Capitolo
22 : Burattini
Ma dimmi: voi che siete qui felici,
disiderate voi più alto loco
per più vedere e per più farvi amici?".
…
Frate, la nostra volontà quïeta
virtù di carità, che fa volerne
sol quel ch'avemo, e d'altro non ci asseta
Dante Alighieri, La Divina Commedia, Paradiso, Canto III
Giacinta non si mosse ed Eva si avvicinò di un passo,
puntandole la pistola quasi in fronte. Così non andava bene, intuì con evidente
inquietudine: così non andava affatto bene. La stonatura invisibile era sempre
più incisiva, palpabile… e nello stesso tempo sfuggente, misteriosa. Stava
ancora affannosamente pensando a un modo per scuotere l’Angelo e per farlo
uscire dal suo delirante mondo d’angoscia e di dolore quando il corpicino di
Giacinta fu scosso da un lungo brivido che le fece sollevare il mento e agitare
convulsamente le braccia.
“Sorella” tentò di nuovo Raf con la voce affannata dalla
compassione “Non perdere la fede in Dio Padre. Egli ti ama, non dimenticarlo
mai! Egli ti ama anche se hai sbagliato e ti perdonerà se solo…”
“Raf” lo zittì Eva con voce gelida “Basta così.”
Tanto era inutile, pensò tra sé e sé: Giacinta non stava
ascoltando. Giacinta, intuì con remoto dispiacere, era morta, in qualche modo.
Il suo corpo abbandonato sembrava stare in piedi solo perché qualcosa di
invisibile la teneva su, ma non c’era nessuna voglia di vivere in quelle membra
consumate. Eva era matematicamente certa che da un momento all’altro sarebbe
crollata a terra come un sacco vuoto… e invece Giacinta sollevò di scatto la
testa e rizzò le spalle.
Raf, Gino e Lorella rimasero immobili, anche loro sorpresi,
in una certa misura: la pistola di Eva era sempre fermissima e puntata contro
la testa dell’Angelo che iniziò a guardarsi intorno con gli occhi slavati di
nuovo vigili e presenti.
“Sorella?” mormorò Raf come per accertarsi che ascoltasse e
Giacinta lo guardò girando la testa di scatto.
“Sono… sono dispiaciuta” mormorò poi con voce rauca e
incerta “Io… io non volevo…”
Sembrava voler riprendere il filo di un discorso di cui non
ricordava una sola parola. La sensazione di dejà vu in Eva era fortissima e le
tendeva la schiena di legnoso sospetto.
“Non volevi cosa?” domandò sferzante stringendo le nocche
intorno alla pistola “Allearti con Cornelia? Far uccidere Paolo e Sandra?”
Giacinta spostò rapidamente gli occhi su di lei: erano molto
vigili, constatò Eva allarmata; molto reali, molto presenti… perché questa cosa
la spaventava?
“Gli occhi di Giacinta…”
“Tanta, troppa angoscia…”
“Povera suorina mediocre. Non ha retto il peso di così
tanta, troppa angoscia…”
“Dove l’ho già vissuta questa scena?”
“I nomi del Mulo, di Alfredo e Silvia non ti dicono niente?”
sibilò poi sottovoce, a bruciapelo.
In lampo indefinibile attraversò le pupille di Giacinta e
per un attimo infinitesimale la sicurezza di Eva vacillò, come se…
“Quei stramaledetti occhi!”
“Certi poteri sottili non sono patrimonio di tutti”,
la avvisò una voce perentoria nella testa.
“Non so niente di loro” mormorò Giacinta riabbassando lo
sguardo “Non so quali trame tessesse Cornelia alle mie spalle. Il Mulo era un
suo Demone e lei l’ha fatto uccidere. Gli altri… non so, non li conosco.”
“Che bugiarda. E questo terremoto, cos’è stato?”
“Terremoto? Io… non lo so.”
Mentiva. Eva ne ebbe la certezza matematica, ma l’istinto le
ordinò di non insistere.
“Il frutteto.” rispose invece la voce trionfante
nella testa, e finalmente, in un lampo accecante e imprevisto, Eva capì.
La consapevolezza le allargò gli occhi e le fece tremare la
pistola nella mano. Nessuno se ne accorse… nessuno a parte Giacinta. I suoi
occhi divennero stranamente voraci un millesimo di secondo prima che si muovesse,
così velocemente che sia Eva che Gino rimasero di sasso.
