Shine

di Ellery
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1. Luna e sole
 

Note: la ff partecipa al COWT8, indetto da Lande di Fandom.
Week 2, Missione 3 - Prompt: Shine (Tolmachevy Sisters)
Parole: 2496




Celestia si fermò al limitare della balconata, esausta. Il sole era appena tramontato. Il suo corno riluceva ancora della magia necessaria a coricarlo. Piegò il capo verso la sorellina, che osservava curiosa il piccolo gruppo di pony riunitisi al centro del cortile sottostante.

«Cosa fanno?» domandò Luna, spiando le figure radunate una decina di metri più in basso «Perché sono lì?» chiese, indugiando con lo sguardo sui Cutie Mark: tutti simili, rappresentanti un cielo stellato.

«Sollevano la luna.» fu la risposta della principessa «Ogni notte, si ritrovano per poterla chiamare, per collocarla nella volta celeste. Per estendere la notte e per farla svanire con l’alba successiva. È un compito molto importante.» la voce di Celestia si era fatta solenne, profonda, quasi cogliesse fino in fondo la responsabilità di quell’incarico «Mantengono il buio perché possiamo riposare, dormire e sognare.»

«Non basta un pony? In fondo, tu fai tutto da sola. Fai sorgere e tramontare il sole. Perché loro devono essere in…» contò a bassa voce «sei?» snocciolò.

«Sono la principessa del sole.» Celestia mosse il muso verso la propria groppa, dove il disegno dell’astro capeggiava sul manto bianco e lucido «è mio dovere controllare il giorno. Sono sola perché la mia forza magica è sufficiente, capisci? È il mio incarico; sono nata per questo. Ho scoperto di poterlo fare quando ero ancora giovane, mia cara; più giovane di te.»

Luna fissò la propria coscia. Sul mantello blu non vi era niente: nessun simbolo, nessun riconoscimento. Eppure, la maggiore aveva ricevuto il Cutie Mark in tenerissima età; era un disegno importante, sinonimo di una grande responsabilità e quasi un rituale di passaggio alla vita adulta. Perché a lei allora non era ancora comparso? Che non fosse altrettanto talentuosa? Che fosse destinata a vivere all’ombra dello splendore di Celestia? Ad essere soltanto un anonimo pony della capitale?

«Come l’hai ottenuto?» chiese, incollando lo sguardo azzurro al cielo, dove le striature rossastre andavano ormai confondendosi con il nero della vicina notte.

«Un tempo, prima che nascessimo, il sole veniva svegliato nello stesso identico modo. I Pony del Sole si radunavano ogni mattina e lo faceva sorgere. Intonavano canti e poesie per convincerlo a splendere per noi. Ogni giorno, mi fermavo su questa terrazza e li spiavo di nascosto; trovavo affascinante il loro fare, il modo in cui riuscivano a scandire il ritmo del tempo e la tenacia con cui lo manipolavano. Li ho osservati per anni.

Poi, un giorno accadde qualcosa di inspiegabile. Il sole non si sollevò; era come se fosse diventato insensibile alle filastrocche, alle canzoni, alle preghiere. Come se fosse stanco di ascoltarci e volesse rimanere coricato ancora un po’. I Pony del Sole provarono per ore, ma senza successo. La notte giacque su Equestria per giorni. Lo immagini, Luna? Il nostro splendido Paese avvolto nelle tenebre. Gli alberi avvizzivano, gli uccelli non fischiettavano, i conigli rimanevano nascosti nelle loro tane ed i campi non producevano e diventavano schiavi dei rovi. Soltanto i predatori notturni erano liberi di scorrazzare, mentre gli incubi invadevano la fantasia. I pony iniziarono a non uscire di casa, a temere le ombre, ad accendere luci artificiali sperando di trovare conforto nelle fiammelle delle candele. Riesci ad vederlo?»

Luna annuì:
«Non capisco. Perché temere così tanto la notte? Io… trovo sia affascinante. È splendida, a modo suo. Incompresa, forse… ma bellissima.»

«Sono d’accordo con te, ma… la notte non può rimanere per sempre. Deve esserci il giorno. Senza la luce, non c’è equilibrio.» la voce della principessa conteneva una sfumatura di leggero rimprovero, come se quell’interruzione l’avesse quasi infastidita; dopo poco, tuttavia, continuò «Mi feci avanti. Non so perché mi proposi… forse, sentivo di potercela fare e di poter aiutare i Pony del Sole. Mi sedetti in quello stesso cortile» uno zoccolo indicò lo spiazzo sottostante, dove i Pony della Luna avevano dato inizio al rituale «e pregai. Supplicai il sole, gli chiesi di concedersi ancora a noi, di non negarci il suo splendore ed il suo tepore. Fui esaudita. Cantai per lui per… ore! Alla fine, i raggi fecero capolino da oltre l’orizzonte. Lo vidi sollevarsi ed iniziare il suo cammino lungo il cielo. Quel giorno, il mio Cutie Mark apparve.»

