sprazz
Ringrazio anche solo chi legge.
La sfida che mi è stata proposta
è di trovare e
scrivere le creature leggendarie che si nascondono dietro i Pokemon.
Scritta per Ne-ne_92.
Bazan
La creatura
portò avanti una
zampa, la appoggiò e raschiò le unghie il
terreno. Le
piume delle ali si gonfiarono, dimenò quelle verdi e lunghe
il
triplo della coda, e gonfiò il petto. Una delle piume rosse
che
lo ricoprivano ricadde sul manto erboso. Girò la testa,
l’iride nera dell’occhio brillò di
bianco. Il basan
aprì le ali, le sbatte, schiuse il becco e
abbassò la
lingua aguzza. Una lingua di fuoco bluastra saettò in basso.
Il
volatile alzò il capo, la fiammata uscì
più forte,
tingendosi di pigmenti più chiari e azzurrastri verso
l'interno,
ma rimanendo scura ai bordi.
[100].
Uccello del tuono
Lo
ptenarodonte allargò le ali, le sbatté un paio di
volte,
la loro apertura raggiungeva la lunghezza di un elefante.
Aprì e
chiuse il becco un paio di volte.
Il vento gli
faceva tremare la cresta
sul capo. Chinò la testa, si spostò di lato
seguendo
un’altra corrente. Si
tuffò, sollevando
una serie di schizzi d'acqua. Richiuse il becco intorno al pesce,
sbatté le ali, uscì dall'acqua di scatto. La
sacca sotto
il suo becco tremò, facendo intravedere la forma della coda
della preda. Sbatté un altro paio di volte le ali, prendendo
nuovamente quota, aprì e richiuse le zampe.
[100].
Elekid
Il
ragazzo si sporse in avanti, afferrò il cavo nero.
"Sei
sicuro che sia di tipo a?" domandò. Si voltò,
guardò suo padre abbassare il giornale e annuire.
Il
giovane
riabbassò la testa, guardò il capo della presa
fatto di
plastica grigia. Passò il dito sul tubicino iniziale,
seguendo i
rientri regolari a scala. Osservò la serie di piccoli
rettangoli
sporgenti in fuori nella parte finale in plastica. Ticchettò
con
il dito sui due rettangoli di ferro allungati.
“Erik
muoviti ad attaccare la presa” si lamentò una voce
femminile dietro di lui.
“E
smettila di scocciare, Susan” ribatté il ragazzo.
[100].
Oni
La creatura
sorrise, mostrando la
chiostra di denti. Piegò di lato il capo, una delle sue
corna
colpì un ramo, facendogli cadere in testa delle foglie.
Ruggì e si voltò di scatto girando la testa.
Sollevò con entrambe le mani la mazza chiodata abbattendola
sul
ramo, spezzandolo con un rumore secco. Altri tre occhi si aprirono
sulla fronte dalla pelle rossa della creatura. Saltellò sul
posto e dimenò una coda da leopardo che si
trasformò in
una terza gamba. Il gonnellino di pelle di tigre sulle sue
nudità scese. Le gote gli si tinsero di blu,
dimenò la
lingua verdastra.
[100].
Dicinodonte
Avanzò,
muovendo le corte e tozze
zampe. Piegò in avanti il capo, la pelle grigia divenne
rugosa
all’altezza del collo. Le due zanne sfiorarono il terreno.
Aprì il becco e lo richiuse sull’erba, strappando
dal
terreno una parte del prato. Aprì e richiuse la bocca,
masticando. Si udirono degli scatti secchi provenire dalle mandibole,
pezzi di terra e radici caddero dagli angoli della sua bocca. Gli occhi
neri erano liquidi e la luce del sole si rifletteva sulle placche del
suo capo. Avvicinò le zampe davanti ben ritte, facendo
tremare
quelle posteriore sporte in fuori e dimenò la corta coda.
[100].
Rospo
Il rospo
saltò e
riatterrò, sbattendo un paio di volte le zampe palmate
sull’erba umida. La sua pelle verde scuro rifletteva la luce
della luna. Gonfiò la sacca sotto la bocca.
Le due membrane
sugli occhi si riunirono e riaprirono, lasciando vedere la vasta iride
nera languida, circondata da una striscia giallastra.
Gracchiò,
un altro verso identico al suo gli rispose. Gattonò in
avanti,
si acquattò e saltò nuovamente. Sulla pelle
rugosa gli
apparvero una serie di macchie rosse, una luce lo investì e
le
pupille si ridussero a delle sottili fessure. Gracchiò,
facendo
gonfiare la sacca sotto il muso.
[100].
