nostre coltivazioni. Persino i giganti hanno rinunciato ad attaccarci, perché sono troppo intenti a sudare e…»

«Regina!» la mano di un cadetto si sollevò dalla folla «A tal proposito, possiamo toglierci le divise? Stiamo pezzando come dei maiali, qui…»

«No! Soffrite in silenzio.»

«Ma…»

«Guardie, decapitate quell’insubordinato!­­» sentenziò, mentre due gendarmi portavano via lo sventurato «Altre obiezioni sulla scomodità delle vostre uniformi? No?» nessuno osò aprire bocca «Molto bene! Per allietare i miei tediosissimi pomeriggi, ho deciso di indire dei giochi olimpici.» proclamò, raccogliendo tuttavia soltanto occhiate sconcertate «Delle gare sportive, accidenti! Non avete mai sentito parlare delle Olimpiadi?»

Armin Arlert, naturalmente, si fece prontamente avanti:
«Io so di che si tratta.»

«Lo sappiamo tutti che tu lo sai, Armin» chiocciò la sovrana, indicandolo con un gesto secco «Illustralo anche a quelle capre dei tuoi camerati, va…»

«Le Olimpiadi sono un evento sportivo in cui i migliori atleti affrontano una serie di sfide. Ci sono diverse categorie di sport: l’atletica leggera, il ciclismo, il nuoto e molte altre discipline. Lo scopo sia ottenere il miglior risultato, che apportare medaglie alla squadra per cui si concorre. Generalmente, si ha una delegazione per nazione. Visto che noi siamo, comunque, un unico Paese, suggerirei che ciascun corpo militare inviasse la propria delegazione.»

Un boato malcontento si levò dai ranghi militari, che presero a protestare battendo i piedi, sbuffando e urlando. Historia riuscì a riportare la quiete dopo una decina di esecuzioni sommarie.

«Molto bene.» proseguì la sovrana «Si indicano, dunque, le prime Olimpiadi delle Mura! Chiedo ai comandanti di formare le squadre con cui intendono partecipare. Si dia inizio le gare.»
 

***
 

Il giorno seguente, il termometro segnava una temperatura minima di quaranta gradi all’ombra.

Il tedoforo, incaricato di portare la fiaccola olimpica lungo le tre cinte murarie e fino al braciere situato nello stadio di Trost, venne rinvenuto privo di sensi ai piedi di un ruscello in secca. La torcia stava cercando di farsi il bagno, quando venne sorpresa e recuperata. La fiamma olimpica giunse a destinazione soltanto in tarda serata.
 

***
 

Historia prese posto sul palco reale, una balaustra coperta di ampi tendaggi per garantirle ombra e riparo dagli scottanti raggi del sole, che avevano già mietuto le prime vittime. Due cadetti della centoduesima erano schiattati mentre si prodigavano nel salto con l’asta, infilzatisi a vicenda; un novantacinquenne del pubblico si era sentito male per la calura, ma a morire era stato il suo vicino di posto, per una indigestione da peperonata mattutina. Tra gli atleti – con sommo dispiacere degli stessi – non si era registrato alcun decesso.

«Date inizio alla prima gara!» chiocciò la regina, mentre i due contendenti raggiungevano il campo. Si trattava, niente meno, che della inaugurale sfida a tennis tra i comandanti dei due corpi militari più rinomati.

Abbigliamento del comandante Smith, della Legione Esplorativa: polo bianca a marchio Nike, con colletto inamidato e orlo ricamato a mano; pantaloncini rigorosamente neri, in linea con le rifiniture della maglietta ed abbinati al manico della racchetta. Scarpe da professionista, complete di discreto calzino ad altezza caviglia. A bordo campo, personalissimo massaggiatore plurilaureato in fisioterapia, completo di mini frigorifero con bibite rinfrescanti, racchetta di scorta e palline acquistate presso il miglior store online per tennisti in carriera.

Abbigliamento del comandante Dok, della Polizia Militare: gonnellino bianco riciclato dalla cresima della figlia; t-shirt utilizzata come casacca del pigiama domenicale; sandaletti di cuoio con calze di spugna bianche. Racchetta ereditata dal nonno, grande tennista dei tempi passati. A bordo campo, figlie vestite da ragazze pon pon e palline prese in offerta alla Decathlon, approfittando dei saldi invernali.

