Don’t
ask me why
"Sei un
bastardo, papà!"
L'ennesimo
tuffo offerto gentilmente
da suo padre nel laghetto dei Tendo.
L'ennesima
trasformazione in ragazza con il codino che puntualmente
arrivava.
L'ennesimo
doloroso ricordo di Akane durante quei lunghi, maledetti momenti in cui
credeva fosse senza vita.
Ecco,
di nuovo.
Era dal
ritorno dalla Cina, quattro anni prima, che Ranma aveva trovato una
straziante associazione fra la sua maledizione, per la quale mancava
così poco al momento in cui sarebbe tornato un uomo a tutti
gli effetti, e l'intervento di Akane per salvarlo con il risultato di
finire disidratata.
Ogni volta che
si trasformava, la mente correva inevitabilmente a cosa sarebbe
successo se avesse fallito, se non avesse bagnato Akane in tempo e non
si fosse svegliata mai più.
Ranma-chan
sentì una fitta al cuore, e strinse i pugni tanto forte da
farsi male. Come tutte le volte scacciò quel pensiero dalla
testa, e nel farlo si ricordò immediatamente cosa dovevano
fare da lì a poco.
"Ti pare il
momento di buttarmi in acqua?" riprese Ranma-chan fissando accigliata
il padre che rideva come un matto. "Ti ricordo che fra non molto
arriveranno quei tizi a sfidare il dojo! Quelli sono uomini, non posso
certo presentarmi come una ragazza!"
"Non ho
bisogno del tuo aiuto!" Fu un'esclamazione perentoria, che si impose
sulla voce femminile di Ranma senza che questi avesse il tempo di
finire la frase. Sulla soglia di casa Tendo fece capolino la minuta
figura di Akane, intenta a sistemarsi il ji facendo attenzione
affinché il suo seno fosse il meno visibile possibile.
Ranma-chan cercò di dare una sbirciatina nonostante la
distanza - sempre piatta come una tavola, però negli ultimi
tempi sembrava un tantino più grande. Sicuramente era solo
una sua impressione - ma la piccola Tendo intercettò gli
occhi dell'altra con i suoi.
Il suo sguardo
freddo puntò quello di Ranma-chan, come se volesse
incutergli quanto più timore fosse in grado di trasmettere.
Tenergli testa era una delle cose che Akane sapeva fare meglio. Il suo
viso dai lineamenti dolci ora, in vista dell'incontro, erano duri e
implacabili come il marmo. "Sarò io a sconfiggere quei
dannati", disse con ostinata caparbietà "e non mi
lascerò aiutare, Ranma. Né da te, né
da mio padre!"
Ranma-chan la
guardò in cagnesco, a dispetto dell'adrenalina che fremeva
dentro di sé. Fiera, combattiva, forte e testarda. Anche se
ripeteva spesso che non gli piaceva, essendo poco femminile, era questo
che amava di lei. Ma era anche vero che questo era uno degli aspetti
del brutto carattere di Akane che portati all'estremo - come in questo
caso - finivano inevitabilmente per farlo alterare, e desiderare che
fosse un tantino più carina.
Peccato che
per questo doveva aspettare un altro millennio, se fosse successo,
ovviamente.
"Ti batteranno
in pochi secondi se non ci sarò io a darti man forte"
ribatté Ranma-chan con noncuranza. Per non lasciare che la
situazione degenerasse, cercava di non lasciar trasparire il nervosismo
per averlo già fatto incazzare.
Akane era
migliorata tantissimo nelle arti marziali: spesso e volentieri in
quegli anni era riuscita a battere anche gli sfidanti del dojo
più ostinati con la sua sola forza e agilità; ma
era ovvio che stavolta lavorando insieme avrebbero messo fuori
combattimento quei tali con rapidità ed efficacia.
Nella loro
lettera di sfida, quegli uomini avevano assicurato loro che avrebbero
fatto qualunque cosa pur di prendersi il dojo Tendo, e questo a Ranma
suonava alquanto strano. Non dubitava della determinazione di Akane,
anzi. Ma probabilmente sarebbe stato molto più prudente - e
leale - se avesse collaborato con lui. Anche perché lei da
sola era inferiore numericamente parlando.
"Sono molto
più forte di qualche anno fa" rispose Akane, guardando la
sua interlocutrice con severità. "Ho battuto molti
più individui nell'ultimo periodo rispetto a tutto l'arco
dell'adolescenza, togliendo quegli idioti che si sfidavano al Furinkan.
Perciò non mi fanno paura due sfidanti. Non riuscirai a
farmi credere che non sono capace di gestire il dojo!"
Ranma-chan
uscì dal laghetto, parandosi davanti alla fidanzata con la
speranza di convincerla.
"Non ho detto
che non sei capace, Akane. L'hai letta, quella lettera di sfida? Quei
tipi hanno detto che vogliono prendersi il tuo dojo ad ogni costo!"
