Tempesta
solare
Han aveva
appena finito di impostare la rotta, quando uno strattone
improvviso li aveva attirati verso il sole che stavano sorvolando.
Dalla
cabina di pilotaggio del Falcon, adesso, non si vedeva
più il nero dello spazio, bensì una miriade di
scintille dorate e rossastre.
«Tempesta
solare» borbottò Han, mentre
Chewbacca attivava i motori ausiliari per impedire che il Falcon
sfuggisse del tutto al loro controllo.
Era
una fortuna che non avessero fretta, visto e considerato che
tempeste del genere tendevano a tenere intrappolata una nave per ore
intere.
Non
era certo di come Leia avrebbe preso la notizia, però.
Quella sera stessa, infatti, su Chandrila, si sarebbe tenuta una
cerimonia per la firma della Concordanza Galattica, un documento che
stabiliva i termini della sconfitta definitiva dell’Impero, e
lei aveva tutte le intenzioni di partecipare.
Han
scosse impercettibilmente la testa. Be’, erano molto in
anticipo. Considerato anche lo scarto orario tra il pianeta da cui
erano partiti e la capitale di Chandrila, sarebbero dovuti arrivare
comunque solo qualche ora dopo mezzogiorno.
In
quel momento, udì dei passi rapidi alle proprie spalle, e
Luke che esclamava: «Han, dobbiamo…»
Con
la coda dell’occhio, l’uomo lo vide bloccarsi e
fissare con un certo sgomento lo spettacolo di lingue di fuoco al di
là del vetro.
«Sì»
tagliò corto Han,
«siamo finiti in una tempesta solare».
Non è colpa mia,
avrebbe voluto puntualizzare, ma si
trattenne. Suonava molto petulante persino nella sua testa, e tra meno
di quattro settimane lui sarebbe diventato padre. Era il caso di
tentare di comportarsi in modo più maturo.
Da
parte sua, Luke non rispose, l’orrore dipinto chiaramente
sul volto.
«Non
è una notizia poi così
brutta» protestò Han.
«D’accordo, arriveremo con meno anticipo del
previsto, ma non mi sembra una tragedia».
Luke
si riscosse. «Han, no, si tratta di Leia».
«Ho
capito, sarà furiosa, ma non è che
io…»
«È
il bambino! Penso stia per nascere!»
In
un istante, Han sentì tutto il sangue defluire dal
proprio volto. «Che cosa?!»
Completamente
dimentico dei comandi della nave, si girò del
tutto verso Luke, e Chewbacca gli abbaiò contro un
rimprovero.
«Sì,
scusa» disse Han automaticamente,
mentre il Falcon sussultava e scricchiolava. «Prendi tu i
comandi?»
Scivolò
via dal sedile senza attendere una risposta, e
Chewbacca si insediò subito al suo posto. Han
barcollò appena, quindi si diresse verso l’uscita
della cabina.
«È
negli alloggi
dell’equipaggio» lo informò Luke,
tallonandolo.
Han
annuì, allargando le proprie falcate. «Cosa
significa che il bambino sta per nascere?»
«Quante
cose credi che possa significare?»
ribatté Luke.
L’uomo
continuò a camminare, tendendo una mano
verso la parete del corridoio quando la nave ondeggiò
pericolosamente. «Ma mancano ancora tre settimane!»
Stavolta,
Luke non lo degnò nemmeno di una risposta, e
finalmente svoltarono negli alloggi dell’equipaggio. Era una
stanza triangolare, ampia quasi il doppio della cabina di pilotaggio.
Contro ognuno dei suoi tre muri si trovava allineata una cuccetta.
Leia
stava camminando avanti e indietro da una branda
all’altra, seppur con qualche difficoltà dovuta
alla gravidanza avanzata e all’instabilità della
nave.
I
suoi capelli scuri erano sistemati nell’acconciatura che
negli ultimi mesi aveva sfoggiato sempre più spesso:
intrecciati ad incorniciarle il viso e raccolti in una crocchia morbida
dietro la testa. A quel che pareva, quella pettinatura – con
tanto di nastri e boccioli di stoffa azzurra tra le sue ciocche scure
– era portata su Alderaan dalle donne in dolce attesa.
Non
che ci fosse bisogno di un’acconciatura tradizionale per
segnalare la sua condizione, ormai; la curva del pancione era
facilmente distinguibile anche sotto il vestito confortevole che
indossava al momento.
«Leia!»
All’esclamazione
di Han, lei si girò a guardarlo.
«Che cosa ci fai qui? Luke, non gli hai detto di fare quel
dannato salto nell’iperspazio?»