“Lo sapevo” fece in tempo a pensare Eva con un lampo
di rabbia “Mai sottovalutare il nemico… anche Vlad te lo aveva detto…”
Ma non lo aveva ascoltato e aveva sottovalutato il nemico.
Lo stesso nemico che, con una mossa rapida, aveva afferrato
improvvisamente Raf per la gola, l’aveva strattonato piazzandoselo davanti come
uno scudo fino a puntargli una lunga scheggia di vetro contro la pelle bianca e
indifesa della gola.
“State fermi” ordinò Giacinta con voce sorprendentemente
piana “O lo uccido.”
Diceva la verità. Eva glielo lesse nelle iridi slavate e per
reazione ebbe l’assoluta certezza che Giacinta non era più lì. Perché Giacinta,
per quanto potesse essere stupida, meschina, debole e insipida, era davvero un
Angelo e non avrebbe mai fatto del male a nessuno. Mai.
“Gino, Lorella, allontanatevi.” disse con voce sorprendentemente
fredda: i due Umani non si mossero, così congelati dalla sorpresa che
sembravano due statue gemelle di sale.
La stessa sorte sembrava essere toccata a Raf, che se ne
stava inerme tra le braccia di Giacinta con una buffa espressione stupefatta
sul bel viso.
“Cosa…?” belò sconvolto, ma un deciso strattone di Giacinta
lo zittì.
“Zitto” gli ringhiò nell’orecchio “Maledetto pennuto.”
Eva si sforzò di non reagire: rimase con l’arma puntata, la
faccia bianca e tesa, gli occhi determinati e fissi in quelli di Giacinta che
non era più Giacinta. La sua mente volava freneticamente alla ricerca delle
parole giuste da dire mentre contemporaneamente si affannava ad arginare il
panico che premeva con la forza di un fiume contro le proprie deboli difese.
Una voce le rombava dentro, dal petto al cuore: una voce inutilmente accorata,
sincera, vera: “Vlad, dove sei?”
“Butta giù quel ferro, Sanguemisto” ringhiò Giacinta
premendo il pezzo di vetro sulla gola di Raf che trattenne il fiato e spalancò
gli occhi turchini “Subito.”
Eva non si mosse e Giacinta si incupì: sulla faccia
dell’Angelo passarono irritazione e dubbio ed Eva si chiese se fosse più
vantaggioso giocare a carte scoperte o fingere di non sapere niente.
“Voi due” berciò Giacinta rivolta a Gino e Lorella che saltarono
sul posto come se si fossero svegliati in quel momento “Andate a prendere Vlad
immediatamente.”
“Non vi muovete” ordinò di riflesso Eva “Vlad non può venire
qui senza un Permesso di Giacinta… quella vera, intendo. Non si reggerebbe in
piedi. Morirebbe.”
Un sorriso ferino distese le labbra secche di Giacinta in
un’espressione malvagia.
“Già” gorgogliò perfidamente “Che peccato, vero? E’ per
questo che mando il tuo mastodonte umano a prenderlo. Sbrigati, stronzo: se non
sei qui con Vlad tra un minuto sgozzo il vostro Arcangelo come un maiale.
Chiaro?”
Eva non si permise di guardare Raf che si dibatteva
debolmente tra le braccia di Giacinta: sentì il grembo tremare e il cuore
rompersi in mille pezzi dalla paura e dal dolore. Gino, dopo pochi secondi di
silenzio, interpretò il suo mutismo come un assenso e indietreggiò di qualche
passo prima di filare via rapidamente, seguito a ruota da Lorella. Eva e il
Demone dentro Giacinta rimasero soli a fissarsi con odio.
“Eva, non permetterle di…” iniziò a dire Raf in un gorgoglio
accorato, ma Giacinta lo strattonò con insolita forza e Raf gemette. Eva era
indecisa se insultare il Demone o cercare di blandirlo: alla fine, prevalse la
rabbia.
“Possessione diabolica: che mossa audace” commentò con voce
ferma: avrebbe voluto essere anche appena velatamente ironica, ma era già un
successo che non tremasse “Un po’ scontata, dopotutto, ma a quanto pare sempre
efficace.”
Anche Giacinta sembrava ancora incerta, ma un’occhiata alla
pistola fermamente puntata su di lei sembrò darle una risposta: la maschera di
incertezza cadde e una ridda di cattiveria, malignità, furore e arguzia ne
deformò i miti lineamenti.