«Capisco.» Luna non riuscì a tradire una nota delusa. Quanto ci metteva il suo “simbolo di bellezza” a comparire? Lei era ancora senza identità. Non era nessuno, se non una principessina cresciuta all’ombra della geniale sorella. Non aveva il Cutie Mark e non sapeva neppure come fare ad ottenerlo. Che talenti possedeva? Nessuno. Non sapeva far sorgere il sole, né comandare alle stelle di sparire. Non sapeva nulla dell’amore, né della famiglia, né dell’amicizia. Non amava leggere e non era neppure tanto portata per la magia. Chinò il muso, osservando nuovamente i giardini e poi l’orizzonte, dove si intravedeva un pallido bagliore.

«Chissà, forse diventerò una brava pasticciera…» scherzò, rammentando tardi il disastroso risultato ottenuto in cucina soltanto il giorno prima. Aveva bruciato due teglie di biscotti e rovesciato l’impasto per i muffin. Alla fine, la cuoca l’aveva fatta gentilmente accomodare alla porta, assicurandole che Miss Petunia, la giardiniera, aveva certamente bisogno di lei.
Non che alle serre fosse andata meglio. Miss Petunia si era ritrovata con le piante grasse affogate e le begonie rinsecchite.
Aveva tentato con la biblioteca, ma riordinare i volumi per autore e periodo storico si era rivelato un compito troppo noioso; classificarli in base ai colori delle copertine, tuttavia, aveva indisposto di parecchio il bibliotecario.

«O rimarrò una Fianchi Bianchi a vita» concluse, fissandosi mestamente. Era così che venivano chiamati coloro che non avevano ricevuto nessun simbolo; Fianchi Bianchi, pony senza talento, senza uno scopo, speciali quanto un torsolo di mela.

Era inutile fingere non fosse motivo di disprezzo ed era impossibile non cogliere i bisbigli che serpeggiavano tra la servitù e l’aristocrazia: la principessina Luna non aveva ancora un Cutie Mark? Inaudito e scandaloso! Non quando la sorella aveva ricevuto il suo in età così tenera. Possibile non fosse predisposta a nulla? Che fosse una perditempo?

«Sei ancora giovane, Luna.» la sorella la avvolse con una delle candidi ali «Pazienta. Sono sicura che apparirà presto; e che sarà bellissimo.»

“Come no…” pensò, senza staccare gli occhi dal giardino sottostante “Non me ne faccio nulla della tua pietà, cara sorella. È facile parlare quando si ha tutto dalla vita. Se solo provassi a capire, invece che elargirmi compassione”.

Si tenne dentro quelle parole. Sapeva che Celestia che avrebbe travisato. L’avrebbe letta come una accusa e non come una richiesta d’aiuto, troppo orgogliosa per poter essere espressa.

Chiuse gli occhi, respirando a fondo l’aria frizzante della sera. Il tepore del sole era ormai un ricordo lontano, mentre la notte gettava già le proprie ombre sulla città di Canterlot. Tese le orecchie, accontentandosi di cogliere il canto che si levava dal basso.
Le voci intonate si mescolavano perfettamente al gracidare dei rospi, al frusciare delle fronde frustate dalla brezza serale; al pigolio degli uccelli ormai ritornati ai loro nidi, ai rumori lontani della campagna che andava terminando le ultime attività.
 

Splendi nell’oscurità,
splendi nella notte, sei la mia luna che sorge.
 

Luna riaprì gli occhi, sorridendo al notare il profilo familiare del satellite spuntare da dietro le colline. Una falce perfetta, quasi un ghigno storto. Una parte illuminata ed una nascosta a tutti. La amava perché le assomigliava. Avevano entrambe un lato visibile, apparente. Una faccia con cui mostrarsi agli altri ed una maschera per celare la propria identità; per occultare il dolore, le preoccupazioni, la frustrazione.  

Un picchiettare sulla spalla la riportò bruscamente alla realtà: Celestia la stava fissando, incerta.
«Va tutto bene?» si sentì chiedere. 

Mosse il capo in un cenno affermativo:
«Sì.» mentì «Posso raggiungere i Pony della Luna? Ci sono alcune domande che vorrei fare e…»

«Naturalmente. Non metterci troppo, però. Saranno stanchi e vorranno andare a riposare… e anche tu dovresti dormire un po’!» la principessa le regalò un bacio leggero tra le ciocche scure «Buona notte, Luna.»

