Sono
seduto sul divano di casa mia, Alphonse è fuori e sulle mie
gambe c'è la testa di Roy Mustang che, steso, mi guarda con
i suoi occhi neri.
"Non
vuoi proprio raccontarmi, Roy... ?" gli chiedo, con tono
soffuso.
Vorrei
davvero che si confidasse con me, vorrei davvero che abbattesse
completamente le sue difese col suo... - beh, è
così e non ci posso fare niente - fidanzato.
Lo
vedo scuotere il capo, senza neanche emettere fiato, non ne
vuole proprio parlare.
Io
sospiro e gli faccio una veloce carezza sulla guancia: "Io con te mi
sono confidato, Roy" gli ricordo, giocando la carta dello scambio
equivalente.
Lui
solleva un sopracciglio, scettico e finalmente posso sentire la sua
voce risuonare nella stanza: "Ma se sapevo già tutto di te?"
volta il viso verso la sua destra per scontrare la fronte contro il mio
ventre. Non lo sopporto quando smette di guardarmi!
"Ti
giri?!" sbotto e gli prendo il mento tra le dita per farlo girare, lui,
scocciato, obbedisce.
"Perché
vuoi saperlo?" mi domanda a bruciapelo, tanto che mi lascia veramente
senza parole. Decisamente non mi aspettavo questa domanda.
"Voglio..."
prendo coraggio e glielo dico in faccia "Voglio saperlo
perché non riesci a dormire la notte! Voglio saperlo
perché quelle poche volte che chiudi occhio ti sento
tremare, ti sento chiedere scusa...!" esclamo e
lui volta di nuovo il capo.
Sto
per prendere nuovamente parola, per arrabbiarmi perché,
molto probabilmente, neanche mi ha ascoltato quando mi anticipa e
comincia a parlare lui: "Davvero chiedo scusa?".
Io
sospiro e mi calmo, stasera non è il caso di essere bruschi,
non tanto per lo meno.
"Sì,
Roy, sì... implori il perdono di qualcuno..." appoggio la
mia mano d'acciaio alla sua guancia e lo vedo socchiudere gli occhi.
"E'
una storia troppo lunga..." sta per cedere! Non ci credo! Quando fa
così è perché vuole temporeggiare, per
trovare le parole giuste...
Andiamo
Roy! Parlami, su...
"Abbiamo
tutto il tempo del mondo, Colonnello" lo chiamo col suo - anzi, il
nostro - nostalgico grado.
Sospira
di nuovo e rimane col volto girato mentre comincia a parlare: "E' un
sogno ricorrente... lo faccio ogni notte da quando sono tornato da
Ishbar..." mormora e la sua voce si affievolisce sempre più,
come se si vergognasse di parlarne.
Visto
che la mano d'acciaio è ancora sulla sua guancia, vado a
poggiare la mano di carne sul suo petto, coperto dalla camicia bianca.
"Che
cosa sogni Roy?" gli domando, lentamente.
Lui
indugia per diversi minuti, poi, abbassando le palpebre, quasi
arrendendosi all'evidenza, risponde: "Sangue... tanto tanto sangue...
tutto il sangue che ho versato a Ishbar... c-cola da tutte le parti,
dalle pareti..." la voce trema e balbetta leggermente.
Io
sbarro gli occhi, sono scioccato. Roy soffre così
e io non posso aiutarlo...
"Sale
anche dal pavimento e la stanza in cui mi trovo in pochissimo tempo si
riempie... alla fine... mentre sto per affogare, gridando, imploro di
essere perdonato..." questa confessione lo ha decisamente provato, lo
capisco dalle sopracciglia sottili che tremano.
“Io…”
faccio per parlare ma Roy riparte col racconto e mi ammutolisco.
“La
stanza è completamente rossa… e io…
vedo solo rosso… rosso sangue…” chiude
gli occhi.
Mi
piego su di lui e lo stringo “Roy è solo un
sogno… ciò che hai fatto a Ishbar non
è colpa tua! Non è colpa di nessuno, se non di
quel bastardo di Bradley!” esclamo, prendendogli il viso tra
le mani.
“Hai
capito!?” attendo una sua risposta.
“Roy!” lo chiamo e lui apre gli occhi per guardarmi.
“Lo
so… ma non posso non star male per ciò che ho
fatto; questa, è la mia penitenza. Prima o poi, credo,
riuscirò a scontarla del tutto…”.
Povero Roy…
“Fammi
solo una promessa, Roy…” lui mi guarda,
incuriosito mentre io sono estremamente serio.
“Certo…”
mormora, mettendosi seduto e appoggiando la fronte alla mia.
“Devi
svegliarmi, capito?! E devi mettermi al corrente di quello che provi,
di ciò che senti!” lo prendo per il colletto
“Giuro che se mi tieni di nuovo all’oscuro di
questo io… mmhpf… !” non finisco la
frase che Roy mi ha tappato la bocca con la sua.
Gli
cingo il collo con le braccia e ricambio il bacio, anche se un
po’ contrariato, non mi fa mai parlare.
Ci
stacchiamo poco dopo e lui mi stringe; avvicina le labbra al mio
orecchio e ci soffia dolcemente dentro
“Promesso…”.
Io mi rassereno e appoggio il mento alla sua
spalla, pensieroso: che brutto colore che era il rosso...
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