Ciao a tutti! :)
Allora, ciò che state per leggere è una one-shot
molto particolare. Innanzitutto si tratta di una song-fic e devo
ringraziare le MUNA per aver realizzato la canzone da cui è
partito tutto quanto, intitolata "Everything". Se volete andarla ad
ascoltare - o, ancora meglio, ascoltarla mentre leggete - potete
cercarla
su Youtube oppure trovate il link del video ufficiale anche
sulla mia pagina Facebook.
Seconda cosa, questa storia non ha un'ambientazione temporale precisa.
Mi spiego: succede tutto dopo la quarta stagione, questo è
certo, ma per il resto potete decidere voi se collegarla o meno ai
fatti raccontati in "What's Grey in a Black & White World" (la
mia ultima long Sherlolly).
Terzo, potrei essere andata leggermente in OOC. Spero di no, spero che
ci sia una logica dietro ogni azione dei personaggi, ma non si sa mai e
per questo ho messo l'avvertimento.
Credo che sia tutto, anzi ho detto fin troppo, ma da come avrete capito
ci tengo particolarmente! :')
Vi lascio alla lettura sperando che sia di vostro gradimento nonostante
la depressione cosmica in cui mi trovavo mentre scrivevo. Come sempre i
commenti sono sempre graditi, di qualsiasi natura e genere!
Grazie, grazie e ancora grazie per tutto il supporto! ♥
Vostra,
_Pulse_
Nota: I personaggi non
mi appartengono e questo scritto non ha scopo di
lucro.
_________________________________________________________________________________
EVERYTHING'S ABOUT YOU TO ME
Molly uscì
di casa e il vento freddo le fece lacrimare gli occhi ancora gonfi ed
arrossati.
Era stata una di quelle notti.
Sherlock si era
presentato che erano le tre, ma lei era ancora sveglia sotto le
coperte, col cuore che le batteva tanto forte nel petto da impedirle di
abbandonarsi al sonno. Non aveva detto una
parola, non ce n'era stato bisogno.
Molly l'aveva raggiunto ed alzandosi in punta di piedi l'aveva stretto
tra le braccia, accarezzandogli i capelli e scoprendo che c'era
qualcosa di caldo e umido tra quei ricci scuri che tanto amava. Con orrore si era
guardata la mano e aveva pregato perché non si trattasse di
quello che pensava che fosse, invano. Sangue fresco.
Un'altra crepa era
comparsa sulla sua anima e forse proprio perché non era la
prima né sarebbe stata l'ultima volta era riuscita a
mantenere la calma e a trascinare il detective in bagno, dove aveva
esaminato il nuovo taglio da corpo contundente poco sopra l'orecchio
sinistro. Non gli aveva chiesto di andare in ospedale - conosceva
già la risposta - e in silenzio si era occupata di pulire e
suturare la ferita.
Quindi Sherlock si era
abbandonato tra le coperte ancora calde del suo letto e stringendola
tra le braccia si era addormentato. Non le aveva detto una sola parola
e Molly sapeva cosa significava: il caso non era stato ancora risolto.
Pur avendolo
lì con sé, l'anatomopatologa era consapevole che
la sua mente fosse da qualche altra parte e non era riuscita a chiudere
occhio.
Prima che si
imbarcasse in quella storia tutti l'avevano avvisata e spesso e
volentieri scoraggiata, ma con caparbietà lei aveva
continuato a rispondere che sapeva benissimo che essere la fidanzata di
Sherlock Holmes sarebbe stato difficile. Solo non immaginava quanto.
I
saw a beautiful girl on the street
She
looked nothing like me, I think
But
I wanted to call you and tell you about
the
way that her hair got caught in her mouth
Il cielo di quel
sabato mattina era coperto di nuvole e il freddo pungente.
Il silenzio ovattato in cui era immersa la città imbiancata
le sembrava surreale e non fece altro che amplificare i terribili
pensieri che l'avevano tenuta sveglia.
Ne fu distratta quando
notò una ragazza col cappuccio del parka tirato sulla testa
per proteggersi dalla neve che continuava a cadere e con una grande
borsa a tracolla camminare verso di lei lungo il marciapiede. Lo
sguardo di Molly fu catturato dal modo in cui la luce dei lampioni
donava ai suoi lunghi capelli biondi una sfumatura rossastra e da come
il vento freddo le fece finire una ciocca di quegli stessi capelli tra
le labbra.
La ragazza la
soffiò via con naturalezza ed incrociando il suo sguardo
abbozzò un sorriso, quindi la superò per
attraversare la strada.
Molly sentì
un peso immenso caderle sulle spalle: quella ragazza era bellissima,
nulla a che vedere con lei. Non era quello il punto però.
Quello che l'aveva colpita così tanto del suo aspetto era la
giovinezza che trapelava dal suo sguardo e dal suo sorriso, nonostante
probabilmente avessero la stessa età.