“Io lo trovo un colpo di genio.” commentò con un sogghigno:
per poco Eva non tremò vedendo la faccia ovina di Giacinta arricciarsi in
quella smorfia così dissimile da lei e per un attimo non poté fare a meno di
dispiacersi per l’Angelo perduto… perduto per sempre, chissà dove.
“Concentrati, Eva” l’ammonì la voce perentoria nella
testa: somigliava incredibilmente a quella di Vlad, notò con una stilettata
dolorosa al cuore “Sai chi hai davanti e sai quanto hai da temere. Non
vacillare, non cedere di un millimetro, o sei morta. Tu e tutti gli altri con
te.”
“Film già visto” replicò quindi con voce vagamente annoiata
“Voi Demoni alla fine usate sempre gli stessi trucchetti, come mediocri e
dozzinali prestigiatori. Dopo un po’ che si bazzica il vostro mondo, non c’è
più niente da imparare.”
Sapeva di aver usato una parola chiave: dozzinale era stato
esattamente il termine che aveva fatto passare la faccia di Giacinta da un
pallido colorito giallastro a un rosso mattone cupo e minaccioso. Il sogghigno
ferino si piegò in una smorfia di furore e gli occhi celesti si animarono di
odio, puro e incontaminato.
“Piccola puttana Sanguemisto” sibilò premendo per reazione
la lama sul collo di Raf che sfiatò un breve singulto di terrore “Dovevo
ucciderti quando ti avevo davanti la prima volta…”
“Già, avresti dovuto fare così” approvò Eva in confidenza
“Perché adesso ti farò fuori io.”
Un lampo passò negli occhi di Giacinta, rendendoli rossi
come tizzoni ardenti. Poteva essere trionfo: Eva sperò che fosse paura.
“Tu uccidere me?” gorgogliò Giacinta con una punta di
divertimento “Quanto ti sopravvaluti, puttana! Nemmeno sai chi sono io… e tu sei
solo un inutile insetto che schiaccerò con sommo divertimento, appena avrò
finito un paio di lavoretti in sospeso.”
Eva non permise a una sola cellula del suo corpo di
crederle: rimase immobile, senza nemmeno respirare, infondendo tutto il suo
coraggio nello sguardo che rimase fisso in quello del Demone davanti a lei. Non
sbatté nemmeno le ciglia. Si buttò mentre l’Angelo che era in lei pregava in
cuor suo come non aveva mai pregato.
“Ci sono insetti molto pericolosi in giro” mormorò con voce
piana e uniforme “E tu non sei poi così fichissima come ti credi. Ora, mettendo
da parte le stronzate, avrei un paio di domandine da farti prima di spargere il
tuo cervello sul pavimento: prima di tutto, Ellena, è ancora arrabbiata con te
la tua cara mammina?”
* * *
Nonostante tutto, Ellena non si aspettava di essere
riconosciuta: il furore e la frustrazione le alterarono i lineamenti, facendoli
tremolare come gelatina in decomposizione. Il corpo rachitico di Giacinta tremò
violentemente e una stilla di sangue colò dal collo di Raf dal punto dove il
vetro premeva sulla sua gola bianca, ma Eva si impose di non muovere un
muscolo. Aspettò, col cuore in gola che batteva greve e impazzito, che Ellena
contenesse la sua rabbia.
“Come hai fatto a capire?” chiese alla fine il Demone
recuperando una parvenza di calma.
“Banale logica umana” rispose Eva facendo impercettibilmente
spallucce “O forse semplice matematica. Il trucchetto della possessione l’aveva
già usato la tua cara amica Amelia, ma per entrare nel covo di un Angelo ci
vuole un Permesso accordato direttamente dall’Angelo stesso, e Amelia non aveva
nessun motivo per averne uno. Giacinta è… era… molto ligia al dovere.”
“Non così ligia, col senno di poi” rettificò Ellena con
leggerezza “Quella povera oca si beveva di tutto: Cornelia stava per farle
credere che si sarebbe convertita! Patetica.”
Un moto di rabbia incontenibile serpeggiò sottopelle e
contrasse un muscolo all’angolo della bocca di Eva che si costrinse a
dominarsi.
“Quella povera oca…” continuava a rimbombare nella
sua testa la voce di Ellena, trasudante disprezzo “Quella povera oca… quel
povero agnello lasciato solo con tutti quei lupi.”
