A piedi
nudi
Il
demone era gigantesco, più di molti altri che Rin avesse mai
visto nella sua intensa vita. Le sue sembianze ricordavano un serpente,
con una enorme bocca che sparava un veleno mortale, verde e vischioso.
"Rin, dritta
al cuore!"
"Sì!"
In groppa al
suo fedele drago a due teste Ah-Uhn, la ragazza estrasse una freccia
della sua faretra e con poche e rapide mosse esperte la
incoccò al suo arco, mentre la voce risoluta di Kagome
saettò nella sua mente.
Prendi
la mira. E scaglia.
La
scagliò non appena prese bene la mira alla fronte del
demone. Gli unici freni alla sua forza dirompente erano le catene
dell'equipaggiamento di Kohaku e le sue lame appuntite conficcate nella
testa del demone.
Si
udì un grido stridulo che da assordante diventava sempre
più debole, mentre la carcassa si schiantava a terra con un
tonfo sordo.
Dopo molte ore
di buio causato dalla pesante aura demoniaca dell'essere appena
abbattuto, il cielo ritornò sereno e limpido come uno
specchio.
"Bravissima!"
Kohaku e
Kirara si avvicinarono a Rin e ad Ah-Uhn per complimentarsi, ma il
giovane sterminatore improvvisamente fece una smorfia, guardandosi per
un secondo la gamba. Mentre rimetteva a tracolla il suo arco,
involontariamente Rin indirizzò gli occhi proprio dove li
aveva posati il ragazzo, e solo allora si rese conto che il suo amico
aveva uno squarcio sulla pelle, appena sotto il ginocchio, che perdeva
copiosamente sangue.
"Kohaku!"
Una volta a
terra, la giovane scese dalla sua cavalcatura stando ben attenta a non
inciampare nel kimono. Afferrò una borraccia, alcune erbe e
delle strisce di stoffa dalle bisacce della sella di Ah-Uhn e corse da
Kohaku, mentre Kirara era intenta a leccare piano la ferita del
padrone. Non appena la vide arrivare, la gatta si accucciò
limitandosi a coccolare Kohaku come avrebbe fatto con un cucciolo.
Rin
pulì e disinfettò la ferita di Kohaku con
delicatezza, e la bendò stretta. Il sangue continuava a
scorrere macchiando il tessuto, ma oramai si sarebbe fermato a breve.
"Dovresti
andare a casa da Sango e Miroku" propose lei con uno sguardo
preoccupato. "E riposarti come si deve."
"No, meglio di
no" ribatté lui. "Sango potrebbe darsi pena per niente, e ho
ancora..."
"No!"
esclamò Rin con forza. "Tu ora ritorni al villaggio con me,
e riposi quella dannata gamba!"
Kohaku la
fissò dritta negli occhi, con una espressione sorpresa; e la
rabbia di lei la abbandonò così come le era
venuta, rilassando i lineamenti del suo viso e assumendo un'espressione
dispiaciuta.
In tutti
quegli anni passati al villaggio di Musashi, Rin non aveva mai visto
Kohaku far visita a Sango e alla sua famiglia, neanche una volta.
Le uniche e
sporadiche volte che la donna riusciva a vedere suo fratello minore
erano quando tornava per parlare con Totosai a proposito di nuove armi
sempre più efficaci, quando si fermava alla capanna di Kaede
per prendere alcuni unguenti e veleni e quando i suoi nipoti gli
correvano dietro per poterlo fermare con le loro manine ed avere dei
resoconti sulle sue avventure. Ma Sango non aveva mai occasione di
stare con lui e di parlargli per più di pochi secondi, e Rin
aveva sempre confidato nel fatto che ci sarebbe stata l'occasione per
metterli insieme nello stesso luogo per almeno un giorno.
Sebbene non
delle migliori, quella era un'occasione perfetta per costringerlo a
stare da Sango, ma sembrava che Kohaku volesse stare lontano dalla
sorella maggiore il più possibile.
"Perché
non vuoi mai tornare da Sango?" chiese poi, con voce incrinata. Era da
tempo che voleva chiederglielo, e ora finalmente lo aveva fatto.
"Rin,
è complicato per me."
Kohaku
abbassò lo sguardo, determinato a non incontrare il suo; e
forse, pensò Rin, determinato a chiudere lì
quella conversazione tanto attesa quanto inaspettata.
"Ho la brutta
sensazione che la mia presenza le faccia riaffiorare ricordi
spiacevoli..."
La ragazza si
rabbuiò all'istante.
