ReggaeFamily
Last
Night
“John,
bastardo, ecco dove ti eri cacciato! Come mai qui tutto solo?”
Il
batterista, che vegetava su un divano a due posti, sbatté
leggermente le palpebre e osservò la figura minuta di Daron,
immobile sulla soglia con le mani sui fianchi. Indossava una camicia
nera a maniche lunghe, un paio di jeans scuri, delle semplici scarpe
da ginnastica e il suo immancabile cappellino nero in testa. Sul viso
paffuto era stampato un sorrisetto sornione, come se stesse tramando
qualcosa.
“Ehi”
lo salutò John con uno sbadiglio.
“Non
hai risposto alla mia domanda” gli fece notare il chitarrista;
dopo qualche secondo si scaraventò con malagrazia nel posto
vuoto accanto al suo amico e si lasciò sfuggire un pesante
sospiro.
Un
improvviso scoppio di risa esplose nella quiete del backstage e i due
si scambiarono un'occhiata interrogativa. Nel reticolo di stanze
attorno a loro stavano sparpagliati i ragazzi della band e dello
staff, che festeggiavano tutti insieme. Del resto quella era l'ultima
data del tour americano dei SOAD, poi si sarebbero dovuti separare.
“Adesso
non sono più solo” osservò John, battendo una
mano sul ginocchio di Daron.
“Dai
Dolmayan, è l'ultima serata che passiamo assieme, ci dobbiamo
ubriacare! Non hai preso niente da bere? Andiamo a cercare qualcosa”
cercò di spronarlo lui, mollandogli una pacca sulla spalla.
Sul viso del batterista aleggiava una leggera inquietudine, Daron se
ne era reso conto da quando aveva messo piede nella stanza: si chiese
se il suo amico stesse male o fosse agitato per qualche motivo e si
era ripromesso di indagare, o quantomeno cercare di tirarlo su. In
realtà gli pareva piuttosto strano quel suo stato d'animo, gli
era parso felice e tranquillo quando erano scesi dal palco.
Forse,
proprio come lui, era triste all'idea che il tour fosse ormai volto
al termine.
“Ho
già preso un drink prima, quando eri fuori a fumare. Non sono
riuscito a capire di cosa si trattasse, me l'ha offerto Sako tra le
risate... era forte, sinceramente nemmeno tanto buono” raccontò
John, lasciando che i suoi occhi scorressero per l'ambiente dalle
tinte rosse, illuminato da una luce giallognola e troppo forte per i
suoi gusti.
“Ah,
quindi sei già sbronzo” trasse le sue conclusioni Daron.
“Pensa
per te” si difese l'altro, scompigliandogli affettuosamente i
capelli.
In
realtà quel giorno nessuno dei due aveva tanta voglia di
festeggiare, si erano trovati così bene in viaggio che l'idea
di tornare a casa li buttava giù. Avevano bisogno di stare un
po' soli, ma la compagnia reciproca non arrecava loro nessun
disturbo: avevano sempre condiviso tutto, non si erano separati
nemmeno nel periodo di pausa dei System, si conoscevano talmente bene
che sapevano quand'era il momento giusto per scherzare e quando per
tacere.
E
così fecero: restarono in silenzio, ognuno perso tra i suoi
pensieri.
John
ogni tanto sbirciava in direzione del suo amico e lo trovava con la
testa contro lo schienale del divano, oppure che picchiettava con un
piede a terra a ritmo di qualche canzone che aveva in testa. In certi
momenti gli appariva tremendamente tenero, con le labbra leggermente
schiuse e le dita delle mani che si torcevano tra loro, come a voler
sottolineare una continua agitazione. Daron era sempre stato come un
dolce fratellino da proteggere per lui; gli sarebbe mancato in quel
periodo successivo al tour. Mentre si lasciava trasportare da quei
pensieri, un genuino moto d'affetto lo colse: accennò un
sorriso tra sé e sé e circondò le spalle
dell'amico con un braccio, inspirando il leggero odore di marijuana
che gli impregnava i vestiti.
“Che
c'è?” bofonchiò Daron. Quel gesto l'aveva
sorpreso e si irrigidì leggermente. Sentiva il lieve e
regolare respiro del batterista tra i capelli, che gli solleticava la
nuca. Qualche brivido prese a correre lungo la sua schiena e
d'improvviso una sensazione di disagio lo assalì. Non era la
prima volta che lui e John si mostravano apertamente affetto, tra
loro due era sempre andata così e non se n'erano mai
vergognati, ma nell'ultimo periodo avvertiva una strana sensazione
quando entrava così a stretto contatto con il corpo possente
dell'amico.
Così
prese ad agitarsi, tentando di divincolarsi discretamente dalla
stretta. Si sentiva troppo bene stretto al corpo di John,
sentiva che la situazione stava degenerando. Come mai, poi, il
batterista stava divenendo così affettuoso con lui?