Forse Giacinta non sarebbe stata una preda così facile se
qualcuno che conosceva bene i Demoni che le giravano intorno si fosse preso
cura di lei. Forse, non poté fare a meno di pensare Eva con acuto rimpianto, la
sua subdola parte demoniaca aveva avuto il sopravvento, lavorando sulla sottile
antipatia istintiva che Giacinta le aveva suscitato, velando la sua innocenza
con banalità, la sua semplicità con mancanza di fantasia, la sua purezza con
noia. Se solo fosse stata più attenta. Se solo fosse stata più buona. Se solo,
se solo, se solo…
“Povero Angelo. Addio, Giacinta. Scusami.”
“Eh, già; gli Angeli non sono né scaltri né divertenti”
proseguì con voce secca “L’unica che poteva avere un Permesso firmato e
controfirmato di Giacinta era il Demone capace di lavorarsela per bene per
ottenere i suoi scopi: tu, mia cara… tu, che hai macchinato nell’ombra perché
Cornelia e Giacinta si muovessero allo scoperto in vece tua. Tu, che eri
l’unica che poteva avermi scatenato contro un’orda infernale facendo perdere
tutte le tracce. Tu, che volevi per prima e sopra di tutto distruggere Vlad.”
Ellena respirava rumorosamente, lo sguardo fiammeggiante.
“Ma che brava” commentò infine con voce secca “Che fine
analisi, che arguzia. Certo, adesso, è perfettamente ininfluente. Come
quell’inutile ferro che mi punti addosso: perché non lo metti giù? Sto
possedendo il corpo di Giacinta: puoi anche crivellarlo di colpi, ma vorrei
ricordarti che a me, alla vera Ellena, non faresti nemmeno un graffio. Sempre
che il tuo vero scopo non sia infierire sul corpo di quella stupida oca per
motivi tuoi.”
Aveva ragione, naturalmente: la Five-seveN era perfettamente inutile in quel frangente. Eva non disse niente sperando di
prendere tempo mentre cercava affannosamente un’idea per uscire dai guai.
“Ammetterai che la mia mossa è stata maledettamente furba”
proseguì invece Ellena con voce stranamente forzata “Avevi ragione: è una vita
che voglio Vlad morto. Quel bastardo è solo un Demone Capitale, eppure gode di
un potere assurdo. Solo perché scopa bene! Io so scopare meglio di lui, se mi
ci metto. Lo sapevi che Sisar mi ha mollata per lui?”
“Sisar tuo fratello?” domandò Eva nascondendo il disgusto.
“Lui, sì. Me l’ha soffiato, facendosi anche sopra una grassa
risata. Sisar è corruttibile, lo sanno tutti, ma di Vlad è così cotto che si fa
trattare come uno zerbino. Persino mammina lascia sempre che Vlad faccia quello
che vuole.”
Pressò le labbra con gli occhi in tempesta, l’ira che le
incendiava le iridi come un rogo.
“Sei gelosa di lui.” commentò Eva con sicurezza ed Ellena
stranamente non reagì.
“All’inizio forse lo ero” ammise con un sorriso “All’inizio
c’è sempre qualcosa, no? Quel porco mi aveva sfidato sul mio stesso terreno. Mi
aveva rubato Sisar e per un po’… per un pò nel suo letto ci sono caduta anche
io.”
“Poi?”
Non che a Eva interessasse, ma ogni minuto guadagnato le
sembrava un minuto prezioso.
“Poi niente, mi sono svegliata. Sono arrivati altri motivi.
Vlad è mio nemico e lo devo eliminare. E’ la semplice logica dei Demoni, no? Se
qualcuno è una minaccia, lo devi schiacciare come un insetto. Ed è quello che
farò.”
“Non credo che sarà così facile” rispose Eva con una
sicurezza che non sentiva “Vlad non verrà. E’ un tuo collega, dopotutto, e tu
sai bene come sia deliziosamente stronzo, menefreghista ed egocentrico. Sapendo
che sei qui ad aspettarlo, si farà una grassa risata, si scoperà la prima cosa
che gli passerà davanti al naso e trotterà via fischiettando.”
Ellena, sorprendentemente, sorrise con aria materna ed Eva
sentì il sangue ghiacciarle le vene.
“No” sospirò il Demone “Vlad non scapperà.”
Era così sicura di sé che Eva per un attimo ebbe paura di
crederle.
“Sì che lo farà.”
“No. Una volta forse l’avrebbe fatto.”