"Ed io lo
proteggerò, ad ogni costo!"
Una scintilla
vivace nei suoi occhi castani fece vacillare Ranma-chan per un momento.
E per un momento Ranma-chan si rese conto che sì, Akane
poteva farcela, era nata per farcela, ma che ne sarebbe uscita
distrutta. E non voleva assolutamente che si facesse più
male del previsto.
Non
capisci che io voglio proteggerti?!
Ma no, un
maschiaccio con un pezzo di ghiaccio al posto del cuore come lei non
poteva certo arrivare a pensare in questi termini. Stupido lui a
pensare che quella cretina potesse ragionare con cognizione di causa.
"Voglio
soltanto aiutarti, scema!"
Buttò
fuori la volontà di darle una mano con prepotenza, mandando
all'aria l'idea di non far scoppiare una lite di dimensioni epocali e
al tempo stesso sperando di poter sortire l'effetto desiderato.
"Faccio da
sola, lo vuoi capire o no?!"
La piccola
Tendo era diventata troppo indipendente per accettare un aiuto -
specialmente da parte del suo fidanzato - così come era
orgogliosa sul fronte della gelosia.
Di fronte a
quelle dimostrazioni di orgoglio da parte della giovane, Ranma reagiva
facendo altrettanto, abbandonando i propositi di far evolvere il loro
rapporto e rimangiandosi tutto ciò che di bello le aveva
detto in precedenza.
Su questo
aspetto del loro reciproco comportamento non erano cambiati di una
virgola. Solo che spesso e volentieri la tensione di sottofondo pareva
molto più pesante.
Forse, pensava
Ranma, a causa del matrimonio non celebrato qualche tempo prima. Forse
perché le sue spasimanti avevano ripreso la guerra per il
possesso del premio "Ranma Saotome" con un accanimento maggiore,
mandandolo in totale confusione ogni volta che gli saltavano addosso
con conseguente martellata di Akane sulla testa. Forse Akane era
diventata ancora più gelosa di prima, essendo stata ad un
passo dalle nozze.
Boh,
io le donne non le capirò mai!
"Allora fa'
come vuoi, racchia! Però non correre da me quando quei
bell'imbusti ti prenderanno a calci nel culo!"
Fece in tempo
a vedere le guance di Akane infiammarsi di collera perché,
senza aspettare il pugno che ferocemente la ragazza stava preparando
appositamente per lui, con un salto oltrepassò la fidanzata
e si precipitò a capofitto in camera sua.
"Non la
aiuterò mai, nemmeno se mi prega in ginocchio!"
affermò furibondo, sfilandosi i vestiti fradici.
Nel frattempo
però, tirò fuori da un cassetto il suo ji.
***
Gli sfidanti
del dojo erano due uomini imponenti, probabilmente gemelli, di gran
lunga più alti di qualsiasi uomo Ranma avesse mai visto.
Indossavano normalissimi ji, ma al posto della cintura ordinaria alle
loro vite erano allacciati due spessi cinturoni da cui pendevano due
katane ciascuno, una per ogni fianco. Portavano i capelli raccolti, da
cui spuntavano qualche ciocca ribelle. Si chiamavano Hiten e Manten, e
i loro sguardi non promettevano una vittoria facile. Sembravano
tremendamente forti, e quelle lame preoccuparono seriamente Ranma.
"Perché
non ti togli di torno?"
"Perché
non la smetti di farmi questa domanda?!"
"Perché
non vai a farti un ramen dalla tua Shan Pu? O preferisci un bagno con
lei?"
"Perché
continui a dire sciocchezze?"
Ancora con
quella storia. Maledetta
Shan Pu e maledetto
il giorno prima in cui quella gattaccia aveva fatto irruzione nella vasca
mentre c'era lui a farsi il bagno, scatenando l'ira di Akane!
Mentre era nel
bel mezzo di quel fastidioso ragionamento, Ranma si rese conto che i
due si scambiarono un'occhiata, per poi ridere sonoramente. "Per essere
gli eredi delle vostre scuole di arti indiscriminate siete piuttosto
litigiosi!" commentò uno dei due, indistinguibile
dall'altro.
Ranma si
arrabbiò al punto da voler attaccare i due senza aspettare
il via.
Come
diavolo si permettono?
"Non vi
riguarda!" urlò il ragazzo con il codino. "Siete qui per
sfidarci o per ficcare il naso nei nostri affari?"
"Hai ragione,
ragazzino", replicò l'altro. "Fratello, passiamo ai fatti!"