«Buona notte, sorella.»
 

***
 

Luna sorvolò il cortile, chiudendo poi le ali di scatto e fiondandosi in una breve picchiata. Celestia si sarebbe sicuramente indispettita, se l’avesse vista: non era un comportamento adatto ad una principessa, quello. Avrebbe dovuto usare le scale e presentarsi ai sudditi con il dovuto distacco, con la compostezza che si addice ad una futura regina.

Baggianate, ecco! Non le importava nulla dell’etichetta. Non in quei momenti, quando a guardarla vi erano soltanto le stelle e quando il buio della notte la proteggeva e la abbracciava come una madre orgogliosa.

Si accostò ai Pony della Luna che, sciolto il cerchio di preghiera, stavano già per ritirarsi.
«Perdonate!» esclamò, mimando un colpo di tosse per richiamare l’attenzione «Vorrei provi alcune domande.»

«Principessa!» i sei si inchinarono prontamente, ma a farsi avanti fu il più anziano del gruppo. Una lunga barba bianca contornava il mento del vecchio pony, mentre tra la criniera – un tempo di un fulgido oro – spuntavano ciocche argentate. Anche il manto aveva perso la sua tonalità originaria, sbiadendo in un pallido color lampone. Luna lo riconobbe immediatamente, nonostante gli spessi occhiali che celavano lo sguardo astuto:

«Mastro Betelgeuse.» salutò educatamente, piegando leggermente il collo «Spero di non essere inopportuna, ma… desidererei chiedervi alcune cose.» non attese il permesso, continuando imperterrita «Da quanto fate sorgere la luna?»

«Da tanto, principessa. In fede, non lo ricordo nemmeno. Ho preso il posto di mio padre e di mio nonno prima di lui. La mia famiglia si è sempre occupata del rituale. Mio figlio continuerà la tradizione, quando io non ci sarò più.» Betelgeuse sorrise, mettendo in mostra i denti storti.

«E se vostro figlio volesse fare qualcosa di diverso? Tipo… il gelataio?»

«Temo sia impossibile, principessa. Orion ha già ricevuto il suo Cutie Mark ed è identico al mio. Sa che il suo destino è legato indissolubilmente alla notte, che abbiamo giurato di proteggere.»

«Capisco. Però, non pensate che… magari si aspettasse altro dalla vita? Insomma, forse avrebbe preferito coltivare degli ideali differenti.»

«Non gli è mai stato impedito, principessa. Tuttavia, siamo guardiani da generazioni; e continueremo ad esserlo, perché siamo portati per fare questo. Non possiamo deviare dai nostri cammini: possiamo sbagliare strada, inforcare sentieri diversi, ma tutti percorreremo la via giusta presto o tardi; quella che il Cutie Mark ha scelto per noi.»

«Non lo trovo giusto…» bofonchiò Luna, tornando a scrutare il cielo.

La sua omonima splendeva ormai alta, bagnando Equestria con la sua pallida luce. Raggi sottili, delicati e quasi timidi; niente a che vedere con quelli maestosi e solenni del sole. Le piaceva, sì… perché i pony non si soffermavano ad ammirarne la bellezza, invece che rintanarsi a dormire? Perché accendevano i fuochi per scacciare le ombre, invece che raccogliere ogni sfumatura del silenzio e del buio? Erano una compagnia piacevole, ristorante ed amica. Perché soltanto lei riusciva a cogliere tutte le rassicurazioni che la notte regalava?

«Cosa non trovate giusto?» la voce gracchiante di Betelgeuse la strappò a quelle riflessioni.

Scosse il capo, limitandosi ad un «Niente…» e lasciando cadere l’argomento.

«C’è altro che desiderate chiedere?»

«Sì, per favore. È così faticoso far sorgere la luna? Vi vedo provato e… mi chiedevo soltanto quante energie possano servire per svolgere un compito simile.»

«Molto, principessa. La luna è una compagna volubile. Si mostra con tante sfaccettature e cambia viso tutti i giorni. Oggi, ad esempio… non era che una falce. È facile farla nascere, quando è ridotta ad uno spicchio. La parte illuminata è più piccola e richiede un minor dispendio di magia. Quando è piena, invece… pesante. È come se…»

«Come se sollevassi un secchio colmo d’acqua ed uno mezzo vuoto…»

«Precisamente. La luna piena è difficile e pretenziosa. Occorre molto più tempo perché si palesi. È come una bambina capricciosa: vuole essere viziata e coccolata. Non si accontenta delle solite melodie; ne cerca sempre di nuove, di raffinate e complesse.
Altre volte, invece, rifiuta di mostrarsi. La intravediamo spuntare all’orizzonte, ma è solo una fugace apparizione. Permane buia per tutta la notte, come un’amante che si vede negato un favore. È donna ed è mutevole d’umore. Bisogna essere pazienti, saperla comprendere ed assecondare i suoi desideri. Può essere una splendida compagna, come una nemica invisibile. Non bisogna mai fidarsi di lei, principessa.»

