Tecnologia androide

di Ellery
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Tecnologia androide


Nota: la fanfiction partecipa al Cowt-8, indetto da Lande di fandom.
Week: 2
Missione: 2
Prompt: Tecnologia
Parole: 1531
Nb: la ff si ispira a due personaggi appartenenti all'universo del gdr HDY. 



Shinji si accomodò sulla poltroncina, dopo aver infilato la porta dell’officina dodici, nel cuore del grattacielo Prometheus. Ormai era un cliente abituale della società: la Prometheus era una delle aziende leader nel campo dello sviluppo tecnologico. In particolar modo, aveva guadagnato successi e consensi dopo il brevetto delle bio-protesi. Una vera rivoluzione, specie per chi, come lui, soffriva di una qualche mutilazione. Si trattava di componenti meccaniche compatibili con il corpo umano: il rischio di rigetto era minimo e, grazie alla tecnologia androide, era possibile mettere in comunicazione il sistema nervoso direttamente con i circuiti elettronici.

L’ispettore abbassò lo sguardo sul braccio destro. Era completamente meccanico, così come il rispettivo occhio: li aveva persi anni fa, a seguito di un brutto incidente in moto. Fortunatamente, le protesi lo avevano salvato. Aveva ripreso a condurre una vita normale, dopo la riabilitazione. Imparare ad utilizzarle era stato più semplice del previsto. Nel giro di un paio di mesi, aveva appreso come gestirle nel modo corretto.
L’unico neo di un impianto simile, ovviamente, era dover far ricorso a controlli semestrali, per lubrificare gli ingranaggi ed assicurarsi che tutto funzionasse perfettamente.

Scrutò attentamente la sala in cui l’avevano fatto accomodare. Al centro, vi era una enorme scrivania interamente computerizzata. Una sorta di postazione con schermi, tastiere e tablet a disposizione del personale. A lato, alcune cassettiere contenevano gli strumenti da lavoro, mentre due lampade sialiche illuminavano la poltroncina imbottita dove venivano fatti accomodare i pazienti. 

«Togliti pure la felpa e la maglietta.» 

Conosceva quella voce, purtroppo. Apparteneva ad Iye Ezhno, addetto alla manutenzione; era un uomo piuttosto singolare, dal viso aggraziato e morbidi lineamenti adornati di piercing e orecchini. I capelli, tenuti sin troppo lunghi, ricordavano quelli di un pellerossa.
“è arrivato Powhatan” pensò Shinji, mentre accantonava la t-shirt e la giacchetta della tuta. Tenne, tuttavia, la maglietta della salute, accontentandosi di scoprire soltanto la spalla destra. Lo sguardo, però, non riusciva a staccarsi dall’imponente figura del meccanico. Si era lavato le mani? La divisa era pulita o puzzava di olio motore? O, peggio ancora, di tabacco e erbe aromatiche… insomma, di quelle robe misteriose che gli Indiani infilavano nei calumet.

«Allora Shinji… come va?» 

Tipica domanda. Scrollò piano le spalle. Come doveva andare? Era soltanto oberato di lavoro, stanco e seccato per la lunga attesa che aveva dovuto patire. Alla lista, ovviamente, andava aggiunto il male al collo, residuo di un incidente avvenuto appena due giorni prima, quando aveva perso il controllo della macchina ed aveva accidentalmente distrutto la vetrina di un locale. Poco male, insomma… tanto, il proprietario era un odioso americano che odorava di patatine fritte. 

« Va... bene, direi. Nessun problema. Funziona perfettamente» snocciolò, prima di aggiungere « Iye... Posso chiedere una informazione? Non per me, naturalmente, ma… Quanto costa impiantare una protesi oculare nuova?»

«Dipende da molti aspetti, in verità. Se deve essere aggiustata, oppure solo aggiornata; se  serve su commissione. E se la persona che la richiede è affidabile, ecco…» un leggero pizzicore e poi «Recettori del dolore spenti. Possiamo cominciare.»

Shinji rilassò la schiena, accontentandosi di mantenere il braccio destro posato sul bracciolo della poltroncina. Stiracchiò piano le gambe, per evitare di ritrovarsele addormentate, continuando: 
« Mh, sarebbe per un ragazzino che ho incrociato l'altro giorno. Gli manca completamente un occhio e... dice di non averlo ancor rimpiazzato perché non può permettersi il costo dell'impianto. È proprio orbo. Penso non sia salutare andarsene in giro con una menomazione simile, non quando potresti risolvere il tutto con una protesi, non credi?»

In effetti, rimpiazzare l’occhio perduro con una componente meccanica era, senza dubbio, la cosa più logica. Tuttavia, quella recente tecnologia non era alla portata di tutti. Le protesi possedevano ancora un costo non indifferente, specie se si voleva puntare ad un prodotto di qualità. 

«Potresti fargli da garante, se ci tieni ad aiutarlo.»

«Garante?» 

«Sì. Intendo, pagargli le protesi ed assicurarti che sia una persona a posto.»

Scosse il capo. Non conosceva abbastanza quel ragazzo, in effetti. Non l’aveva incontrato che un paio di volte, l’ultima delle quali avevano finito col parlare di protesi. Colin – questo il nome del giovane ospite – si era rivelato sorprendentemente restio ad abbracciare quella nuova tecnologia: diceva di non abbisognarne e che non gli pareva poi così fondamentale, come aiuto; fino ad ora, se l’era cavata egregiamente anche con un occhio solo. A che pro, quindi, investire dei soldi in componenti meccaniche, se non ne sentiva il bisogno?