“Mi
fai caldo” inventò, rannicchiandosi su se stesso, come a
difendersi da una possibile minaccia.
Non
riusciva ad ammetterlo, ma quella sensazione di disagio e pericolo
scaturiva proprio dalla sua mente.
“Okay,
scusa” si arrese l'altro. Forse aveva un po' esagerato e non se
n'era reso conto, forse Daron voleva davvero essere lasciato in pace.
Trascorsero
alcuni minuti in cui non si sfiorarono e non aprirono bocca, poi John
prese a giocherellare distrattamente con una ciocca dei capelli di
Daron. Quel giorno non riusciva a controllarsi: magari era colpa del
drink, ma più probabilmente era la consapevolezza di non poter
più rivedere il chitarrista per un lungo periodo; aveva voglia
di coccolarlo, di sentirlo vicino, di inspirare il suo profumo. Ma
che gli stava succedendo?
Il
destinatario delle sue attenzioni, quando sentì le dita di
John a pochi centimetri dalla pelle del suo collo, venne scosso da un
profondo brivido. E si sentì nuovamente avvampare e mancare il
fiato.
“Uff,
mi irrita che...”
Mi
irrita che non riesco a starti vicino ed essere a mio agio come
sempre.
“Cosa, Daron?”
“Niente, dicevo... mi
dà fastidio quando giochi con i miei capelli” tentò
di rimediare, utilizzando il tono più distaccato e piatto
possibile.
John cominciò a
preoccuparsi. Daron era davvero strano: in genere si gettava tra le
sue braccia e lo tormentava, lui si fingeva infastidito ma in realtà
ricambiava quei gesti. Proprio quel giorno, l'ultima sera del tour,
le cose stavano andando in senso contrario.
E John ci rimaneva male, più
di quanto avrebbe dovuto.
Daron
sollevò improvvisamente lo sguardo, che aveva tenuto rivolto
verso il pavimento, e incrociò quello dell'altro ragazzo. Vi
lesse ancora quella malinconia, la stessa di quando era appena giunto
nella stanza, mista a una dolcezza quasi paterna che poche volte
aveva trovato in lui. Quell'espressione lo fece letteralmente
sciogliere: si fiondò nuovamente tra le sue forti braccia,
ridacchiando.
“Ma
non avevi caldo?” domandò John sorpreso. Tuttavia non
esitò un attimo e ricambiò la stretta, affondando
nuovamente le mani tra i capelli di Daron. Tutto ciò lo
rendeva inspiegabilmente euforico, si sentiva a casa.
“Mi
mancherà il tour” ammise Daron in un sospiro,
stringendosi ancora di più contro il petto ampio del
batterista. Era percorso da una continua scarica elettrica lungo
tutto il corpo, ma smise di porsi mille dubbi e domande: non riusciva
più a staccarsi da lui, non voleva farlo, si sentiva protetto
e incredibilmente amato.
“Anche
a me Daron, anche a me.” Gli accarezzò la schiena, quasi
lo cullava. Dovette trattenersi dallo stampargli un bacio tra i
capelli.
All'improvviso
si bloccò, si irrigidì, lasciò cadere le mani
sul tessuto leggero del divano. La situazione stava davvero
degenerando, quelli non erano dei pensieri normali da rivolgere a un
amico.
Daron
si allarmò e si sollevò, raddrizzando la schiena.
“Cos'è successo?” Istintivamente lanciò uno
sguardo alla porta spalancata, timoroso di poter trovare qualcuno dei
loro amici che vi faceva capolino. Ma il corridoio sul quale si
affacciava era silenzioso, nessuno passava da quelle parti. Posò
nuovamente i suoi grandi occhi scuri sul volto di John, scosso da una
leggera agitazione. Un po' si vergognava a sostenere il suo sguardo,
così profondo e intenso.
“Niente,
pensavo... forse... devo andare in bagno” farfugliò il
batterista in difficoltà. Ma non accennò a muoversi:
Daron era ancora addossato a lui, gli premeva le mani sulle gambe,
faceva leva su di esse per poter tenere la testa alta e guardarlo in
volto.
“Oh”
si limitò a proferire l'altro.
Poi
tutto accadde d'improvviso. Daron chinò leggermente il capo e
fece sì che le loro labbra si scontrassero.
Un
calore sconosciuto si impossessò di John e lo portò a
ricambiare automaticamente il gesto, come se fosse qualcosa di
scontato e prevedibile. Tuttavia non osò intensificare il
contatto, lasciò aderire le sue labbra a quelle di Daron con
dolcezza. Voleva trasmettergli tutto l'affetto e la stima che provava
per lui tramite quel bacio.