Luna aggrottò la fronte. Che significavano quelle parole? L’avevano scossa, senza dubbio. Era come se, con una semplice, Betelgeuse fosse riuscita a pungerla sin nel profondo. Batté le palpebre, incerta:

«Che intendete?»

«Non è come suo fratello. Il sole è genuino, onesto. Spunta ogni giorno e compie il suo cammino, vegliando su di noi. Ci scalda, ci allieta; dona nutrimento al terreno, fa sbocciare i fiori e maturare i frutti. Ci sostiene e non chiede nulla in cambio. La luna è diversa. Attraversa il cielo in silenzio; a volte, compare di giorno anche se non è richiesta: la vedi stagliarsi contro il cielo azzurro, pallida come un fantasma. Altre volte, non si degna neppure d’alzare la testa. È difficile da domare…»

Luna non rispose, abbassando semplicemente lo sguardo. Non riusciva a togliersi di dosso quella sgradevole sensazione. Era questo, dunque, ciò che i pony pensavano della luna? Possibile che fossero tanto ingrati e disonesti? Forse erano soltanto invidiosi del suo essere così solenne ed elegante; delle stelle che si inchinavano al suo passaggio, brillando contro lo sfondo nero della notte.

«Non sarebbe meglio, allora… evitarla? Lasciarla riposare. Se la sua presenza è tanto sgradita, perché disturbarla e chiederle di sorgere?»

«Perché il tempo richiede equilibrio. Al giorno deve corrispondere la notte. Il sole deve potersi rilassare e la luna deve vegliare sui sogni di Equestria.»

«A quanto dite, però… non è un granché come guardiana.»

«Non fraintendete, principessa. Immaginate un mondo dove regna sempre il sole. Riuscireste a dormire, in mezzo a tutta quella luce? Con i raggi caldi che vi feriscono continuamente gli occhi? È a questo che serve la notte: ci concede di riposare. Viviamo nel sole, ci assopiamo nella luna. Sono inscindibili; non potete separarli. Devono alternarsi, perché tutto funzioni correttamente.» il vecchio nascose a stento uno sbadiglio «Pensate a vostra sorella, per esempio. Se non esistesse la notte, non avrebbe un attimo di tregua. Sarebbe costretta a lavorare… beh, sempre. Celestia è talentuosa, certo… ma non al punto da poter fare a meno del riposo.»

«Credete esista un pony capace di non stancarsi mai? Io credo di sì.»

«No, principessa. Tutti abbiamo bisogno di riposare.» una pausa e di nuovo quel sorriso sdentato «A tal proposito, suggerirei di ritirarci. Si sta facendo tardi e siamo entrambi esausti.»

«Io non sono stanca!» protestò Luna «Ho ancora molte domande da farvi.»

«Vi chiedo perdono, allora. Potreste rimandarle a domani? Temo di non poter resistere oltre.»

Luna mimò un cenno d’assenso:
«Andate. Vi ringrazio d’avermi ascoltata.» sussurrò.

Attese finché non colse il rumore degli zoccoli svanire oltre le porte del palazzo. Soltanto quando fu sicura d’essere rimasta sola, sollevò il volto. Incrociò il bieco ghigno della luna.

«Rimarrò qui.» promise «Ti farò compagnia finché non sarà giorno. Splendi per me, ti prego.» 


 

Angolino: Buongiorno! è la primissima volta che scrivo su questo fandom, a cui mi sono accostata di recente.
Se devo essere sincera, MLP è stato una piacevolissima scoperta e... ho approfittato del prompt "Shine" per stendere questa mini-long, che spero vi possa piacere. Tratta principalmente del rapporto tra Celestia e Luna e di come quest'ultima si sia trasformata in Nightmare Moon. Volevo scrivere qualcosa di malinconico che parlasse del rapporto tra le due sorelle e di come Luna vivesse all'ombra della sorella maggiore. Il prompt si ispira ad una canzone delle Tolmachevy Sisters. "Shine" viene ripresa nell'arco dei capitoli sia come testo vero, sia con riferimenti durante la narrazione. (è la canzone che cantano i pony, di cui ho trovato la traduzione in italiano).
Vi ringrazio per aver letto fin qui! Se avete consigli e pareri, scrivetemi liberissimamente *_*
Un abbraccio

E'ry

 




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