«Temo di non poterlo fare. Non ancora, almeno… In effetti, non sono nemmeno sicuro che sia “una persona a posto”» ripeté, limitandosi ad una alzata di spalle «Toglimi una curiosità… ci sono altre società che si occupano degli impianti? Insomma… vostre concorrenti?»

«No, non ci sono concorrenti.» Iye ciondolò il capo, sfilando un taser dalla cintura. Puntò gli elettrodi sulle giunture dell’arto «Avvertirai delle piccole scosse. Come un solletico, d’accordo? Niente di doloroso.» lo rassicurò, continuando poi imperterrito «Solo la Prometheus possiede la tecnologia androide. Qualunque altra protesi non sarebbe come le nostre, che sono ricettive e si collegano direttamente al cervello e ai nervi di un essere umano.»

L’ispettore chiuse gli occhi: quella era la parte che più odiava. Sentire quegli aghetti pungolargli la pelle sintetica e generare un formicolio continuo era… irritante, semplicemente. Era la stessa sensazione di quando si addormenta un piede. Solo che, ovviamente, non si poteva fare nulla per evitarlo; solo pazientare ed attendere che passasse spontaneamente. Tanto valeva, dunque, impegnare il tempo per saperne un po’ di più:
«Nessun altro può produrre le protesi, quindi. Non esiste, però… un mercato nero? Qualcuno che ricetta pezzi di ricambio e li rivende?» rabbrividì all’ennesima piccola scossa. Quell’operazione era più fastidiosa di quanto ricordasse. Trattenne a stento una imprecazione, limitandosi ad un «Non trovi faccia freddo qui dentro?»

«No, io sto bene. Però… beh, io non ho mercurio nelle vene.»

«Nemmeno io. Almeno… non nel resto del corpo. Eppure sento freddo. Non si può alzare il riscaldamento?»

No, non si poteva. Iye promise che ne avrebbe parlato direttamente con il presidente, prima di fargli inclinare il capo all’indietro, obbligandolo a sollevare il viso in sua direzione:
«Fermo così» gli sussurrò, riponendo il taser e recuperando una sorta di penna, attaccata ad un lungo filo in plastica nera. «è un pennino laser» spiegò il tecnico, puntando lo strumento sull’occhio destro «Mi consentirà di controllare i circuiti della retina ed assicurarmi che sia tutto funzionante.» 

Shinji si irrigidì, seguendo quei movimenti. Si sforzò di non battere le palpebre, mentre una fioca luce rossastra gli illuminava l’iride meccanica, oltrepassando la pupilla completamente dilatata.

«Senti fastidio?»

«No, affatto.» replicò, deciso tuttavia a non lasciar cadere l’argomento. La tecnologia androide era affascinante. Troppo per pensare che nessuno la copiasse. Era, al contrario, un campo di indagine interessante. Avrebbe potuto sguinzagliare qualche allievo agente ed intensificare i controlli, per essere sicuro che nessuno rubasse il brevetto. «Non mi hai risposto» continuò, imperterrito «Il mercato nero?» 

«Ah, giusto.» ricevette in cambio un sorriso ed una zaffata di muschio bianco. Il bagnoschiuma di Iye doveva essere particolarmente profumato…«Non che io sappia.» una pausa e nuovamente il lampeggiare del laser «Di solito le protesi hanno un numero di identificazione. Le controlliamo attraverso la strumentazione che abbiamo qui. Ritengo difficile l’ipotesi di un riciclaggio delle stesse, anche se… beh, mai dire mai.» una nota sarcastica comparve nella voce «Perché lo chiedi? Vuoi vendere le tue?»

«Nemmeno per sogno!» la mano sinistra si portò istintivamente alla spalla opposta, carezzando la pelle artificiale quasi con gelosia « Era soltanto una curiosità. Insomma, c'è sempre qualcuno pronto a contraffare e a spacciare roba. Mi domandavo se fosse possibile anche in questo campo; o se ci fosse qualche impiantista abusivo, magari capace di modificarle e di renderle... non a norma?»

«Non saprei risponderti con certezza.» Iye ripose il pennino, raddrizzandosi prontamente e sgranchendo braccia e spalle «Penso che da qualche parte ci sia qualcosa del genere, ma deve conoscere la nostra tecnologia ed i nostri progetti. Ci sono Androidi che riescono, ad esempio, a ribellarsi al programma che installiamo loro prima dell’avvio. Tuttavia, è sufficiente rintracciarli e ripristinare il sistema per correggere l’errore. Sono l’unico esempio di “anomalia” che mi viene a mente, però.» 

«Capisco…»

 «Comunque sia, fino ad ora non ci sono stati casi del genere. Abbiamo finito» il manutentore gli porse la t-shirt e la felpa «Libero di andare.»

Oh, splendido! Si rivestì in fretta, spiando avidamente l’uscio socchiuso. Non vedeva l’ora di poter uscire da quel laboratorio gelido e che puzzava di ospedale. Chinò il capo, in un educato cenno di ringraziamento, prima di domandare: 
«Ti andrebbe un caffè? Vorrei qualche altra informazione.» era curioso, sì. Non poteva semplicemente lasciar cadere il discorso, non con tutti quei dubbi che gli frullavano nella testa! E poi… «E… devo aspettare una persona.» ammise, infine. 

«Chi?»

«Questi non sono affari tuoi! E… potrei ritirare l’offerta, se non ti spicci a decidere.»

Iye sorrise apertamente. Un caffè? Era quanto di meglio potesse ricevere da quel tipo. L’ultima volta, si erano salutati a colpi di gestacci, mentre ora… beh, un caffè era decisamente un grande passo avanti.

«Sarò lieto di continuare la nostra chiacchierata e… accetto volentieri.»

«Magnifico!» Shinji infilò la porta «Oh, però paghi tu…»



 




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