"In
quel momento era posseduto, ma credo che in cuor suo non si capaciti di
ciò che ha fatto come se li avesse uccisi deliberatamente."
Ricordava bene
la sera in cui il monaco Miroku le aveva spiegato pazientemente
ciò che era successo, non omettendole assolutamente nessuno
dei tantissimi dettagli che avevano costellato la loro triste storia.
Il senso di
colpa per aver ucciso suo padre e i suoi compagni sterminatori non
l'avrebbe mai lasciato, di questo Rin era più che sicura. Ma
questo non doveva impedirgli di avere un rapporto sereno con Sango.
Anche perché la donna aveva accantonato tutto l'accaduto
proprio per permettergli di andare avanti.
"Ma no, che
stai dicendo?" ribatté la ragazza decisa. "Sango
sarà felic..."
La
conversazione fu interrotta bruscamente da un urlo di una donna
anziana. Rin si voltò repentinamente in direzione del grido,
a pochi passi da loro, osservando con sgomento una bambina a terra
prona, che non
si muoveva,
mentre alcune persone - probabilmente membri della sua famiglia -
accorrevano sul suo corpicino.
Il demone
appena ucciso inaspettatamente aveva tolto la vita a quella bambina con
un getto del suo potente veleno, perché le sue gambe erano
completamente ricoperte di quella sostanza ributtante.
"Oh, no!"
Come se il suo
cervello rispondesse meccanicamente all'esclamazione affranta di
Kohaku, Rin si portò una mano alla bocca per arginare un
gemito di dolore, come se quella ragazzina appartenesse a lei. O
peggio, che fosse lei stessa, anni addietro, prima che Sesshomaru la
riportasse in vita.
No,
no!
La ragazza
andò nella più completa confusione, tentando
invano di coprirsi il viso con le mani per schermarsi dall'orrore che
si stava consumando davanti a lei.
Improvvisamente
dalla sua posizione ancora accovacciata perse l'equilibrio per il
tumulto nella sua testa, e per poter far leva sul terreno
portò accidentalmente la mano su un'elsa.
Inizialmente
non capì. Non portava spade con sé solo il suo
arco, lo stesso che le aveva regalato Kagome dopo che lei le aveva
soltanto chiesto se potesse esercitarsi un po'. Poi in un lampo
comprese.
Tenseiga.
Dopo aver
constatato per alcuni anni che oltre al Meido Zangetsuha Tenseiga non
offriva nessuna tecnica che potesse dargli la possibilità di
rivaleggiare con altri sul campo di battaglia, Sesshomaru aveva deciso
che Tenseiga aveva finito il suo compito, così come aveva
stabilito suo padre Inu no Taisho. Così aveva preferito
concentrarsi nel perfezionamento delle tecniche della sua Bakusaiga,
lasciando la spada a Kaede.
D'altronde,
cosa poteva fare di male una spada guaritrice in un villaggio di umani?
E poi, aveva
già provato ad abbandonarla, in passato.
Lei era
l'unica che trovasse Tenseiga utile al suo scopo originario, l'unica
che trovasse quella spada qualcosa di estremamente prezioso, proprio
per la sua unicità.
E infine aveva
deciso di portarla con sé nelle missioni con Kohaku. Non
credeva di essere in grado di usarla, ma il fabbro Totosai era stato
chiaro: chiunque poteva brandirla.
Afferrò
tremante l'impugnatura di Tenseiga e si alzò con lentezza,
come se avesse paura di lasciarla cadere. Si avvicinò piano
alla piccola folla piangente che si era radunata attorno al piccolo
cadavere e con voce atona, come quella di un fantasma, chiese di poter
passare. Le persone formarono un piccolo varco, ed oltre quello Rin li
vide, attorniati dal buio della morte, quelli che avrebbero portato la
bambina nel regno dei morti. Erano piccoli quanto lo era Jaken, e con
le loro armi stavano martoriando ancora di più la piccola.
Devo...
tagliarli?
Senza
attendere una risposta li colpì con la lama, vedendoli poi
svanire nell'aria.
Davanti ai
suoi occhi ritornò il giorno, e Rin si sentì come
se si fosse risvegliata da un lungo sonno.
Per un attimo
le sembrò di vedere il volto niveo di Sesshomaru come la
prima volta, e in sottofondo le parole di Jaken che non capendo il
gesto del suo padrone gli chiedeva con voce incredula cosa avesse
fatto, nonostante avesse assistito all'accaduto con i suoi stessi occhi.
"Avete
riportato in vita quella bambina?"
