Ringrazio anche solo chi
legge.
Dedicato al compleanno di
arashinosora5927.
I sentimenti del pianista
Tsuna camminò
lungo il corridoio e
sbuffò, incrociando le braccia al petto.
“Hibari-san mi
morderà a morte. Però
non è colpa mia se ho perso il resto della
scolaresca” gemette.
Strofinò le scarpe da ginnastica che indossava sul pavimento
di
plastica nero, con una serie di piccoli cerchietti in rilievo.
< Non avrei dovuto
allontanarmi da
Yamamoto e Senpai Ryohei. Ora non so dove andare.
Iiiih, speriamo che il
pulmino della
gita non riparta senza di me.
Non voglio rimanere
bloccato in questo
teatro di notte! > si lamentò mentalmente. Le sue
iridi castane
erano diventate liquide.
< Però,
dopo lo spettacolo, mi
sentivo così confuso. Pensavo che il pianista di fama
mondiale che
siamo venuti a veder esibire fosse un uomo molto grande, se non
vecchio.
Invece era solo un
ragazzino! >
pensò.
“E'
davvero bravo. Eheh”
bisbigliò Takeshi, senza farsi sentire. Era seduto accanto a
Tsuna.
Sawada, accomodato
in uno dei posti
in prima fila, dimenava i piedi. Guardava con espressione rapita il
giovane Hayato.
Quest'ultimo era
accomodato dietro
il grande pianoforte a coda. Il suo sedile era stato rialzato, mentre
la melodia classica risuonava per la sala.
Abbassò il capo
e si mise a correre,
andò a sbattere e cadde per terra. Mugolando si
massaggiò la testa.
Gokudera, davanti a lui, si
piegò in
avanti e gli porse la mano.
“Tutto bene? Ti
sei fatto male?”
chiese.
Tsuna si rialzò
in piedi,
boccheggiando.
“T-tu... Tu...
Tu...” biascicò.
“Scusami, non ti
ho visto. La
prossima volta starò più attento”
promise Gokudera, abbassando la
mano.
“T-tu non
parlavi... italiano?”
chiese Sawada titubante.
Il ragazzo davanti a lui
chinò il
capo, in un gesto lento e si sistemò il garofano rosso che
aveva
appuntato alla giacca grigia.
“Sì,
sono italiano di origine. Però
ho studiato anche giapponese” rispose.
Tsuna arrossì ed
incassò il capo tra
le spalle.
“Iiiih, scusa.
Non volevo sembrare
scortese!” gemette.
< L'ho conosciuto da
pochissimo e
già ho fatto una cattiva figura. Questo dev'essere l'inferno
>
pensò.
Gokudera gli sorrise, Tsuna
vide la
propria figura riflettersi nelle iridi verde-acqua del giovane.
“Non devi essere
così teso. In fondo
è normale pensare che uno straniero non sappia la tua
lingua”
sussurrò Hayato. La sua pelle era pallida, le sue labbra
erano rosee
e i corti capelli argentei gl'incorniciavano il viso.
“S-sei davvero
gentile” balbettò
Tsuna. Il suo battito cardiaco era accelerato.
Hayato gli prese la mano
nella propria
e gli fece il baciamano.
“Questo si fa
alle ragazze!”
strillò Tsuna.
Hayato
indietreggiò.
“Perdonami, dalle
mie parti è segno
di rispetto” disse.
Tsuna si
mordicchiò il labbro e negò
con il capo, facendo ondeggiare i capelli castani dalle ciocche
larghe tre dita.
“Sei davvero
troppo gentile, tu”
piagnucolò.
Gokudera si
grattò il collo.
“Perdonami. Vengo
da un paese tutto
sommato piccolo e non esco molto di casa. Sto sempre a suonare per
gli esami del conservatorio.
Mio padre ci tiene
molto” si scusò.
Tsuna gli prese la mano
nella propria,
le gote pallide di Hayato si tinsero di rosa.
“Non devi
scusarti. S-sei... Tu sei
davvero incredibile. Magari sapessi suonare anche io così.
A malapena riesco a
soffiare dentro il
flauto dolce” gemette Tsuna.
Gokudera gli sorrise.
“Sai, mentre
suonavo ti ho notato.
Ammetto di aver dedicato alcune di quelle 'arie' a te”
sussurrò.
Tsuna sgranò gli
occhi.
“Hai suonato per
me?” chiese e la
voce gli tremò.
Hayato annuì.
“Da noi lo
chiamiamo 'colpo di
fulmine'” esalò.
Tsuna divenne completamente
rosso in
viso.
“T-tu sei
assurdo... e un po'
spaventoso... però in senso positivo! N-non... non mi
dispiace”
esalò.
Gokudera socchiuse le
labbra in un
sorriso.
“Nessuno mi aveva
mai detto di
trovarmi spaventoso. Però se per te è positivo,
lo sarà anche per
me” soffiò. Ticchettò con i talloni
delle scarpe, lucide e nere,
che indossava.
“Hayato, vieni
subito. Dobbiamo
prepararci! Ci aspettano in America tra neanche trenta ore!”.
Una
voce maschile risuonò lungo il corridoio.
“D-devo
andare...” ammise Gokudera
con tono dolente.
Tsuna annuì e
gli lasciò andare la
mano.
“Tornerai ancora
in Giappone?”
chiese.
Hayato si morse l'interno
della
guancia.
“Al prossimo
concerto” sussurrò.
“Allora
verrò a vederti” promise
Tsuna, annuendo.
Il viso di Hayato
s'illuminò.
“Me lo
prometti?” chiese Gokudera.
Lo sguardo di Tsuna divenne
risoluto,
mentre il ragazzino diceva solennemente: “Te lo
giuro”.
Hayato corse via, un
sorriso dipinto
sul viso 'acerbo'.
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