Non attesero
l'avviso per iniziare lo scontro. I due uomini si lanciarono a
capofitto sui due ragazzi, e nel mentre sfoderarono le loro katane
menando pericolosi fendenti in direzione di Ranma e Akane. Un gesto che
colse alla sprovvista Ranma, che si parò con le braccia
indietreggiando quel tanto che bastava per mettersi al riparo ed
assumere nuovamente posizione. Akane però fu più
accorta: per evitare lo spostamento d'aria delle lame corse in
direzione delle stesse per poter prendere slancio e saltare; si
aggrappo' con le mani sulle spalle del suo avversario dandogli una
poderosa spinta alla schiena con entrambi i piedi. L'uomo cadde verso
il pavimento, tenendo però strette le sue katane per potersi
rialzare ed attaccare immediatamente dopo.
Dobbiamo
prima pensare a disarmarli, o comunque ad immobilizzarli.
Ranma non
diede a se stesso il tempo di formulare questa constatazione che si
lanciò verso l'altro evitando numerosi fendenti prima di
afferrare i polsi dell'uomo ed infliggendogli numerosi calci in
direzione dello stomaco, sempre nello stesso punto. Approfittando del
momento di scarso equilibrio del suo avversario, mantenendo sempre la
presa dei polsi, roteò la gamba per colpire con un solo
calcio entrambe le braccia. Uno sforzo che sortì il suo
effetto: l'uomo mollò la presa della katana sulla sua mano
sinistra, facendola cadere a terra, mentre l'altra mano tentava di
rinsaldare la stretta sul manico.
Un gemito di
dolore di Akane però lo distrasse. Si voltò,
facendo ben attenzione che il suo sfidante non approfittasse del
momento di distrazione. La ragazza si era impossessata di una delle
katane dell'altro sfidante del dojo, e probabilmente era in procinto di
ingaggiare un duello, ma Ranma notò un sottile taglio
all'altezza della coscia. Niente che potesse dare al suo avversario
occasione di avere la meglio su di lei, ma il ragazzo con il codino
pensava di dover fare in fretta.
Il fratello
che aveva per avversario era sul punto di assestargli un colpo di
katana diretto, ma prontamente il giovane Saotome serrò la
lama nelle sue mani, precludendo all'altro la possibilità di
utilizzarla. L'uomo fece un'espressione contrariata e quasi sorpresa.
"Allora, che
ne è stato della tua sicurezza?" chiese con sarcasmo.
Allentò
la presa sulla lama, ma solo per tirare con il piede verso di
sé il manico della spada per prenderla e consegnarla alla
compagnia dell'altra. Esultò internamente. Con le katane
fuori dalla portata di quel tipo, avrebbe fatto il suo gioco.
"Preferisco
combattere a mani nude."
Nel frattempo
sentì un tonfo sordo. Akane era a terra, ed era stata
disarmata, ma aveva fatto altrettanto con il suo sfidante che adesso si
precipitò in aiuto del gemello. Ranma la vide alzarsi piano,
ma la sua visuale fu oscurata dall'altro avversario. Si
ritrovò a contrastare entrambi, però ora che
avevano abbandonato le loro katane a Ranma parve tutto più
semplice.
"Ehi, non ho
ancora finito con te!"
Akane
atterrò sulle spalle del gemello che finora aveva combattuto
con Ranma, e lo tirò con sé con tutta la forza di
cui era capace, gettandosi con lui a terra, facendosi male - a
giudicare dal grido represso al momento di schiantarsi contro le assi
di legno del dojo - ma dando a Ranma l'opportunità di fare
le cose con calma. L'uomo con cui si stava battendo ora non sembrava
avere paura di utilizzare solo le mani. Anzi, ne sembrava entusiasta.
"Anche io
preferisco un combattimento corpo a corpo" sostenne. "Io e mio fratello
non vediamo l'ora di sconfiggervi e di prenderci l'insegna Tendo."
Ranma
udì Akane reagire con furia sovrumana a quelle parole, e la
vide lanciarsi contro l'uomo per assestargli una gomitata che
però l'altro riuscì ad evitare, seppure di un
soffio.
"Dietro di te!"
E difatti
l'altro la afferrò da dietro, prendendola per le ascelle.
L'istinto della ragazza però non si fece attendere:
mandò un potente calcio all'indietro, e alzando le mani
verso di lui con rapidità lo prese per il bavero del ji,
atterrandolo davanti a sé con un grido di sfogo.
L'avversario
che teneva in scacco Ranma caricò un destro che il ragazzo
parò con la gamba, per poi utilizzare la sua tecnica delle
castagne. Ma l'altro non si diede per vinto: fece una capriola perfetta
in aria per schiavare i suoi colpi e prenderlo alle sue spalle. Lo
colpì alla testa, ma non così forte da mandarlo a
terra. Ranma si voltò con la gamba tesa, determinato a
metterlo nelle condizioni di ricevere i suoi colpi senza
possibilità di poterli evitare. Lo colpì al
fianco, ma il cinturone doveva aver assorbito parte della potenza del
suo calcio, perché il suo avversario vacillò
senza cadere. Ma per Ranma era arrivato il momento, e gli
assestò la tecnica delle castagne per farlo desistere.