Osservò
stordita la bambina che si tirava in piedi a fatica fra lo stupore dei
presenti, e la donna anziana che prima aveva urlato soccorrerla,
aiutandola a sedersi. Ma la bambina sembrava non ascoltarla, anzi.
Tentava con tutte le sue forze di voltarsi verso di lei, a cui ora
erano indirizzati dei ringraziamenti calorosi. La piccola aveva gli
occhi scuri come Rin, e la guardava come lei tanto tempo prima aveva
guardato il principe dei demoni: con un'espressione non facile da
definire, quasi con venerazione.
Allora...
è così che Sesshomaru ha fatto con me?
Mentre lei
riponeva Tenseiga nel suo fodero con cura quasi maniacale, Kohaku la
raggiunse alle spalle, seppure a fatica, e le posò una mano
sulla spalla facendole intendere che approvava pienamente
ciò che aveva fatto.
"Vi pagheremo
anche per questo!" informò il capo villaggio, sorridente.
"No, non
è necessario" replicò Rin imbarazzata. "Non
c'è un prezzo, per questo genere di cose."
"Ah, non
c'è problema" disse l'uomo, mettendole rudemente in mano un
sacchetto di soldi. "Siete dei salvatori, ragazzi. Il mondo ha bisogno
di gente come voi."
"Signorina?"
Rin
gettò lo sguardo verso chi aveva parlato, era la bambina.
Sorridente.
"Dimmi,
piccola."
"Grazie mille."
Davanti a
quella vocina, gli occhi di Rin si riempirono improvvisamente di
lacrime. Si sentiva tremendamente felice, come se avesse finalmente
fatto qualcosa per cui valesse la pena vivere.
"Forza!" disse
Kohaku con entusiasmo. "Ritorniamo al nostro, di villaggio."
Rin si
asciugò gli occhi, avviandosi dove aveva lasciato Ah-Uhn e
abbracciò i loro lunghi colli come fosse uno solo,
affondando il viso fra le due teste.
Era bello, era
dannatamente bello tutto questo. Riportare in vita qualcuno aveva in
sé un insieme travolgente di felicità e potenza,
di poter fare qualcosa che agli altri era preclusa. L'unica cosa che
stonava con quella sensazione idilliaca era che Sesshomaru non era con
lei.
Ma sarebbe
tornato presto, come faceva sempre. Non l'avrebbe mai dimenticata.
"Signor
Sesshomaru, perché vuoi lasciarmi qui?"
Non
voleva stare in quel posto, improvvisamente scoprì di odiare
quel villaggio più di quello in cui aveva vissuto prima di
seguirlo.
Quelle
erano persone che avevano aiutato Sesshomaru a sconfiggere Naraku, era
vero, ma non voleva separarsi da colui che l'aveva amata
così tanto.
La
guardò con i suoi grandi occhi dorati con quella che
sembrava un'espressione malinconica, poi con la sua voce profonda disse
una parola. O meglio, un nome.
"Ah-Uhn."
"Eh?"
"Prenditene
cura, finché non farò ritorno. Puoi fare questo
per me?"
La
bambina comprese immediatamente cosa il demone volesse dire, e sul suo
visino comparve un sorriso dopo tanti minuti di lacrime.
"Significa
che tornerai?"
Il
demone fece un cenno di assenso di rimando, ma per quanto fosse felice
di sapere che sarebbe tornato presto da lei a Rin non bastava. Voleva
stare sempre con lui, e con quel monello di Jaken, ma chissà
cosa aveva detto la sacerdotessa per convincere il signor Sesshomaru a
lasciarla indietro.
Era un grande
punto interrogativo che la attanagliava ancora a distanza di tutto quel
tempo, soprattutto quando, quasi per caso, di tanto in tanto si fermava
a pensare a come sarebbe stata la sua vita fino a quel momento se fosse
rimasta al fianco di Sesshomaru.
"Kaede
è cattiva!"
"Non
è cattiva, è solo una gran scocciatrice."
"Inuyasha!
Tieni a freno quella linguaccia!"
"Beh,
che c'è vecchia? Non ho forse detto la verità?"
Per quanto la
reputasse la sola ed unica responsabile della sua separazione forzata
da Sesshomaru, con il passare del tempo Rin si era affezionata a quella
sacerdotessa sapiente e un po' burbera.
Quella
notte, Inuyasha le permise di dormire aggrappata ai suoi capelli,
perché entrambi sapevano che in quel momento si capivano
più di chiunque altro: ad Inuyasha mancava tanto Kagome, e a
lei mancava terribilmente Sesshomaru.
