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EFP/Forum: Mari Lace – Lita_EFP
Titolo:
Restare
significa amare
Citazioni scelte:
“Resta”.
L’esclamazione più bella che la vita scrive tra
le pagine del cuore. [Antonio Cuomo]
L’amore
è anche
sentire qualche volta che in fondo in fondo
c’è sempre qualcosa che ci manca, qualcosa da
raggiungere per sentirci interi,
anche se completi non lo saremo mai. [Adriano Arfini]
(
Giudice: _Nede)
Fandom:
Naruto
Coppia:
Sasuke/Sakura
Rating: Verde
Genere:
Romantico
Note: Questa
storia partecipa al Contest “ L'amore
è dietro l'angolo
" indetto da Nede&Rohan
Restare
significa amare
“Tu
non hai niente a
che fare con i miei peccati”.
“Ci
rivedremo presto”.
Sakura
aveva creduto a
quel presto. Allora
perché non arrivava mai?
Erano
passati
già due anni dalla partenza dell’Uchiha, due
anni in cui lei ogni mattina si alzava all’alba e andava alle
porte del
villaggio sperando di vederlo arrivare.
Ogni
volta inutilmente.
Era
sempre stato
così, con lui.
L’aveva
sempre tenuta a distanza, forse perché non
voleva sporcarla con il suo odio; lei l'avrebbe voluto, tuttavia. Se
stargli vicino
significava sporcarsi, Sakura
l’avrebbe fatto volentieri. Condividere il peso dei suoi
peccati era tutto ciò
che voleva. Perché lui non lo permetteva?
Si
asciugò le
lacrime che, traditrici, avevano iniziato a
solcarle il viso.
Era
da sola, per fortuna.
Si trovava in una radura poco
fuori Konoha per raccogliere delle erbe mediche di cui aveva quasi
finito le
scorte.
Amava
quell’attività, era l’unica a regalarle
preziosi
momenti di solitudine in cui poteva permettersi di lasciar liberi i
pensieri.
Non
riusciva a parlare con
nessuno di quanto la distanza di
Sasuke la facesse soffrire; era certa che nessuno l’avrebbe
capita. Ino si
stava rifacendo una vita con Sai, aveva voltato pagina. Naruto
avrebbe potuto
capirla, probabilmente, ma Sakura non
aveva intenzione di disturbarlo con i suoi affari di cuore.
L’aveva già fatto
abbastanza, in passato: Ora voleva che pensasse solo a Hinata.
Ed
eccola
lì, sola a piangere in una radura sperduta. Una
voce nella sua testa le diceva che così non poteva
continuare, che avrebbe
dovuto prendere esempio da Ino e costruirsi una nuova vita.
Dubitava
di esserne
capace… no, meglio, lei non voleva.
Sasuke
aveva detto che
sarebbe tornato; due anni non erano
niente, lei gli credeva. L’avrebbe aspettato.
Non
importava quanto
logorante sarebbe stata l’attesa.
Era
partito per studiare
il mondo con i suoi propri occhi,
per farsi un’opinione slegata dall’influenza degli
altri, di chiunque altro.
Dopo
più di due
anni, se l’era formata; aveva capito che il
mondo di per sé non è né bello
né brutto, non buono né cattivo. Dipende tutto
da chi lo abita. Nel
suo viaggio aveva
incontrato varie persone poco
raccomandabili, ma al contempo aveva assistito a gesti di
generosità
incredibile. Tutti
loro erano le
persone per cui Itachi aveva sacrificato
la sua vita. Forse
non tutte lo
meritavano, ma d’altra parte chi era lui
per giudicare?
Era
il primo ad aver
commesso crimini imperdonabili.
Lo
sguardo gli
andò all’uscita del villaggio,
istintivamente.
Aveva
visitato quasi tutti
i villaggi, sia quelli piccoli
sia quelli più importanti. L’unico che gli mancava
era Konoha – il luogo dove
aveva passato quattordici anni della sua vita, dove era
cresciuto. Quello
che, tecnicamente,
avrebbe dovuto conoscere meglio…
ma qualcosa gli diceva che non era affatto così.
Visualizzò
con
la mente i volti di Naruto e Sakura, i suoi
vecchi compagni.