La guardò dritto negli occhi con uno strano misto di
trionfo, invidia e furore e chissà perché Eva ne fu più terrorizzata che se le
avesse puntato contro un’arma.
“Ma adesso che si è perso per te non lo farà.”
Le nocche di Eva sbiancarono sulla Five-seveN.
“Vlad non si è perso per me.” scandì con decisione ed Ellena
ridacchiò.
“Oh sì, invece. Vlad verrà qui perché semplicemente ti ama.
E morirà davanti ai miei occhi, lentamente e dolorosamente mentre io non dovrò
nemmeno muovere un dito. Non è da scompisciarsi dal ridere?”
Rise, infatti, con forzata allegria: Eva intuì che c’era
qualcosa dietro… qualcosa a cui si aggrappò con tenacia e furibondo
accanimento, pur di non pensare a quelle parole più micidiali di un colpo al
cuore.
“Ha paura” meditò febbrilmente “Perché, perché ha
paura? Non dovrebbe averne se non è davvero qui.”
“Rifletti” le ordinò la voce severa di Vlad nella
testa: per un attimo Eva riuscì persino a ridere di se stessa, tanto le parve assurdo
che la voce della ragione avesse il tono strafottente e ironico di Vlad.
“Ragiona, scimmietta: Ellena è nel corpo di un Angelo.”
“Nessuno può possedere un Angelo vivo” commentò Eva a voce
alta “Nemmeno Lucifero in persona.”
Ellena, nonostante il brusco cambio di argomento di
conversazione, non sembrò scalfita dalla sua dichiarazione.
“Infatti” rispose con un sorriso cattivo “L’anima di
Giacinta è dipartita da queste spoglie mortali. Povera, piccola, inutile
suorina. Morta e dannata. Nessuno può perdonare qualcuno che non perdona se
stesso. La sapevi questa ridicola regola, Sanguemisto?”
“Sta cercando di distrarti” la avvisò la voce secca
di Vlad “Non ti perdere, concentrati: Giacinta è dipartita e ha lasciato il
suo corpo mortale nelle mani di Ellena. Com’è successo?”
“L’angoscia” si rispose Eva frettolosamente “Era
disperata. Ha perso la fede, la speranza… le si è spezzata l’anima.”
“Esatto. E come ha fatto a morire di angoscia?”
“E’ stata Ellena… Ellena ha scatenato contro Giacinta il
suo potere e l’ha uccisa.”
“Ma se non è qui, come ha fatto a scatenare il suo
potere?”
“Il terremoto? Una copertura, pura e semplice…”
La risposta cadde su Eva come un macigno, folgorante come
una stella: la sua mano vacillò mentre una voce disperata le spaccava in due la
testa.
“E’ qui! Ellena è qui!”
* * *
Eva non perse tempo a guardarsi intorno: prima ancora di
mettere in moto il cervello, sparò tutto il caricatore della Five-seveN. Raf
gridò di sorpresa mentre la faccia di Giacinta spariva rapidamente in uno
spettacolare spruzzo rosso e grigio. L’Arcangelo cadde a terra riparandosi il
viso con una mano e rimanendo comunque imbrattato di sangue e brandelli di
tessuto; il corpo di Giacinta continuò a sussultare mentre la camicia da notte
si apriva di fiori rossi e crateri bruni dovunque. Alla fine, il corpo inerte
cadde a terra come un sacco di patate con un disgustoso rumore flaccido e
umido. Nell’improvviso e fumoso silenzio, Raf, bocca spalancata e occhi vitrei,
girò lentamente la testa sul collo guardando prima il mucchietto informe delle
membra di Giacinta e poi Eva.
“Cosa hai fatto?” gracidò sinceramente sconvolto.
Eva stava già ricaricando febbrilmente la sua arma e faceva
saettare lo sguardo tutto introno.
“Vieni dietro di me!” ordinò puntando di nuovo l’arma carica
a braccia tese “Ellena è qui!”
“Come…?” mormorò Raf, ma le sue gambe, ubbidienti, si misero
in moto e un po’ carponi un po’ inciampando, si avvicinò a Eva.
“Dobbiamo andarcene!” ruggì Eva annusando il pericolo
nell’aria come se si fosse sprigionato un forte odore improvviso.
Cercò di sollevare Raf che era ancora carponi, rimanendo
contemporaneamente con l’arma puntata.
“Eva” balbettò Raf aggrappandosi a lei, gli occhi turchini
spalancati “Cosa sta succedendo? Perché?”