Fu proprio Nile Dok a dare inizio alla partita. Lanciò la pallina, colpendola con tutta la propria forza. La pallina descrisse una parabola, finendo dritta contro la rete e rotolando mestamente al suolo.

«Quindici, zero!» esultò il comandante, mentre Erwin si limitava ad una alzata di spalle:

«Per me, caso mai. La tua battuta non ha nemmeno superato la rete.» terminò, recuperando a propria volta la linea di fondo campo «Posso?» domandò, mentre l’avversario gli faceva cenno di servire.

La partita si concluse nei cinque minuti successivi: le battute del comandante Smith, più simili a dei missili spinti alla massima velocità, stroncarono immediatamente il contendente. Nile Dok venne sconfitto definitivamente, con grande dispiacere della moglie e delle figlie, mentre il nonno – che assisteva alla partita dall’aldilà – gettò sul nipote tutto il proprio disprezzo.
 

***

 
Hanji si portò in pedana, stringendo saldamente il giavellotto nella mano destra. Lo bilanciò attentamente sul palmo, soppesandolo, prima di chiudere le dita e indietreggiare di qualche passo. Secondo Moblit, quella di iscriversi come giavellottista non era stata una grande idea per una che ci vedeva già poco con gli occhiali; figurarsi, dunque, ora che aveva dovuto rimuoverli del tutto per questioni di sicurezza.

Stupido Moblit! Che ne sapeva di sport, lui? Il lancio del giavellotto era una cosa semplice: dovevi soltanto scagliare un’asta appuntita attraverso un prato e mandarla il più lontano possibile! Non occorreva certo una laurea per una cosa del genere; e, men che meno, servivano gli occhiali.

Prese la rincorsa, scattando poi in avanti. Sentì la lancia vibrare contro la sua pelle, mentre l’aria fischiava attorno alle sue orecchie. La linea di fine pedana si stava avvicinando sempre di più. Hanji contò i passi: uno, due… tre! Frenò di colpo, gettando il giavellotto nell’aria calda del mattino. Lo sentì sibilare e lo vide saettare via, verso la fine del prato erboso.

Il familiare schiocco della punta che si conficca nel terreno venne accompagnato da un:
«AAAAARGH!»

Due barellieri e un infermiere corsero verso il centro del campo, dove il giudice era stato trafitto a morte.
A Hanji vennero immediatamente restituiti gli occhiali ed ottenne il permesso di tenerli fino alla fine delle competizioni.
 

***
 

Petra spronò il proprio destriero, portandolo all’ingresso della pista. Scrutò il percorso ad ostacoli che si profilava oltre il cancelletto. Non appariva molto complicato: oltre ai classici salti, vi erano due siepi, un laghetto da superare e poi una brutta curva che conduceva ad una serie ravvicinata di ostacoli. Poteva farcela! Anzi, potevano farcela!

Si abbassò ad accarezzare la criniera del suo cavallo, attorcigliando le dita tra i fili color nocciola:
«Vinceremo Olmo della Cascina dei Pioppi Solitari.» disse, ottenendo in cambio un nitrito soddisfatto. In effetti, forse avrebbe dovuto modificare il nome di quella povera bestia: Olmo o Pioppo non sarebbero stati appropriati? Dopo tutto, però, quell’appellativo le piaceva: aveva un nonsoché di selvaggio, di rurale ed elegante al tempo stesso.

Piantò i talloni nei fianchi, spronando l’equino:
«Vai Olmo della Cascina dei Pioppi Solitari!» esclamò, mentre il cavallo si indirizzava verso il primo ostacolo.

Scende in campo Petra Ral della Legione Esplorativa.

La amazzone si sforzò di non badare alla telecronaca e concentrarsi esclusivamente sul percorso. Il primo ostacolo era già alle proprie spalle e si apprestava ad affrontare il secondo.

Un ottimo salto, vedremo se saprà replicare…

Trattenne il fiato, mentre il destriero balzava agile in avanti.