Guardandosi allo
specchio ogni mattina Molly si vedeva vecchia e stanca, provata da
quella storia d'amore per cui aveva così tanto lottato.
Per quanto tempo ancora sarebbe riuscita a resistere? Temeva il giorno
in cui l'avrebbe visto andare via e non tornare, il giorno in cui
qualcun'altro l'avrebbe svegliata nel cuore della notte per dirle che
Sherlock era rimasto ucciso. Ormai non faceva che pensare ad altro e si
sentiva sempre più vicina ad un esaurimento nervoso.
Con le lacrime che
minacciavano di rigarle nuovamente il volto si fermò nel bel
mezzo del marciapiede che stava iniziando a popolarsi dei primi
mattinieri.
Era inutile illudersi:
la situazione non sarebbe mai migliorata. Sherlock non avrebbe mai
rinunciato al suo lavoro, a quello che lui riteneva cibo per il suo
cervello. E in ogni caso lei non avrebbe mai avuto la forza per
chiedergli di scegliere, tantomeno di troncare con lui. No, mai. Lo
amava più della sua stessa vita e non lo avrebbe lasciato,
nemmeno se fosse stata l'unica soluzione per smettere di soffrire in
quel modo.
Cosa sarebbe cambiato,
in fondo? Se anche avessero smesso di chiamarsi "fidanzati", di
condividere spesso lo stesso letto e di uscire per un appuntamento
almeno una volta alla settimana, le preoccupazioni che provava ogni
volta che si faceva carico di un nuovo caso non sarebbero scomparse.
Avrebbe continuato ad avere gli incubi che le mostravano come avrebbe
potuto perdere la vita - e sembravano essere davvero infiniti - e a
svegliarsi madida di sudore.
Molly non ricordava
più come fosse vivere senza quell'ansia. Ricordava
però che era iniziato tutto in una notte simile a quella
appena trascorsa, quando ancora riusciva ad addormentarsi senza
l'utilizzo dei medicinali. La prima volta in cui il sangue di Sherlock
le aveva impiastricciato le mani e lui aveva detto di aver patito di
peggio. Quella notte il roseo futuro che ancora pensava di poter avere
con l'amore della sua vita era andato in frantumi, i pezzi insanguinati
come i frammenti di vetro che aveva estratto dalla schiena del
detective.
Come aveva potuto
essere tanto ingenua? Nell'euforia di essere finalmente riuscita a
conquistare il suo cuore si era dimenticata del fardello che lui si
portava appresso, della carriera che si era scelto nonostante
sanguinasse e soffrisse, nonostante potesse morire. Sherlock Holmes era
umano e lei ne aveva avuto la prova tante, troppe volte.
Il suono del proprio
cellulare la riportò alla realtà. Molly
tirò su col naso e lo estrasse dalla tasca del cappotto, si
tolse un guanto tenendone l'indice tra i denti e sbloccò lo
schermo per leggere il messaggio che aveva appena ricevuto.
Nuova pista.
Dobbiamo rimandare
l'appuntamento di stasera.
Mi dispiace.
SH
Molly
sospirò, tremando di freddo e di paura. Quando aveva trovato
la nuova pista, visto e considerato che quando era uscita di casa per
andare al lavoro era ancora addormentato?
Non glielo chiese,
né gli disse dell'invidia e del rimpianto che aveva provato
vedendo quella ragazza. Non era colpa sua, in fondo. Era stata lei a
volerlo, consapevole - o così credeva - di ciò
che avrebbe ottenuto con Sherlock Holmes come compagno. Era stata lei a
ragionare col cuore e ora doveva affrontarne le conseguenze.
Alla fine rispose con
un semplice: "Stai attento" e riprese a camminare sotto i fiocchi di
neve per raggiungere il Bart's.
*
Sherlock aveva finto
di dormire quando la sveglia sul comodino di Molly era stata spenta fin
troppo rapidamente e l'anatomopatologa si era sottratta al suo
abbraccio per prepararsi e andare al lavoro.
Il cielo fuori dalla
finestra era ancora buio, come c'era da aspettarsi da una giornata
invernale, e il detective aveva sentito il freddo assalirlo una volta
rimasto solo in quel letto. Tuttavia non si era mosso e aveva ascoltato
i movimenti di Molly, immaginandola mentre si cambiava, si sciacquava
il viso e metteva la teiera sul fuoco.
Non poteva alzarsi ed
affrontarla, non poteva sopportare la sofferenza che avrebbe visto sul
suo volto, nelle occhiaie sotto i suoi occhi arrossati e nelle labbra
tirate. Non poteva e non voleva ammettere che a causa sua Molly aveva
perso peso e il sorriso.