«Volevo
dirglielo» le rispose suo fratello,
«ma sembra che abbiamo un problema».
Leia
li fissò entrambi con la fronte corrugata.
«Vale a dire?»
«Siamo
nel mezzo di una tempesta solare. Non possiamo fare
nessun salto».
La
donna imprecò con molto sentimento, per poi girare il
viso di lato con una smorfia. Teneva una mano posata sul ventre,
l’altra sul proprio fianco come per supportarsi la schiena.
«Cos’è
questa storia della
nascita?» domandò Han.
Leia
incontrò il suo sguardo. «Credo che ci
siamo».
«Ma
c’è ancora tempo, giusto? Voglio
dire, quando sono iniziate le contrazioni?»
Sua
moglie riprese il proprio andirivieni. «Ieri sera, se
proprio vuoi saperlo».
«Ieri
sera?!» Han non credeva alle proprie orecchie.
Leia
emise uno sbuffo d’aria. «Avevo contattato la
guaritrice, e lei mi ha detto che non era necessario andare subito al
centro medico».
«E
quindi hai pensato bene di trascorrere questa mattina a
quelle stupide conferenze?»
Leia
lo fulminò con lo sguardo. «Ottimo, mi fa
piacere che degli incontri per rassicurare la gente che
l’Impero è finito per sempre ti sembrino
stupidi…»
«Non
è questo che intendevo!»
sbottò Han. «Perché non mi hai detto
niente?»
«Perché
poi figuriamoci se saremmo andati a quegli
stupidi incontri!»
«Col
senno di poi…»
«Han»
s’intromise Luke. «Hai
dei medicinali a bordo? Panni puliti?»
Han
si girò a fissarlo – si era quasi scordato
della sua presenza. «Dovrebbe esserci qualcosa nella mia
cabina» rispose infine. Poi si accigliò, lanciando
uno sguardo verso Leia. «Aspetta. Non avrai mica intenzione
di farla partorire qui sopra?»
Sua
moglie aveva smesso di camminare. Aveva entrambe le mani sul
ventre, ora, intrecciate tra di loro.
«Potrebbe
non essercene bisogno» replicò
Luke, in tono ragionevole. «Forse usciremo in tempo da questa
tempesta».
Han
rimase immobile, mentre una sensazione di gelo si insinuava nelle
sue ossa.
«Forse?»
chiese Leia. «Scusate, ma di
solito quanto durano queste tempeste?»
Han
deglutì. «Circa cinque ore. A volte si
è fortunati e si incappa in una più breve, ma
questa… non credo che questa la sia».
«Oh»
disse soltanto Leia.
«Potrei
sbagliarmi» le fece presente Han,
debolmente.
Lei
lo fissò, serrando le mani tra loro. «Ma non
pensi sia così, giusto?»
«No,
non lo penso».
Leia
distolse lo sguardo e trasse un respiro profondo.
«C’è la possibilità di
chiamare dei soccorsi?»
Han
scosse la testa. «Il… La tempesta blocca le
comunicazioni».
Sua
moglie lo fissò, e parve impiegare qualche istante per
assorbire le sue parole. «D’accordo…
d’accordo».
Il
suo viso si contrasse, e lei si morse le labbra con forza. Dopo un
momento, riprese a camminare.
Han
si voltò verso Luke in cerca di aiuto, solo per scoprire
che l’altro si era dileguato, probabilmente per andare a
frugare nella cabina del capitano.
«È
bene che tu faccia avanti e indietro in questo
modo?» Han si avvicinò ansiosamente a sua moglie.
«Non dovresti sdraiarti?»
Leia
lo fissò come se le stesse spacciando un serpente
velenoso per una sciarpa. «Prima ci ho provato e lo odio. Non
riesco a respirare».
«Va
bene, ma a stare in piedi non ti fa male la schiena? O le
caviglie?»
«Han,
se non la smetti subito con queste domande giuro che ti
uccido».
L’uomo
quasi si ritrasse. «Ricevuto»
mormorò, prima di offrirle il proprio braccio.
«Per fare avanti e indietro più
comodamente».
Leia
accettò con una certa gratitudine, rivolgendogli un
sorriso pallido. Mossero qualche passo, poi lei gli disse:
«Pensavo avremmo fatto in tempo».
Han
sbatté le palpebre e la guardò, ma non
riuscì ad incontrare i suoi occhi.
«Ho
anche controllato» proseguì Leia,
con disperazione malcelata. «Per arrivare da qui a Chandrila
sono sufficienti venti minuti di iperspazio».
«È
così».