Davvero eccellente! Il Corpo di Ricerca può contare su cavallerizze davvero eccezionali. Eccola ad una svolta. Superata anche questa… ed ora l’ostacolo peggiore! La siepe!

Petra pungolò nuovamente i fianchi, ma Olmo della Cascina dei Pioppi Solitari la tradì: puntò le zampe, frenando di colpo. Gli zoccoli solcarono la terra battuta, mentre la groppa si sollevava di scatto e lanciava la malcapitata dritta dentro al cespuglio d’alloro davanti a sé.

«Noooo!» gridò Petra, mentre finiva per schiantarsi contro l’unico ramo sporgente della siepe.

In fondo, avrebbe dovuto prevederlo: Omo della Cascina dei Pioppi Solitari era un ottimo destriero, ma… odiava a morte alberi, cespugli, arbusti e qualunque parte della flora terrestre non fosse commestibile. Forse, gli ricordavano troppo il nome orribile che gli era stato affibbiato in scuderia.

Che peccato! Petra si è schiantata contro una pianta. A questo punto, temo non ci siano più speranze per lei di vincere la gara.

“No, più nessuna” pensò la ragazza, rifiutando di muoversi. Il busto si era piegato ad angolo e le gambe giacevano scomposte a terra. Non era sicura d’essere tutta intera, in effetti. Forse si era rotta qualcosa per l’ennesima volta.

Il soccorso medico sta arrivando. Sembra che la concorrente si sia fatta mal…

La telecronaca si interruppe bruscamente, per riprendere qualche attimo dopo, con maggiore concitazione:
Ma che succede?! La maratona degli Shifter sta passando di qui proprio ora! Un bel guaio e… oh, no! Povera Petra!

Petra ebbe solo il tempo di notare una grande ombra che si allungava su di lei.

“Ah! Che sfiga!” pensò, mentre il peso del Titano Femmina arrivava a schiacciarle le spalle, la testa, il busto… di lei non rimase altro che una sagoma, spiaccicata malamente al suolo.
 

***
 

Annie Leonhart accelerò. Stava perdendo la testa del gruppo. Reiner l’aveva distaccata e così anche Bertholdt. In coda rimaneva soltanto lei, con quello sfigato di Jaeger! Non poteva certo farsi battere da un pivello del genere! Mancava anche Ymir all’appello, ma… beh, lei si era ritirata fingendo una storta dopo i primi due chilometri.

«Roooaaar» urlò, ottenendo di rimando un verso simile.

«Groooar»

Eren non sapeva davvero dire altro?

“Pff… poppante maleducato!” ringhiò, mentre il suo piede pestava qualcosa di scivoloso. Non si fermò a controllare. Senza dubbio, aveva calpestato l’ennesimo incauto umano.

Che seccatura tutte quelle persone! Noiosi spettatori o incauti concorrenti che si venivano a trovare proprio sul percorso della loro maratona. La cosa peggiore, oltre alle urla di terrore ed ai lamenti dei feriti, era dover togliere i corpi dalla pianta del piede ogni volta. Si appiccicavano come gomme da masticare alla suola delle scarpe. Che schifo! Si sarebbe concessa un pediluvio, una volta tornata a casa.

 
***
 

Per la gara di nuoto era stata allestita una piscina artificiale, appena oltre il Wall Rose. Naturalmente, la piscina era diventata immediatamente un abbeveratorio per titani e, di conseguenza, ne era stata costruita un’altra all’interno delle mura.

Armin fissò l’acqua incerto. La vasca appariva buia e profonda. Troppo buia e troppo profonda, in effetti. Controllò attentamente i braccioli gonfi ed il salvagente che portava in vita. Non era sicuro di saper nuotare. Anzi, non era sicuro che nessuno dei partecipanti sapesse farlo.

«Co-comandante…» sussurrò, gettando una occhiata ad Erwin, vicino al bordo della piscina «Non sono certo d’essere la persona indicata per questa gara.»

«Al contrario, nessuno di noi avrebbe chance! Tu hai letto parecchi libri sul mare, no? E immagino anche sugli stili di nuoto…»

«Veramente…»

«Abbiamo aggiunto del sale nell’acqua, per farti sentire a tuo agio e…» il comandante cavò uno spillo dal taschino della camicia, bucando rapidamente salvagente e braccioli «Questi non sono ammessi, mi dispiace.»

