E le stelle complici, stavano a guardare

di lay70_kol_kai forever
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Chiedevo solo un po' del tuo amore,

Ti avrei donato tutta me stessa.

E tu mi hai solo spezzato il cuore un'altra volta. (Lay)


 

La luce di un timido sole invernale annunciò l'inizio di un nuovo giorno. Era come se filtrando dai vetri della finestra con i suoi raggi più splendenti, spiasse quei due corpi che teneramente sembravano dormire l'uno nelle braccia dell'altra.

Fu proprio uno di quei raggi che fecero svegliare uno di loro.

 

Pov Kol

Aprì gli occhi e la prima cosa che vide fu quello che credeva fosse stato solo un sogno: quel sogno che ultimamente era il solo che faceva. Ma quella notte non era stata il frutto della sua fantasia contorta e innamorata: quella notte era la realtà.

Lay era li; abbracciata a lui, avvinghiata a lui; e lo stesso era lui con lei. Improvvisamente si accorse di non poter più fare a meno d'osservarla, di contemplare quell'angelo che era li con lui; nel suo letto. L'avrebbe contemplata per tutto il resto della sua vita immortale. Stava li ad osservare quel corpo nudo davanti a lui. Quel corpo che solo lui poteva sapere quanto avesse desiderato toccarlo ancora, accarezzarlo, sfiorarlo, esplorarlo con le labbra, baciarlo; riempirlo di lui. E l'aveva fatto. Quella notte l'aveva fatto; l'aveva fatta sua un'altra volta, e nello stesso istante che lei era ceduta a lui; era come se avesse visto il cielo aprirsi, e sentito gli angeli del paradiso a cantare.

Pensava ,e la osservava; pensava, e la ascoltava. Guardava e ascoltava ogni suo piccolo movimento; ascoltava ogni battito del cuore, ogni suo respiro a volte irregolare. Che stesse forse sognando? Di lui, di quella notte trascorsa insieme? Guardava il suo viso; il viso dell'unica donna che ha saputo farlo innamorare: che dormiva serenamente appoggiato al suo petto come se fosse il cuscino più comodo del mondo. Più la osservava e più resisteva alla voglia che aveva di mordere quel collo; quel collo che diceva solo “mordimi”.

Ma non era la fame a fargli questo: era altro. Era la voglia di assaporare tutto di lei, tutta la sua sua essenza: lei. Perché lei era sua: apparteneva a lui. Ma anche se questo desiderio gli attanagliava i sensi; sapeva che non l'avrebbe mai fatto senza il suo consenso. Perché? Perché lei era un angelo, un angelo sceso dal cielo per lui per redimerlo da tutti i suoi peccati.

Ma che gli aveva fatto questa donna? Questa donna che tempo fa avrebbe definito un insignificante umana utile solo per divertirsi e sfamare la sua sete.

Lo aveva reso “debole”, vulnerabile ai sentimenti. Gli aveva risvegliato quel poco di umanità che sempre aveva cercato di abbattere.

E si Kol”: pensò fra se. “Affezionarsi ad un umano è il primo segno di debolezza”.

Ma lui non poteva lasciarsi andare a questo; non poteva lasciarsi andare a questi stupidi sentimenti da “unitili umani”. Era Kol Mikaelson lui. L'opportunista, lo spietato assassino, il lussurioso Casanova che le donne le usava solo per uno scopo: divertirsi. No; non poteva lasciarsi andare a questo. Era dura combattere ogni giorno con i sentimenti e l'orgoglio di vampiro Originale.

E lui aveva sempre fatto le scelte migliori: quelle migliori per il suo tornaconto. E anche stavolta optò per la scelta migliore.

Delicatamente le spostò la testa che ancora era appoggiata a lui, facendo attenzione a non svegliarla. Cavoli; sarebbe restato appiccato a lei per tutta la vita... Ma ormai aveva fatto la sua scelta.

Delicatamente si scostò da lei e la trasferì sul cuscino, si alzò dal letto vestendosi. Si portò sulla porta della camera voltandosi un'ultima volta. La guardo mentre dormiva e le disse:

Ti amo Darling! Più di quanto riesco ad immaginare....Ma mi spiace, Lay...non sono nato per amare”

Detto questo si voltò nuovamente e usci definitivamente dalla camera.