Quando finalmente
l'aveva sentita chiudersi la porta alle spalle si era tirato su seduto
e aveva guardato la chiazza di sangue che aveva lasciato sul cuscino.
Trattendo un grido l'aveva afferrato e scaraventato contro l'anta del
mobile, per poi coprirsi il volto con entrambe le mani.
I
saw the wing of a bird on the road
It
was early, I was walking alone
And
I found it lovely
And
I found it sad
I
don't know how you'd find it but I wanted to ask
Non aveva mai preso in
considerazione l'esistenza di entità superiori od
onniscenti, eppure ciò che vide per strada, mentre
vagabondava per le strade innevate della sua Londra ancora
addormentata, lo trovò un segno premonitore.
In realtà
era stato un cane a trovarla, abbaiando, e il suo padrone l'aveva fatto
tacere con uno strattone perché non svegliasse tutto il
quartiere.
L'uomo gli aveva
rivolto un debole cenno del capo a mo' di scuse mentre lo superava e
Sherlock non aveva ricambiato in alcun modo. Aveva invece cercato con
gli occhi ciò che aveva catturato l'interesse dell'animale,
scoprendo che si trattava dell'ala di un passerotto.
Sherlock si
domandò che fine avesse fatto il resto del corpo e come
fosse morto. Di certo un essere così piccolo non poteva
superare uno shock del genere, ma nel miracoloso caso in cui fosse
riuscito a sopravvivere non avrebbe resistito a lungo comunque,
specialmente in quella stagione. Che cos'erano gli uccelli senza le
ali, dopotutto? Grazie a quelle appendici che permettevano loro di
volare scappavano dai predatori e si procacciavano il cibo. Inoltre, le
ali erano il simbolo per eccellenza della libertà.
Tra tutte le mattine e
tra tutte le cose che poteva trovare per strada, proprio un'ala
spezzata. Sherlock sentì i sensi di colpa crescere e
crescere nel suo petto e strinse i pugni lungo i fianchi, le spalle del
cappotto ormai umide a causa della neve.
Non aveva strappato
lui quell'ala, però stava facendo qualcosa di molto simile a
Molly.
Sapeva che sarebbe
finita in quel modo, lo sapeva sin dall'inizio, ma era così
stanco della lotta interna tra cervello e cuore che ad un
certo punto aveva ceduto a quest'ultimo.
Ah, era stato
così bello il suo sorriso quando le aveva detto che
sì, sarebbero diventati una coppia. Una coppia non
convenzionale, ma pur sempre una coppia.
Era stato
così bello il bacio che si erano scambiati dopo quelle
parole, così... giusto.
Erano state
così belle le prime due settimane, durante le quali si erano
conosciuti in modo ancora più intimo e condiviso tutte le
esperienze dei normali innamorati: le cene insieme, gli appuntamenti,
le chiacchiere davanti alla TV, il sesso e persino i litigi per i peli
del gatto e gli esperimenti chimici in cucina.
Poi tutto aveva
iniziato a peggiorare. La dura realtà aveva schiacciato
l'idillio con l'arrivo di un caso piuttosto difficile.
Molly si era resa
conto, giorno dopo giorno, che la sua pelle e le sue ossa erano molto
più fragili di quello che pensava e Sherlock avrebbe voluto
dirle che era stata una stupida a sopravvalutarlo e a sottovalutare le
conseguenze del suo amore. Ma non l'aveva fatto. Perché
sì, Molly era stata ingenua, ma non poteva fargliene una
colpa. E ciò che sentiva in quel momento - un dolore ben
più forte di qualsiasi ferita, osso spezzato o colpo di
pistola - ne era la prova: era lui il colpevole che le stava strappando
la serenità per il proprio egoismo.
Sherlock si
chinò e prese a piene mani un mucchio di neve per coprire
l'ala spezzata. Quindi si asciugò i palmi sul cappotto,
prese il cellulare e le scrisse un sms per annullare l'appuntamento di
quella sera.
Era ancora in tempo
per lasciarla andare. Non sarebbe stato facile, ma col tempo avrebbe
imparato di nuovo a volare, libera da ogni paura.
La sua risposta, un
semplice: "Stai attento", gli fece comparire un sorriso sofferto sulle
labbra.
Anche a costo di
sacrificare se stesso, si sarebbe assicurato che lei tornasse a stare
bene.
*
Non poteva sopportare
il silenzio e la solitudine, non quella sera, perciò aveva
chiamato una collega del Bart's e l'aveva invitata a bere una birra al
pub vicino a casa sua. Aveva sperato che il vociare della gente e
l'alcool l'avrebbero aiutata a togliersi dalla testa Sherlock, ma non
era stato così.
Ogni cosa ormai era in
grado di riportarglielo alla mente, anche la più banale.