Prima che
Kohaku potesse accorgersi del suo fermarsi e le chiedesse qualcosa di
più, Rin si affrettò ad aiutarlo a salire in
groppa a Kirara. E prese a canticchiare allegramente, di come una volta
al villaggio di Musashi avrebbe chiuso a chiave Kohaku, e di come i
figli di Miroku e Sango lo avrebbero reso oggetto dei loro giochi.
"Ah, non ci
riusciranno stavolta."
"E' da
vedere!" ridacchiò lei.
Sorvolarono
velocemente la distanza che li separava dal loro villaggio. Anche se
Rin si sentiva terribilmente stanca non osava fermarsi neanche un solo
minuto: la ferita di Kohaku necessitava di cure che solo Kagome e Kaede
erano in grado di darle. Per quanto le due sacerdotesse l'avessero
istruita a dovere sulla vita e sulle conoscenze umane, aveva ancora
molta strada da fare. Però era già in possesso di
un bagaglio culturale enorme; anche perché oltre alla
saggezza di Kaede si aggiungevano le conoscenze avanzate del mondo da
cui Kagome proveniva. Ed erano cose che nessuno nell'era Sengoku
sapeva.
Il pozzo
mangiaossa si stagliò in mezzo al prato poco più
di un giorno dopo, dando maggiore slancio al volo di Ah-Uhn e Kirara e
sferzando con forza i suoi capelli e i lembi del suo kimono rosso
scuro. L'ultimo regalo di Sesshomaru, dunque l'unico che avesse ancora
addosso il suo odore. Rin non avrebbe mai eguagliato il fiuto
sopraffino del principe dei demoni né quello di Inuyasha, ma
poteva immaginare che, nascosto fra le pieghe dei kimono, ci fosse
ancora il suo odore forte e muschiato, che non aveva niente di tutto
ciò che detestava e tutto ciò che amava.
Le due
cavalcature demoniache planarono verso la casetta di Kaede, e Rin
balzò con agilità sul terreno dando la propria
spalla a Kohaku.
"Ancora un
piccolo sforzo Kohaku, siamo arrivati! Kaede!" chiamò la
ragazza a gran voce "Kaede!"
La donna
scostò la tenda di paglia della casa, accorrendo con quel
poco di forze che le rimanevano.
"Kohaku
è ferito" disse la ragazza, facendolo stendere dentro casa.
"Oh, non
è niente!" disse il giovane sterminatore. "Solo un
taglietto!"
"Un taglietto, eh?"
replicò stizzita Rin.
"Gli hai
medicato la ferita con le erbe che ti ho dato?"
"Sì,
ma ha bisogno di una benda pulita."
Andarono fuori
per prendere alcune piante essiccate, e mentre Rin camminava davanti a
Kaede, la donna la riprese.
"Rin, dove
sono i tuoi sandali?"
Non
coprendendo bene cosa l'anziana donna volesse dirle, gettò
subito un'occhiata ai suoi piedi, scoprendoli nudi.
Li aveva
persi, un'altra volta. Trovandosi decisamente più a suo agio
con i piedi scalzi, non aveva minimamente pensato di riporre i suoi
sandali da qualche parte, finendo per lasciarli chissà dove.
"Ormai ho
perso il conto dei sandali che ti ho fatto e che tu hai perso!" si
lamentò la vecchia sacerdotessa.
Rin
abbozzò un sorrisetto di scuse.
Inconsapevolmente
Rin aveva conservato quell'abitudine che l'aveva accompagnata negli
anni antecedenti allo stabilirsi al villaggio con Kaede e gli altri,
dandole quel dettaglio dall'aria fortemente selvaggia che negli ultimi
tempi stonava con il suo corpo di adulta coperto dai sontuosissimi
kimono di Sesshomaru.
"E' che sono
abituata ad essere scalza. Quando ero con Sesshomaru..."
"A proposito,
Rin" la interruppe Kaede. "Sesshomaru è stato qui, cinque
giorni fa."
Sesshomaru...
"Era qui?"
chiese Rin in un sussurro.
Erano due anni
che voleva vederlo, e quando finalmente aveva fatto ritorno da lei, lei
non c'era, presa dalla foga di voler vedere il mondo oltre le casupole
e gli orticelli tutti uguali degli abitanti. Rin era ormai grande,
tuttavia Sesshomaru sembrava non decidersi mai a proporle di partire
con lui.