«Ma, ma…»

«Beh, vi stanno chiamando! Affrettati, su…»

Armin si ritrovò catapultato sui blocchi di partenza. Aggiustò il costumino, un semplice slip azzurro costellato di caramelle – regalo dei suoi genitori prima che sparissero oltre le mura. Cacciò il caschetto biondo sotto una cuffia altrettanto terrificante, prima di chinarsi sul pelo dell’acqua. Gettò una occhiata agli altri concorrenti: il cadetto della Polizia Militare stava pregando il Dio delle Mura, mentre quello della Gendarmeria era troppo ubriaco per accorgersi del guaio in cui si era cacciato.

«Ai vostri posti!» urlò l’arbitro, sollevando in aria una pistola a fumogeni «Pronti…» tirò il grilletto ed un fumo verde si innalzò verso il cielo «Via!»

Armin si tuffò immediatamente, prendendo a sbattere vigorosamente le mani. L’acqua salata gli bruciava il naso e gli occhi. Stupida simulazione dell’oceano! Mosse i piedi e le braccia, sforzandosi di procedere, ma senza successo. Si sentì tirare verso il fondo. L’aria gli sfuggì dai polmoni immediatamente, mentre continuava ad agitarsi.

«Aiut…» gridò «Aff…»

«Aff…? Che sta dicendo?» domandò l’arbitro, volgendosi verso il bagnino di turno.

«Affanculo?»

«No, suvvia. Non mi sembra un ragazzo così sgarbato.»

«Affidabile?»

«Non mi sembra…»

«Affogo?»

Il bagnino si illuminò d’immenso:
«Affogo! Ecco! Non temere, giovane pupillo del nuoto! Ti salverò io…» sentenziò l’uomo, agguantando immediatamente una supposta arancione e buttandosi in acqua.

«Mi salvi, bagnino!» pianse Armin.

«Qualcuno salvi anche me!» urlò il bagnino.

«Non sa nuotare?»

«Certo che no! Nessuno sa nuotare, in questo cavolo di posto…»

Nessun altro si gettò in piscina. Armin e il bagnino affogarono insieme, quel triste giorno. Di quella sventurata gara di nuoto si salvarono soltanto il cadetto della polizia militare – a cui gli dei avevano concesso il dono di poter camminare sulle acque in via del tutto eccezionale – e quello della gendarmeria che, troppo ubriaco per capire quanto faceva, riuscì ad arrivare primo.
 

***
 

Historia sbuffò nuovamente, costringendo lo schiavo a sventolare la lunga foglia di palma con maggior celerità.

«Fa troppo caldo anche per questi giochi. Sono stanca di assistere; voglio tornare a casa e farmi un bagno ristoratore.» sentenziò, schioccando le dita per ottenere un megafono improvvisato con dei fogli di carta «Udite, udite, gentili sudditi! La vostra regina, dall’alto della sua lungimiranza, ha deciso di porre fine alle competizioni. Il vincitore verrà decretato con l’ultima gara! La corsa ad ostacoli!»

Un boato di sollievo si alzò dalle tribune, ormai completamente madide di sudore.

L’attenzione si spostò sui concorrenti schierati sulla griglia di partenza: per la Guarnigione, la caposquadra Riko. Per la Legione Esplorativa, Levi Ackerman, il soldato più forte dell’umanità. Per finire, per la Polizia Militare concorreva il miglior elemento: Kenny Ackerman, idolo delle folle ed affascinante assassino in carriera. Secondo i pronostici, era dato come vincente sessantamila a uno. Uno stuolo di fazzoletti ricamati si agitò in direzione dello Squartatore non appena questi si accostò ai blocchi di partenza.

«Sposami, Kenny!» si udì giungere dagli spalti.

«No, sposa me!»

«Sarò la tua Rosita e tu il mio Banderas!»

«Domani è un altro giorno!­»

«Sì, si, quante belle cazzate.» ruggì Kenny, sistemandosi sulla linea dello start.