Spesso si era scusata con la sua amica per le sue continue distrazioni
e non l'aveva biasimata quando le aveva proposto di terminare la
serata. Molly, mortificata, aveva pagato anche per le sue ordinazioni e
l'aveva accompagnata fino all'auto. Una volta averla vista svoltare
l'angolo però era tornata sui suoi passi e quella volta si
era seduta al bancone, da sola.
Molly
controllò ancora il cellulare nella vana speranza di vedere
un suo sms o di ricevere una sua chiamata con la quale la esortava a
tornare a casa.
Era da quella mattina che non aveva sue notizie; non le aveva
scritto nemmeno per rispondere al messaggio con cui l'aveva
avvertito che sarebbe andata al Fox. Aveva fatto qualcosa di sbagliato?
Forse si era offeso perché quella mattina non l'aveva
salutato prima di uscire. Che gli fosse successo qualcosa?
Sospirò
cercando di non pensare al peggio ed attirò l'attenzione del
barman perché le versasse qualcosa di più forte
della birra.
And
at the bar, on TV
they
were talking about the casualties:
four
hundred and counting
And
my only question was:
How
would you feel if one was me?
Alla TV stavano
facendo vedere una partita di calcio e durante l'intervallo venne
trasmessa un'edizione breve del notiziario, nel quale vennero elencati
i principali eventi del giorno.
Persino l'ennesimo
attentato nelle zone di guerra, in una realtà
così diversa dalla loro, le fece pensare a Sherlock.
Guardando le immagini di quelle case bombardate, degli uomini coi
passamontagna e i fucili e degli innocenti che scappavano tra le
macerie calpestando i cadaveri sanguinanti di quelli che fino al giorno
prima erano stati i loro cari, i loro amici o semplici conoscenti,
Molly riuscì a chiedersi soltanto come avrebbe reagito
Sherlock se ci fosse stata anche lei tra le quattrocento e passa
vittime.
Lei pensava
continuamente alla possibilità che Sherlock potesse finire
ucciso durante uno dei suoi casi, lottando contro nemici come Moriarty
o Culverton. E lui, invece?
Quando finalmente le
aveva detto di voler stare con lei aveva dettato alcune condizioni, tra
cui il divieto di dire a persone estranee alla loro cerchia di amici di
essere la sua fidanzata. Le aveva spiegato che ne andava della sua
sicurezza e andava da sé che non avrebbero potuto farsi
vedere in giro insieme troppo spesso. Molly, presa dall'entusiasmo, si
era detta che le bastava averlo per sé a casa, ma aveva ben
presto scoperto che non era proprio così. Sherlock infatti
non era una persona in grado di separare il lavoro dalla vita privata,
perciò quando era alle prese con un caso l'unico vero
momento in cui sembrava starle vicino era durante le poche ore di sonno
che si concedeva per poter stare in piedi e non compromettere le
funzioni celebrali.
Spesso aveva provato a
parlargliene e una volta aveva persino cercato di scherzarci su,
esclamando che l'unico modo per avere la sua attenzione era di mettersi
in una situazione tale per cui lui sarebbe stato costretto ad andarla a
salvare.
Molly
indicò di nuovo il bicchiere e il barista, che la conosceva
abbastanza da sapere quale fosse il suo limite, le chiese gentilmente
se non fosse il caso di tornare a casa. L'anatomopatologa
provò ad imitare la stessa occhiata che Sherlock le aveva
rivolto quella sera, capace di gelarle il sangue nelle vene. L'uomo
dietro il bancone però, a differenza sua, si
limitò a scuotere il capo e a versarle da bere.
Sherlock non era
nemmeno uno che esprimeva i propri sentimenti con le parole e fino ad
allora le era andato bene così. Era in grado di capirlo la
maggior parte delle volte e sapeva per certo che avrebbe fatto
qualsiasi cosa per tenerla al sicuro. L'amava a modo suo e Molly gliene
era grata, tuttavia... Solo Dio sapeva quanto aveva bisogno di sentire
quelle due semplici parole in quel momento, di sentire dalle sue labbra
che tutto si sarebbe sistemato e che non l'avrebbe mai lasciata andare.
Solo Dio...
*
Sherlock
aprì gli occhi e respirò avidamente, trasalendo.
Aveva la mente
annebbiata a causa del colpo alla testa ed impiegò
più del normale per ricordare come fosse finito in quello
scantinato, imbavagliato e legato a quella sedia.
Alla fine era riuscito
davvero a trovare una nuova pista per il "Giustiziere dei Cuori
Infranti" - così l'avevano soprannominato i mass media - e
aveva sentito lo stomaco stringersi in una morsa quando aveva capito
che tutti gli indizi portavano al barman del Fox, il pub in cui Molly
era una specie di habitué.