L'uomo
sembrava impossibilitato a rispondere, tanto erano forti e precisi i
colpi di Ranma; ma questi dovette fermarsi quando vide delle gocce di
sangue macchiare il pavimento davanti a sé. Si
ricordò improvvisamente delle ferite agli avambracci,
dimenticate completamente grazie alla sua resistenza al dolore fisico
acquisita negli anni. Si fermò, ritirandosi nella parte
inferiore del dojo, dove si trovava Akane, lasciando i due
all'estremità opposta del dojo.
Doveva
chiudere prima che l'avversario atterrato da Akane potesse riprendersi
e ricominciare a combattere.
Osservò
per un secondo Akane con il fiatone poggiare una mano sul ginocchio
della gamba ferita, la sentì emettere un mugugno, destando
la sua preoccupazione. Ma la determinazione nei suoi occhi lo indusse a
non abbandonare la concentrazione.
Scambiò
con lei un cenno: involontariamente avevano sviluppato delle tecniche
di coppia, utilizzate nei momenti di estrema necessità, come
contro il cambia-insegne, oppure contro le due sorelle che avanzarono
la loro legittimità nei confronti del dojo Tendo, oppure
come tutte le altre volte che avevano avuto problemi del genere. Con un
po' di battibecchi e tanto impegno, quelle tecniche avevano raggiunto
il loro scopo.
Ancora
un ultimo sforzo.
I due fratelli
gemelli si posizionarono uno a fianco all'altro. Erano provati
dall'incontro, ma era ovvio che non avrebbero gettato facilmente la
spugna. Anche perché lo vedevano perfettamente: nonostante
fossero intenzionati a proseguire, i due ragazzi erano messi piuttosto
male.
Dalla
posizione che assunse Akane, Ranma colse subito cosa aveva in mente. La
ragazza si pose davanti al giovane Saotome, mentre Ranma si
affrettò ad assecondarla, sistemandosi dietro di lei.
Il
Salto delle Tigri Feroci.
Una tecnica
che confondeva l'avversario, non dandogli possibilità di
capire in tempo quale artista marziale avrebbe colpito per ultimo.
I due
fidanzati si lanciarono in una breve corsa; Ranma dietro Akane
saltò oltrepassandola, e così fece la piccola
Tendo immediatamente dopo. I salti diventarono sempre più
rapidi, sempre più confondibili, in un susseguirsi di
immagini che agli occhi di Hiten e Manten non era altro che una
alternanza delle due figure inesorabilmente veloce.
"Ma cosa...?"
Uno dei due
gemelli si scostò repentinamente, ma l'altro
trovò davanti a sé per ultimo Ranma che, con un
Moko Takabisha potenziato lo scaraventò contro il muro.
Senza pensarci
un solo attimo Ranma e Akane si voltarono, trovando il gemello ancora
in piedi che avanzava verso di loro; ma fortunatamente lontano
abbastanza da replicare la tecnica di coppia. Ebbero il tempo di
alternarsi quel po' che bastava per mandare in confusione l'avversario
rimasto; e stavolta fu Akane l'ultima.
Un poderoso
manrovescio sotto il mento, per poi concludere con un altrettanto
energico calcio che mandò l'uomo fuori combattimento.
Definitivamente.
I fratelli non
provarono ad alzarsi che dopo qualche minuto; nel frattempo
però Akane crollò a sedersi a terra, con la
ferita alla coscia che bagnava di sangue il suo ji.
"Akane!"
Ranma le si
accostò subito, così come Kasumi e Soun, mentre
Nabiki e Genma prestavano soccorso ad Hiten e Manten.
"La mia
bambinaaaaa...!"
"Non
è grave" constatò la piccola Tendo per calmare
suo padre.
Con cautela,
Kasumi voltò verso di loro il taglio alla coscia di Akane.
Perdeva ancora un po' di sangue, ma non era così profonda
come sospettavano.
"Dobbiamo
bendarla, e subito!"
Ignorando le
proteste delle sue di ferite, il giovane Saotome si avvicinò
verso la gamba sana di Akane, e facendo attenzione a non toccarle il
punto dolorante infilò una mano sotto le ginocchia per poi
poggiare la schiena della fidanzata sull'altro braccio.
"Aggrappati a
me" le mormorò a fatica. Akane seguì il
consiglio, allacciando un braccio tremante al suo collo.
Il taglio su
quest'ultimo prese a pulsare, e Ranma credette di sentire un rivolo di
sangue scendere giù per il gomito e un'altra goccia
raggiungere il pavimento del dojo. Un leggero brivido di freddo gli
attraversò il corpo, ma era ad Akane che ora voleva e doveva
pensare.
