Calling
you from the sea
Il principe
Keith era segregato in una delle torri del palazzo ormai da mesi.
Doveva
essere protetto. Era troppo importante per garantire la pace tra il
regno di Voltron ed il vicino regno dei Galra, popolazione di cui
faceva parte sua madre.
Fino alla
sua nascita c'erano sempre state guerre e battaglie fra i due regni ma,
essendo lui figlio del re umano e di una nobile galra, con la sua venuta
al mondo aveva garantito un'unione fra i popoli e la sua morte senza
eredi avrebbe scaturito la fine della pace.
Non importava che la
sua scorta fosse capitanata dal cavaliere Takashi Shirogane, il
più forte e valoroso combattente mai avuto nel regno; dopo
l'incidente avuto quell'estate in carrozza, in cui Keith aveva rischiato
la vita gli era stato proibito di uscire dal palazzo.
Venne poi segregato in
una torre dell'ala sud a seguito dei suoi continui tentativi di "fuga".
A Keith piaceva star
fuori ed il grande giardino del palazzo non riusciva a contenere la sua
voglia di respirare, di stare lontano da lì.
Palazzo che odiava.
Suo padre era troppo impegnato con affari politici per poter pensare a
lui, sua madre non gli aveva mai mostrato il suo viso, la
servitù lo trattava con riguardo ed educazione ma provavano
disgusto e ribrezzo verso di lui per il suo essere mezzo galra; lo
percepiva.
L'unico che gli voleva
bene era Shiro.
Ma Shiro non bastava a
sopprimere la sensazione di soffocamento che Keith provava vivendo
lì.
A soli 18 anni
conviveva con la consapevolezza che la sua promessa sposa, la
principessa Allura di Altea, lo odiava per il suo essere mezzo galra;
glielo disse proprio la fanciulla, sibilandogli che non lo avrebbe mai
sposato perché nelle sue vene scorreva il sangue di chi
aveva ucciso suo padre.
Keith aveva spalle troppo piccole e fragili per portare il peso del
futuro di tre regni, il disgusto che il popolo aveva per lui e l'odio
di una sposa che non lo voleva.
Era tutto semplicemente troppo.
E l'unico che sembrava comprendere il suo malessere era Shiro.
Ma Shiro non
bastava.
Quel giorno stava
piovendo e Keith, con una casacca rossa e dei pantaloni neri, stava
seduto vicino alla finestra il cui vetro veniva colpito da innumerevoli
goccioline di pioggia che creava un piacevole picchettio, leggendo un
libro sulle popolazioni del mondo.
C'erano
gli umani, proliferi ma senza poteri, i galra che avevano
caratteristiche fisiche in comune con i lupi mannari, gli elfi divisi
in moltplici sottspecie fra le quali c'era la razza di Allura, gli
alteani, le fate ed i folletti accumunati dalla passione per gli
scherzi, le sirene creature metà pesce, antropofaghe,
bellissime ed estremamente pericolose.
Keith
chiuse il libro sospirando, ai suoi occhi le sirene sembravano quasi
leggendarie, erano quasi cento anni che venivano date per estinte.
Prima di allora le sirene venivano cacciate per le loro squame
pregiatissime, coloratissime ed incredibilmente resistenti con cui
venivano fatti splendidi gioielli, decorazioni, vasellami e spade.
Alcuni fra gli ornamenti più pregiati del castello erano
fatti di squame di sirena, Keith li aveva visti e dopo secoli avevano
mantenuto il loro colore brillante e la loro lucentezza in modo
incredibile.
Da
bambino una volta era scappato e si era addormentato sulla spiaggia e
lì aveva sognato di giocare con una sirena, una
piccola e giovane sirena petulante dalla coda blu e la pelle scura,
sorridente e con occhi troppo belli per essere veri.
Ripensava a quel sogno
infantile col sorriso sulle labbra, non poteva fare a meno di
ridacchiare ricordando lo sguardo meravigliato della sirena del sogno
alla vista delle sue gambe.
Keith
poggiò il libro che stava leggendo su uno scaffale della
libreria, sentendo l'aria farsi pesante decise che era il momento
giusto per una passeggiatina.