Il solo pensiero che
la sua Molly fosse stata per così tanto tempo di fronte ad
un assassino, bevendo ciò che lui le metteva nel bicchiere,
gli aveva fatto quasi perdere il senno. Senza avvisare nessuno si era
recato immediatamente a casa dell'uomo per affrontarlo, dove
però aveva scoperto che era tornato a vivere con sua madre
dopo la brutta rottura col suo fidanzato - l'evento che doveva aver
scatenato la sua furia omicida. L'anziana donna, interrogata, gli aveva
detto che quel giorno si era recato al lavoro in anticipo per occuparsi
dell'inventario.
Ricordava di essersi
introdotto nel pub dall'uscita sul retro, trovandolo buio e silenzioso,
e di essere sceso in quello stesso scantinato, dov'era stato preso alla
sprovvista e sopraffatto. L'uomo infatti l'aveva colpito nello stesso
punto della sera precedente, riaprendo la ferita che Molly gli aveva
medicato, ed era svenuto.
Non sapeva quanto
tempo fosse trascorso da allora, ma a giudicare dalla musica che
sentiva provenire dal piano superiore era quasi certo che fosse ormai
sera. Guardandosi intorno notò alla sua destra un computer
acceso sul cui schermo venivano trasmesse le immagini delle telecamere
di sicurezza del locale. Come aveva immaginato il pub era affollato,
trattandosi di un sabato, e quell'uomo stava versando cocktail e pinte
di birra a clienti ignari, tra cui anche...
Il guaito che gli
sfuggì dalle labbra somigliò in tutto e per tutto
a quello di un cane in fin di vita.
Molly era
lì, seduta a quel bancone.
Provò a
liberarsi, ma la spessa corda gli segò i polsi facendogli
vedere le stelle. Eppure continuò, continuò a
dimenarsi fino a quando non sentì il sangue gocciolare sul
pavimento.
In preda al dolore
più atroce cercò di urlare e di spostarsi con la
sedia per raggiungere le scaffalature con le bottiglie degli alcolici,
ma nel farlo perse l'equilibrio e cadde di lato facendosi molto male
alla spalla sinistra. Fu allora che si accorse del proprio cellulare, a
terra a qualche metro da lui. Nello stesso momento in cui vi
posò sopra gli occhi iniziò a vibrare e Sherlock
si contorse sul pavimento leggendo il nome di Molly sul display.
Guardò le riprese e la vide in attesa, le dita della mano
sinistra che stringevano convulsamente un fazzoletto di carta.
Provò ad
avvicinarsi al telefono, strisciando sulla spalla lussata, inutilmente.
Quando la vibrazione cessò il display mostrò
l'icona della chiamata persa e l'ennesima coltellata, dritta nel cuore,
la ricevette quando vide l'anatomopatologa lasciare il cellulare sul
bancone e chiedere al barista un altro giro.
Il pluriomicida
all'inizio fece della resistenza, poi l'accontentò e
nell'allontanarsi da lei alzò lo sguardo per sorridere in
direzione della telecamera, nella speranza che il detective stesse
guardando.
Sherlock avrebbe
vomitato se avesse avuto qualcosa nello stomaco.
*
«Ehi.
Sveglia, bella addormentata».
Molly aprì
lentamente gli occhi e sobbalzò realizzando di essersi
addormentata sul bancone del pub, con ancora il bicchiere mezzo pieno
in mano.
Fissò il
barman che l'aveva svegliata toccandole gentilmente il braccio e
ricambiò imbarazzata il suo sorriso. Quindi si
guardò intorno, scoprendo che erano rimasti solo loro due
nel locale silenzioso e già in parte rassettato.
«Che ore
sono?», domandò ad un tratto, spaventata. E se
Sherlock fosse tornato a casa e non l'avesse trovata, che cosa sarebbe
successo?
«Le tre
passate. Come ti senti?».
Molly, col cuore in
gola, controllò freneticamente il cellulare e
provò l'ennesima fitta allo stomaco: nessun nuovo messaggio,
nessuna chiamata. Si passò le mani sul volto e nonostante
fosse sul punto di scoppiare in lacrime abbozzò un pallido
sorriso e rispose che stava bene, per poi smentirsi immediatamente
quando scese dallo sgabello e le gambe non la sorressero.
Il barman - come si
chiamava? - la prese al volo e la donna cedette al calore di quella
stretta, forse anche per via della sbronza. Col viso nascosto contro il
suo petto iniziò a singhiozzare in maniera incontrollabile.
A quel punto non avrebbe potuto fermarsi nemmeno volendo.
«Shhh.
Andrà tutto bene, tutto bene», sussurrò
il barista, accarezzandole la schiena.
