IL
DONO DELL'AMORE
Il
sole stava tramontando e il cielo stava diventando rosso.
Presto,
il buio avrebbe coperto ogni cosa in quel mondo.
Tuttavia,
in una piccola radura vicino ad un immenso lago dai colori scuri
vicino a un grande bosco, vi erano due figure che ignoravano
completamente il fatto.
Una
donna dai capelli neri a caschetto e dagli occhi d'ambra stava
combattendo con una katana di legno contro un bambino dai lisci
capelli biondi lunghi fino alle spalle e dagli occhi d'ambra.
Entrambi
indossavano un kimono rosso.
Tentando
di parare l'ennesimo attacco della donna, il piccolo scivolò
e cadde
per terra.
“Rialzati
subito.” gli ordinò la donna “Sei un
guerriero. I guerrieri si
rialzano sempre. Ricordati: se cadi sette volte, otto volte ti
rialzerai.”
Le
stesse parole di Luba, la sua maestra.
Nonostante
fossero passati tanti anni dalla sua morte, il ricordo di lei e della
sua morte non smettono mai di perseguitarla, assieme agli altri
fantasmi del suo passato.
Il
piccolo si rialzò, dicendosi per darsi forza:
“Sono un guerriero.
Sono un guerriero.”
Si
rimise subito in posizione e il combattimento tra i due
proseguì
senza sosta.
Ad
un tratto, la spada del bambino si spezzò ma il piccolo, per
nulla
scoraggiato, continuò ad attaccarla.
“Molto
bene.” constatò, compiaciuta la donna, e il
bambino rispose: “Me
lo dici sempre: -Se la spada si spezza, usa le mani.-”
“E se non
puoi usare le mani?” domandò lei, prendendolo per
le mani,
bloccandolo.
“Serviti
delle gambe.” rispose prontamente, tentando di colpirla con
una
gamba.
La
donna lo parò prontamente con il braccio libero.
Lasciò
andare il ragazzino che continuò ad attaccarla con braccia e
gambe.
Sfortunatamente,
la donna aveva più esperienza di lui e, approfittando, di un
suo
punto debole, lo atterrò con un gioco di gambe.
“Le
tue aperture sono troppo evidenti. Dovremo lavorare ancora.”
dichiarò la donna, poi disse: “Comunque, per oggi
basta così. Si
sta facendo buio. Torniamo a casa.” “D'accordo,
mamma.” annuì
il bambino, raggiungendola e prendendola per una mano.
Lei
sorrise.
Un'altra
madre di Basiliade, al posto suo, avrebbe allontanato il figlio, in
quanto, per renderlo un vero guerriero, bisognava evitargli qualunque
tipo di amore possibile.
I
terrestri l'avevano così tanto cambiata...
Finalmente,
madre e figlio arrivarono alla loro capanna, nel bel mezzo del bosco.
“Mentre
io cucino, va a farti un bagno. Sei tutto sudato.” gli disse
mentre
apriva un armadio e gli passava un kimono bianco.
“Va
bene, mamma.” disse il piccolo mentre correva nel laghetto
d'acqua
calda dietro alla casa.
Prima
di cucinare, anche la donna si cambiò d'abito.
Mentre
lo faceva pensò a suo figlio.
Più
il tempo passava, più gli ricordava sempre di più
lui...
Dopo
un po', il piccolo fece capolino da dietro la porta e, vedendo
l'arrosto che sua madre aveva portato in tavola, esultò:
“Gnuzal!”
Il
piccolo si fiondò a sedersi e cominciò a
mangiarlo.
Tra
tutti i piatti succulenti che la sua mamma gli preparava... quello
era di sicuro il suo preferito.
Una
volta che ebbero finito di mangiare, il ragazzino prese un libro e
cominciò a leggerlo.
La
donna l'osservò varie volte.
Ecco
un'altra cosa che, oltre all'aspetto fisico, ad eccezione degli
occhi, quelli erano suoi, aveva ereditato da suo padre.
Lei,
quando aveva la sua età, odiava gli studi e la lettura, in
quanto
preferiva allenarsi per rendere fiero suo padre, mentre il padre di
suo figlio, l'uomo che aveva tanto amato nella sua vita, adorava i
libri, non a caso aveva aperto una libreria sulla terra.
“Mamma...”
domandò, ad un tratto, il bambino “Era bella
Kandrakar?”