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I miei occhi si aprirono guardandosi intorno disorientati: ma poi riconobbi dove ero. Era la sua camera; quella di Kol. Come un flashback mi tornò alla mente tutto quello che era successo quella notte. Io e lui eravamo stati insieme, ci eravamo amati come una volta. Finalmente ci eravamo lasciati andare a nostri sentimenti, alle nostre passioni: come quando mi prometteva che mi amava veramente.

Feci un sorriso e speranzosa ricominciai a pensare.

Forse i nostri guai erano finalmente finiti, forse avevamo deciso di mandare al diavolo il nostro maledetto orgoglio e di ritornare ad amarci. Ma allora; perché non era lì con me?

Smisi di pensare e mi alzai dal letto; raccolsi i miei vestiti dal pavimento, mi vestii diretta alla mia camera per farmi una doccia. Promettendomi che poi avrei parlato con lui.

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Entrai in cucina per la colazione, e subito tutti gli occhi dei presenti si puntarono su di me stupiti per il ritardo: dato che ero sempre puntuale. Fortunatamente nessuno mi chiese spiegazioni per quel ritardo, togliendomi la fatica di inventarmi una scusa plausibile. Stavo per sedermi a tavola, che improvvisamente Kol, con un sorriso sornione sul volto mi chiese.

Come mai in ritardo? Non è che per caso ci stavi comoda tra le lenzuola del mio letto? Lo sapevo che prima o poi ci sarei riuscito a rifarti entrare tra quelle lenzuola.”.

A quelle parole il mio cuore andò in frantumi. Non tanto perché in questo modo aveva rivelato a tutti i presenti, che quella notte avevo dormito con lui; ma per il modo in cui l'aveva detto: come se avesse fatto sesso con una qualunque che aveva incontrato per strada.

Non potevo crederci; dopo tutte quelle speranze che erano nate in me, non più di mezz'ora prima: il mio cuore era di nuovo a pezzi. Ma come aveva potuto trattarmi così. Come se io fossi stata solo un oggetto da usare a suo piacimento,e poi buttare quando si stancava di esso: ed io stupida che credevo fosse tornato ad amarmi.

Lo guardai. Lui era ancora lì che mi guardava con quel suo sorrisetto malizioso, come per vantarsi della sua conquista. Un incontrollabile senso di rabbia mi invase. Speravo di essere veramente una strega,e con i miei poteri fare muovere quel coltello dal tavolo e conficcaglielo dritto nel cuore.

Abbassai lo sguardo rialzandolo immediatamente al suono di un urlo straziante. Non potevo crederci: come avevo voluto che accadesse; quel coltello era piantato nel suo cuore. I miei poteri erano tornati,e stavolta al momento giusto.

Stavo lì ad osservarlo mentre urlava e si piegava in due dal dolore; non sentendomi per niente in colpa per tutto questo. Mi avvicinai a lui, e con la mia mente infilai più in profondità quel coltello nel suo cuore: lo guardai e poi dissi.

Ti odio. Spero che tu vada all'inferno e che ci resti in eterno!”.

E così dicendo uscii dalla stanza,lasciandolo a terra dolorante.

 

Pov Demie

Ero stupefatta. Non sapevo dirmi se ero orgogliosa per quello che aveva fatto Lay; in fondo Kol se lo meritava: o se ero terrorizzata. La vidi uscire fuori dalla cucina a tutta velocità, e forse sapevo che avrebbe fatto qualche pazzia: sconvolta come era. Ma vedevo anche Kol; lì sul quel pavimento con quel coltello nel petto.

Non sapevo decidermi se correre dietro a lei, o prestare soccorsi a Kol. All'improvviso sentii qualcosa che mi fece distogliere dai miei pensieri; qualcuno aveva appena avviato un motore e sgommato a tutta velocità: Lay.

Ora ne avevo la certezza, si sarebbe fatta male. Stavo per incamminarmi verso l'uscita per seguirla; che nel frattempo qualcuno che era nella stanza mi precedette uscendo a tutta velocità. Sentii un altro motore accendersi, una sgommata, e un'altra auto che sfrecciava via. Allora pensai che era meglio così; che era meglio che andasse lui a fermarla.

Alzai lo sguardo verso Kol, che ormai aveva smesso di urlare; era praticamente morto. Ma non mi preoccupavo di questo, sapevo che una volta tolto quel coltello sarebbe ritornato come prima; anzi, forse peggio. Guardai verso la finestra pensando a Lay; si, era nelle mani giuste mi dissi tra me. Lui avrebbe fatto di tutto per proteggerla, anche inseguirla in capo al mondo. Mi voltai e andai da Elijah per aiutarlo a soccorrere Kol.





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