Maledizione
a loro! Se non li avessimo disarmati in tempo ci avrebbero fatti a
fettine!
"Raccogliete
le vostre katane" disse rivolto ai due sfidanti "e sparite."
***
Mentre Ranma
sistemava Akane sul suo letto, Kasumi provvedeva a togliere alla
sorella minore i pantaloni della sua tenuta da combattimento.
"Ranma, per
favore, potresti prendere dell'acqua per pulire la ferita e la cassetta
del pronto soccorso?"
Sulla soglia,
Soun era intento a piangere e a tirarsi la faccia per la disperazione.
Ranma tirò un sorriso stanco. Avrebbe voluto dirgli che non
c'era niente di cui preoccuparsi, ma era evidente che l'uomo non si
sarebbe tranquillizzato finché non avesse visto sua figlia
riprendere le sue abitudini quotidiane.
Nonostante le
braccia gli facessero un male cane, il ragazzo con il codino
eseguì ritornando con un asciugamano gettato sulla spalla,
la cassetta del pronto soccorso tenuta per il manico e un bacinella
piena di acqua fredda che poggiò sulla scrivania di Akane.
Sentendo le forze venirgli meno si abbandonò sulla sedia
della scivania, prima di immergere l'asciugamano nell'acqua e tamponare
piano la coscia di Akane per tutta la lunghezza della ferita. Akane
serrò gli occhi cercando di non lamentarsi, ma fece una
faccia riluttante quando vide Kasumi con dell'ovatta in una mano e una
bottiglietta di disinfettante nell'altra.
Non appena
entrò in contatto con il disinfettante, Akane
esternò un gemito che si costrinse a soffocare sul nascere.
Di contro, afferrò le coperte stringendole con tenacia.
Sudava freddo, e Ranma avrebbe voluto dirle qualcosa, tranquillizzarla.
Dirle "Ehi maschiaccio,
tanto sei forte come Ercole. Non ti servono mica due avversari da
quattro soldi come quelli di poco fa a metterti k.o.!" e
ricevere un pugno sul naso. Almeno, avrebbe avuto una reazione
ordinaria da parte sua.
L'unica cosa
che lo consolava era che da lì a breve il bruciore di Akane
sarebbe sparito, togliendole del tutto quella smorfia di dolore dal
viso.
Sei
forte sul serio, Akane.
All'improvviso
si sentì tirare per il codino.
"Ehi, scemo!
Sei con noi?"
"Ehi ehi, fa'
piano!" la ammonì lui, scostando con rudezza la mano della
ragazza.
Ecco, ora
faceva anche la figura dell'imbambolato.
Si
grattò piano sulla nuca per attenuare il dolore, quando
Akane si rabbuiò di colpo notando i suoi avambracci.
"Ranma, sei
ferito anche tu!"
Il ragazzo con
il codino si guardò con uno sguardo interrogativo.
Ah,
già. Se l'era dimenticato. Che brutti scherzi giocava il
musetto di quella mocciosetta del maschiaccio!
"Oh, santo
cielo! Cercherò di fare il possibile!" Con i suoi soliti
modi premurosi, Kasumi stava finendo di fasciare con delle bende la
coscia di Akane. Le coprì delicatamente le gambe con una
coperta ed uscì dalla stanza, trovando Soun ancora
singhiozzante.
"Kasumi, come
sta Akane?"
"Papà,
sto bene!" rispose Akane con tono esasperato, tentando di farsi sentire.
"Vieni,
papà. Ti preparo una tisana" ridacchiò la
ragazza, portando suo padre giù per le scale. "Akane, puoi
cominciare a medicare Ranma? Vi raggiungo subito!"
Ranma
guardò spaesato una pallidissima Akane seduta sul letto con
le gambe distese. Come poteva prendersi cura di lui se in quel momento
non riusciva a fare granché? L'avrebbe solo affaticata
ulteriormente, e di certo non voleva che la ragazza si prendesse altri
fastidi. Ne aveva abbastanza, per quel giorno.
"Non importa,
faccio io." Fece per alzarsi, ma Akane lo trattenne per un lembo della
giacca del ji, abbozzando un sorriso lieve.
"Prendi un po'
d'acqua e vieni."
Eseguì,
sedendosi nuovamente sulla sedia della giovane per permetterle di
medicarlo.
Con piacere
sentiva le mani di Akane trafficare sulle sue braccia per pulirle dal
sangue rappreso, e per la prima volta in quella giornata si sentiva
rilassato abbastanza da poter permette ai suoi muscoli di distendersi.
Ma li sentì contrarre fastidiosamente quando
arrivò il bruciore del disinfettante e la ruvidezza quasi
insopportabile delle garze.
"Ecco fatto"
disse.
"Grazie."
Akane gli
regalò un timido sorriso, poi le sue labbra si allargarono.