Lei
si avvicinò al figlio e sedendosi di fianco a lui disse:
“Sì...
l'armonia e la pace creavano un effetto magico... quando eri
lì, ti
sentivi in pace con te stesso.” “E la
terra?” “La terra era
mille volte un caos. La gente viaggiava su strani animali di metalli
e quando c'erano gli ingorghi tutti a urlare parole senza senso come:
-Ma chi ti ha dato la patente?-” “Cos'è
la patente, mamma?”
“Una strana cosa di carta che accertava che tu potevi
viaggiare su
quegli strani animali.” “Perché? Mi
sembra una cosa così
stupida...” “Gli umani adoravano le cose stupide.
Pensa che per
ottenere qualcosa non la barattavi dovevi dargli degli strani fogli
di carta dai mille colori chiamati -soldi-.”
“Però a te piaceva
la terra, mamma. Sennò non saresti rimasta lì
quando l'Oracolo ti
ha chiesto se volevi restarci.”
Lei
guardò il figlio.
Era
vero.
La
terra, per certi versi, le era piaciuta per questo aveva deciso di
restare.
Non
sapendo che quella decisione avrebbe portato a grandi cambiamenti nel
suo essere.
Accarezzò
la testolina bionda del figlio, guardando la luna piena nel cielo.
“Mamma...”
domandò, ancora una volta, il bambino “Mi parli di
papà?”
Lei
sospirò.
In
cuor suo, sapeva che prima o poi il piccolo si sarebbe fatto delle
domande su suo padre... ma, per la sua anima, era ancora troppo
presto per parlarne.
Tuttavia,
cominciò: “Lo incontrai per la prima volta sulla
terra. Lui non
apparteneva a quel pianeta, proprio come me. Era lì per un
cammino
di redenzione. In passato, il tuo papà era un nemico
dell'Oracolo ma
tuttavia, a differenza di altri cattivi, possedeva del buono che solo
io e l'Oracolo vedemmo. Me ne accorsi quando lo vidi per la prima
volta. Il suo sguardo era molto triste e solo... così
capì che in
lui c'era del buono e decisi di aiutarlo nel suo cammino. Inoltre,
lui era solo, in un pianeta sconosciuto... solo io potevo capire cosa
stesse davvero provando. Cominciai ad avvicinarmi a lui e, senza che
me ne accorgessi, m'innamorai... solo che... non riuscì a
confessargli quello che provavo.”
“Perché?” “Perché
ho
avuto paura... paura dell'amore.” confessò.
Era
vero.
Era
stata così orgogliosa e spaventata dall'amore che non gli
aveva
detto niente... e sarebbe stata per sempre la cosa che avrebbe sempre
rimpianto.
Avevano
avuto solo un rapporto, con la scusa di voler passare la noia di una
notte, quando le Witch erano andate alle terme per cercare la pietra
del fuoco.
Era
stato così bello, così indimenticabile...
Ricordava
ancora le parole che gli aveva sussurrato il mattino seguente,
credendola addormentata: “Ti amo...”
Avrebbe
tanto voluto baciarlo e dirgli che anche lei lo amava... ma la paura
e l'orgoglio erano stati più forti ed era rimasta immobile.
Nonostante
fossero stati ancora varie volte vicini, i loro rapporti erano
rimasti abbastanza freddi e ostili, come se fra loro non fosse
successo niente di speciale.
Poi
lui era morto per salvarla e lei non aveva mai potuto confessargli
ciò che davvero provava per lui.
Così,
aveva lasciato la terra, per riflettere sul suo destino.
Era
stato allora che aveva scoperto che in quella notte di passione era
rimasta incinta del loro bambino...
Un
piccolo ma speciale dono che le aveva fatto l'amore...
Sentì
un piccolo sbadiglio e, guardando in giù, vide il suo
bambino
strofinarsi gli occhi e sussurrare: “Mamma... come si
chiamava
papà?”
La
donna rimase in silenzio un attimo prima di rispondere:
“Aveva il
tuo stesso nome, Cedric.”
Sentendo
la risposta della madre, il piccolo Cedric sorrise e chiuse gli
occhi, addormentandosi di fianco alla madre.
La
donna, senza smettere di sorridere, guardò il cielo
notturno,
rischiarato dalla luna, e, per un attimo, gli parve di vedere, la
sagoma del suo amato Cedric. |