E
ovviamente Daron colse tutto ciò, venne travolto da quella
tenerezza che quasi lo portò alle lacrime. Aveva baciato tante
ragazze, ma nessuna era riuscita a raccontargli tanta dedizione e
tanto trasporto.
Fu
proprio il chitarrista, di natura passionale e impetuoso, ad
approfondire il bacio. Si abbandonò contro il corpo di John e
ne assaporò il calore, l'odore, la dolcezza.
Lui
di rimando lo strinse tra le sue braccia. Gli pareva di toccare il
cielo con un dito, tutto ciò era troppo perfetto per essere
vero. Solo allora si rendeva conto di quanto avesse desiderato quel
bacio; tutti i pezzi del puzzle cominciavano ad andare al loro posto,
ora capiva quella mancanza che provava quando Daron non era con lui.
Ora
si spiegava anche l'esagerata tristezza per l'imminente ritorno a
casa.
Durò
qualche secondo, poi Daron si staccò di botto. Saltò in
piedi e si guardò attorno con fare circospetto, poi rivolse a
John un'occhiata carica di disapprovazione e rabbia. “Vaffanculo”
sibilò.
“Ehi”
protestò debolmente John, ancora stordito da quanto era appena
successo. Si sistemò meglio sul divano, mentre si accorgeva
del vuoto che era stato lasciato da Daron accanto a sé. Già
era insopportabile, desiderava solo riaverlo tra le braccia e
lasciargli teneri baci sul viso.
“Che
cazzo...” iniziò a dire il chitarrista, muovendo qualche
passo avanti e indietro per la stanza. Era paonazzo e nei suoi occhi
imperversava la tempesta.
Poi,
senza dire una parola, lasciò la stanza a passo di marcia.
John
restò solo, in compagnia della sua confusione. Tentava di
riordinare logicamente i pensieri, ma non ci riusciva.
Solo
in quel momento si rese conto di cosa era effettivamente successo,
dell'enorme errore che entrambi avevano commesso. Come avevano potuto
oltrepassare il confine che aveva sempre delimitato la loro profonda
amicizia?
E
soprattutto, perché tutto ciò continuava a sembrargli
la cosa più giusta e genuina al mondo?
Si
prese la testa tra le mani e sospirò, sconsolato. Quel giorno,
dopo tanto tempo, si ritrovò a combattere contro le lacrime.
L'indomani,
quando arrivò il momento di separarsi, si salutarono appena.
Strinsero gli altri in un abbraccio, ma quando si trovarono faccia a
faccia non riuscirono a guardarsi negli occhi.
John
abbozzò un sorriso, ma si sentiva morire e non proferì
parola. Sentiva di aver sbagliato qualcosa, doveva essere per forza
colpa sua: aveva cercato la vicinanza di Daron con troppa insistenza,
si era mostrato troppo affettuoso con lui, come nessun amico sarebbe.
Daron
tacque a sua volta e si mostrò del tutto indifferente e
distaccato. Non gli importava se John stesse soffrendo, anzi, sperava
di infierire ancor di più con quel suo atteggiamento. In cuor
suo sapeva che il batterista non aveva nessuna colpa, era stato lui
ad azzerare la distanza tra i loro volti, ma ora gli faceva comodo
vederla così.
Ma
durante il viaggio di ritorno verso Los Angeles non poté
evitare in nessun modo i suoi pensieri.
La
verità era che John gli mancava già, che si odiava per
essersi comportato da stronzo e averlo lasciato senza nemmeno una
parola. Tutto ciò lo spaventava, eppure – inutile
negarlo – nulla era avvenuto contro la sua volontà.
La
verità era che da troppo tempo, inconsciamente, reprimeva quei
sentimenti nei confronti del suo amico. E avrebbe continuato a
reprimerli, perché troppo complessi e spaventosi da
affrontare.
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♣ ♣
Ciao
a tutti ^^
Non
so veramente cosa mi sia preso, anzi, lo so perfettamente: da mesi e
mesi macinavo questa storia, questa ship... non ci posso fare niente,
la Jarohn mi manda fuori di testa, è l'unica coppia che riesco
ad amare profondamente in questo fandom!
Lo
so, il risultato finale è uno schifo completo, non sono per
niente soddisfatta di ciò che ho fatto, ma abbiate pietà:
io e le storie romantiche non andiamo d'accordo! Quindi chiedo il
vostro aiuto: datemi dei consigli e delle dritte per migliorare in
questo genere, voialtri che sarete sicuramente più esperti e
bravi di me ^^
Ah...
questa è anche la mia prima slash in assoluto, altro motivo
per cui la storia è venuta male: è un completo
esperimento XD
Grazie
mille per essere passati ed essere giunti fin qui, vi adoro :3
Alla
prossima!!! ♥
P.s:
vi siete accorti che ho aggiornato di mercoledì? Non mi sono
affatto dimenticata il WOAD ;)
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