Levi lo guardò in tralice. Possibile che se lo ritrovava sempre tra i piedi? In qualche modo, Kenny spuntava sempre, come un maledettissimo fungo durante un autunno piovoso. Sbuffò, seccato. Non aveva alcuna voglia di competere contro suo zio. Prima di tutto, non era uno scontro alla pari: l’intero stadio avrebbe tifato per Kenny, lanciando a lui ed a Riko soltanto insulti e fischi. Inoltre, lo zio tendeva a voler vincere sempre e con qualunque mezzo possibile. Ciò avrebbe reso estremamente difficile non soltanto finire la gara, ma uscirne addirittura indenni. Gettò un’occhiata all’indirizzo dello Squartatore, che vestiva un sobrio completo nero: pantaloni attillati, alla cui cintura erano agganciate una coppia di pistole; giustacuore e camicia inamidata, perfettamente stirata. Immancabile, ovviamente, il cappello.

«Pensi davvero di poter gareggiare così?» lo canzonò Levi.

«Io non gareggio, nipote cretino. Io vinco. »

«Non hai nemmeno delle scarpe idonee al percorso.»

«Piuttosto che mettermi quelle scarpettine da ballerina in pensione, preferirei tagliarmi i piedi.»

Levi osservò le proprie scarpe: erano un normalissimo paio di Superga in tela bianca, con giusto le stringhe color arcobaleno. Forse avrebbe potuto risparmiarsi i brillantini sulle suole, ma… a parte quello, non avevano nulla di strano o di sbagliato! Inoltre, si intonavano perfettamente ai pantaloncini azzurri ed alla canottierina recante il simbolo del Corpo di Ricerca.

«Ai vostri posti!» decretò l’arbitro, sollevando la pistola per fumogeni «Pronti…»

Levi sentì lo sparo prima ancora che il direttore di gara decretasse ufficialmente il “via”. Scattò in avanti, mentre un secondo scoppio raggiungeva le sue orecchie. Due colpi, quindi… falsa partenza? Non ebbe il tempo di realizzare. Cadde in avanti, mentre la sua gamba sinistra zampillava sangue da quello che assomigliava al foro slabbrato di un proiettile.

«Ah, cazzo!» ringhiò a denti stretti, gettando un’occhiata rabbiosa verso il proprio parente «Perché mi hai sparato?»

«Stai zitto, ti è andata ancora bene.» fu l’unica risposta di Kenny. Riko giaceva riversa al suolo, con la fronte aperta in due come un cocomero maturo «Vorrei tanto farti fuori, nipote, ma… ho una gara da vincere. E senza scarpette da femminuccia.»
 

***

 
A nulla valsero le proteste del comandante Smith. Il comportamento di Kenny, benché antisportivo, non violava alcuna direttiva dei Giochi; anche perché, in effetti, le avevano indette tanto rapidamente che nessuno si era premurato di stendere un regolamento.

Il comandante Smith si ritrovò con l’esercito decimato, tanto per cambiare.

Il Corpo di Ricerca aveva perso quasi venticinque cadetti e quattro dei migliori veterani. Oltre ad Armin e Petra, ci avevano lasciato le penne Connie e Sasha, colpitisi a vicenda durante il lancio del peso; Auruo Bossard, ucciso accidentalmente durante la gara di tiro al piattello; Mike Zacharias, deceduto dopo uno strano incontro di Boxe con un tizio troppo peloso per essere, effettivamente, un umano qualsiasi.

Levi Ackerman trascorse i successivi dieci giorni in ospedale, mentre Hanji Zoe venne accusata di omicidio colposo; sfuggita alla pena capitale, si ritrovò a dover condividere la cella con uno dei tanti cadetti che aveva disertato quei giochi assassini; Moblit, a seguito di questo sfortunato evento, divenne coltivatore di arance a tempo perso.
Erd e Gunther vennero infine dichiarati dispersi dopo la gara di Pentathlon.

La Polizia Militare fu decretata assoluta vincitrice della prima edizione delle Olimpiadi delle Mura. La Legione Esplorativa arrivò seconda, a pari merito con la Guarnigione quanto a numero di morti.
 

 




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