Ormai sopraffatta
dall'alcool, dalla tristezza e dal suo tono carezzevole, Molly si
lasciò condurre nello scantinato senza nemmeno chiedersene
il motivo. Non le importava. Ma tutto cambiò quando i suoi
occhi gonfi ed arrossati videro Sherlock steso sul pavimento, legato ad
una sedia e con un bavaglio alla bocca. I loro sguardi si incrociarono
e il terrore le restituì parte della lucidità
perduta, solo non abbastanza in fretta per leggere l'avvertimento negli
occhi sgranati del detective. Il calcio che ricevette alla base della
schiena la fece cadere carponi davanti a Sherlock, il quale si
agitò e provò ad urlare in preda all'ira.
«Ho avuto
proprio una bella fortuna nella sfortuna», esordì
il barman, tirando fuori dal fondo di una scatola una pistola.
«Quando ho scoperto che Sherlock Holmes mi stava dando la
caccia mi sono detto che era solo una questione di tempo prima che mi
arrestassero, ero anche pronto a farla finita con questa stessa
pistola, però questo pomeriggio, quando ti ho visto arrivare
tramite le telecamere di sicurezza, senza la polizia al seguito, ho
deciso di provare a lottare e a quanto pare ho fatto bene. Anche il
grande detective è un dannato spezzacuori che merita una
punizione».
«No!»,
gridò Molly, inginocchiandosi di fronte a lui a braccia
aperte nel tentativo di fargli da scudo col proprio corpo.
Sherlock
provò ad ammonirla, ma imbavagliato o meno sapeva che non
l'avrebbe ascoltato. Non quella volta.
«Perché
lo difendi, Molly? Tu stai soffrendo, è chiaro! E la colpa
è solo sua! Merita di patire quello che stai patendo
tu!».
«Lo sta
già facendo!».
Quelle parole
stupirono entrambi gli uomini, anche se per motivi diversi: l'assassino
non ci credeva, mentre Sherlock non capiva come facesse a saperlo.
«L'amore...
l'amore è un sentimento complicato»,
spiegò Molly, con tono pacato. «È
capace di farti toccare il cielo con un dito e di farti desiderare la
morte. Lo so bene, credimi. E quello che vuoi fare lo capisco, ma non
è giusto. In una coppia si è in due e per questo
bisogna dividersi le colpe, quando le cose vanno male. Addossare tutto
all'altro non risolverà mai la situazione, anzi... la
peggiorerà soltanto».
Il barista
rinsaldò la presa sulla pistola, ma il modo in cui i suoi
occhi continuavano a spostarsi e il movimento del suo pomo d'Adamo
fecero intuire a Sherlock che il discorso di Molly stava avendo
effetto: aveva perso sicurezza.
La donna si
alzò lentamente in piedi, le mani sollevate, e aggiunse:
«Getta la pistola... Ben, giusto? Ben, non deve andare a
finire così».
Ben scosse lentamente
il capo, la mano tremante. «Come altro dovrebbe andare? Ormai
quello che è fatto è fatto, non si può
tornare indietro».
«No, hai
ragione, non si può. Però...».
«Basta, sta'
zitta!», gridò ed avanzando di un passo la
colpì al volto con la mano con cui impugnava la pistola.
Would
you wish we'd made love again?
Would
you want to revisit the marks on my skin?
'Cause
the world could be burning
and
all I'd be thinking is:
"How
are you doing, baby?"
Molly cadde a terra
dopo aver fatto una giravolta e Sherlock trasalì,
terrorizzato, quando si ritrovò davanti al suo viso senza
espressione, lo zigomo destro già arrossato per il colpo
ricevuto. Le sarebbe uscito un livido tremendo nei giorni a seguire,
semmai fossero riusciti ad andarsene vivi da quello scantinato.
Sì,
l'avrebbero fatto. Se ne sarebbero andati entrambi e avrebbero trovato
un modo per non soffrire più, insieme.
Non poteva finire in
quel modo, semplicemente. C'erano ancora troppe cose che voleva dirle,
troppe esperienze che voleva condividere con lei.
Se gliel'avessero
chiesto appena un paio di mesi prima - a cosa o a chi avrebbe pensato
in punto di morte - non avrebbe mai nemmeno immaginato che si sarebbe
pentito di non averla baciata abbastanza, di non aver apprezzato
maggiormente il tempo trascorso insieme in generale.
Volente o nolente,
Molly era diventata una parte essenziale della sua vita, tanto
fondamentale da impedirgli di agire razionalmente, lasciandosi invece
guidare dal cuore e dall'egoismo. L'amava tanto da volerla nella sua
vita, ma forse non abbastanza da lasciarla fuori, al sicuro.
Sherlock
guardò ancora una volta il suo viso e sentì
qualcosa spezzarsi dentro di lui, una specie di barriera invisibile che
una volta infranta gli conferì una dose di forza extra che
gli permise di alzarsi e gettarsi con tanto di sedia contro il barman,
sconvolto dopo aver colpito la persona per il cui cuore infranto
avrebbe dovuto portare giustizia.