Aprì la
porta della sua stanza e trovò davanti a sé
Shiro, con una leggera armatura e la spada legata al fianco.
«State bene
principe?» Come lo vide, Shiro gli andò vicino.
Nonostante Keith gli avesse detto centinaia di volte di dargli del tu e
chiamarlo per nome Shiro continuava a dargli del voi.
«Shiro, sto bene, volevo solo sgranchirmi le gambe»
rispose, stiracchiandosi e facendo scrocchiare le ossa delle braccia.
«Vi accompagno»
«Da solo»
«Ma principe-»
«No. Non sono stupido e so che all'uscita della torre ci sono
altre guardie, poi sarebbe stupido uscire con la pioggia. Voglio solo
muovermi un po'. Almeno questo mi sarà concesso»
sbottò Keith assottigliando gli occhi dalle scure iridi
viola.
Shiro annuì e fece un passo indietro.
«Come volete» disse alzando gli occhi al cielo.
Sapeva che anche se avesse insistito, Keith avrebbe trovato il modo di
fare ciò che voleva.
Il principe allora sorrise ed iniziò a scendere le scale
della torre fischiettando.
Giunto piuttosto in basso raggiunse un arazzo raffigurante la caccia ai
cinghiali che guardò con un sorriso. Lo
scostò lentamente e prese fra le mani una pietra un po'
sporgente che scostò, poggiandola a terra, tentando di far
meno rumore possibile. Così aprì un buco
abbastanza grande per permettergli di passare.
Aveva scoperto quello spiraglio un mese prima e già lo aveva
usato cinque volte.
Stava piovendo, sì, ma aveva bisogno di respirare, di
camminare all'aria aperta.
Avrebbe inventato poi una scusa da fornire a Shiro sul
perché fosse tutto bagnato.
Uscì e le goccioline di acqua fredda gli cadevano sul corpo,
facendogli attaccare i capelli alla fronte e facendo aderire gli abiti
al corpo.
Rise ed iniziò a correre verso il mare. Vicino al castello
c'era una piccola spiaggia rocciosa che a Keith piaceva molto.
Non c'era mai stato con il brutto tempo e, quando arrivò
lì, guardò rapito il mare che aveva un buffo e
particolare movimento causato dalla pioggia. Non aveva mai visto il
mare muoversi così.
All'improvviso gli parve di sentire una voce. Temette che qualcuno lo
avesse scoperto e lo stesse cercando ma ascoltando si rese conto che
quello era un canto, un bellissimo canto sui coralli.
Keith seguì quella voce, curioso finché non vide
una chioma bagnata di lisci capelli castani con due fermargli blu e
brillanti che sporgevano ai lati del capo.
Non riusciva a vedere il viso di quella persona dalla voce tanto bella.
Quando il canto terminò Keith applaudì, facendosi
sentire dal'ignaro cantante che non sapeva di essere osservato.
La figura
con la voce meravigliosa si voltò di scatto, con gli occhi
spalancati.
Keith
quasi smise di respirare per terrore e per stupore dovuto a quella
bellezza mai vista prima.
Il cantante era un
ragazzo. Col petto abbronzato e liscio, i capelli cadevano
sulla sua fronte, quasi coprendola, ma Keith riuscì a
scorgere il suo viso: i lineamenti sottili, gli occhi di un blu tanto
intenso da sembrare innaturale e... le minuscole squame azzure sugli
zigomi, squame che erano presenti anche sulle spalle del giovane e sul
dorso delle braccia, quattro lunghi tagli che sembravano muoversi
ritmicamente erano posti all'altezza delle costole, sotto il petto,
quelle che Keith aveva scambiato per fermagli erano orecchie.
Aveva davanti a sé una sirena.
Una sirena dopo quasi un secolo che quella razza era stata data come
estinta.
Una sirena terribilmente simile a quella del suo sogno da bambino.
La sirena, o meglio, il tritone mostrò i denti aguzzi e fece
un verso simile al soffio del gatto, mentre alcune squame sulle giunture
saettarono verso l'alto, appuntite, per autodifesa.
Keith alzò
le braccia verso l'alto e fece un passo indietro, sentendosi comunque
al sicuro per la presenza del suo inseparabile pugnale alla cintola.
