La giungla era stata avida con Kouhei, spogliandolo della sua
umanità.
Non perché battendo la testa aveva perso la funzionalità
dell’amigdala, non perché aveva ucciso i suoi stessi compagni di
scuola, ma perché l’aveva privato del dolore.
La paura si attacca agli umani come un parassita, nutrendosi della
loro lucidità e della loro stessa vita, ma, senza il dolore, la paura
non ha niente al quale avvilupparsi e non può quindi difendere l’ospite
dei pericoli ai quali può andare incontro.
Kouhei sentiva di essere diverso, e che non sarebbe mai tornato come
prima. Tantomeno voleva rivedere Akira, vergognandosi di ciò che era
diventato.
Si sentiva perso e vuoto, errando per Raika Island come uno di
quegli animali, costretto a vagare per i cunicoli inchiostrati d’ombra,
ma, ancora, non aveva paura.
Ogni creatura che gli si parava davanti, si piegava a lui e alla sua
forza sovrumana, pompata dall’adrenalina pura che scorreva nelle sue
vene.
Fu un incontro inaspettato a cambiarlo.
La giungla può celare le bestie più feroci, ma anche i frutti più
succosi.
Lo vide lì, che come lui si nascondeva negli inferi, come una
creatura cacciata dalla luce del sole.
Lo chiamò, ordinandogli di mostrarsi, e quando lo vide chiaramente
con la luce della torcia che, come Jack-o-Lantern, teneva in mano per
illuminargli il sentiero, fu come ritrovare un vecchio amico.
Proprio Kouhei, che non riconosceva le espressioni degli altri, non
poteva trovare compagno migliore di un ragazzo che viveva celando il
proprio volto dietro una maschera di Guam in parte spaccata.
Hades era il signore di quel luogo dove Arita aveva trovato rifugio,
e decise di donargli ristoro là con lui, perché come Plutone con
Proserpina, anche quel re del sottosuolo era stanco di essere solo, e
stavolta non ci sarebbe stata Cerere a portargli via la propria sposa.
Kouhei, da parte sua, non provò mai a scappare: con Hades aveva
ritrovato la possibilità di stare con la gente, cosa che gli era
profondamente mancata, e questo senza avere sensi di colpa, poiché
anche le mani del Re erano grondanti di sangue. Arita aveva in parte
ritrovato la propria umanità, e con essa il bisogno di stare vicino ad
Akira. Hades non gli avrebbe dato sostegno, ma gli giurò che non
avrebbe mai più messo i bastoni tra le ruote all’amico e al suo gruppo.
Così decisero di seguirli da dove loro non li avrebbero mai visti,
in modo che Arita potesse rimanere a difenderli nell’ombra finché non
fossero stati al sicuro.
La Legge della Giungla è la Legge della Paura.
Era stato il Re ad aver dichiarato quell’emendamento.
Arita, però, era al di sopra di ogni legge.
Non perché compagno del Re, ma perché non aveva paura.
E, per questo, anche senza quell’oscuro parassita abbarbicato
addosso, sarebbe sopravvissuto a tutto.
Lui, in quella giungla, sarebbe stato l’unico immortale.