"Un bernoccolo!"
Gli
toccò piano la testa, indicandogli un punto preciso.
"Lo trovi
divertente?" interloquì Ranma, contrariato e perplesso allo
stesso tempo. Bel ringraziamento, se doveva ridere delle buscate prese
- per lei - da quei sfidanti.
"Me ne sono
dimenticato" ammise ridacchiando.
"Dovresti
metterci del ghiaccio."
"Va bene."
"Ranma,
Akane!" Kasumi si presentò alla porta di Akane,
canticchiando tutta contenta. "Oh, vedo che avete già
finito!" disse. "Ranma, il bagno è libero. Mi raccomando,
non metterci troppo! Nabiki è andata a comprare qualcosa.
Stasera festeggiamo!"
***
"Un bel
brindisi a Ranma e Akane!"
Nonstante la
mezzana Tendo fosse tornata dalla spesa pochi minuti prima, Soun e
Genma erano già ubriachi, ed ovviamente si lasciarono andare
alle solite considerazioni sui due fidanzati nei modi più
disparati, considerazioni decisamente spinte che Ranma aveva poca
voglia di ascoltare.
La lattina di
birra ciascuno utilizzata per celebrare la vittoria sui due fratelli
Hiten e Manten però non faceva che peggiorare le cose.
Nonostante
questo, Ranma partecipò con entusiasmo per la vittoria,
mangiando vari stuzzichini, parlando del più e del meno con
Nabiki e cercando inutilmente di chiudere la bocca ai due padri che
deliravano a causa dei fumi dell'alcool.
Ranma
mandò giù un paio di sorsi di birra prima di
osservare Akane. Era contenta di aver vinto, nessuno poteva negarlo, ma
perché ogni volta che l'attenzione delle altre ragazze si
spostava verso qualcun altro, il sorriso tirato di Akane si spegneva?
Non
passò tanto tempo che la piccola Tendo decise di alzarsi da
tavola. Nabiki e Kasumi gettarono un'occhiata all'indirizzo della
sorella minore, probabilmente chiedendosi, come Ranma, cosa stesse
succedendo.
Ma come? Erano
lì a celebrare una delle loro migliori vittorie conseguite,
e lei se ne andava così, senza dire una parola?
"Sono stanca",
fu la sua giustificazione.
Già,
e io sono Bruce Lee!
Era vero che
avevano speso parecchie energie a causa di quel combattimento, e a
dirla tutta neanche lui si sentiva fresco come al mattino. Ma da
lì a piantarli quando c'era tanta voglia di festeggiare il
pericolo scampato, soprattutto lei che al dojo teneva tanto quanto la
sua stessa vita ce ne correva.
"Vuoi che ti
accompagni?" chiese Kasumi.
"No, grazie."
Getto un'occhiata all'indirizzo di suo padre e, vedendolo mezzo
addormentato fra le braccia - o meglio, le zampe - di Genma trasformato
in panda lo lasciò stare. Augurò la buonanotte a
tutti, per poi andarsene portando con sé la lattina.
Questo
dettagli indusse Ranma a pensare che non era per la stanchezza che
Akane aveva deciso di ritirarsi. E sinceramente, voleva sapere che
caspita frullasse nella testa del maschiaccio. Ma non poteva seguirla a
ruota senza destare dei sospetti. Attese vari minuti, abbandonando
completamente la voglia di divertirsi, finché non
annunciò che anche lui sarebbe andato a letto.
"Credo che
anche io andrò a dormire."
Per
enfatizzare, prese perfino uno sbadiglio - rigorosamente finto - nel
tentativo di apparire convincente, ma tutti i suoi sforzi andarono a
farsi benedire.
"Certo, come
no!" rise Nabiki - quella iena patentata! - sfoderando un sorrisone
ambiguo. Dallo scintillio nei suoi occhi si capiva chiaramente che
avrebbe detto qualcosa di... stravagante.
"Sicuramente vuoi raggiungere mia sorella per... festeggiare come
una coppia dovrebbe, ovvero fare del salutare sess..."
"Nabiki, ma
che stai dicendo?" urlò una scandalizzatissima Kasumi. "Non
sta bene!"
Ma non c'era
bisogno che finisse la frase per mandare in fumo la testa di Ranma.
Ma...
ma... NO! Non è... nelle mie intenzioni... Nabiki, sei
insopportabile!
"E dai, vuoi
dire che non ho indovinato?" sbottò la mezzana, incespicando
nelle parole. Era evidente che era la terza persona ad aver bevuto
più di tutti.
Colto alla
sprovvista, Ranma fuggì a gambe levate, riuscendo a portarsi
di sopra solo la sacca del ghiaccio.
A dire il
vero, non sapeva se avrebbe cercato Akane oppure no.