Kaede le aveva
spiegato che quei kimono significavano solo
una cosa,
che un giorno Sesshomaru, se lei avesse voluto, l'avrebbe portata con
sé in qualità di sua compagna. Ricordava ancora
che alla notizia che Sesshomaru le facesse visita e che le portasse
doni degni di una principessa, una Kagome appena stabilitasi al
villaggio aveva gridato dall'emozione.
La voce di
Kaede però la riscosse dai suoi pensieri, trascinandola a
terra.
"Inuyasha dice
che il suo odore non è ancora sparito, quindi deve essere
ancora nei paraggi."
"Davvero?"
Rin prese ad
osservare il cielo azzurro screziato di nuvole, sperando di scorgere la
figura altera di Sesshomaru che la cercava.
Ma niente. Di
lui nemmeno l'ombra. E neanche Jaken si vedeva.
"Probabilmente
se ne è già andato via..." disse la ragazza
sconsolata. Cadde a sedere addossata allo stipite della porta di casa,
pensando a quando era ancora bambina ed era in giro a raccogliere erbe
medicinali con Kaede o ad aiutare qualche partoriente: talvolta
Sesshomaru arrivava a portarle i suoi kimono per poi sparire subito
dopo.
Quando lei
tornava a casa e trovava un segno del suo passaggio, sapeva che lui era
stato al villaggio, che era addirittura entrato in casa. Lasciava
sempre il proprio kimono, sempre ai piedi del suo futon, come a dirle
che lui era sempre lì, in attesa, a seguire la sua crescita
e a rinnovarle la sua promessa di silente fedeltà con un
gesto inequivocabile come quello.
Il suo cuore
sussultava di gioia quando succedeva, non poteva negarlo. Ma avrebbe
voluto che si fermasse a parlare con lei più spesso, dato
che lo faceva di rado. Certo, lei non gli rendeva le cose facili: la
prima cosa che faceva quando lui aveva la decenza di stare qualche
giorno con lei era di tempestarlo di domande sui suoi ultimi viaggi
senza quasi dargli il tempo di risponderle. Stare ferma in un solo
posto le aveva provocato una sete inestinguibile di sapere di cosa
succedesse là fuori, spenta solo almeno in parte con i
viaggi di Kohaku.
La
prossima volta cercherò di essere più discreta...
Intuendo che
Rin era pensierosa, Ah-Uhn avvicinò i suoi musi per
carezzarle la testa. Un segno di affetto e vicinanza come tanti
espressi in anni e anni insieme, ma all'improvviso Ah-Uhn
sbatté ritmicamente la coda a terra. Rin si riscosse: la
stava invitando a salire sulla sella.
La giovane si
stava ancora chiedendo per quale ragione la sua cavalcatura volesse che
facesse questo, quando un'ombra macchiò il terreno
antistante.
"Rin."
Una voce calda
e tonante la chiamò, la stessa che avrebbe riconosciuto fra
mille. Alzò gli occhi al cielo, riconoscendo la figura
imponente di Sesshomaru che la guardava con un sorriso appena
accennato.
Rin prese a
tremare per l'eccitazione.
Sesshomaru era
lì, davanti a lei, e stava sorridendo. E cosa più
importante, non si era limitato ad arrivare e sparire. L'aveva
aspettata.
Senza
staccargli gli occhi di dosso, cercò con le mani le briglie
di Ah-Uhn e salì di fretta e furia sul drago.
NDA
Sì,
probabilmente è un inizio scontato. Ma anche se conosco
Inuyasha dai tempi gloriosi di MTV sono approdata solo in questo paio
di mesi sul fandom - praticamente quando ho ripreso in mano il manga e
l'anime - e ho letto davvero poche ff in merito. Chi sa chi sono sa che
per moltissimo tempo sono stata in pianta pressocché stabile
nel fandom di Ranma e FullMetal Alchemist, anche se ultimamente ho
scritto anche qui.
E niente, ho
cominciato questa cosa. Ma è stato possibile soprattutto
grazie al supporto di Napee, che è stata così
gentile da rivedermi il primo capitolo e darmi un paio di dritte
riguardo alla storia.
Prima di
lasciarvi, ho due precisazioni da fare: la prima è che gli
aggiornamenti forse non saranno puntuali. Ma i miei non lo sono mai.
La seconda
riguarda la storia originale: per chi si sta chiedendo come acciderbola
è possibile che Rin utilizzi Tenseiga, è Totosai
stesso a dire che la può usare chiunque, sia nel manga che
nell'anime. Ora chissà cosa intendeva xD
Fatto sta che
sono partita proprio da questo presupposto. E ovviamente mi sono
attaccata ad altro che si svelerà nel corso della ff.
A presto,
credo.
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