Insieme finirono
contro la scaffalatura di metallo e diverse bottiglie di liquore
caddero dalle mensole, infrangendosi sul pavimento. Sherlock
approfittò del momento di confusione per raccogliere un
pezzo di vetro e tagliare la corda che gli legava i polsi alla sedia,
distraendosi a sua volta.
Ben, ormai disarmato,
si riprese prima del previsto e lo placcò come un giocatore
di rugby, facendolo cadere sulla spalla già insaccata, poi
si sedette sul suo torace ed iniziò a prenderlo a pugni sul
volto. Il sangue gli macchiò le nocche mentre urlava tutto
il proprio dolore per il proprio cuore spezzato.
Sherlock
sentì le forze abbandonarlo poco a poco, ma cercò
di tenere gli occhi aperti per guardare Molly un'ultima volta prima di
quella che credeva fosse veramente la fine. Una fine davvero patetica,
se ci pensava.
Il dolore scomparve
quasi del tutto quando non la vide più stesa a terra. Quando
aveva ripreso i sensi e dove diavolo era andata? La cercò
nella stanza, ignorando i pugni che continuavano a sballottargli il
cervello nel cranio, e alla fine la trovò: in piedi alle
spalle del suo aggressore, con la luce dell'unica lampada appesa al
soffitto che le brillava intorno alla testa come un'aureola e al
contempo le ombreggiava il volto.
Il click del cane
della pistola fu in grado di fermare il tempo intorno a loro.
Ben si
immobilizzò col pugno ancora sollevato quando
sentì il metallo della pistola toccargli la nuca e Sherlock
sgranò gli occhi, o almeno ci provò, quando
udì la voce di Molly come non l'aveva mai udita: metallica,
insensibile, del tutto priva di qualsiasi sentimento.
«È
finita, Ben. La polizia sta già arrivando».
«Uccidimi
allora».
«No».
«Fallo!».
«No, non lo
farò».
Il barista non
accettò quella risposta e si voltò di scatto,
furioso. Lottarono e nel tentativo di prenderle la pistola dalle mani
partì un colpo che lo centrò dritto al cuore.
L'uomo le sorrise prima di cadere a terra con una chiazza di sangue che
si espandeva sul suo petto inzuppandogli la camicia, sussurrando:
«Vedi? Non era difficile».
Quindi calò
il silenzio, un silenzio rotto soltanto dai loro respiri concitati.
Molly cercò
gli occhi di Sherlock e il detective sentì una parte di
sé morire, la parte pura ed innocente che era appena morta
nell'anima dell'anatomopatologa.
La donna si
coprì la bocca con una mano, ma non riuscì ad
impedire i conati. Gli diede le spalle e vomitò tenendosi
con una mano alla scaffalatura, tra i pezzi di vetro e l'alcool
fuoriuscito dalle bottiglie infrante.
Sherlock
finì di sciogliersi anche l'ultimo brandello di corda dai
polsi e finalmente si tolse il bavaglio dalla bocca, tornando a
respirare. Quindi si alzò per raggiungerla. Le
sfiorò la schiena con le dita, ma lei lo
allontanò con un gesto del braccio mentre si passava l'altro
sulla bocca.
«Molly...
Molly, guardami».
L'anatomopatologa lo
fece, con la coda dell'occhio, e scoppiò immediatamente in
lacrime. A quel punto Sherlock poté avvolgerla col suo
cappotto, stringerla tra le braccia e poco dopo sollevarla per uscire
da quello scantinato infernale dove tutti avevano perso qualcosa di
molto importante.
*
Era difficile spiegare
che cosa fosse successo tra loro dopo quella notte.
Entrambi avevano
sentito il bisogno di stare per conto loro, in silenzio, eppure c'era
sempre stato un momento, un paio d'ore prima dell'alba, in cui Sherlock
abbandonava il divano in salotto per entrare nella camera di Molly e
stendersi al suo fianco. Lei si girava e, sempre in silenzio, lo
abbracciava riuscendo finalmente a chiudere gli occhi.
Trascorsero
così un paio di settimane, fino a quando Sherlock non decise
di rompere quel silenzio per dirle, con quella faccia seria che la
metteva sempre a disagio, che non riusciva più ad andare
avanti in quel modo.
I'm
sorry to be so serious,
I
know you don't like my long face
I
am only here to tell you
that
I am eviscerated
«È
tutta colpa mia», sussurrò, accarezzandole con una
mano i capelli sparsi sul cuscino. «Tu stai soffrendo ed
è tutta colpa mia, della vita che faccio e di cui non posso
fare a meno. Non avrei mai dovuto...».
«Vuoi
lasciarmi, Sherlock?».