«Non voglio
farti del male» sussurrò sentendosi incerto sulla
base rocciosa.
La creatura rimase a fissarlo, guardinga, tesa, pronta ad attaccare.
Le sue pupille serpentine non accennavano ad abbandonare lo sguardo
fisso sul pugnale di Keith.
Il principe notò quel dettaglio e, con cautela, tolse il
pugnale dalla cintola, poggiandolo lentamente sullo scoglio sempre
sotto lo sguardo attento della creatura.
Dopo qualche secondo, in cui il tempo sembrò essersi fermato,
Keith si sedette a gambe incrociate, incurante della pioggia, sempre
distante dalla sirena la quale aveva rilassato appena i muscoli tesi e
le squame non erano più dritte e saettanti verso l'altro....
erano quasi oblique.
«Io mi
chiamo Keith. Q-qual è il tuo nome?» chiese
portandosi una mano al petto, come ad indicarsi.
Il tritone, strisciando lentamente sugli scogli si avvicinò
al principe, osservandolo attentamente con quegli occhi da un colore
così acceso da risultare accecante e disumano. Lo studiava
come i medici studiavano un corpo.
Era curioso, stava trattenendo un sorriso, era evidente, ma stava
forzatamente mantenendo la serietà. Il suo sguardo
però si fissò sulle sue gambe, fissandole a
lungo, in un silenzio tombale.
«...Io ti conosco»
sussurrò la creatura, puntando nuovamente gli occhi sul
principe prima di gettarsi frettolosamente nell'acqua con un
agile tuffo, mostrano la lunga coda blu, sparendo così dalla
vista di Keith.
Keith
però sentì il bisogno, la necessità di
seguirlo, come se da ciò dipendesse la sua vita.
Quindi si rialzò come se fosse stato sotto un'incantesimo e,
dimenticandosi addirittura del suo pugnale, si gettò in
acqua alla ricerca della sirena.
Ma la corrente era incredibilmente forte, così forte che
nemmeno le sue membra toniche riuscivano a contrastarla, inizando a
trasportare in profondità il suo corpo.
Non riusciva a tornare in superfice, sentiva l'acqua entrare violenta
nei polmoni ed i sensi venire lentamente meno.
A quel punto percepì due esili braccia attorno alla sua vita
ed all'improvviso sentì meno umidità attorno a
sé.
Keith venne steso sugli scogli più lisci dalla sirena che
pressò le sue mani palmate e dalle dita blu sul suo petto
bagnato, premento con forza.
Il principe riuscì a sputare l'acqua che aveva nei polmoni
ed aprì lentamente gli occhi vedendo davanti a sé
il volto di quella splendida sirena.
«Sei tu...»
sussurrò Keith allungando una mano sul viso della sirena,
toccando la guancia ed accarezzando con il pollice le squame blu degli
zigomi. La sirena non si allontanò.
«Non... non sei un sogno. Sei reale»
sussurrò con un sorriso.
«Sei più stupido di quanto ricordassi»
disse la sirena portando una mano palmata su quella di Keith,
sorridendo con lo stesso sorriso che l'umano ricordava nel sogno.
All'improvviso si sentì una voce in lontananza che chiamava
il nome di Keith.
La voce di Shiro.
Quanto tempo era passato?
La sirena voltò di scatto il viso verso la voce e,
spaventata, si allontanò da Keith per tornare in acqua.
«Aspetta! Il tuo nome... dimmi il tuo nome»
mormorò Keith stringendo debolmente il polso della sirena
che si voltò verso di lui, con evidente preoccupazione sul
viso, e poi riportò il suo sguardo verso l'origine della voce.
Poi tornò di nuovo a guardarlo.
«Lance. Il mio nome è Lance» disse prima
di scostare la mano di Keith e sorridergli.
Sparì nell'acqua con un tuffo.
N.d.a:
Ciao a tutti cari
lettori! Spero che questa piccola one shot vi sia piaciuta!
A me è piciuto tantissimo descrivere Lance come un
sirenetto!! >w<
Spero mi lascerete una recensioncina! <3
Alla prossima storia (o capitolo)!
-nihil
|