Leia
trasse un respiro brusco. «Non avevo pensato alla
possibilità che… non mi era passato nemmeno per
la testa che qualcosa potesse impedirci…»
«Ehi,
ehi, ehi». Han la baciò sulla
linea di un sopracciglio. «Andrà tutto bene,
dolcezza. Vedrai».
Lei
non rispose, facendosi visibilmente forza e riprendendo a camminare.
In
quel momento, Luke fu di ritorno. A quanto pareva, aveva trovato
almeno parte di quel cercava: del bacta e qualche panno pulito.
Andò a sedersi su una delle cuccette, iniziando a preparare
alcuni impacchi con dita svelte.
Han
lo occhieggiò cautamente. «Spero che tu non
stia improvvisando».
«Zia
Beru aiutava con le nascite, a volte»
affermò Luke, senza alzare lo sguardo. «Mi ha
insegnato un paio di cose».
Han
si inumidì le labbra, mentre Leia si appoggiava contro
di lui. Passò un secondo, e lei sibilò tra i
denti.
«Sono
molto vicine» borbottò poi.
«Come?»
Leia
lo guardò. «Le contrazioni. Sono sempre
più vicine».
«Va
bene» disse Luke, mettendo da parte i suoi
impacchi di bacta. «Se te la senti potresti provare a
sdraiarti – o a sederti – su una delle
cuccette».
Han
si aspettava quasi che Leia lo aggredisse a male parole, ma la
giovane si limitò ad annuire a labbra strette.
Dal
canto suo, lui iniziava ad avere la sensazione che stesse
succedendo tutto troppo in fretta. La possibilità che il
bambino nascesse lì sul Falcon si stava facendo
spaventosamente concreta. Il suo cervello stava ancora cercando di
elaborare il fatto che potesse essere
un’eventualità,
come poteva…
«D’accordo»
disse Leia, in tono deciso.
Si
staccò da lui ed andò a sedersi su una
cuccetta, sistemando uno dei panni sotto di sé, e Luke le
passò tutti i cuscini per sistemarli tra la sua schiena e il
muro, così da avere le gambe che sporgevano oltre
l’orlo.
Han
passeggiò nervosamente davanti a loro – Luke
aiutava sua sorella senza fiatare, come se sapesse esattamente quello
di cui lei aveva bisogno.
Poi
Leia raccolse la gonna attorno ai propri fianchi, traendo un
respiro profondo, e improvvisamente Han notò la tensione
nella sua mascella, lo sguardo nei suoi occhi scuri. Capì
che, per quanto stesse cercando di affrontare la cosa con
praticità, era spaventata. Molto spaventata.
D’impulso,
le si avvicinò e si sedette accanto a
lei sulla cuccetta, offrendole una mano da stringere. Leia lo
guardò ed intrecciò le dita alle sue.
Luke
fece un altro paio di giri per il Falcon, recuperando una
borraccia d’acqua, delle pezze di stoffa e poi uno sgabello
su cui far appoggiare i piedi a Leia. Le smorfie della donna si stavano
facendo sempre più frequenti, talvolta accompagnate da
un’invettiva molto colorita.
Di
punto in bianco, Han ricordò che era stato sul Falcon
– durante una serata particolarmente piacevole –
che avevano concepito loro figlio, ma data la situazione si
guardò bene dal farlo presente a sua moglie. Aveva la netta
impressione che in tal caso lei lo avrebbe ucciso sul serio.
«Va
bene» disse Luke, le mani strette attorno alle
caviglie di Leia. «Adesso credo che tu possa
spingere».
Lei
non se lo fece ripetere due volte, stringendo la mano di Han come
se volesse staccargliela.
Le
luci sopra di loro ebbero un guizzo, ed Han alzò la
testa, allarmato. Inizialmente, pensò che si trattasse degli
effetti della tempesta. Di lì a poco, però,
notò che i lampeggi si ripetevano ogni volta che Leia
sembrava al culmine dei propri sforzi.
Doveva
c’entrare la Forza, realizzò. Non sapeva
come sentirsi al riguardo, ma non fu difficile evitare di soffermarsi
su quel pensiero: il viso di Leia si stava imperlando di sudore, e lui
prese a tamponarle la fronte con le pezze bagnate.
Da
parte sua, Luke mormorava incoraggiamenti incessanti, dicendole che
andava alla grande, che stava procedendo tutto al meglio… A
lungo andare, Han cominciò a chiedersi se fosse vero.
Non
sapeva quanto tempo fosse trascorso dalla prima spinta, ma gli
sembrava un’eternità. Leia era di un pallore poco
rassicurante, e le sue pause si facevano sempre più lunghe e
frequenti.