Kannemeyeria
Il kannemeyeria
si sollevò su due
zampe, quelle inferiori tremavano, quelle superiori si abbatterono
sulla pianta scuotendola, la corta coda si muoveva velocemente. Le sue
zanne sfiorarono il tronco dell’albero, una foglia grande
quanto
una sua zampa gli solleticava il grigio ventre molle. Chiuse il becco
di scatto sul fogliame della pianta e tirò, iniziando a
masticare. Si sentirono ripetuti i versi rochi di altri due della sua
razza.
La creatura
masticò più velocemente, ruminando le
foglie. I due suoi simili sbatterono capo
contro
capo, cozzando le loro placche, mugolando, spalancando i becchi; le
loro zanne lattee strofinarono tra loro.
[100].
Salamandra
La salamandra
avanzò, muovendo le
quattro zampe velocemente e dimenando la coda. Le squame della sua
pelle riflettevano la luce solare, le foglie secche sotto di lei
scricchiolavano. Le diffuse macchie gialle si confondevano con le
foglie tendenti al marrone o rossastre, ma il resto del corpo nero
spiccava sulle foglie verdi. La creatura assottigliò gli
occhi
dalle iridi nere liquide e fece saettare un paio di volte la lingua
aguzza oltre la bocca. Udì un rumore, accelerò,
muovendo le zampe e la coda freneticamente. Saltò e
riatterrò sul tronco di un albero, arrampicandosi
velocemente
lungo la scura corteccia rugosa.
[100].
Drago di fuoco
La creatura
spalancò le fauci e
ruggì. Dimenò la coda, l’abbatte sulla
punta della
montagna sotto di lei. Le fronde di un albero presero fuoco a contatto
con le fiamme della coda della bestia. Sbatté le ali, una
serie
di scintille rotolarono lungo le scaglie rosse sulla parte superiore
del suo corpo. Ruggì nuovamente, aprendo di più
la bocca,
le narici si dilatarono, gli occhi dorati furono assottigliati. Il
vesto sollevato dal battito delle sue ali accrebbe le fiamme sul suo
dorso e quelle che contornava le membrane delle sue ali.
Spiccò
un balzò, facendo franare un pezzo di roccia.
[100].
Scoiattolo
Lo scoiattolo
alzò e
abbassò le orecchie. Annusò l’aria,
dilatando le
narici del musetto nero, e mosse il capo di scatto un paio di volte.
Saltellò sul posto, dimenando la folta coda rossa. Si
piegò in avanti e aprì le dita delle zampe
facendo
aderire le lunghe unghia nere al tronco sotto di lui. Si mise a correre
lungo di esso e spiccò un balzo, atterrando sul ramo sopra.
Si
mise su due zampe, staccò una ghianda e se la
rigirò
velocemente tra le zampe. Spalancò la bocca e la
infilò
dentro, spostandola di fianco, gonfiando una delle due guance.
Tartaruga
La tartaruga
allungò il collo
rugoso facendolo uscire dal guscio e mosse le zampe davanti, facendole
scivolare lungo la sabbia. Aprì il becco, mostrando la
lingua e
lo richiuse di scatto. Fece un paio di passi avanti, sporse verso il
basso i bordi delle labbra dando vita a una serie di rughe e
dilatò le narici. Muoveva in sincronia tutte e quattro le
zampe,
una delle patelle sul suo guscio si stacco affondando nella battigia.
L’animale socchiuse gli occhi dal taglio allungato,
girò
il capo e aprì di nuovo il becco. La lingua rossa della
tartaruga era rossa e molle.
[100].
Papilio troilus
La giovane
ticchettò con la mano sulla guancia e socchiuse gli occhi.
“ Il
Papilio troilus è
riconoscibile per il suo aspetto bombato e per il fatto che il suo
corpo ricorda un tubo di gomma gonfiato come
conformazione”.
La
giovane si piegò e riportò le parole
dell’insegnante sul quaderno. Si tolse una ciocca
castano-rossiccia dal viso e strinse più forte la
penna.
Il
giovane al suo fianco si sporse e ridacchiò.
“Il
vecchio trucco per spaventare quei tonti di uccelli”
bisbigliò.
“Questi
bruchi si possono trovare
all’interno di foglie di canfora, creano dei riccioli di seta
intorno alla foglia per creare un riparo” spiegò
l’insegnante.
“Zitto,
non sento” mormorò la giovane. Colpì il
ragazzo con una gomitata e lo sentì gemere.
“Nelle
loro prime fasi sono di
colore marrone o bianco” spiegò
l’insegnante.
Il
giovane si massaggiò il fianco e assottigliò gli
occhi.
“Cosa
c’è da sentire?