Lo
stavano ancora
aspettando, o avevano rinunciato?
Che
domanda sciocca. Quella
testa quadra del biondo l’avrebbe sicuramente accolto a
braccia aperte, se fosse
tornato.
Sakura,
invece…
Sasuke
avvertì
una fastidiosa fitta al cuore al pensiero che
la kunoichi dai capelli rosa potesse essersi rifatta una vita, durante
la sua
assenza. Magari si era già sposata, a quel punto.
Lui
le aveva detto che
sarebbe tornato presto, ma non aveva
ancora adempiuto quella promessa. Poteva
davvero pretendere
che lei gli rimanesse fedele per
tutto quel tempo? Con quale diritto?
L’aveva
sempre
respinta. Lui e Sakura appartenevano a mondi
diversi, forse era meglio che lei stesse con qualcun altro. Che lo
lasciasse
perdere.
Che
aveva da offrirle? Era
stato perdonato dall’Hokage,
certo. Credere che questo bastasse ai cittadini di Konoha per non
pensare
“Nukenin” ogni volta che lo vedevano era ridicolo.
Non
aveva paura di
tornare, poteva affrontare il loro odio – non
era certo di poter
dire lo stesso per l’eventuale
indifferenza di Sakura. Cos’avrebbe fatto, se tornando
l’avesse trovata insieme
ad un altro? A quel tipo pallido con cui l’avevano
già sostituito una volta,
magari. Fece una smorfia al solo pensiero.
Sciocchezze,
pensò
cercando di darsi un contegno. Ho
affrontato Kaguya, non sarà certo il matrimonio di Sakura a
fermarmi. Matrimonio
che era ancora tutto da verificare, ricordò a se stesso.
Si
incamminò
verso il cancello. Rimandare oltre sarebbe
stato inutile; doveva tornare. Voleva
tornare.
Forse
così
avrebbe finalmente placato la fastidiosa
sensazione d’incompletezza che provava ormai da due anni.
L’amore
è anche sentire qualche volta che in fondo in fondo
c’è sempre qualcosa che ci manca, qualcosa da
raggiungere per sentirci interi,
anche se completi non lo saremo mai.
Forse
era a Konoha che
avrebbe trovato quel qualcosa.
«Shannarooo!»
gridò Sakura mentre scagliava un pugno contro
l’albero a cui, malauguratamente, si era trovata
più vicina.
Perforò
la
corteccia, lasciando un bel segno. Ansimava
leggermente, ma stava già meglio. Buttare giù gli
alberi a pugni era
un ottimo modo per sfogare la frustrazione. Prese
un bel respiro e si
mise in posizione, pronta a
sferrarne un altro. Stavolta l’avrebbe abbattuto, decise.
«Non
vorrei
essere al posto di quell’albero».
Sentì
quella
frase subito prima di colpire e si sbilanciò
per la sorpresa. Cadde rovinosamente a terra.
Quella
voce…
Voltò
la testa
senza neanche rialzarsi. Non riusciva a
credere ai suoi occhi.
Sasuke
era lì,
davanti a lei.
Era
tornato, finalmente.
Le
porse una mano in
silenzio per aiutarla a rialzarsi. «Ti
sei fatta male?» domandò.
Lei
non rispose, ma
accettò il suo aiuto. Una volta in
piedi, rimase a fissarlo incredula per diversi minuti.
«Sei
tornato…» sussurrò.
«Come
vedi».
Le
venne da ridere; di
poche parole come sempre. «Due anni e
mezzo sono presto
per te?» lo rimproverò, ma non
era arrabbiata. Avrebbe dovuto
esserlo, forse, ma in quel momento non riusciva a provare altro che
felicità.
«Ho
avuto da
fare», replicò Sasuke con calma.
«Cos’è
successo mentre non c’ero?»
s’informò, cercando di suonare indifferente. Da
quando l’aveva notata nel bosco non le aveva ancora tolto gli
occhi di dosso.
Stava
finalmente per
sapere, per risolvere il dubbio che
l’aveva roso nel mese che gli ci era voluto per tornare.
Sarai
mia… o no?