Ad
un certo punto, si avvicinò alla bocca la mano di Han che
stringeva nella propria e vi affondò i denti, serrando gli
occhi.
L’uomo
trasalì ma non si mosse. Se morderlo poteva
esserle d’aiuto…
Leia
schiuse la mascella ed emise un grido contro la sua mano, per poi
lasciarsi sprofondare indietro, tra i cuscini, l’aria
completamente esausta.
Da
Luke provenne un «ah!» colmo di una meraviglia
quasi reverenziale. Han spostò lo sguardo su di
lui… e smise di respirare.
Suo
cognato si stava alzando, reggendo con cautela un neonato
minuscolo. Gli sosteneva la testolina con la coppa di una mano, e il
corpicino appallottolato con l’altra.
Per
un lungo istante, mentre Luke procedeva in maniera poco ortodossa
al taglio del cordone ombelicale, Han non provò altro che il
più completo stordimento… almeno
finché non notò la peluria scura e folta che
ricopriva la testolina del bambino.
“Ha
preso dalla mamma” pensò a quel
punto, con chiarezza assurda, e l’emozione lo travolse.
Vagamente
consapevole di star piangendo come una vite tagliata, si rese
conto di un’altra cosa: la cabina era immersa nel silenzio,
rotto soltanto dai cigolii del Falcon e dal respiro affannoso di Leia.
Il
bambino non stava piangendo.
Con
una paura improvvisa, Han si raddrizzò per guardarlo
meglio. Sembrava anche molto immobile, lì nelle mani di Luke.
Era
normale? O era un brutto segno? Era andato storto qualcosa?
«Sta…»
iniziò, ma in quel
momento Leia gli tirò debolmente la mano.
Han
riportò lo sguardo su di lei, allarmato, ma sua moglie
sembrava star bene – insomma, per quanto bene potesse stare
una donna che aveva appena partorito su un mercantile. Numerose ciocche
scure sfuggivano alle sue trecce, e il suo viso era pallido e stravolto.
Gli
fece un debole cenno col capo, e lì per lì
Han non capì.
«Aiutala
a sdraiarsi» intervenne Luke.
Han
gettò un’altra occhiata verso il neonato che
ancora non aveva pianto – nessuno dei due gemelli dei
miracoli stava dando di matto, però, quindi probabilmente
non era niente di grave – e si alzò dalla cuccetta
per aiutare Leia, spostando i cuscini per metterli dov’era
normale che stessero e dandole una mano a sdraiarsi per il lungo.
A
quel punto, lei abbozzò un sorriso, poi guardò
verso Luke con un tale bisogno nello sguardo che Han si
sentì chiudere la gola.
Luke
si fece subito avanti, depositando il neonato tra le braccia di
Leia. Il piccolo era ancora sporco di grasso e sangue, ma lei non se ne
curò minimamente. Lo trasse contro il proprio petto,
reclinando il capo su di lui come se volesse non solo contemplarlo con
la massima attenzione, ma anche stargli il più vicino
possibile.
Il
bambino aprì appena una manina – ad Han era
sembrato che tenesse le palpebre serrate, ma adesso vedeva che i suoi
occhi erano socchiusi, simili a piccole mezzelune scure.
Leia
sorrise tra le lacrime, accarezzando lievemente il lattante.
Quest’ultimo aprì la boccuccia ed emise una specie
di suono, che non era esattamente un accenno di pianto ma ci
assomigliava molto.
«Lo
so, lo so, scusami» gli sussurrò
Leia, «va tutto bene, sei qui, va tutto bene, stai
bene…»
Continuò
a mormorare frasi simili anche mentre Luke si
occupava di sistemarle gli impacchi di bacta tra le gambe.
Da
parte sua, Han era accovacciato accanto alla cuccetta, le dita che
sfioravano il braccio di Leia, e non riusciva a distogliere lo sguardo
dal bambino.
Poi
Leia alzò gli occhi ad incontrare i suoi. «Sta
bene» disse soltanto, con una felicità quieta e
dirompente, ed Han si tirò su per andare a baciarla su una
tempia, e sul naso, e sulla guancia.
Sì.
Il bambino stava bene, e anche Leia stava bene. Era
andato tutto bene.
Per
un istante, credette di essere sul punto di rimettersi a piangere
per il sollievo, poi posò la fronte contro quella di sua
moglie, ed insieme abbassarono lo sguardo su loro figlio.
Luke
si schiarì discretamente la gola. «Faccio un
salto a vedere se Chewie ha bisogno di una mano. Torno più
tardi».