Era impotente e sconvolto; povero Arcangelo innocente, pensò
Eva con una stretta al cuore: per colpa sua le ali di Raf erano sporche di
dolore e paura… qualsiasi cosa fosse successa, non si sarebbe mai perdonata di
esserne stata la causa.
“Raf è qui solo perché ti ama” spiegò sussiegosa la
voce di Vlad nella sua testa “Con questo rimorso dovrai proprio fare i conti
prima o poi, scimmietta mia.”
Non adesso però, anche se in fondo in fondo Eva sapeva che
era troppo tardi per il rimpianto. Anzi, per qualsiasi cosa. Come richiamato da
quel senso di ineluttabilità, un rumore strisciante arrivò da dietro l’altare,
in crescendo come se si stesse avvicinando: era scricchiolante e insieme
paludoso, terribilmente agghiacciante nella sua impossibilità di essere
catalogato.
“Cos’è?” mormorò Raf con voce acuta e terrorizzata.
“Ellena.” pensò Eva e il pensiero fu seguito da una
stilettata fulminante di dolore e angoscia, così potente che le tolse il fiato.
Gridò cadendo sulle ginocchia, di fianco a Raf.
“Bene bene” gorgogliò una vocetta simpatica che non
proveniva da nessun posto e da tutti i posti: fece una risatina, seguita da
quel nuovo rumore terrificante sempre più vicino, accompagnato da sofferenza
sempre più cupa e opprimente “Bene bene.”
“Eva!” gridò la voce torturata di Raf, ma Eva non poteva aiutarlo:
le ossa le divennero deboli come gelatina, la Five-seveN tra le mani pesante come un macigno e la testa… la testa le scoppiò in una
disperazione mai sentita prima, senza confini, senza inizio né fine. Immensa e
dilagante, spazzò via tutti i suoi pensieri lasciando solo un lungo ululato
primordiale di dolore che le uscì dalla gola in un tremulo sfiato.
“Bene bene.” ripeté la vocetta simpatica ed Ellena uscì
dall’ombra.
Era piccola e spaventosa: era un insieme storto di
ramoscelli secchi, era pelle putrescente e cascante attaccata a ossicini bruni,
era occhi enormi da rana, era denti fitti e appuntiti come il guscio di una
castagna.
Era tormento e tristezza allo stato puro, era desiderio
unico ed elementare di morire.
Eva cadde carponi, trascinando Raf con sé mentre la pistola
le scivolava dalle dita cadendo sul pavimento con un secco rumore di protesta.
Ellena, quella terribile e agghiacciante forma mortale di Ellena, si avvicinò
portando con sé quel rumore raccapricciante, quel senso impossibile di tormento
e male dell’anima. Quando fu vicina, posò i suoi gelatinosi e malvagi bulbi
oculari su Eva che dovette mordersi la lingua per non urlare.
“Te ne do atto, sei tosta” gorgogliò Ellena con sincera
ammirazione nella vocetta simpatica “Fastidiosa e inutilmente sagace… ma
diamine, finalmente una puttana con le palle!”
“Basta” mormorò Eva squassata da tremori incontrollabili
“Fai… smettere…”
“Oh, non ancora” chiocciò Ellena “Abbiamo ancora un po’ di
tempo e visto che ti sei dimostrata tutto sommato un degno avversario, mi va di
strapazzarti un po’. Tu e il pennuto. E’ meglio se vi metto fuori combattimento
per un po’.”
Non voleva ascoltare Ellena: l’unica cosa che Eva voleva era
morire. Quella sofferenza era insopportabile, accecante, totale.
“Perché Silvia?” sentì la propria voce domandare, pescando
chissà dove l’argomento… forse nell’inesauribile serbatoio della speranza. O
forse perché era l’unica cosa che ancora non si spiegava, e quindi….
“… quindi l’unica cosa che potesse ancora essere una minaccia
per Ellena.”
Infatti il Demone pressò le labbra infastidito e il dolore
accecante scemò in qualcosa di meno terribile.
“Non so di cosa stai parlando.”
Eva arrischiò l’apertura di una fessura tra le palpebre:
Ellena era furiosa, arrabbiata… e anche qualcos’altro, dietro la patina
orribile delle sue spoglie putrescenti.
“Ellena ha ancora paura!”
“Sì che lo sai” mormorò Eva: battere, battere il ferro
finché è caldo “Silvia Nirani.”