Erano le prime parole
che gli rivolgeva da due settimane a quella parte e fu doloroso
pronunciarle, ma anche liberatorio. Anche lei non riusciva
più a fingere che andasse tutto bene, ad ignorare l'enorme
crepa che giorno dopo giorno li stava separando. Presto quel vuoto tra
loro sarebbe stato troppo vasto, troppo profondo per poterlo riempire,
e raggiungersi sarebbe stato impossibile.
«No»,
rispose semplicemente e Molly cercò il suo sguardo,
incredula. Non c'era traccia di menzogna nei suoi occhi.
«Ormai sei
diventata il punto fermo della mia esistenza. Tutto ruota intorno a te.
Tu sei il porto sicuro a cui faccio ritorno ogni notte, il placido mare
che mi culla dopo giorni trascorsi nella burrasca. E non credevo di
avere un disperato bisogno di tutto questo, della normalità,
di te, fino
a quando non abbiamo iniziato a stare insieme in questo modo. Tornare
indietro... mi annienterebbe. Però so anche che, se non lo
farò, sarai tu ad essere annientata. Non voglio lasciarti,
Molly Hooper, ma devo farlo».
L'espressione
scioccata sul suo volto fece comparire un mezzo sorriso su quello del
consulente investigativo.
«Deduco che
quella notte tu abbia detto che io stavo soffrendo solo
perché speravi che fosse quello che Ben voleva sentirsi
dire, non perché l'avevi capito».
«Io... io
non pensavo che tu...».
«Non pensavi
che mi fossi accorto della tua tristezza? Del tuo dolore? E da chi e da
cosa fosse causato?».
Sherlock
scivolò sotto il piumone e la strinse più forte,
affondando il viso contuso tra le morbide curve del suo seno.
Molly, con le lacrime
che le pungevano gli occhi, gli accarezzò i capelli con una
mano.
«Se le cose
stanno così, non voglio che tu mi lasci,
Sherlock».
I'm
sorry to be so serious,
I
know you can't stand me this way
But
I took hope in half-desire
You
are wildfire and I'm standing in the rain
Il detective
alzò lentamente il capo per guardarla con espressione
paziente. «Lo sai che non smetterò
di...».
«Non voglio
che tu smetta di prendere casi. Tu sei Sherlock Holmes, la gente ha
bisogno di te».
«E che ne
sarà di quello di cui hai bisogno tu?».
Molly sorrise,
scivolando a sua volta sotto il piumone perché i loro volti
fossero alla stessa altezza. Gli accarezzò uno zigomo,
immergendosi in quei diamanti che erano i suoi occhi, splendenti
persino nell'oscurità.
«Io ho
bisogno che tu continui a tornare da me ogni notte. Ti chiedo solo
questo».
Sherlock sapeva di non
poterle fare una promessa del genere, ma se questo era ciò
che voleva veramente, allora ci avrebbe messo il doppio dell'impegno
per mantenerla.
Si era appena
avvicinato per baciarla sulle labbra e suggellare quella promessa,
quando Molly sussurrò: «Ci ho pensato a lungo e
nemmeno io riuscirei mai a tornare indietro. Se anche prendessimo
strade separate, continuerei comunque a chiedermi se stai bene e non
riuscirei a dormire senza di te al mio fianco, sano e salvo. Anche io
sono egoista, Sherlock. Lo sono stata dal primo momento in cui ho
posato gli occhi su di te: l'uomo divorato dal fuoco, l'unico uomo
capace di scaldarmi il cuore quando avevo la sensazione che la mia vita
facesse acqua da tutte le parti. Ho vissuto desiderando tutto questo e
non posso rinunciarvi, anche se fa male o fa paura».
Sherlock
ricambiò le carezze sfiorandole il livido in via di
riassorbimento sulla sua guancia destra. Quindi posò la
fronte contro la sua e ad occhi chiusi sussurrò:
«Allora promettimi che mi aspetterai, tutte le
notti».
«Te lo
prometto. Ti amo, Sherlock».
«Ti amo
anche io. Ti amo, Molly Hooper».
La sua risata
soffocata gli fece riaprire gli occhi, stupito. Aveva detto qualcosa di
divertente? In ogni caso era felice di essere riuscito a strapparle
finalmente un sorriso dopo tutti quei giorni pieni di tristezza.
«Due volte
di seguito», gli spiegò alla fine, allacciandogli
le braccia dietro il collo. «Sei proprio il contrario della
moderazione».
«O tutto o
niente», replicò, sorridendo a sua volta.
«E io ho scelto tutto quello che ti riguarda. A dire la
verità, sarebbe più giusto dire che adesso tutto
riguarda te».
Fu Molly a baciarlo
alla fine, gentile e allo stesso tempo determinata.
Sherlock
preferì ancora una volta il silenzio alle parole, lasciando
parlare il proprio cuore che batteva allo stesso ritmo di quello
dell'anatomopatologa.
Ad ogni modo non c'era nient'altro da dire.
Everything's
about you to me
|