Di vermi schifosi che sembrano cacca di uccello?”
domandò.
La fidanzata
sollevò gli occhi.
“Nella
fase intermedia sono di un
bel verde brillante, nell’ultima sono di un profondo rosso
arancio”. Proseguì la professoressa.
[181. Shot].
Bozzolo della
Cavolaia maggiore
La giovane
accavallò le gambe e
si passò la mano sulla minigonna, la manica della maglietta
scivolò lasciandole scoperta una porzione del
braccio.
L’insegnante
ticchettò più volte con la stessa
sull’immagine dietro di lei. Un pezzo dello scotch che la
teneva
incollata alla lavagna si staccò e un angolo ricadde in
avanti.
“Il
bozzolo è
preventivamente costruito dalla larva matura con seta secreta dalle
ghiandole labiali o dai tubi malpighiani” spiegò
la donna.
La ragazza si
piegò e riportò la spiegazione sul quaderno.
“Mangia
ghiande?”
domandò in un bisbigliò il giovane accanto a
lei.
La
ragazza gli calpestò il piede con forza e lo
sentì gemere.
“Oppure
con seta imbrigliante
altro materiale, o ancora con secreti intestinali che si rapprendono
all'aria” risuonò nell’aula la voce
della
professoressa.
[Shot, 127].
Cavolaia
maggiore
La giovane
guardò lo schermo del computer e osservò il
giovane mostrato.
“Ripetimi
ancora cosa sono e
perché ne sei convinta. Anche se certo, pensi che si chiami
cavolaia proprio perché non è nuova a danni di
questo
tipo, la birichina” disse il ragazzo.
“Prediligono
sempre la Brassica oleracea”
ribatté la giovane. Si sistemò una ciocca di
capelli
dietro l’orecchio e si appoggiò allo schienale
della sedia
dietro di lei.
Il ragazzo
dall’altra parte dello schermo
avvampò e ridacchiò.
“Certo,
sì, quelle che dici tu” mormorò.
“In
ogni caso è facile
riconoscerle. L'area apicale scura, presente sulla parte superiore
dell'ala anteriore, è più allungata rispetto alle
Pieris rapae raggiungendo almeno la terza
venatura” spiegò. Guardò
il fidanzato dimenare le braccia.
“Stop,
ok, chiaro” s’intromise.
[126, shot].
Larva dell'ape
“Le
larve
dell'ape operaia vengono nutrite per i primi tre giorni con la gelatina
reale e
poi con polline e miele” spiegò
l’insegnante con voce cadenzata. La giovane con
il banco attaccato alla cattedra spalancò gli occhi.
"Interessante"
sussurrò. Sgranando i grandi occhi azzurri.
"La
pappa reale viene secreta dalle ghiandole ipofaringee e mandibolari
delle api
nutrici" proseguì l'uomo.
"Tutte
queste cose sono ovvie" borbottò una voce alla fine
dell'aula a sinistra.
Il ragazzo in seconda fila sbadigliò e si mise le braccia
dietro la testa.
“E’
una
gioia studiare bavosi bruchi con neri o rossi occhi vitrei" disse
ironico.
[100].
Pupa dell’ape
“Questo bozzolo
rachitico è il doppio di me”. Il castano
indietreggiò e deglutì, incrociando le
braccia. Uno dei due giovani dai capelli biondo platino dietro di lui
sbuffò.
“Si chiama pupa”
corresse.
Il ragazzo alzò le spalle.
“Beh, così
bello non è” borbottò.
L’altro giovane
dietro di lui scoppiò a ridere e batté le mani.
“Questa sì che era
buona!” gridò. Si piegò in avanti e
rise più forte.
Il gemello si scostò da lui
e indietreggiò. Arricciò il naso, scosse il capo
e si voltò verso la pupa dell’ape
regina.
“Ignoranti”borbottò.
“Rimarremo ignoranti
vivi se ci allontaneremo da qui”.
[100].
Vespa
mandariniana
La donna oltre lo
schermo dimenò il microfono, tremando. La pelle era pallida
e gli occhi sporgenti,
si sentivano delle grida alle sue spalle.
“La città è invasa!
Una flotta degli yak – killer ha attaccato la
capitale”. Si videro sfrecciare
una serie di macchie arancioni, la donna strillò e si mise a
correre. L’immagine
si mosse, vennero inquadrati dei piedi sull’asfalto, una
scaletta e un
pavimento metallico. Si udì un botto e l’immagine
tornò sulla giornalista.
“Quelle che avete
visto sono i calabroni più grandi del mondo, a quanto pare
dei fumi radioattivi
hanno investito questi calabroni giganti asiatici”
spiegò.
[100].
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