«Oh,
niente di
che» rispose Sakura, dopo un attimo di riflessione.
«Sei arrivato giusto in tempo per il
matrimonio!» esclamò.
«Lui sarà così
felice…»
Sentendo
parlare di
matrimonio, Sasuke s’incupì.
«Lui?»
«Naruto!
Chi
altri?» rispose lei, come a sottolineare
un’ovvietà.
L’Uchiha
si
sforzò di non mostrare la sua delusione. Alla
fine ciò che temeva si era avverato, Sakura stava per
sposare Naruto… Forse è
meglio così. La merita senz’altro
più di me.
«A
che stai
pensando?» chiese la kunoichi, vedendolo
pensoso. «Sono così felice che tu sia
tornato… lo saranno tutti».
«Non
è detto che rimanga a lungo»
sottolineò Sasuke. Non aveva
ancora nemmeno varcato le porte di Konoha, ma la voglia di stare
lì gli era
già passata.
Quell’affermazione
bloccò Sakura. Tornava dopo tutto quel tempo…
e ipotizzava di ripartire?
Si
ritrovò a
tremare. Adesso, sì, era arrabbiata.
«Resta»,
gli disse. All’Uchiha sembrò un ordine.
Sorrise
ironico. Era
contento che Sakura lo volesse lì, ma
lo sarebbe stato di più se lei non fosse stata in procinto
di sposarsi con il
biondo.
Non
le rispose
direttamente. «Quando ti sposi?» domandò
distogliendo lo sguardo.
Sakura
restò a
bocca aperta. «Io?»
Non
proprio la reazione che si aspettava. «Chi
altri?»
La
rosa
arrossì. «È una
proposta…?»
Sasuke
non capiva.
Sembrava quasi che non avesse già
programmato di sposarsi… Un momento.
Ricapitolò rapidamente ciò che gli aveva detto.
Effettivamente, non aveva mai
specificato d’essere la sposa. Ricominciò
a
sperare.
«Vuoi
dire che
sei libera?» chiese, fingendo indifferenza.
«Dopo tutto questo tempo?»
Sakura
abbassò
lo sguardo. «E chi pensi che abbia
aspettato?» mormorò.
Il
moro si concesse un
sorriso. Solo accennato, ovviamente.
Lei
rialzò il
volto e cercò i suoi occhi, trovandoli. Verde
riflesso nell’ossidiana.
«Resta.
Sul
serio, Sasuke».
“Resta”.
L’esclamazione più bella che la vita scrive tra le
pagine del cuore.
Lui
annuì.
«Resterò… almeno per un
po’» concesse. Aveva
trovato quel che gli mancava.
Felice,
Sakura
passò sopra a quella precisazione. Si slanciò
in avanti e l’abbracciò.
Finalmente
sei qui…
Sei qui davvero.
«È
stato così romantico» disse Sakura sognante. Lui
sapeva
benissimo a cosa si riferisse: una volta finita la cerimonia aveva
sperato di
potersene dimenticare, ma la compagna non aveva smesso un minuto di
parlarne.
Doveva fare qualcosa o il matrimonio di Naruto e Hinata avrebbe fatto
parte
delle loro conversazioni molto a lungo. «Il kimono di Hinata,
poi, era così
bello… Le donava tantissimo».
Sasuke
non si prese
neanche la briga di rispondere.
Delusa,
Sakura
capì l’antifona e fu più diretta.
«Non ci
sposeremo mai, vero? Non così».
«È
questo a tormentarti?» realizzò Sasuke stupito.
Non si
era accorto di quanto lei tenesse a formalizzare le
cose; ora la
fissazione per il kimono di Hinata assumeva un altro significato.
«Lo
trovi tanto
strano?» si schermì Sakura, andando in
cucina. Doveva ancora preparare la cena.
«Non
pensavo ti
importasse» disse lui raggiungendola. Lei
non si voltò.
«Sei
qui da un
mese, ed è bello, ma…»
iniziò a spiegare. Si
bloccò e inspirò. «Non riesco a non
pensare che potresti prendere ed andartene
da un momento all’altro. Sei qui, d’accordo, ma
questo è ora. Domani potresti
non esserci più…»
Lui
alzò un
sopracciglio, scettico. «Non vedo come un pezzo
di carta possa cambiare le cose».