Ellena agitò una mano brevemente e il dolore tornò,
accecante e fulgido come una stella. Di nuovo Eva volle solo morire, dileguarsi
da quelle spoglie mortali che dolevano tanto. Poi sentì le deboli urla di Raf
che si aggrappava a lei.
“Raf, oh, Raf…”
Non poteva lasciarlo solo. Lui era lì per lei. Lui l’amava.
“Eva, oh, Eva…”
“Cosa volevi da lei?” gracidò contratta dal dolore “Perché
la volevi morta?”
“E tu perché fai domande a pera?” abbaiò Ellena con voce
acuta.
“Ha paura! Battere, battere il ferro finché è caldo!!”
“Avanti… Ellena che… che ti costa?”
“Niente!” strillò Ellena allentando nuovamente la presa
“Cosa vuoi che me ne importi di una piccola, stupida Sanguemisto terrestre?
Oh!”
L’ultimo verso era pura esultanza mista a sollievo.
Sollievo. Perché?
“Perché ha paura? Di chi… di cosa?”
“Eccolo qui!” esultò Ellena “Che ti avevo detto, puttana?”
Le domande, le risposte, il dolore, la pena… tutto scivolò
via quando Eva capì il perché dell’esultanza di Ellena.
“Vlad.”
* * *
Un pensiero di puro sgomento. Una puntura dolorosa di
rimpianto nel suo cuore strapazzato. Il respiro si strizzò di nuovo in una
morsa di angoscia quando vide un’ombra avvicinarsi.
Era Gino. Aveva Vlad caricato sulla spalla.
“Vlad verrà qui perché semplicemente ti ama.”
“No, Vlad no!”
E invece era lì. Abbandonato sulla spalla di Gino, i bei
capelli rossi che gli coprivano il viso, l’armonioso corpo snello fiaccato e
sfinito. Lorella, al suo fianco, gli teneva al mano, come una bambina
giudiziosa e spaventata. Quando Ellena si voltò, i due Umani fecero un urlo
strozzato e crollarono a terra con un tonfo morbido, portando il corpo inerte
di Vlad con loro. Il dorso della mano di Vlad urtò il pavimento con un rumore
garbato, umano. Eva fissò quelle dita eleganti col cuore duro e freddo come
pietra.
“Fa che non sia morto” pensò con una intensità che
non avrebbe mai creduto di possedere “Dio mio, ti prego, ti scongiuro!”
Le dita di Vlad si contrassero; la sua testa si girò lenta e
finalmente Eva incontrò i suoi occhi di topazio. Erano annebbiati dalla
sofferenza, opachi dal dolore… ma erano gli arroganti, indimenticabili,
meravigliosi occhi di Vlad. Suo malgrado, nonostante tutto e tutti, il cuore
di Eva si scrollò di dosso tutto il dolore, la falsità, i dubbi, le bugie, e
rimase nudo e indifeso davanti a quegli occhi, vivo e pulsante di una sola,
elementare verità.
“Vlad.” mormorò pianissimo e gli angoli della bocca di Vlad
tremarono, perché era come se avesse detto molte più cose… tutte le cose che
voleva dirgli.
“Ehi, scimmietta.” sfiatò quindi il Demone con un filo di
voce.
Gli occhi di Eva si riempirono di lacrime. Vlad era lì. Per
lei. Con lei.
“Perché semplicemente ti ama.”
Vlad, oh Vlad…
Il suo viso si accartocciò in una smorfia e due lacrime
spuntarono dagli occhi, rotonde e grevi come pioggia. Vlad sbatté le ciglia e
qualcosa trapelò dietro la sofferenza e il dolore. Un barlume del vecchio Vlad,
un alito di essenza demoniaca arrogante e presuntuosa.
“Scimmietta, che fai! Piangi per me?”
Poi le lunghe ciglia tremarono e si chiusero lente sulle
iridi giallastre che si spegnevano piano piano.
Eva trattenne il fiato mentre qualcosa affiorava dentro e
fuori di lei: qualcosa che era acciaio puro, immacolato, adamantino.
“NO!”
Carponi, fregandosene altamente di Ellena che ridacchiava
scricchiolando come un albero accartocciato e trainandosi dietro un Raf più o
meno catatonico, Eva si trascinò verso il Demone con lenta determinazione.
“Che scena!” strillò Ellena esilarata “La Sanguemisto e il Demone! Che fai, puttana, vuoi stringergli la mano per l’ultima volta prima
che schiatti? Scordatelo!”