***
Trovò
Akane al balcone, probabilmente per rimanere sola con i propri pensieri.
Era appoggiata
al parapetto con entrambe le braccia, la sua lattina di birra ancora in
mano. Circondata dal buio della sera, la sua figura sembrava
più piccola che mai.
Gli occhi di
Ranma caddero inevitabilmente sulla fasciatura fatta da Kasumi,
nascosta in parte da un paio di pantaloncini gialli.
Se
non avessi fatto di testa mia, adesso sarebbe in ospedale.
"Ehi, sei
scappata?"
La ragazza
sobbalzò, voltando la testa verso il fidanzato quel tanto
che bastava per dirgli che no, non era scappata affatto. "Sono davvero
stanca, avevo solo bisogno di una boccata d'aria" aggiunse.
Si
affiancò a lei, notando subito che Akane aveva un grosso livido
sotto l’occhio destro, sicuramente causato da uno dei tanti
colpi ricevuti. Forse era per quello che il suo viso aveva un aspetto
così acceso prima.
"Credo che
questa serva anche a te" disse Ranma, poggiando delicatamente la sacca
del ghiaccio sulla sua guancia.
"Grazie."
Accettò di buon grado quella premura, ma poi rimase in
silenzio, ritornando ad essere sovrappensiero. L'unico movimento che
fece fu di bersi un altro lungo sorso di birra. Vedendola
così, assorta e calma come un lago, nessuno avrebbe mai
scommesso che si trattasse di una combattente.
Il giovane
Saotome attese, mentre progressivamente sentiva crescere una strana
sensazione, come se si sentisse offeso del fatto che Akane, nonostante
probabilmente ci fosse qualcosa che la preoccupasse, non spiaccicava
parola. E pensare che avevano sempre chiacchierato in quegli anni, su
tantissimi argomenti.
Se
hai qualche problema potresti anche parlarne con me!
Un tacito
rimprovero, spezzato da poche e semplici parole di scusa.
"Mi dispiace
tanto."
Fu un
sussurro, così lieve e dispiaciuto che non sembrava reale.
Ranma ebbe un sussulto al cuore. Era così indifesa quando
faceva così.
Provando a
risponderle, dalla sua bocca uscì solo un lieve balbettio.
"D... di cosa?"
"Stamattina,
prima dell'incontro..."
Ah, come
dimenticarlo! Aveva fatto il diavolo a quattro per tenerlo fuori dal
dojo quella mattina, ma fra due testardi la cosa non poteva essere
così scontata.
"Se fossi
stata sola ti avrebbero fatto male sul serio!" disse Ranma con
ovvietà, incrociando le mani dietro la testa.
"Già..."
replicò lei triste, osservando distrattamente la lattina.
Uno contro due
in un combattimento ufficiale sarebbe stato disonesto per i due
fratelli e pericoloso per la ragazza.
Ma a dispetto
della situazione presentatasi poche ore prima, Ranma non poteva affatto
negare che Akane era diventata un’artista marziale temibile
tanto quanto lui. Proprio come aveva dimostrato quella mattina contro
Hiten e Manten. Anche se era allo stremo delle forze e ferita, aveva
continuato a combattere con fierezza e tenacia. E questo, pensava
Ranma, la rendeva degna di essere già chiamata maestra.
Ranma sapeva
che se le avesse fatto degli apprezzamenti, Akane si sarebbe sentita
felice, lusingata. Pazienza se si fosse montata la testa.
Si
avvicinò ancora di più a lei appoggiandosi al
parapetto così come aveva fatto la ragazza, e d'un tratto si
sentì inesorabilmente attratto
da lei, molto più del solito.
"Ehi, Akane."
"Dimmi."
"Hai
combattuto benissimo."
Sulle labbra
di Akane finalmente comparve un sorriso, e il ragazzo con il codino ne
rimase piacevolmente deliziato.
Unire le loro
forze con una complicità così sincera come la
loro era bello e appagante al tempo stesso. Sì, c'erano
molti incidenti - litigi - di percorso, ma alla fine ne uscivano
vincitori, a dispetto dell'apparente superiorità dei loro
avversari.
Peccato che le
occasioni erano così poche che si potevano contare con le
dita. Al dojo arrivavano sempre sfidanti singoli, che puntualmente
Akane pretendeva di battere per conto suo. Per quanto riguardava
allievi da allenare, per i loro genitori non era ancora una
attività alla loro portata.
La ragazza
ridacchiò un poco. "Non ne va del tuo orgoglio se mi fai
questo tipo di complimenti?"
Stava
giocando, era evidente, ma davanti a quella spontaneità
Ranma poteva sentire chiaramente le guance andargli in fiamme ed il
battito cardiaco triplicato.
Accidenti,
Akane! Ci rimarrò secco se continui a fare così!