Stavolta
si
voltò, decisa a fronteggiarlo. «Le cambierebbe
per me. Mi farebbe sentire qualcosa
di più che una compagna temporanea, mi farebbe capire che
vuoi legarti a me»
fece una pausa e scosse la testa. Si girò nuovamente verso i
fornelli. «Ma
forse non vuoi».
Rimase
spiazzato da quello
sfogo. D’accordo, non era la
persona più affettuosa del mondo, ma non si aspettava che
Sakura nutrisse tutti
questi dubbi sulla loro relazione.
«Se
sono qui
c’è un motivo, no?»
Sakura
non rispose,
iniziando a tagliare la verdura. Forse
aveva ragione lui, forse le sue preoccupazioni erano sciocche; eppure,
si
sentiva così. Sasuke era uscito dalla sua vita
già due volte, non voleva che
accadesse ancora. Ma sarebbe successo, lo sapeva, se non altro
perché l’Hokage
aveva accettato di affidargli delle missioni. Non sarebbe stato sempre
lì con
lei.
L’avrebbe
aspettato, ancora,
ma voleva qualcosa di più che parole non dette.
Voleva
la prova che Sasuke
tenesse a lei.
Finì
di
affettare e posò il coltello. Il moro non aveva
più
parlato.
Si
girò, ma non
lo vide. Aveva lasciato la stanza. Stanca e
triste, si sedette con i gomiti poggiati sul tavolo e si prese la testa
fra le
mani. Ecco, l’ho fatto scappare.
Sasuke
tornò,
però, ben prima di quanto lei pensasse. Dopo venti
minuti, più o meno.
Aveva
con sé
una busta.
«Cos’è?»
gli domandò. Non riusciva a chiedere altro.
Lui
tirò fuori
il contenuto e glielo mostrò. Era una bottiglia
di sakè.
Lo
guardò
confusa. «Non pensavo amassi
l’alcol…»
Sasuke
fece una smorfia.
«Non l’amo, infatti» disse, andando
a prendere una ciotola dallo scaffale. La pose sul tavolo e la
riempì fino
all’orlo. «Sai come funziona, no? San-san-kudo,
dobbiamo svuotarla con tre, tre e nove sorsi»
spiegò.
«San-san-kudo?
Ma è…» balbettò Sakura,
iniziando a capire.
«La
cerimonia
d’unione degli sposi. Non è quello che
volevi?»
Lei
l’osservò incredula. Non mostrava nessuna emozione
particolare, ma non si esce a comprare del sakè a tarda sera
per accontentare
qualcuno a cui non si tiene.
Non
era proprio quello che
si era immaginata introducendo
l’argomento, ma era più di quanto avesse sperato.
Si diede della stupida;
Sasuke era il tipo che non dimostra il suo affetto con le parole ma con
le
azioni.
Sollevò
la
ciotola e, come da tradizione, iniziò a bere. Si
alternarono,
l’ultimo sorso spettò sempre a lei.
Quando
la ciotola fu
vuota si sentì un po’ brilla, ma
soprattutto felice.
E
non era merito
dell’alcol, ne era certa.
«Grazie»
mormorò. «Mi dispiace non averti capito».
Le
guance del ragazzo le
parvero più colorite del solito, ma
questo poteva davvero dipendere dal sakè.
«Se
non ti
amassi, Sakura, non sarei qui».
Più
tardi
Sakura non avrebbe saputo dire se aveva sognato
quella frase o l’aveva sentita davvero. A
prescindere che il
ragazzo l’avesse pronunciata o meno,
comunque, ne sentiva la verità.
Non
dubiterò più
di te, Sasuke.
NdA
Buondì.
Non scrivevo
su Naruto da 4 anni.
Spero di non
aver distrutto i personaggi; in caso non fatevi scrupoli a
dirmelo.
Premetto che
non seguo Boruto, le mie conoscenze sono basate sul manga
di Naruto e la mini-serie di Sarada. Secondo voi dovrei aggiungere
l'avvertimento What if?
Ringrazio
già ora chi mi lascerà un parere.
Mari
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