Un lampo di dolore la centrò sulla schiena costringendola a
inarcarsi fin quasi al limite, fin quasi a spezzarsi. Gridò o forse non disse
nulla, quasi dissolta nel tormentoso dolore che la sfiniva… Anche Raf gridò di
dolore puro, ancestrale.
“Oh, Raf, amore mio! Sapessi come mi dispiace di averti
trascinato qui… sapessi quanto vorrei non amarti…”
“Eva, Eva…” le avrebbe risposto lui sorridendo, se
solo avesse potuto. Ma non poteva. Stava soffrendo indescrivibilmente.
“Eva!”
Voleva solo morire. E ormai Ellena l’avrebbe anche accontentata.
In fondo, non aveva più nessuna ragione di mantenerla in vita.
“Uccidimi!” gridò con quanto fiato aveva in gola: risultò
essere appena un alito da neonato.
“No” rispose Ellena sottovoce, dopo aver meditato lungamente
“Tu mi servi viva.”
Eva gridò ancora, ma una rotellina impazzita girava ancora
freneticamente, chiudendola in un bozzolo di misericordiosa indifferenza.
“Cosa…?”
“Ellena non vuole ucciderti.”
“Cosa…?”
“Eva, Ellena ha paura di te!”
“Perché? Di cosa?”
“Ragiona, ragiona, ragiona…”
“Eccovi qui ai miei piedi.”
Ellena era sopra di lei: la intuì perché non poteva vederla.
Gli occhi le si erano riempiti di sangue.
“Ellena è la figlia di Lucifero! Siamo nelle sue mani!”
“Non voleva parlare di Silvia!”
“Di cosa può avere paura? Non c’è niente più forte di
lei!”
“Cosa vuoi che me ne importi di una piccola, stupida
Sanguemisto…”
“Non c’è niente più forte di lei!”
“Anche tu sei un Sanguemisto.”
“Non c’è niente…”
E invece c’era.
NOTE DELL’AUTRICE:
Krisma: E come avrei fatto io senza il tuo commentuccio
settimanale? Mi saresti così mancataaaaaa… meno male che sei tornata in tempo
dalle ferie, ora sì che sono felicceeeee! Anche un po’ fatta, devo dire il
vero, questo caldo mi droga pesantemente, bo. Mando un vagone di abbracci anche
a te, mio fiore di loto, un po’ triste perché ormai siamo alla fine… sob!
White Shadow: I love you too, honey! Così
tanto che Vlad mi sa che te lo mando per una sessione estiva… ormai non lo
sopporto più, tutte a dire quanto è diventato puccioso… me lo state snaturando,
jente!! Vlad è kattivo, lo capite o no?!?!? Sperando di aver fugato tutti i
dubbi sulla storia… aspettando tuoi augusti commenti, joia… ti mando un mondo
di baci! Ciao!!!
Nikoletta89: Quante domande, dolcezza!!! Rispsoto a tutte
con questo capitolo o ti è rimasto qualche dubbio? Se solo Vlad sapesse in
quante di voi hanno detto che è tenero… emetterebbe zolfo dal naso!!!
MarzyPappy: Sai che la camomilla corretta è un’idea niente
male? Dirmela prima mai, eh?!?!? Vabbè, segno nel taccuino e magari lo uso alla
prossima. Per quanto riguarda le tue ferie… cioè, ti rocirdo che abiti in un
posto che non fa proprio schifo schifo: lamentati e ti mando Suor Bianca a
sassarti per una settimana! Un bacione anche a te, mia adorata
Chamelion: Mia adorata!!!! Non so perché ma sullo Zippo di
Vlad non ci avevo proprio pensato che poteva essere un’americamata. In realtà
Vlad all’inizio fumava come un turco, ma poi la mia beta mi ha convinta a
togliere le sigarette dalla storia, ci incartavamo sempre su come e dove si
dovevano spegnere… Lo senti che siamo alla fine…? Spero che sia d’effetto come
l’ho “sentito” io mentre lo scrivevo. Sappimi dire, mi fido di te!! Bacioni
Lauraroberta87: Buondì a voi, bionda e alata signorina, come
sta di grazia il vostro augusto fratello Raf? Eva che prende Giacy a
tacchettate sulle gengive, umf…. Sai che mi piace? Che peccato che la storia è
già scritta: alla prossima ti prendo come consulente di combattimento a caldo,
voglio vedere cosa mi tiri fuori… un beso, e in culo alla balena con i prof!!