Anche se per
qualche secondo e non sapendo assolutamente cosa la rendesse
così triste e nervosa, aveva sollevato il morale ad Akane
con ciò che lei sicuramente voleva sentirsi dire.
"Posso fare
un'eccezione, ogni tanto. Soprattutto con la mia fidanzata."
Aspettaaspettaaspetta!!!
Che diamine
aveva detto?
Akane si
voltò di colpo, fissandolo con malcelata sorpresa e con un
pizzico di preoccupazione.
Calibrò
in quali modi quel che aveva detto poteva essere inteso, soppesando
parola per parola quella risposta. Ma porca miseria, ma
perché all'improvviso non ricordava più niente?!
"Non stai
bene, Ranma? Hai la febbre?"
Ahia...
"Sto
benissimo, invece!" ribatté con eccessiva enfasi. Forse con
quel tono alterato avrebbe capovolto la situazione, facendo
indispettire Akane e mandando a puttane la serata. Ma a quella reazione
così esagerata Akane non proferì parola.
"Akane, io..."
Cazzo,
la timidezza.
Perché
non riusciva mai a dire quel che pensava ad Akane?
"Ranma..."
La vedeva, e
Ranma sapeva che aveva paura. Ma dannazione, ne aveva tanta anche lui.
Ma ebbe molta
più paura ripensando - l'ennesima volta - a come sarebbe
andata a finire se non fosse tornata a casa viva. A quell'ora non
sarebbe stata lì a chiacchierare con lui su quel balcone.
Non avrebbe scherzato, non si sarebbe incazzata quella mattina. Non
starebbe lì a pensare se potesse fare oppure no quel che
stava per fare.
Perché
sì, lo avrebbe fatto. Ormai era troppo vicino a lei con lo
sguardo incatenato al suo. Gli occhi di Akane lo trafissero
tagliandogli involontariamente ogni via di fuga. Si sentiva esposto,
come se fosse nudo, nei guai fino al collo. E non sapeva spiegarsi il
perché, ma voleva immergersi,
in quei guai, e rimanerci.
Stranamente
non gli importava se l'avesse mandato su Marte, se lo avesse riempito
di pugni o se gli avesse dato del maniaco. Era troppo euforico per darsi
pensiero per questo.
Ammazzami
pure, dopo.
La bocca
arrossata di Akane, e il fatto che se la mordesse piano per il
nervosismo non faceva che peggiorare le cose. Imponendosi quanta
più calma possibile, coprì la distanza che li
separava finché il respiro caldo della ragazza lo
mandò in estasi, mozzando il suo.
Chiuse gli
occhi. Percepì le proprie labbra tremare, perdere del tutto
il controllo di ciò che stava succedendo. Ma fu in
quell'istante che sentì qualcosa chiudergli la bocca.
Confuso e
stordito, Ranma aprì gli occhi.
Sulle labbra
aveva una mano di Akane.
Sul viso, la
ragazza aveva un'espressione mortificata. Sull'orlo delle lacrime.
Cosa...?
"Non farlo,
Ranma. Per favore..."
Una preghiera
mite, con una voce terribilmente incrinata, che non avrebbe mai
immaginato di sentire da Akane.
Forse aveva
capito male, forse la birra stava giocando dei brutti tiri al suo
cervello che, a detta di Akane, era già bacato di suo. Ma il
palmo della mano della fidanzata era ancora incollato saldamente sulla
parte inferiore della sua faccia, confermando con brutale
crudeltà il suo sospetto.
Lo stava... rifiutando?
No,
non è possibile... Dev'essere uno scherzo, di quelli pessimi!
Finalmente
Akane lo lasciò, ma distolse immediatamente lo sguardo.
Ranma giurò di scorgere una lacrima sul piccolo viso della
ragazza, e in quel momento sentì un pugnale trafiggergli il
cuore, riducendolo in frantumi.
Riuscì
appena a controbattere con un "Perché?"
ma ciò che ebbe come risposta non lo soddisfece affatto.
"Non me lo
chiedere..."
"Che vuol dire
"Non me lo chiedere"?"
E noi..."
Non lo
lasciò finire. Troncò sul nascere una domanda che
gli parve ovvia, a cui era praticamente doveroso dare una pur minima
spiegazione.
"Non ci
pensare, al nostro fidanzamento..."
Un'altra
lacrima, che lei asciugò in fretta.
"Ho capito..."
mormorò Ranma atono.
Fece alcuni
passi indietro, prima di correre via.
NDA
E' da un po'
che non scrivevo qualcosa. Me ne sono successe tante, perciò
non ho avuto né tempo tanto meno voglia di buttare
giù qualcosa. Però scribacchiando un po' di
voglia mi è venuta, così ho cominciato a scrivere
questa cosetta. E niente, giusto per riprendere in mano il sito e
combinare qualcosa.
Se ci sono
errori, non esitate a segnalarli.
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