Con
la coda dell’occhio, Han lo vide chinarsi a raccogliere
qualcosa – era il panno su cui si era seduta Leia durante il
parto, sporco di sangue e chissà cos’altro. Una
parte della testa di Han gli disse che probabilmente ci sarebbe stato
bisogno di ripulire anche la cuccetta, ma non gli importava
più di tanto.
Luke
sorrideva come se non riuscisse a smettere, e continuò
a farlo anche quando uscì dalla stanza. In silenzio, mentre
i suoi passi si allontanavano, Han circondò le spalle di
Leia con un braccio e la tenne stretta.
Allo
stesso tempo, iniziò a sentire un certo dolore alla
mano ed abbassò gli occhi, scoprendo i segni pulsanti ed
arrossati dei denti di Leia. Si guardò un momento attorno,
ma pareva proprio che Luke avesse usato tutto il bacta per sua sorella.
Accattonando
subito la faccenda – poteva sopportare quel
minimo dolore, specie alla luce di quanto era appena successo
– Han riportò l’attenzione su suo figlio.
Il
bambino stava guardando placidamente verso i suoi genitori, gli
occhi un po’ più aperti, anche se era improbabile
che il suo sguardo liquido li mettesse a fuoco come si deve.
«Per
il nome» mormorò Leia,
«hai qualche idea?»
Han
sbatté le palpebre. Si era quasi dimenticato che non
avevano ancora preso una decisione definitiva al riguardo.
Effettivamente, però, non potevano chiamarlo per sempre
“bambino”, “tesoro” o
“piccolo mascalzone”.
«Millennium
Falcon è escluso del tutto,
giusto?»
Leia
gli rivolse uno sguardo più che eloquente.
«Scherzavo»
si affrettò a dire Han.
«Anche se, date le circostanze…»
Sua
moglie roteò gli occhi, aggiustando la propria presa sul
bambino. «Puoi scordartelo».
Per
un istante, rimasero entrambi in silenzio. Il neonato, grinzoso e
ricoperto di un certo viscidume, mezzo avvolto nelle falde del vestito di sua madre, sembrava sul punto di addormentarsi.
Nascere doveva essere proprio un lavoraccio.
Han
rifletté. Sapeva che Leia non se la sentiva di dargli il
nome di suo padre, perché la perdita dei suoi genitori, del
suo mondo, era ancora troppo viva. E per quanto il diretto interessato
ci sarebbe rimasto male, avevano già escluso anche il nome
di Lando.
«Mi
piaceva l’idea di battezzarlo in onore di
Obi-Wan Kenobi» biascicò Leia, che sembrava vicina
a sprofondare in un certo torpore.
Han
se ne ricordava. «Obi-Wan» ripeté,
pensoso, testando quel nome sulla propria lingua.
«In
fondo» proseguì Leia, la voce
impastata, «è stato per merito suo che noi tre ci
siamo incontrati».
«Vero»
concesse Han.
Per
quanto il vecchio Jedi fosse stato una compagnia abbastanza
esasperante, non era un’idea così malvagia.
«E
Luke ne sarebbe senz’altro felice»
aggiunse Leia, suonando leggermente più sveglia.
Han
giocherellò appena coi suoi capelli, abbassando lo
sguardo sul bambino al sicuro tra le sue braccia. Era così
piccolo…
Gli sembrava ancora incredibile averlo davanti per
davvero.
Di
certo avrebbe dato una bella scossa alla sua vita… come
avevano già fatto un ragazzo di Tatooine, una principessa,
ed un vecchio pazzo…
Sperava
solo che, dopo questa nascita a sorpresa nel bel mezzo di una
tempesta solare, non gli facesse più prendere degli spaventi
simili.
«Lo
sai? Hai ragione, è una bella idea».
Leia
gli rivolse un sorriso. «Allora siamo
d’accordo?»
«Siamo
d’accordo».
Il
sorriso di lei si fece ancora più brillante.
«Obi-Wan?»
«Ben»
precisò Han, tornando a guardare
il bambino. «Ben Organa. Ben Solo?»
Leia
si appoggiò contro di lui. «Mi piace come
suonano».
L’uomo
le massaggiò la spalla. Gli
scappò da ridere sommessamente, mentre gli veniva in mente
un’altra cosa.
«E
io che pensavo che l’evento più
memorabile di questa giornata sarebbe stato la firma della
Concordanza!»
Note:
Credo che questa sia la storia più stressante che abbia mai
scritto XD
A parte l’ansia dei personaggi, è stata una vera
impresa decidere cosa dovevo esplicitare e cosa mi potevo permettere di
lasciare sottinteso (non esagero quando dico di aver trascorso settimane a
chiedermi se dovevo menzionare l’espulsione
della placenta)…
Spero soltanto che il risultato sia
buono!
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