Dove cantano i gufi

di Darth Ploly
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“…ed è per questo che gli scoiattoli del lato Nord della foresta detestano tanto quelli del lato Sud. E a nulla valgono i tentativi di mediazione dei picchi, sono sempre lì pronti a litigare di nuovo…”
“Ascolta, caro” Lo interrompo quando, arrivati agli ultimi alberi, vedo la figura del mio carro, più bello di quanto non mi sia mai sembrato “Resterei veramente tanto ad ascoltare le storie sulle tue marmotte…”
“Scoiattoli”
“Fa lo stesso. Il punto è che sono arrivata a casa, quindi è tempo che le nostre strade si dividano. Ora tu fai retromarcia, torni da qualsiasi parte tu sia venuto e ci dimentichiamo l’uno dell’altra. Tutto chiaro?”
“Oh” Risponde lui abbassando il muso. Improvvisamente sembra intristito e abbattuto.
“Però sai…” Inizia a dire lentamente e a voce bassa, come se fosse improvvisamente diventato un altro “Ho fatto tanta strada per arrivare fin qui e sono un po’ stanco: in fondo sono ancora piccolo. Potresti almeno offrirmi un bicchiere d’acqua come ringraziamento per averti aiutata”
“Aiutata? Tu non hai…” Provo a replicare stizzita, ma non me la sento di iniziare un litigio che lo spingerebbe a parlare ancora. Meglio resistere qualche minuto per poi liberarmi del tutto di lui.
“Va bene, hai vinto. Dai, entra”
Non appena apro la porta del carro, il pegaso mi supera saltellando allegramente e si mette a studiare ogni singolo oggetto al suo interno. Odio che non tenti neanche di far finta di essere stanco.
“Quindi è qui che vivi? Fortissimo! Devi essere una che viaggia molto, vero? Cosa sei, un’esploratrice?”
“Sono una maga, porto i miei spettacoli in giro per il mondo” Spiego mentre prendo due bicchieri dalle mensole “Volevi acqua, giusto?”
“No, non preoccuparti: non ho sete”
Per poco non lancio un bicchiere contro una parete: non ho mai incontrato nessun pony capace di esasperarmi tanto.
“Una maga, eh?” Continua mentre gioca con una sfera di vetro di Canterlot, facendo cadere la neve sul castello in miniatura “Mi stupisce che ti sia persa. Posso capire la difficoltà di combattere contro un animale feroce, ma credevo esistessero incantesimi per l’orientamento. Non devi essere un granché”
“Attento a quel che dici, ragazzino” Rispondo arrabbiata mentre ritorno da lui “Io sono la Grande e Potente Trixie, l’unicorno più potente che incontrerai mai!”
“Ma allora perché non sei riuscita a tornare qui da sola?”
“Perché io…” Inizio a dire, per poi fermarmi a bocca aperta. Non c’è motivo di dire nulla, tanto non capirebbe. Sospiro senza riuscire a trattenere una punta di tristezza, poi rispondo: “È una faccenda privata, non deve riguardarti. E adesso lasciami stare, ti prego: sono stanca”
Con passo lento, mi giro e vado a stendermi sulla mia brandina. Non ho nemmeno la forza per coprirmi. L’intera nottata è stata inutile: ho rischiato la vita, ho perso i Petali e questo moccioso mi ha appena inferto il colpo di grazia.
“Quando vuoi andartene, sai dov’è la porta” Gli dico prima di chiudere gli occhi, sperando di addormentarmi il più presto possibile. Dall’altro lato del carro, sento lo sguardo del ragazzino su di me, ma non importa. Non mi importa più di nulla.

Passo la notte tra mille incubi, con i miei demoni che stavolta si manifestano anche sotto forma di enorme orso nero. Quando mi sveglio, vengo accolta da un terribile mal di testa. Dalla finestra entrano i raggi del sole, già alto nel cielo. Ho dormito davvero a lungo, malgrado le difficoltà: dovevo essere a pezzi.
Dopo essermi sciacquata il muso, apro la finestra e cerco di respirare più aria pulita possibile. Nel farlo, noto uno dei miei contenitori di vetro fuori, davanti alla porta d’ingresso. Quando vado ad aprire, non riesco a credere ai miei occhi: al suo interno, dei petali brillano di luce bianca. Il colore non mi inganna: sono quelli che cercavo ieri notte.
“Piccolo pegaso…” Sussurro commossa circondata dal vuoto.




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